Concerto in fa maggiore per flauto traverso, archi e continuo, op. 10 n. 5, RV 434


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro ma non tanto (fa maggiore)
  2. Largo cantabile (sol minore)
  3. Allegro (fa maggiore)
Organico: flauto traverso, archi, basso continuo
Composizione: data sconosciuta
Edizione: Michel-Charles Le Cène, Amsterdam 1728 circa

Elaborazione del Concerto per flauto diritto RV 442
Guida all'ascolto (nota 1)

Fecondissimo in tutti i campi musicali, Antonio Vivaldi godette nel Settecento di una immensa popolarità, soprattutto per la sua attività di compositore strumentale. Si sa infatti che i suoi melodrammi, oggi valutati e studiati sotto una luce diversa, incontrarono giudizi sfavorevoli presso i contemporanei, in primis da parte di Goldoni, Benedetto Marcello e Tartini, secondo il quale un compositore del genere strumentale non deve mai trattare il vocale operistico per non tradire il suo talento. È ormai pacifico per tutti che Vivaldi operista era un uomo della sua epoca, che segnava il passo e non era un precursore quanto Vivaldi strumentalista, che seppe esprimere senza riserve il suo temperamento appassionato, ardente e irrequieto attraverso quegli Allegri vivaci e solari e quegli Adagi intimamente suggestivi che conquistarono tutta l'Europa e suscitarono l'entusiasmo di Bach, che, come è noto, trascrisse diversi concerti del "prete rosso", a cominciare da quelli dell'op. 3 pubblicati ad Amsterdam con il titolo di "Estro armonico". Senza contare poi l'ammirazione per Vivaldi del famoso flautista di Federico il Grande, Johann Joachim Quantz che, avendo letto per la prima volta nel 1714 a Pirna, in Sassonia, alcuni concerti violinistici del veneziano, espresse la sua meraviglia «per la nuovissima maniera di composizione» e per gli stupendi ritornelli in essi contenuti.

Del resto, a dimostrazione della favorevole risonanza suscitata dalla sua opera, va ricordato che, quando Vivaldi era ancora vivo, furono stampati ben settantotto concerti e trenta sonate scelte tra la sua immensa produzione. Tale "summa" comprende molte pagine significative del maestro di violino delle fanciulle del Seminario musicale funzionante nell'Ospitale della Pietà, che era una specie di Conservatorio nella Venezia dei primi anni del Settecento. Esse sono i concerti delle "Quattro stagioni" dell'op. 8, (1725), i dodici concerti dell'op. 4 intitolati "La Stravaganza" (1712-1713), i dodici dell'op. 9 intitolati "La Cetra" (1728), i sei deìl'op. 10 per flauto traverso e le due raccolte op. 11 e op. 12 di sei concerti ciascuna per violino (1729-1730). A questi brani si aggiungano le sei Sonate, quattro a violino solo e le restanti a due violini e basso continuo, dell'op. 5 (1716 circa), le sei «Sonates à violoncelle et basse» dell'op. 14, i "Concerti a 5 stromenti" dell'op. 6 e dell'op. 7 (1716-1717 circa) e infine "Il Pastor fido, sonates pour la Musette, Vielle, Flute, Hautbois, Violon avec la Basse continue op. 13", così come si legge sul frontespizio della raccolta pubblicata nel 1737 a Parigi.

Lo stile vivaldiano così brillante ed espressivo nello stesso tempo è presente nel Concerto in fa maggiore per flauto, archi e cembalo, che è il quinto dell'op. 10. Nei tre movimenti il flauto dispiega tutta la sua seduzione timbrica, mentre gli archi svolgono un ruolo di accompagnamento con la sordina. L'Allegro iniziale ha un tono di serena eleganza, simile a certe invenzioni del concerto detto "Il riposo"; il Cantabile del secondo movimento si snoda con nobiltà di sentimento; l'Allegro conclusivo è spigliato e leggero, come il volo degli uccelli nell'azzurro di un cielo estivo.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Coniliazione, 11 maggio 1986


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Ultimo aggiornamento 17 ottobre 2014