Concerto in do maggiore per ottavino, archi e basso continuo, RV 443


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro (do maggiore)
  2. Largo (mi minore)
  3. Allegro molto (do maggiore)
Organico: ottavino solista, archi, basso continuo
Composizione: 1720 - 1724
Edizione: Ricordi, Milano, 1951
Guida all'ascolto (nota 1)

Secondo i documenti tratti dai "Nottatori" del Pio Ospitale della Pietà, conservati nell'Archivio di Stato di Venezia, il 27 ottobre 1728 Ignazio Siber fu nominato maestro di "Traversiè" con l'auspicio «che possi esser molto adattato à render perfetta l'armonia de concerti di questo nostro Choro". Già da un altro "Nottatorio" dell'11 giugno 1713 Siber era stato scritturato come "maestro di oboe" con il compenso di 40 lire mensili per la «necessità del detto Instrumento per ridur à perfetione l'Armonia de Suoni»". Per l'esattezza, a proposito della nomina del 1728, va precisato che quell'incarico era relativo all'insegnamento del flauto traverso che solamente da poco tempo aveva trovato una certa notorietà e diffusione in Italia, mentre oltralpe, spiccatamente in Germania e Francia, era uno strumento di largo impiego.

Oltre al gruppo dei Concerti per flauto traverso dell'op. VI, il catalogo della produzione vivaldiana comprende nel Fondo Giordano della Biblioteca Nazionale di Torino un più ridotto gruppo di Concerti per "flautino" (ottavino o flauto diritto sopranino), archi e basso continuo, tra cui vi è questo in do maggiore F. VI n. 4 (RV 443).

Di stampo nettamente virtuosistico, il Concerto in do maggiore attesta quanto Vivaldi considerasse questo piccolo strumento meritevole «d'una dignità pari a quella di un flauto, se non addirittura a quella di un violino» (Talbot). La breve frase introduttiva dell'Allegro dà senza indugi l'avvio a difficili fioriture che ininterrottamente arricchiscono il tessuto musicale. Si impongono all'attenzione continue scalette ascendenti e discendenti, rinnovate con frequenza reiterata e sempre più pronunciata, mentre assumono una spiccata evidenza trilli e terzine in progressione armonica. Anche nel secondo movimento, Largo in 12/8, i passaggi virtuosistici del solista continuano a dominare l'incedere musicale. Risulta assai interessante ascoltare poi un'ampia sezione modulante durante la quale lo strumento solista ha largo spazio per sfruttare tutte le proprie attitudini espressive, oltre ogni limite immaginabile. Nella rapidità dell'ultimo movimento, Allegro molto, si esalta la brillantezza degli atteggiamenti di quest'opera, sempre più incline a privilegiare il virtuosismo del solista, al quale anche la scrittura orchestrale, notevolmente semplificata, concede la massima evidenza all'insistita gamma degli effetti di bravura.

Luigi Bellingardi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 20 gennaio 2001


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Ultimo aggiornamento 26 novembre 2014