Concerto in fa maggiore per due corni, archi e basso continuo, RV 539


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro (fa maggiore)
  2. Larghetto (fa maggiore)
  3. Allegro (fa maggiore)
Organico: 2 corni, archi, basso continuo
Composizione: 1730 - 1731
Edizione: Ricordi, Milano, 1951
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Intorno al 1700, quando Vivaldi cominciò a scrivere concerti solistici gli ottoni avevano già, in Italia, una ricca tradizione. Il loro uso tuttavia era limitato a taluni effetti: la tromba era indispensabile negli episodi bellici delle musiche operistiche o come simbolo di gloria celeste o terrena; il trombone solennizzava i fasti oppure schiudeva atmosfere d'oltretomba; il corno, infine, era indispensabile per le scene bucoliche o di caccia. I corni non compaiono spesso nella produzione concertistica di Vivaldi, ma sono usati spessissimo nelle opere: essi sono sempre usati in coppia ed insieme a due oboi e a uno o due fagotti.

Il Prete Rosso scrisse due concerti per due comi archi e basso continuo mettendo a dura prova la sua malizia compositiva avendo a disposizione uno scarsissimo materiale sonoro. Nel primo, trattandosi di corni naturali in fa, aveva a disposizione dieci suoni soltanto (dal 3° fino al 13° armonico con esclusione del 7°). Nel secondo, quello che viene presentato questa sera, si spinge fino al 24° armonico, cosa tecnicamente impossibile anche con gli strumenti di oggi, ed il manoscritto quindi, accortosi Vivaldi dell'errore, è costellato di correzioni, ad libitum e riadattamenti.

Oggi con i corni in si bemolle, per di più forniti di pistoni, non esistono più problemi tecnici e la sapiente revisione di un altro veneziano, Gian Francesco Malipiero, ha saputo concretizzare in tutta la sua suggestione l'idea vivaldiana di questo concerto.

Domenico Carboni

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nel Concerto RV 539, uno dei due composti da Vivaldi per questo organico, il trattamento dei corni non è molto dissimile da quello del lavoro appena ascoltato [RV 569 n.d.r.]: la coppia di ottoni è concepita come unità; quando non suonano «a due», gli strumenti si imitano oppure si accompagnano l'un l'altro. Il ritornello che apre l'Allegro di testa, prende spunto da baldanzosi motivi idiomatici di richiamo e fanfara venatoria, con i corni che intervengono in misura consistente, aggiungendo una tinta corposa e brunita al complesso degli archi. Il movimento comprende cinque ritornelli e quattro episodi. Il quarto «Solo» appare esemplare della scrittura vivaldiana, dal momento che allinea un passo di bravura per il corno I (il corno II accompagna col continuo), una serie di imitazioni fra i due solisti, quindi il loro procedere per terze parallele.

Lo splendido Larghetto presenta una struttura articolata in brevi sezioni, con quattro «Tutti» alternati a tre «Soli» (dove i corni suonano per lo più a distanza di terza); il movimento possiede una cullante e ariosa dolcezza, e vive sul contrasto timbrico fra ottoni e archi.

Richiami di caccia avviano l'Allegro finale, aperto da un ritornello con, ancora una volta, interpolazioni e interventi solistici dei corni. Lo schema costruttivo prevede tre «Tutti» e due «Soli». Il secondo episodio, che precede il ritornello di chiusura, ha la peculi rità di delinearsi come un dialogo piuttosto intenso fra la coppia di solisti e sezioni del «Tutti».

Cesare Fertonani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 27 aprile 1981
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 49 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 22 maggio 2017