Concerto in do maggiore per due violini, due flauti diritti, due oboi, due trombe, fagotto, archi, e basso continuo "Per la Solennità di San Lorenzo", RV 556


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Largo (do maggiore). Allegro molto
  2. Largo e cantabile (sol minore)
  3. ... (do maggiore)
Organico: 2 violini, 2 flauti diritti, 2 oboi, 2 trombe, fagotto, archi, basso continuo
Composizione: data sconosciuta
Edizione: Ricordi, Milano, 1949
Guida all'ascolto (nota 1)

L'attività di Antonio Vivaldi si svolse in tre direzioni diverse e complementari. Oltre che compositore Vivaldi fu virtuoso di violino e insegnante. Nel considerare la sua opera strumentale e vocale si dovrà tener conto di tutti gli apporti, di tutti i suggerimenti che gli derivavano dalla sua esperienza di didatta e dalla sperimentazione come strumentista. Poiché Vivaldi, come altri maestri suoi contemporanei, anziché chiudersi in astratte speculazioni dogmatiche o cristallizzarsi su posizioni conservatrici come Corelli, indagò nel vivo della sostanza sonora con una curiosità inappagata per i nuovi effetti e per un reale arricchimento del linguaggio musicale. Cosi per quel che riguarda la tecnica violinistica Vivaldi esplorò a fondo le nuove possibilità dello strumento, cercando tratti espressivi e posizioni più congeniali al violino. È questa una delle ragioni della grande vitalità che ancor oggi rivelano le musiche strumentali vivaldiane, che, messe a confronto con altri generi coltivati dal compositore, restano il documento più sicuro della sua luminosa ed estrosa capacità inventiva.

Una natura libera e eminentemente rivoluzionaria come quella di Vivaldi non poteva subire le restrizioni derivanti dal rispetto delle forme strumentali. Trattando generi come la sonata, il concerto, la sinfonia, Vivaldi si comporta con grande libertà e la sua fantasia percorre spesso vie insolite e ardimentose per creare un paesaggio sonoro imprevedibile ed audacemente mosso. Le sue pagine riflettono l'umore estroso del compositore nell'impiego assai libero delle strutture polifoniche, nelle improvvisazioni che poco si conciliano con la stretta osservanza delle forme, senza tuttavia intaccarne la struttura essenziale. Il suo spirito anticonvenzionale non esita ad interrompere il flusso unitario del tessuto sonoro inserendovi il capriccioso gioco di una cadenza né ad impiegare nuovi timbri e nuovi effetti strumentali.

Il Concerto in do maggiore offre un bellissimo esempio di quel colorismo strumentale che è una delle conquiste più brillanti del musicista veneziano. Si tratta di uno dei non numerosi concerti vivaldiani dove nella compagine orchestrale figura anche la famiglia dei legni: l'organico prevede accanto agli archi due flauti, due oboi, due clarinetti e un fagotto. Mentre il fagotto era già abbastanza diffuso fra i compositori dell'epoca, l'impiego dei clarinetti costituiva un'autentica novità. Questo strumento solo allora era stato messo a punto da un fabbricante di Lipsia, Christoph Denner (1655-1707) e fece le sue prime sporadiche apparizioni nelle opere del primo decennio del settecento. Per il fagotto lo stesso Vivaldi ha scritto più di trenta concerti. Il clarinetto invece sarà impiegato come strumento solista in modo magistrale solo da Mozart nel suo ultimo Concerto scritto nel 1791 (K. 622), e introdotto definitivamente nell'orchestra sinfonica da Beethoven.

La forma del Concerto in do è quella del concerto grosso, e il suo carattere religioso ben si concilia con la serena cantabilità e l'eleganza ritmica dei suoi tre tempi.

Antonio Mazzoni


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorrentino,
Firenze, Teatro Comunale, 6 ottobre 1973


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Ultimo aggiornamento 24 dicembre 2019