Concerto in si minore per quattro violini, violoncello, archi e basso continuo, op. 3 n. 10, RV 580


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro (si minore)
  2. Largo (si minore). Larghetto (si minore). Largo (si minore)
  3. Allegro (si minore)
Organico: 4 violini, violoncello, archi, basso continuo
Composizione: 1711
Edizione: Estienne Roger, Amsterdam, 1712

Questo Concerto fu trascritto per 4 clavicembali e orchestra da J. S. Bach (in la minore), BVW 1065
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

L'Estro armonico op. III (1711) segna un punto di svolta nella carriera di Vivaldi e l'inizio della sua affermazione europea. Accuratamente preparata negli anni precedenti la pubblicazione, avvenuta ad Amsterdam con dedica al granprincipe Ferdinando di Toscana, la raccolta si presenta del resto come la più ambiziosa e complessa mai apparsa dalla nascita del concerto strumentale. Una raccolta che offre una sintesi e insieme uno sperimentale superamento di tutte le contemporanee esperienze italiane: la tradizione del concerto grosso romano di Corelli e Valentini, quella bolognese di Torelli e quella veneta di Albinoni. Inoltre, nel titolo barocco appare per così dire compendiata la poetica vivaldiana che poggia sulla contrapposizione e risoluzione dialettica di «estro» (l'imprevedibile, soggettiva fantasia creativa) e «armonia» (la legalità razionale e oggettiva delle regole compositive). Il Concerto n. 10 prevede un organico con quattro violini e un violoncello solisti e sarà trascritto da Johann Sebastian Bach negli anni di Lipsia per quattro clavicembali e orchestra (BWV1065).

Così come altri lavori dell'Estro armonico, il Concerto n. 10 sì apre con un gesto molto teatrale. Ad avviare l'Allegro di testa è infatti l'incisiva e pregnante sezione principale del ritornello (A), suonata dai violini I e II soli sul sostegno di una viola sola. Poi il Tutti amplifica la stessa sezione in una duplice ripetizione, interpolata e quindi seguita da due brevi interventi solistici, rispettivamente del violino III e del violino IV. Due nuove sezioni del ritornello orchestrale (B, C) introducono un episodio solistico per il violino I col sostegno del violino IV e del violoncello. Prosegue quindi il gioco concertante tra Tutti e Soli. Alla sezione principale del ritornello (A) succedono, nell'ordine: un episodio per il violino Il col parziale sostegno del violino III; una variante del ritornello orchestrale (sezione A/B); un episodio per il violino I e quindi una sezione di ritornello (B). All'ultimo, esteso episodio partecipano tutti e cinque gli strumenti solisti, ponendosi a turno in evidenza nella continuità del tessuto concertante sino al ritornello di chiusura (sezioni A, C). Il movimento centrale OD ha una struttura ternaria, sottolineata dal lieve cambia¬mento di tempo della parte centrale.

Nella sezione in tempo Largo s'impone la scansione di accordi modulanti in severo ritmo puntato, collegati da brevi sortite dei violini soli anch'esse in ritmo puntato. Nella parte centrale, in tempo Larghetto e concepita in puri termini timbrici, Vivaldi sovrappone quattro diverse modalità di arpeggio, affidate a ciascuna delle altrettante parti di violino sul sostegno di viole e violoncello secondo lo schema seguente:

Violino I: arpeggio battuto di biscrome [quartine sciolte di trentaduesimi]
Violino II: arpeggio sempre legato come sta [quartine di sedicesimi, tre note legate e una sciolta]
Violino III: arpeggio sempre sciolto [quartine di sedicesimi spiccate]
Violino IV: forma di arpeggio sempre legato come sta [quartine di sedicesimi, note legate a due a due]
Viola I: sempre piano [ottavi]
Viola II: sempre piano [ottavi]
Violoncello: sempre forte [ottavi]

L'intensa dinamica modulante della sezione culmina in una sospensione dissonante (Adagio). La conclusione del movimento, di nuovo in tempo Largo, accenna a un effetto di ripresa, con una cadenza sospesa che riprende la gestualità in ritmo puntato.

L'Allegro finale, con movenze danzanti di giga, incomincia con un articolato ritornello orchestrale (sezioni A, B, C, D, E). Il primo episodio è per il violino I solo sostenuto dai bassi. Al breve ritornello seguente (sezione D), suc¬cede il secondo episodio, cui partecipano in dialogo tutti e cinque i solisti. Poi è la volta di un ritornello (sezioni E, A, B) che prepara il terzo episodio solistico, dove il dialogo tra i quattro violini s'infittisce. Tocca quindi a una breve interpolazione di ritornello (sezione E) lanciare il quarto episodio, dove i cinque solisti emergono a turno sino all'epilogo in cui i quattro violini sovrappongono quattro diversi disegni figurali (quello del violino I si colloca, a piacere dell'esecutore, nel registro sovracuto). La conclusione del concerto spetta, naturalmente, al ritornello (sezioni B, C, E).

Cesare Fertonani

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

L'estro di un sonador de violino

"Trattenere il respiro, ascoltare religiosamente si deve, e infine ringraziare le dame pietose che l'hanno aiutato, non vogliamo sapere come, a creare tanti capolavori [...]. Il prete rosso è rosso perché brucia ed è prete perché è un mistico, ma egli è anzitutto umano e non ha bisogno di collaboratori, bensì di servitori [.,.]. Il prete rosso lo immaginiamo...con l'orecchio contro il violino per meglio ascoltarsi, per la gioia di vibrare col suo istrumento, incurante di ciò che la musica fu prima di lui e sarà dopo la sua scomparsa"
(Gian Francesco Malipiero, Il filo d'Arianna, Torino, 1966)

Quando nel 1711 ad Amsterdam escono i XII Concerti op. 3, Vivaldi ha trentatré anni e sul frontespizio si presenta come "Musico di violino e maestro de' concerti del Pio Ospedale della Pietà di Venezia". Fino a quel momento la sua fama non aveva ancora travalicato i confini della Serenissima ma fin dalla circolazione delle prime copie il successo della nuova raccolta (da lui intitolata l'Estro Armonico) è immediato e straordinario. E prova ne è il fascino che esercitò su Johann Sebastian Bach il quale, fra il 1713 e il 1714, trascrive ben 6 Concerti dall'op. 3: i numeri 3,9 e 12 (per violino) diventano Concerti per clavicembalo (rispettivamente BWV 978, BWV 972 e BWV 976); i numeri 8 (per 2 violini) e 11 (per 2 violini e violoncello) si trasformano in Concerti per organo (BWV 593 e BWV 596) e il n. 10 per 4 violini assume la forme di un monumentale Concerto per 4 clavicembali e orchestra (BWV 1065). Nell'Estro Armonico Vivaldi esprime una mirabile sintesi strutturale fra l'archetipo del Concerto grosso di stampo corelliano e la sua nuova concezione della forma - ritornello che poi, sistematicamente e ingegnosamente, sarà riutilizzata proprio da Bach.

Il Concerto n. 10 RV 580, scritto per 4 violini, violoncello, archi e basso continuo, è una pagina dalla scrittura estremamente raffinata e complessa. A partire dal primo Allegro in cui l'incalzante motivo dei violini obbligati viene amplificato dal tutti in una mirabolante alternanza con i passaggi degli strumenti solisti in varie combinazioni. Nel Largo seguente la maestosità del ritmo puntato del tutti si ammorbidisce solo momentaneamente negli interventi dei quattro violini prima di sfociare in un Larghetto il cui fluire omogeneo si plasma su sofisticati cambi di armonia e di timbrica (di cui Vivaldi è maestro). Una cadenza sospesa e tre misure di Largo servono a introdurre l'Allegro finale, una Giga molto concertata in cui la fitta trama di enunciazioni e risposte fra gli strumenti concertanti sfocia in un turbinoso crescendo che corona una chiusura mozzafiato.

Laura Pietrantoni

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Il Concerto in si minore per quattro violini, violoncello, archi e basso continuo appartiene all'opera III, la prima delle nove raccolte di concerti date alle stampe durante la vita del compositore. La prima, e la più ambiziosa, come era comprensibile per un musicista giovane e desideroso di affermarsi al di là delle Alpi presso un editore, qual era Estienne Roget di Amsterdam, di rinomanza europea. Ciò che spiega l'alta qualità complessiva delle dodici composizioni uscite da un'oculata cernita, e il titolo «L'Estro Armonico» dato da Vivaldi alla silloge. Lo stile dell'opera III è quello del primo Vivaldi, già assolutamente affrancato dalla monumentale gravità e dal rigore polifonico di Corelli e dei corelliani (vedi Haendel), al cui «circuito chiuso» formale sostituisce quello «aperto» di una sfrenata libertà fantastica conferita alle parti degli strumenti solisti che si alternano, in episodi imprevedibilmente vari quanto a sviluppo e a scelta di figurazioni, al ritornello dei «Tutti». Vi è inoltre, di tipicamente vivaldiana, la elementare, irresistibile vitalità di quei ritmi squadrati ed energici, che spesso s'impongono quale parametro primario dell'invenzione, fagocitando, nella loro «quasi fisiologica esuberanza, i pur cospicui valori melodici ed armonici. Questi ultimi, ridotti quasi sempre alle semplici funzioni fondamentali di tonica, dominante, sottodominante e come irreggimentati nella successione volutamente prevedibile di semplici progressioni, contribuiscono a conferire a tutto il discorso quella chiarezza simmetrica e quell'intenso dinamismo che i contemporanei più attenti (quali il Quantz) non mancarono di sottolineare quale tratto specifico della personalità vivaldiana ed evento affatto nuovo nel panorama della musica coeva.

Sul valore del Concerto in si minore, decimo dell'opera III, dice già molto il fatto che figura tra i dieci prescelti da Bach per altrettante trascrizioni organistiche, cembalistiche o, come in questo caso, per un ardito e complesso ripensamento nella forma di un concerto per quattro clavicembali e orchestra d'archi. Tanto più audace, la trascrizione bachiana, se si consideri la specifica dimensione timbrica in cui è calato l'originale di Vivaldi, dimensione che tocca l'acme nel Larghetto dominato dal guizzante arpeggio di biscrome del primo violino solo sul fitto mormorio delle altre parti fuse in una luminescente fascia formata (come avverrà in Berlioz) dalla sovrapposizione di figure analoghe ma diverse.

Giovanni Carli Ballola


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 184 della rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 19 dicembre 2003
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 13 gennaio 1981


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Ultimo aggiornamento 20 giugno 2016