Feraspe, RV 713

Dramma musicale in tre atti


Testo del libretto


ATTO PRIMO

Scena prima

Porto di Mare, con veduta della Città.

Feraspe, Arbace, Guardie.
Feraspe
Di Persepoli quella è l'altra Reggia,
Ove il mio Genitor Dario regnando
Alla Persìa diè leggi. Or quivi, ò figlio,
Sarai contento appieno
Ne reali Imenei
Della bella Rosane,
E vedrai, che Statira
Di nuova luce adorno,
Ne approva il nodo, e ne festeggia il giorno.
Arbace
Padre, e Signor, lascia che quella mano,
Che invitta rege un così vasto impero,
Io baci riverente. I miei sponsali
Sono per tuo comando; in esso adoro
La gloria d'obbedir al genitore
Pria che la legge, che mi detta amore.

Scena seconda

Artabano, con seguito, e detti.
Artabano
Signor, Statira attende
E la regal sua figlia
D'inchinarti l'onore.
Feraspe
Della Vergine ìllustre, e della Madre
Cari à noi son gl'affetti. Or tu frà tanto
Figlio vanne à Statira,
Dille, che avrà fra poco
Gl'ossequj miei.
Arbace
Ratto men vado ò Padre;
Oh me felice all'ora,
Che rivedere colei, che m'inamora.

Vado ai rai delle due stelle,
Che risplendono gemelle
Ne begl'occhi del mio ben.

Vado ad ardere à quel viso,
in cui regna amore assìso,
Per conforto del mio sen.

Vado ecc.

Scena terza

Feraspe, Artabano, Guardie.
Feraspe
Lasciatemi pur solo.
(Partono le Guardie.)
Amico, o di mie vaste,
Ma giustissìme Idee genio più forte,
Vieni, e nel sen reale
Stringi col nostro amor la tua fortuna.
Artabano
Signor, chi serve alla tua mente eccelsa
Degno premio à dell'opra.
Feraspe
E tu maggiore
Lo dei sperar dal nostro amor. Ma dimmi
Che fa Statira?
Artabano
Attende
Della i figlia i sponsali.
Questo solo pensiero
Tutta incatena di colei la mente.
Ne pensando à suoi mali
Di trovarti si crede,
Turt'amor, tutto fede; e in te non scorge
Del suo picciolo Dario
Il giusto, e formidabile nemico.
Feraspe
Più non posso celar l'odio, e il furore.
Artabano
Non palesarlo ancor. Lascia ch'io siegua
La frode incominciata.
Statira sconsigliata
Delle sue guardie à me fida il comando.
Quelle pronte à tuoi cenni,
Avran , quando il vorrai, il core, e il brando.
E chi resta senz'armi in van contrasta:
Già di Feraspe è il mondo,
Se l'Asia tutta al suo gran cuor non basta.
Feraspe
Amico ad un gran core
Angusto è il mondo e pur il mio non chiede,
Che quello sol, ch'un dì sorte gli diede.
Parte del nostro Impero
E' Persepoli ancora,
Ch'oggi Dario possiede. Egli è quel Dario,
Che sa il Ciel, come nato, e di, qual sangue.
Astiage... Oh nome.... Basta:
Me ne privò legge crudel d'un Padre
Fuor di tempo avillito,
Ne più deboli affetti di marito.
Artabano
Renda dunque la forza al suo Signore,
Ciò, che le tolse amore.
Ma a parte del magnanimo pensiero,
Sarà tuo figlio?
Feraspe
No; che la robusta
Virtù del sangue in basso amor languisce,
E della gloria al lume
Talpa cieca è l'amante,
Arbace Re s'adori,
Pria che vegga il Diadema, onde io l'adorno.
Artabano
(D'alti ravolgimenti è questo il giorno.)
Feraspe
A Statira si vada. All'or che porga
Fortuna amica il crin, ella s'afferri,
Ne si lasci fugir, che non ritorna;
Più leggiera del vento
A noi vien, da noi vola in un momento.
(parte)

Scena quarta

Artabano solo.
Artabano
Ben presagir poss'io
Agl'alti pensier miei felice evento.
Già son l'armi in mia mano, e par che intorno
Fausto m'arrida il Cielo,
E splenda il Sol di maggior luce adorno.

E' dolce soave
La gioja del core
Ne sente timore,
Quell'alma costante
Ne sa disperar.

Ma poi se nemico
Il fato si trova
Tormento si prova,
Convien sospirar.

E' dolce ecc.

Scena quinta

Camera di Statira.

Statira, Astiage.
Statira
Astiage, nò tant'empio
Non vò Creder Feraspe.
Ei non vorrà di sì crudel delitto
Macchiar l'Anticha dignità Reale.
Astiage
Perche dunque Feraspe, or qui ne viene
Con tanti armati, e tanti?
Senza timor non veggio
Di Statira il nemico,
E l'emulo di Dario.
Temo l'antico sdegno, ed il possente
Stimolo di regnar in cor feroce.
Statira
Credilo a me, questo timore è ingiusto.
Astiage
La sete di regnar non mai si estingue.
Statira
L'ombra del Padre suo, del mio gran sposo
Sarà diffesa, e scampo
Al pargoletto mio figlio innocente.
Astiage
Vana speranza é questa.
Statira
Rispetterà Feraspe
Il nodo, onde a Rosane
Unir si debbe Arbace.
Astiage
Ambition non cura
Ragion di sangue, e la delude, e sprezza.
Statira
Calpesterà d'onor le sacre leggi,
E d'ospìtalitade, e di Natura?
Astiage
Spesso appresso i tiranni
Sembianza an di virtude anche i delitti.
Statira
Dunque che far degg'io?
Astiage
Lo stuol de tuoi guerrieri
Render più forte.
Statira
Ben diffeso, è chi regna
Sull'amor dei Vassalli.
Astiage
Ah Regina, Regina
Troppo di te, di tua virtù confidi.
Questa nel mondo è rara,
Rara è in esso la fede;
E quanto più si crede
Alle frodi più facile l'accesso
Si rende, e a tradimenti
Tanti sinistri eventi
Nascon per poca cura. Ah dunque veglia
Sull'opre del tiranno,
Veglia alla tua diffesa. Il sangue mio
Per te si verserà: Regina addio.

S'armi pur a danni tuoi
Il furor d'aversa sorte
La mia destra invitta, e forte
Per te sempre pugnerà.
E a favor dell'innocenza
Contra gl'empij, e rei tiranni
Per scoprir i loro inganni,
Giusto il Cielo s'armerà.

S'armi ecc.

Scena sesta

Statira, poi Artabano.
Statira
No': paventar non voglio,
Che l'innocenza mia veglia al mio scampo.
Artabano
Regina in questo punto
Giunse Feraspe. Il tuo voler attende . . . .
Statira
Venga egli pur: Amico
Tu vanne ad incontrarlo. E vuoi del core
(parte Artabano.)
Moti contrarij in questo sen tacete.
Venga Feraspe, e seco
Venga l'Abisso ancora io non pavento,
Darà prove ben degne
Della nostra fortezza un gran cimento.

Scena settima

Feraspe, e Statira.
Feraspe
All'inclita Regina,
Dell'Asia primo onore
Riverente Feraspe oggi s'inchina.
Venero in te quella virtude eccelsa,
Che il mio gran Genitore
Trovò degna del Trono, e del suo core.
Statira
Venero anch'io, Signore, in te quel grande
Splendor dell'Asia, ond'è si chiara, e bella.
Al suo maggior Germano
(ad un paggio che parte.)
Or Dario si conduca.
Feraspe
(Il primo oggetto egl'è dell'odio mio.)
Statira
Esulta oltre il costume
Nelle vene il mio sangue, or che Rosane
Col nodo, che l'unisee al tuo gran figlio,
Stringe in nuova aleanza il sangue nostro.
(viene Dario.)
Del tuo maggior Germano
Baccia, o figlio la destra, e in esso adora
Del suo, del tuo gran Padre
L'imagine più pura
Sull'orme, ch'egli imprime,
Tù vanne un dì; la certa via t'addito.
Che di gloria immortal conduce al tempio;
Dell'invitto Feraspe
adorar devi, e seguitar l'esempio.
Feraspe
Nella tenera fronte
Di magnanimo spirto
Grande scintilla il raggio,
Ma del mio Genitor in lui non vedo
Ne pur lie e apparenza
Statira
Del Re suo Padre, e sposo mio pur troppo
Il figlio a la sembianza,
E per quanto mostrar puote un fanciullo,
Vuol somigliarlo all'opre.
Feraspe
Sembra, che in volto spiegi
Dal mio sangue Real diversa Idea;
E d'insolente fama
Voce, cred'io malnata, e menzognera
D'Astiage in eso vede
L'anima ardita, e l'indole guerriera.
Statira
Olà: Feraspe ancora
Ti si aggira nel cuore, il reo sospetto?
Feraspe
(A mal cauto Feraspe ai troppo detto.)
Statira, io gia del volgo
Non sostengo l'insane
Voci, ne di tua gloria....
Statira
Idolatrai fin dalle fasce in cuna,
La gloria del mio nome, e le famose
Ceneri de grand'Avi.
Eccelse ebbi l'Idee,
Ed illustri i pensier. Un core in petto
Mi palpita ben degno
Del sangue, ond'io discendo. A torto, a torto
Mi si ascrive un delitto,
Che in sol pensarvi, ahimè m'empie d'errore.
Feraspe
(Si sospenda lo seoppio al mio furore.)
Statira
Non o pace a tanti inganni,
Mi tormenta il rio sospetto,
E già sento nel mio petto
La costanza a vacillar.

Tutti sono miei tiranni
Non s'offenda la mia fede,
Che innocenza in me risiede,
Ne giamai potrà mancar.

Non ecc.

Scena ottava

Feraspe solo.
Feraspe
Iritata è costei: troppo scopersì
Apertamente il mio celato sdegno
Frode salvata spesso
Di colui, che l'ordio ritorna in danno.
Crudo destin! perchè tacer non seppi:
Ma se la mia ruvina
Fosse scritta nel Cielo
Per man della mia sorte,
Posso cader, ma non temer la morte.

Troppo bella è la mia colpa,
Ne può mai recarmi orrorre,
Se mi guida al regio onore,
Se un diadema al crin mi dà.

L'abborirla è debolezza,
Il temerla è gran fiachezza,
Il fugirla è gran viltà.

Troppo ecc.

Scena nona

Arbace, e Rosane.
Arbace
Cara sposa adorata,
Sì da me sospirata,
Idolo del mio core,
Oggetto del mio Amore
Pur ti riveggio al fin: pur m'è concesso
Di palesarti quella pura fiamma,
Che tutto m'arde il petto;
E consacrarti il mio sincero affetto.
Rosane
Oh Dio! mio caro Arbace,
O' sia della mia gioia impeto grande
O' presagio infelice
Di qualche male ignoto,
Non a seco il mio cor tutta la pace,
Ne con pieno contento
Un si bel giorno incontro, e pur cor mio
Quanti voti fec'io, perche giungesse?
Stancai col pianto il Cielo, e mel concesse.
Arbace
Un gran ben, che s'aspetta
Tormenta col desio. Stancasi il core
Da si lunga speranza.
Rasserena il bel ciglio, anima cara;
Non a più forza il caso
Sui nostro amor.
Rosane
Si mio tesoro, in seno
Al timor non do loco,
Che a dissipar le nubi,
Ond'è il mio cor sepolto
Basta solo il seren del tuo bel volto.

Scena decima

Statira, e detti.
Statira
Arbace, un'alto affare
Vuol, che qui sola con la figlia, io parli.
Grave non, sembri a te di qui partire.
Rosane
O' Ciel!
Arbace
Ahi questo è dir, vanne a morire
(parte)

Lasciar l'amato ben
E' troppo rio dolor:
Lo sa, chi sente amor
L'anima mia lo sa.
Pietade almen pietà
D'un cor che pena.

Soffrir nò, non poss'io
Partir dall'Idol mio:
La vita io perderò,
Ma scioglier non potrò
La mia catena.

Lasciar ecc.
Statira
Figlia nascesti grande;
Ama il plebeo, ciò, che a lui piace, a noi
D'uopo è amar ciò, che giova.
Rosane
(Oh qual principio infausto!)
Statira
Feraspe avido è ancora
De nostri regni, e ancora non satollo
Degl'odii suoi. Tu saggia intanto attendi
A dar legge al tuo amor, e ti prepara
Ne cauti affetti tuoi,
A disamar ciò, che non piace a noi.
Non rispondi?
Rosane
Deh lascia,
Che delle pene sue trionfi il core,
E combattuta in esso
S'avolori virtù.
Statira
Rubello è quell'amor, che la combatte.
Rosane
Nacque pur per tua legge.
Statira
E la mia legge
Oggi forse lo vieta.
Rosane
Amo un Principe.
Statira
Il figlio
Forse d'un empio.
Rosane
L'empietà del Padre
Non passa al figlio.
Statira
E' sempre
Periglioso quel frutto,
Ch'esce da tralcio infetto.
Rosane
A' gran virtude Arbace.
Statira
Ed io più temo
Una fìnta virtude.
Che un gran vizio scoperto.
Rosane
Mal si cela gran tempo
Il vizio.
Statira
Olà abbastanza
Fu garrito fra noi. Sperai più pronta
Obbedienza; Io parto, e tu più saggia
Col tuo dovere i sensi tuoi consiglia,
E pensa, che io son Madre, e tu sei figlia.
(parte)

Scena undicesima

Rosane.
Rosane
Questa sola mancava a tante pene
Sventurata Rosane! E come mai
Sveller potrò dal seno
Un cosi forte, un cosi giusto amore?
Ah che non v'e dolore
Maggior del mio! Pur obbedir conviene,
E se sia d'uopo ancor, convien morire.
Virtù, dover, quanto mi costi! Oh Dio!
Combattutta da tanti varii affanni
Più resirter non posso,
Ed il fatal contrasto
Di fe, d'onor a superar non basto.

In mezzo a ria procella
Smarrita navicella.
Se il porto può mirar
Ripiglia all'or la speme,
Ne più dubiosa teme
L'ira del vasto mar.

Ma priva di speranza
Se resta in mezzo all'onde,
Sì perde si confonde
E tra funesti oggetti,
Comincia a disperar.

In ecc.

Scena dodicesima

Loggie contigue alla Reggia con due Troni.

Statira, Feraspe, Dario, Arbace, Astiage, Rosane. artabano.
Feraspe
Ad accrescer la pompa
Del reale Imeneo, per tuo comando
De sudditi o Regina
I più degni fra lor, vengono a noi.
Statira
E qui la Persia adori i Regi suoi.

(al suono di varii istromenti Dario e Statira da una, dall'altra Feraspe vanno sul Trono, e gli altri tutti s'avanzano.)
Arbace
A' te Regina eccelsa
Splendor del secol nostro, e meraviglia,
Il figlio di Feraspe,
Quello che può maggiore
Ti giura omaggio eterno, eterno Amore.
Statira
Al par de figli miei
Sempre caro mi fosti, e tal mi sei.
Rosane
Signor anche a Rosane,
Che il sangue ond'esci, umilemente adora,
Il bell'onor permetti
Di poter tributar al reggio piede,
Il suo ossequio, il suo amor è la sua fede.
Feraspe
Regal Donzella, il Cielo
Questa sorte ti doni, e quella pace
Che miglior bramar posso al figlio Arbace.
Artabano
Al Sovrano Monarca
Fulmine della guerra, onor del trono,
Di nemici terrore,
Fido Artabano offre la spada, e il core.
Feraspe
Del nostro amor per l'opre tue sei degno.
Astiage
Astiage ancor di vero, ossequio in pegno
Quella, che al Padre a un tempo
Amistade giurò, promette al figlio.
Feraspe
Felon, sul reggio ciglio
L'orrido volto ancor mi rechi? ancora
Osi a Feraspe comparir inante?
Astiage
Feraspe, e qual favelli.
Qual Astiage s'accoglie? A me fellone?
A me che serbo in petto
D'innocenza di fede il bel candore?
Che le leggi d'onore
Porto nell'alma impresse? Ah che di sdegno
Ardo a quel nome indegno, e male io soffro
L'onta, con cui s'oltraggia
La nobiltà del sangue, ond'io ne nacqui,
La gloria di mie gesta, ond'io ne vissi.
Feraspe
Tu de talami regii
Profanator sagrilego ...
Arbace
Che sento!
Feraspe
Del mio gran Genitor ingiuria, e scorno
Fede vantar potrai?
Astiage, tu lo sai,
Lo sa Statira, e con Statira il mondo
Lo sa la nel profondo
L'ombra del Padre mio da voi tradito,
L'ombra sì sì innocente....
Astiage
Astiage vanta onor....
Statira
Feraspe mente.
Feraspe
A me?
Statira
Si.
Astiage
La mentita
Diffenderà, se d'uopo sia la spada
D'un Principe oltraggiato
Feraspe
Amici: olà.....
Arbace
Che veggio?
Rosane
Aita o Numi.
Astiage
Per questo sen si passa
Traditori alle vene
Di Dario, e di Statira.
Arbace
E farsi scudo
Saprà contro di tutti il sen d'Arbace.
Feraspe
Che tenti incauto figlio?
Arbace
Un'opra degna
Di mia virtù, del sangue mio.
Artabano
(Signore, non azzardar di più: Salvati, e fuggi)
Regina il sangue indegno
Si versi del tiran.
Statira
Feraspe mora.
Feraspe
(Cedo al destin, ma pur non temo ancora.)
(parte seguito da Artabano, e guardie.)
Arbace
Or che sicura è la mia vita, io seguo
Le ragioni del Padre
(parte)
Rosane
Or che fausta è Fortuna
Tolgo Dario al periglio
(parte con Dario)
Astiage
Quanto dal Genitor diverso è il figlio.
(parte)

Scena tredicesima

Statira.
Statira
Tanto Feraspe ardisce, e neghittosi
Voi sospendete i vostri sdegni o Numi?
Della Persia l'onore
Forse non cura il Cielo?
Se in Ciel regna pietà degl'innocenti
Dovria i fulmini ardenti
Vibrar nel petto de tiranni ingiusti;
Che con frodi sagrileghe, ed indegne
Macchian la fama altrui, l'altrui innocenza.
Forse tu pensi, o Giove, acquistar lode,
Perchè le tue saette
Scendon tall'ora, sulle moli altere,
Su gl'alteri Obbelisci, e i sacri Tempi?
Se vuoi lode acquistar, fulmina gl'Empi.

Nel pensier di sue vendette
M'abbandona il mio dolore
E l'oppresso, afflitto core
Già comincia a respirar.

Caderà quel mostro esangue,
Che a tradita la mia fede:
Vo vederlo a questo piede,
Che pietà non può sperar.

Nel ecc.

Fine dell'Atto Primo.

ATTO SECONDO

Scena prima

Cortile contiguo alla Regia.

Feraspe ed Artabano.
Feraspe
Le sue ragioni a il caso
Sempre nell'armi, ed all'eccelse ìmprese
Non sempre arride la Fortuna Oh Dio!
Quello, che più m'opprime: è che del figlio
Una stolta innocenza
Svelto m'abbia di pugno un gran trionfo.
Artabano
Tel renderà il mio zelo.
Feraspe
Ma Statira più cauta
Veglierà su i suoi casi, e del suo Marte.
Armerà per vendetta
L'ire guerriere, e sorti.
Artabano
Alla mia fede la Regina affida
Le ingannate speranze.
Pria, che l'alba sul Cielo
Torni assieme col giorno
A' trionfar della vicina notte
Ad immortal tua gloria,
Signor sicura sia la tua vittoria.
(parte)

Scena seconda

Arbace, e Feraspe.
Arbace
Signor, vegliano i Cieli
Su i casi de Monarchi.
Feraspe
Ed ebbe cuore un figlio
Di levarmi di fronte
L'onor d'una Corona?
Arbace
Come!
Feraspe
Tu mio rubelle.
Tu scudo à miei nemici? E tu quel petto,
Ch'espor dovresti à prò della mia gloria,
Alla mia gloria opponi?
Arbace
Opposi il petto, e il ferro
All'armi de ribelli, ed in diffesa
Della mia sposa.
Feraspe
Or và campion d'un volto,
L'egreggia spada infiora,
E ricerca in Rosane,
Quel Regno che perdesti.
Arbace
E quel Régno perdei?
Feraspe
Un retaggio degl'Avi, un grande acquisto
De miei vasti pensieri,
Questo regno, che à te pur si dovea
Da Statira, e da Dario
Con titolo bugiardo
Ingiustamente oppresso.
Arbace
Dunque il rapire, agl'Innocenti i regni,
Son l'Eroiche virtù de' petti augusti?
Feraspe
Giusto è ritor, ciò che a gran torto è tolto.
Arbace
Questo regno o Signore,
E' legitimo dono
Del Padre al figlio.
Feraspe
E questa
Ragion dovean decider l'armi.
Arbace
Ah Padre
Troppo ingiusta è l'impresa.
Feraspe
Un delitto, che cinge
Di corona le chiome,
O' non è tal, ò pur ne perde il nome.

Veggo il Ciel turbato, e nero
Mi confondo ad ogni passo,
E in funesto rio pensiero
Fà quest'alma paventar.

Ma à dispetto del rimorso
Che condanna un tale eccesso,
In me troppo io serbo impresso
Il desio di dominar.

Scena terza

Arbace solo.
Arbace
Così dnnque si regna? Oh mal sicuri
Fondamenti de sogli.
Io però non intendo
Massime sì tiranne; E tu perdona
Padre, nò non avrai de tuoi dissegni
Minirtro il figlio, anzi.... Ma vien Rosane
L'Idolo mio sen viene,
L'unico mio conforto, e la mia spene.

Scena quarta

Rosane, e detto.
Rosane
(Cuor di Rosane è tempo
D'un Eroica virtude.)
Arbace
Ah mio tesoro! . . . .
Rosane
Arbace
Tu figlio di Feraspe,
Io figlia di Statira; oggi che freme
Marte fra noi, brevi momenti, e degne.
Di te, di me sian le perle.
Arbace
Oh Cieli! Cosi crudel m'accolgi?
Rosane
E così viene
Feraspe alle mie nozze.
Arbace
Un'impeto, uno sdegno
Del Padre io non diffendo, ed innocente . . .
Rosane
Non so: Quel sangue io vedo in te funesto
Alla Madre, alla figlia, a Dario, al regno.
Arbace
Questo sangue funesto à te cor mio?
Pur è quel sangue istesso,
Che offrii ben tutto alle rubelli spade
Per tua diffesa.
Rosane
Oprasti,
Quale da te si conveniva.
Arbace
Amore
Diede però il consiglio.
Rosane
Amor non soffre
Il genio mio pudico.
Parli Arbace, se vuol, ma da nemico.
Arbace
Io tuo nemico, o cara?
E questi sono, oh Dio! li dolci amplessì,
Che unir dovean nostr'alme?
Questi sono i contenti,
Ohe prometteva ancor a nostri voti?
Perchè ascondi quel volto,
Che si pietoso al mio languir io vidi?
Cara Rofane volgi
Vogli à me quei begl'occhi, e poi m'uccidi,
Rosane
(Mi scoppia il cor.) Arbace
Vaneggiasti abbastanza. Anche di troppo
Ti soffersi, t'udii. Vanne, e mi lascia,
Se più qui resti, offendo
La mia virtude il mio dover. Addio:
(quasi m'uscì dal labbro idolo mio.)
Arbace
Ma quel barbara legge
Gl'innocenti condanna?
Deh men severa, o bella
Col nostro amore i casi tuoi consiglia;
Rosane
Oh Dio! Statira è Madre, ed io son' figlia

So ancor io, che amante sei
So che langue in seno il core,
Ma sentir non posso amore,
Ma sperar non puoi pietà.

Toglie a te gl'affetti miei
Il rigor d'iniqua sorte,
Anche ad onta della morte
L'alma mia fedel sarà.

So ecc.

Scena quinta

Arbace, poi Astiage.
Arbace
Io sento, ohimè nel seno
Un non so che, ne ancora
Intendo s'egli sia pena, o contento.
Astiage
Signor ....
Arbace
Ah Prence amico,
Ne sospetti del Padre
Non condannar il figlio. Io di Statira
Venero il nome, e la virtude adoro.
Sanno i Dei con qual pena
L'ire del Genitor io vegga, e quanto
L'opre sue disapprovi.
Astiage
Arbace, appieno
Tua virtù si conobbe. Assai diversi
Sono i pensieri tuoi. Feraspe ingiusto
L'innocenza condanna,
E con frode non degna
Dell'Eccelso carattere, che in fronte
Gl'impresero li Dei
Tenta oscurar l'altrui decoro. Eh torni,
Torni al fin in se stesso,
Ed un si nero eccesso,
Qual si deve, corregga. A lui dovresti.....
Arbace
Non m'ode il Gcnitor, l'amor, che in petto,
Per Rosane mi strugge,
Soffrir non può; teme per esso, e vile
Perchè i consigli suoi seguir non posso.
M'appella ad ogni istante,
Di quest'anima amante, oh se sapessi
I spasimi per ciò, so ben che avresti
Pietà de casi miei.
Astiage
D'una sorte miglior degno tu sei.
Arbace
Fra mille pensieri
D'amante, di figlio
Confusa quell'alma
Non trova consiglio,
Non spera più calma,
Riposo non à.

Dover mi tormenta,
Mi lacera amore:
L'amante mio core
Soffrir più non sà.

Fra ecc.

Scena sesta

Astiage.
Astiage
Quanto detesto il Padre,
Tanto degno di lode io credo il figlio.
In qual fatal periglio, in quel cimento
La mia fede s'attrova? A qual maligno
Nume spirò al barbaro tiranno
Un così rio pensier? Io sento in petto
Oppresso il core, e privo di speranza,
Par che favilli, ohimè, la mia costanza.

Un certo freddo orrore
Tutto mi gela il sangue,
Sento che l'alma langue,
E che sperar non sa.

Tutto costanza il core
Con la virtude à lato
Saprà dell'empio Fato
Sfidar la crudeltà.

Un certo ecc.

Scena settima

Artabano, Statira.
Artabano
Donna real in si gran notte il Cielo
Da te richiede una viril fortezza.
Freme il tumulto della plebe, e quella
Ogni contrada ingombra
D'indistinto rumor di voci, ed armi.
Già, già di veder parmi
assalita la Reggia.
Gia manca ogni speranza,
E per salvarsi un sol momento avanza.
Statira
Son dunque tutte in si grand'uopo ottuse
Le spade della Persìa?
Artabano
E che è peggio, infedeli.
Statira
In si grave periglio
Artabano fedel dammi consiglio.
Artabano
Tolgasi al fiero scempio,
Che lo minaccia il combattuto Infante.
Statira
Ma quel di Dario alla salute è scampo?
Artabano
Io, Siatira, per l'ombre
Della notte fatal occulto, e solo
Trarrollo in parte, ove fuor d'ogni insulto,
Tel serberò, fin che s'estingua, e manchi
L'ira degl'Astri, ed il destin si stanchi.
Statira
Perder dunque degg'io.
Il dolcissimo figlio?
Artabano
E' per salvarlo.
Statira
Omai dunque sì siegua
Del destino la legge. Olà si guidi
Dario agi' amplessi miei, e forse estremi.
Artabano
Anzi, perchè più cauta
La fuga sia d'uopo è mentir le spoglie.
Statira
Donde le avrem.
Artabano
Confido
Di ben tosto trovarle.
Statira
Si: vanne a me le reca
Artabano
(Soverchio amor alma di Madre accieca.)

Fido costante il cor
Sospira a quel dolor,
Che ti spaventa.

E giunge fino all'alma
Pietosa alla tua pena
Il barbato destin, che ti tormenta.

Scena ottava

Statira, poi Dario condotto da una guardia, poi Artabano.
Statira
Misera Madre, in quale
Disastroso periglio,
Vedi cader te stessa, ed il tuo figlio?
Vieni, si vieni o cara
Degl'occhi miei dolcissìma pupilla,
Vieni agl'estremi amplessi
D'una Madre infelice,
Troppo misero figlio!
Vieni fra queste braccia, unica, e sola
Gioja de miei pensieri.
Tu da me lungi? Io senza te? Qual giorno
Avrà più Sol per gl'occhi miei? S'io perdo
Il Sol degl'occhi tuoi
Non a più luce il Sol ne raggi suoi.
Artabano
Regina, ecco le spoglie,
Statira
Oh Dei! son queste
Le porpore Reali,
A' quai ti generò l'iliustre Padre?
Or via servasi al Fato. Ite, o funeste
Reliquie di grandezze, e voi fedeli
Ruvide lane, onde il bel fianco cingo,
Nascondete, vi prego,
Agl'occhi rei d'un mostro coronato
Questo misero avanzo
D'un sangue nato al regno.
Caro Artabano, alla tua fé commetto
Delie viscere mie la miglior parte.
Eccoti Dario, il raffiguri? Serba
In si fatai periglio
L'onor di Persia, e di Statira il fìglio.
Artabano
Confida pur nella mia fede.
Statira
Vanne
Anima mia, mia gioja, e mio conforto.
Artabano
Generosi pensieri, eccovi in Porto.
(parte con Dario.)

Scena nona

Statira, poi Rosane, poi Astiage.
Statira
Ah Dario amato figlio,
Dario, Dario ove sei?
Torna, torna mio ben, dove t'ascondi?
Dario, figlio crudel non mi riipondi!

Se non ti cerco oh Dio|
Nel centro del cor mio,
Mio caro, e dolce amor
Ti cerco in vano .....
Rosane
Ah. Madre in infausti avvisì,
Statira
Di più infausto, che sia.
Rosane
Il perfido Artabano...
Statira
Che?
Rosane
L'infelice Dario
Recò in man di Feraspe.
Statira
Oh Cieli, e come
Non mi si spezza il core?
A così rio dolore.
Astiage
Regina il traditor ....
Statira
Ah troppo intesi.
Astiage, a te s'aspetta
La più giusta vendetta,
Che da mano fedel tentar si possa.
Di man si tolga a morte
Questo fanciul, ch'è sol degno degl'Avi ;
E se l'iniqua sorte
Farà contrasti al mio materno amore,
Tanto nel tuo, nel braccio mio confido ,
Che della morte, e del destin mi rido.
Astiage
Fidati pur di me. La vita, il sangue
Per salvar l'innocenza
Si sagrifichi pur. Del rio tiranno,
Che calpesta le sacre
Leggi d'onor, di fede, e di Natura,
Obbrobrio della terra, odio del mondo
Allo scempio s'attenda;
Sarà ben , che diffenda
La ragion degl'oppressi il Cielo irato,
E quei mostro spietato,
Con l'empio Fabbro di si nero eccesso.
Vedrem svenato in questo punto istesso.
Rosane
Così sperar conviene.
Statira
Vanne: del figlio mio
L'innocenza diffendi. Ah caro, figlio
Delle vilcere mie, parte migliore,
Misera ti perdei. Mi manca il core.
Astiage
Non disperar, chi sa. Forse fra poco
Così lo spero almeno,
Stringer potrai l'amato figlio al seno.
(parte.)

Scena decima

Rosane, Statira.
Rosane
Madre infelice, ahimè, che il fier tormento,
Onde ella è opressa, al seno mio sen passa.
Statira
Chi mai creduto avrebbe, empii cotanto
Feraspe, ed Artabano.
Numi, la vostra mano
Porgete in mia diffesa,
In diffesa d'Astiage,
E nel fatal periglio
I rei punite, e mi salvate il figlio.

Di me più sventurata,
Nò, non si vide ancor.
Perfido, traditor
Rendimi il sangue mio:
Non son più Madre oh Dio!
Son disperata.

Farmi girar funesta
L'ombra del figlio intorno,
Fosco mi sembra il giorno,
E sempre, a danni miei
Trovo nemici i Dei,
La sorte irata.

Di me ecc.

Scena undicesima

Rosane.
Rosane
Sperar convien, che doppo tanti affanni,
Doppo tante sciagure al fin ritorni
Di pace il bel fereno. A dense nubi
Un chiaro dì succede,
E doppo ria procella,
Placido, e tutto calma il mar si vede.

Chiedi alla Farfaletta
Dove girando va,
Ella risponderà,
Vado alla face.

E l'alma semplicetta;
Anch'ella ti dirà
Col dolce sospirar,
Ai caro ben volar
Ogn'or mi piace.

Chiedi ecc.

Scena dodicesima

Piazza con prospetto del Palazzo di Feraspe.

Astiage con Soldati con faci accese.
Astiage
Guerrieri ecco l'arena, in cui vi sfida
L'empietà coronata.
Dario è vicino a morte.
Dario v'appella, io chiedo
Da voi le usate prove,
E il Ciel da voi s'aspetta,
O la vita di Dario, o la vendetta.
Ardano quelle porte,
E spalanchi il sentiero al nostro ardore,
Foco vendicatore.

Scena tredicesima

Feraspe, sopra ringhiera del Palazzo con Dario, e Detto.
Feraspe
A me furie baccanti,
A questa fronte ergete
Lo sguardo attroce. A voi, a voi favello:
Dove corre l'insano
Vostro furor? Eccovi Dario, io stesso
Renderollo a Statira.
Ma se punto s'avanza
Si violento orgoglio, or io di questo
Idolo vostro imbelle
Lacererò le membra,
Rinoveró di Persia
Le Tragiche rovine.
Come? Ne ancor si parte?
Astiage
Che far degg'io?
Feraspe
Su via, s'avanzi il vasto
Fatale incendio: ma si sparga ormai
Quanto Dario à di sangue entro le vene.
Estinguerà l'ardor.
Astiage
Ah no, t'arresta:
Feraspe
Itene dunque. Ancor si tarda! Un solo
Momento, s'ancor s'insiste, il fato
E' spedito di Dario. Eccolo a voi.
Astiage il reca alla sua Madre.
Astiage
Ah ferma
Mostro dall'empia strage. E' troppo caro
Quel sangue a noi. Guerrieri
Cingansi d'ogni intorno
L'orride mura; Intanto io di Statira
Cauto vedo a raccor la nuova legge.
Feraspe
Così ne rischi il mio valor si regge.
(Si ritira con Dario.)

Scena quattordicesima

Astìage.
Astiage
Fidi, e prodi Campioni, è questo il giorno
Che dimostrar dovete
A Statira, ed a me fede, e valore.
Il Ciel seconderà le nostre imprese,
Che accolti dentro i lor crudeli inganni
Presto, o tardi cader denno i tiranni.

Colle procelle in seno
Sembri tranquillo il mar,
E un Zefiro sereno
Col placido spirar
Finga la calma.

Ma se quel cor superbo
L'istesso ancor farà,
Vi lascio in libertà
Sdegni dell'alma.

Colle ecc.

Fine dell'Atto Secondo.

ATTO TERZO

Scena prima

Camera con Gabinetto

Arbace, e Rosane.
Arbace
Eccomi, qual mi voi vittima, o schiavo
Mia Regina, mio Nume.
Rosane
Principe, dove è Dario?
Dove il regal germano? E' tinto forse
Nell'innocenti viscere quel ferro,
Che dal fianco ti pende?
Lascia, lascia ch'io vegga
Le reliquie d'un sangue,
Che è la metà del mio.
Arbace
Bella, ma troppo ingiusta
Io carnefice reo d'un sì bel sangue?
Crudel così mi credi, e tal m'amasti?
Rosane
Ma senza Dario, a che ne vieni?
Arbace
Io reco
Al tuo temuto sdegno, alle giust'ire
Della tua Madre, un pegno
Così caro a Feraspe,
Quanto Dario a Statira.
O' vivrà Dario, ò vò morir anch'io.
Un ostaggio più degno
Per la vita di lui non so recarti.
O' un core anch'io capace
Di più ferite, e volentieri io dono
Una vita, che spiace ora a Rosane.
Sù via ferisci. Oh quanto ben si muore,
Quando il vivere è pena,
Tergi i lumi dal pianto, e li serena.
Rosane
Oh Cieli! E pur io veggo
Arbace ancora in te. Gl'affetti miei
In libertà già posti
Dalla colpa del Padre,
Dalla virtù del figlio
Son resi ancora al primo lor servaggio.
Deh non t'espor, o caro,
Al furor d'una Madre,
Nella parte miglior del core offesa.
Deh mio Principe fugi, ed a noi reca
Dario per altra via. Troppo funesta
A costo così grande è la vendetta.
Atrbace
Così mi tenti? all'ora,
Ch'io ti credei nemica
T'amai cotanto, e meno amarti io deggio
Or che ti veggo amante?
Potrai codardo amarmi, ed incostante?
Rosane
Oh Dei! deve a momenti
Qua rivolgere il piè la Madre irata.
Non ai loco alla fuga. Ah s'ella giunge ....
Tenta lo scampo, e la ti cela o caro
Arbace
A temer io, dal tuo timore imparo.

Combattuto in mar d'affetti
Qual nocchier sono in procella,
Ma negl'occhi, e ne tuoi detti
Splende a me foriera Stella
Della calma del mio cor.
Fugirò, ma non poss'io
Lungi andar dal tuo sembiante,
Se in lui vedo il cieco Dio,
Che promette all'alma amante,
Vera pace, e vero amor.

Combattuto ecc.

Scena seconda

Statira, Astiage, Rosane, Arbace nel Gabinetto.
Rosane
Ahimè giunge la Madre,
Ah s'ella il vide, il caro Arbace è morto.
Statira
Dunque sfavilla ancora
Qualche raggio di luce infra nubi?
Dunque si può sperar fra tanti affanni
Qualche conforto ancor?
Astiage
Si mia Regina,
Dario sen vive, e il rio tiran promette
Di ricondurlo a te. Chiede sol tanto,
Che tu l'ascolti, sicurezza.
Statira
E l'abbia.
Venga egli pur. Sospiro il dolce istante
Di riveder l'amato figlio. Al seno
Quando stringerlo mai potrà la Madre.
Quanto Astiage, ti devo.
Astiage
E' sacro impegno
Della mia fé vegliar sù i casi tuoi.
Statira
Figlia respiro al fin.
Rosane
Ogni gran lutto
Con la gioia confina.
Chi sà, che il nostro pianto
Non plachi ormai le stelie.
Statira
Così sarà.
Astiage
Così sperar conviene.
Statira
Vanne, Principe amico.
Astiage
Ad obbedirti
Volo, ò Regina, Ah ritornasse almeno
La pace a noi: de suoi trascorsi al fine
S'avedesse Feraspe. Il tuo diletto
Figlio rendesse almen, e con il figlio
L'amistade, la fede, e l'innocenza.
Così sperar vogl'io. Tu lieta intanto
Lo spera pur. Sovente un sventurato
Fra le nubi del duolo,
Quando sel sogna meno,
Scopre l'Iri di pace, ed il sereno.

L' innocenza in abbandono
Non lasciate, o Eterni Dei:
Sono questi i voti miei,
Più non brama la mia fè.

Dopo tante rie tempeste,
Splende al fin un dì sereno;
Spera l'alma in questo seno
La sua pace al fin per te.

L' ecc.

Scena terza

Statira, e Rosane.
Statira
Figlia partir ti piaccia, e qui lasciarmi
Solo co'miei pensier, finche Feraspe
Il caro figlio mi conduce.
Rosane
Ah venga,
Venga ben tosto. Oh cara Madre anch'io
Impatiente sospiro il bel momento
Di poterlo abbracciar, Ma pur m'è forza
Il paventar ancor. Un'alma rea
Non ritorna si tosto al primo stato
D'innocenza, di fede. Ah voglia il Cielo,
Che non s'ordisca un qualche nuovo ingano:
Troppo l'empio tiranno
Mi fa timor; e sento intorno al core,
Madre, lascia che il dica,
Un certo freddo, e non più inteso orrore.

Gelarsi il sangue io sento
Dentro le venne oh Dio.
Trema per lo spavcnto
Fra mille affanni il cor.

Languida, semiviva
Sento che lascia l'alma
Questa infelice salma
In preda del dolor.

Gelarsi ecc.

Scena quarta

Statira, poi Faraspe, con Dario, e Guardie.
Statira
Con qual impeto mai non bene inteso
Mi balza in petto il core?
Non so capir se sia speme, o timore.
Feraspe
Statira, eccoti Dario.
Amico io giungo, e a te lo rendo.
Statira
Oh figlio!
Feraspe
A te de nostri casi
I segreti pensieri
Scoprirti deggio, senza
Testimon, che n'ascolti. Io chiedo sola
Con noi di Dario l'innocenza.
Statira
Parta
Ciascuno, e Dario resti.
Feraspe
(Gravi momenti al mio gran cor son questi.)
(chiudendo la porta.)
Statira, ecco l'arena
Della nostra fortezza.
Statira
Che sia mai ciò?
Feraspe
Dalle tue guardie cinto
Veggo arruotar baccante
La forbice fatal, torva la Parca,
Ma non la temo. Cade
Troppo felicemenie,
Chi il suo nemico opprime.
Eccoti un foglio. O' scrivi
Che d'adulteri amplessi
Nacque costui, e che usurpato è il Trono,
Ove egli sìede, o che gl'immergo in seno,
Te presente l'acciaro.
Statira
Tanto s'ardisce? O là....
Feraspe
Ferma ò lo sveno.
Statira
Tu di sangue real nò non nascesti,
Ne dì donna sei figlio.
Ciascuno arrossirebbe
D'aver prodotto un mostro si crudele.
Là su l'orrida riva d'Acheronte
Ti generò, ti partorì Megera.
Ma nò, Signor, perdona
D'una misera Madre,
E lo sdegno, e l'amore. Io sò che giusto,
So che amator dell'onor tuo tu sei,
Ne vorrai la tua fama
Contaminar con atti indegni, e rei.
Mira Dario nel volto. In esso osserva,
La viva, e vera imagine del Padre;
Mirala, e se tu puoi, negagli affetto.
Pietà, ragion non ti si sveglia in petto.
Feraspe
A' voci di Sirena
O' d'Ulisse l'orecchio.
Arbace
(Ah fiero Padre!)
Statira
Tanto del nostro sangue
Cotesto ferro è ingordo?
Spargasi via. Ma dove il cerchi? In questo
Picciolo petto, in cui ritrova appena
Luogo per la ferita il tuo furore?
Ah che questo non basta:
Nel mio, nel mio tu puoi
Dissetar la tua rabia, i sdegni tuoi.
Arbano
(Amor degno di Madre!)
Feraspe
Garristi assai; Rissolvi, o verga il foglio,
Qual io dettai, o che nel cuor del figlio
Immergo questo ferro.
Se tardi ancor, Dario non è più vivo.
Statira
O Ciel ferma, che io scrivo.
(Va al Tavolino per scrivere.)
Olà folle mia destra, e che scrivestì?
Mi si tolga la vita, il regno, il figlio,
Ma non l'onore. Or via mostro, che tardi?
Svena, squarcia quel core,
Con intrepido ciglio il colpo io miro.
Sarà illustre Statira
Nella sua crudeltade.
Vuoi, ch'io ti snudi il petto, e che t'additi
Dove risiede il cor? Su via ferisci.
Berremmo ambi quel sangue
All'illustre vittoria
Tu del furor, ed io della mia gloria.
Feraspe
Barbara Donna!
Arbace
(Eroica Madre?)
Statira
Ah figlio!
Ah Dario, ah del cor mio tenera parte
Deh perche non poss'io
Squarciarmi il petto, il core, e qui celarti
Dal barbaro furor d'un'empia mano?
Quelle viscere infauste
Seppero darti vita,
Ma non san custodirla.
Stringiti a questo petto almeno, e rendi
Più forte il mio dolor si che m'uccida,
Prima di te cor mio.
Feraspe
Si tronchino gl'indugi,
E la vittima sua rendi al mio sdegno.
Statira
Crudel, ne vuoi ch'io pianga?
Feraspe
Serba su le sue piage il pianto imbelle.
Statira
Un de fulmini vostri ardenti Stelle!
Feraspe
Ecco il gran colpo. Vedi
Se questo, che t'addito, è il cuor del figlio.
Statira
Ah che un sommo dolor non vuol consiglio.
Ti svellerò di pugno....
(In atto di levare il ferro a Feraspe.)
Feraspe
Tanto presumi ancor femina altera?
Arbace
L'innocenza si salvi, e il Mondo pera.
(Conducendo via Dario.)
Feraspe
Ah figlio traditor.
Statira
Ereo ben degno
Di mille Augusti allori
A cotanta virtù doni Statira
Tutte le sue vendette.

Scena quinta

Arbace, e detti.
Arbace
Signor, eccoti un figlio
Reo d'un delitto, ond'ei non sa pentirsi.
Quando illustre è la colpa
Il pentimento è vile.
Se Dario tolsi alla tua spada, io reco
A te Arbace in sua vece,
Si cangia, ma non manca
Olocausto al tuo sdegno.
Ecco già il collo io porgo
Ignudo al colpo. Cada
Per man del Genitor il figlio estinto.
Feraspe
T'abbraccio o figlio: Illuitre donna ai vinto.

I sdegni miei detesto
Condanno il mio sospetto:
Sento destarsi in petto
Le leggi dell'onor.

Per te ritrovo o figlio
Della virtù il sentiero:
Per te discerno il vero,
Per te respira il cor.

I sdegni ecc.

Scena sesta

Statira, Arbace, e Dario.
Statira
Vieni cor del cor mio, nobile dono
Di questa Eroica mano.
Oh caro Arbace! Oh quanto
Degno sei di Rosane, e di quel Trono,
A cui ti aspetta il Mondo.
Vanne alla sposa ormai.
Arbace
Respira al fine
L'inamorato core in questo petto,
Se posseder m'è dato
De dolci pensier miei l'unico oggetto.
{parte.)
Statira
Ah che pur troppo è ver, che veglian sempre
A prò dell'innocenza i giusti Dei.
Al fin son lieta: Eccomi in porto: Oh quale
L'anima esulta in seno;
Se il dolor non m'uccise,
Deh non m'uccida il mio contento almeno.

Lieta ritrova in seno
Quest'alma il suo contento:
La cara pace io sento,
E più tremar non sò.

Il barbaro destino
Più non mi reca orrore:
E doppo un fier dolore
Contenta al fin sarò.

Lieta ecc.

Scena settima

Luogo magnifico con Trono.

Artabano,
Artabano
Delle tue colpe il fine, ecco Artabano:
Che risolvi? che pensi?
Forse aspettar vorrai
Del Carnefice il colpo? A che ti trasse
Un'insana ambitione! E' salvo il figlio,
Palese della Madre è l'innocenza,
Ritorna in se Feraspe, e tu che reo
Sei di tanti delitti
Non ritorni in te stesso?
Ah che l'enorme eccesso
Punir da me saprò, saprò da forte
Se colpevole vissi
Girne cercando un'onorata morte.

Non trova più riposo
Quest'anima smarita;
Si perda pur la vita,
Ne pena sa il morir.

M'opprime il fier rimorso
M'affanna un rio timore,
Oh qual strano dolore:
Oh qual grave martir!

Non ecc.

Scena ottava

Statira, Feraspe, Dario, Rosane, Astiage, Arbace.
Statira
Signor eccoti un soglio,
Che in te sospira un precioso incarco
Della gloria su'l orme
L'illuure pie v'ascenda,
Feraspe
Ma con gloria maggior sia ch'ei vi scenda.
Astiage
Popoli è fral la vita, eterno il nome,
Ed eterne van seco, infamia, e fama.
Passan queste nel sangue
De figli, de nepoti
E de posteri resta alla memoria
Il nostro disonor, la nostra gloria.
Sparsi senza timore
Sudori, e sangue a prò di questo regno,
Non fu in Statira mai
Macchia di tradimento.
Pur di sospetto indegno
Invidia fabricò maligne accuse.
Queste son false, e pur se v'è chi ardisca
Di contrastarlo, sia Giudice il ferro,
Che nel Cimento estremo
Plebei non sdegno, e Principi non temo.

Scena ultima

Artabano, e detti.
Artabano
Astiage ancor non manca
Vittima alla vendetta;
Ne và senza gastigo il tradimento.
Statira
E ancor vomita Dite
Nuove Furie a miei danni?
Rosane
Il Ciel diffenda
Le ragion della Madre.
Astiage
Vieni Campione indegno
D'ingiustissima causa
Spiace troppo al mio cor tarda vendetta.
Arbace
Al nostro Eroe siano propizi i Numi.
(In atto di Combattere Artabano presenta il seno ad Astiage.)
Astiage
Così combatti.
Artabano
Or via siegui la tua vittoria;
Statira io cerco un'onorata morte,
Che mi tolga all'enorme
Delitto, che mi rode.
Statira
Vivi: un si lieto giorno
Non contamini il sangue. A voi frà tanto
Popoli giuro, e à Numi,
Ch'oggi la Persia adora,
Che innocente è Statira, e Astiage ancora.
Feraspe
Tanto basta alla legge.
Dell'indegno sospetto ormai si taccia.
Astiage
Signor, à piedi tuoi....
Feraspe
Astiage sorgi:
Mi sarai sempre caro.
Dell'Inclita Rosane, e in un d'Arbace
S' uniscan pur le destre.
Statira
Voli d'intorno, l'allegrezza, e il brio.
Arbace e Rosane
(a due)
Porgi la bianca mano Idolo mio.
Coro
Imeneo, che sei d'Amore
Dolce ardor, nodo immortale,
Della Copia alma reale
Stringi l'alma, e annoda il core.

IL FINE.


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Ultimo aggiornamento 8 dicembre 2021