Praticamente per tutto l'arco della sua attività di musicista Vivaldi lavorò all'Ospedale della Pietà, uno dei quattro orfanotrofi veneziani per fanciulle, famoso per la qualità delle esecuzioni musicali delle sue ospiti, che si esibivano nella chiesa annessa all'Ospedale sia durante le funzioni religiose sia in veri e propri concerti. Tranne alcuni intervalli, rimase alla Pietà dal 1704 al 1740, dapprima in qualità di insegnante di violino e dal 1716 con l'incarico di maestro dei concerti, cioè primo violino-direttore d'orchestra.
La composizione della musica vocale sacra eseguita alla Pietà spettava in teoria al maestro di coro, ma anche a Vivaldi fu chiesto in più occasioni di assolvere questo compito, in particolare durante gli interregni tra la morte o la partenza di un maestro di coro e l'arrivo del suo successore. L'entità esatta della sua produzione di musica sacra non è ancora del tutto chiara: il suo catalogo ha subito continui aggiornamenti fino ad anni recenti, né si può escludere che si facciano altre scoperte. Allo stato attuale si conoscono una sessantina di composizioni di questo tipo, divisibili in due grandi categorie, quelle su testi liturgici e quelle su testi non liturgici. Tra le prime si contano una Messa completa (probabilmente spuria), alcune sezioni di Messa (un Kyrie, due Gloria e due Credo), diciotto Salmi, cinque versioni del Magnificat strettamente imparentate tra loro, otto tra Inni, Antifone e Cantici. Le composizioni sacre su testi non liturgici includono un oratorio, sei introduzioni e dodici mottetti.
A quest'ultimo gruppo appartiene In furore iustissimae irae, RV 626, per soprano, archi e basso continuo. Genere antichissimo di musica sacra (le sue origini risalgono al tredicesimo secolo) su testo non liturgico, il mottetto aveva subito nei secoli molte e radicali trasformazioni e nel diciottesimo secolo era una composizione per un cantante solista con accompagnamento strumentale, sensibile alla moda dell'opera e al gusto per il virtuosismo vocale. A quell'epoca il mottetto era un genere così fortemente codificato che nel 1752 il compositore e teorico Johann Joachim Quantz potè darne in poche righe una descrizione precisa: «In Italia attualmente questo termine si applica a una cantata sacra per solista, in latino, comprendente due arie e due recitativi, conclusi da un Alleluja, e interpretata da uno dei migliori cantanti, durante la messa, dopo il Credo». Anche Vivaldi concepiva il mottetto così, soltanto che aboliva regolarmente il primo recitativo e scriveva due arie divise da un solo recitativo secco: entrambe le arie adottavano la stereotipata forma con capo (A-B-A): la parte A poteva essere ripetuta più volte, aumentando progressivamente le fioriture e terminando con una cadenza virtuosistica lasciata all'improvvisazione dell'interprete, che vi faceva mostra di tutte le sue capacità, lasciando l'orchestra ferma ad aspettarlo. Generalmente le due arie erano contrastanti, una veloce e una lenta, e quella in tempo lento invitava a una maggiore semplicità. Ogni mottetto era concluso da un Alleluja puramente virtuosistico.
Non fa eccezione a questo schema In furore iustissimae irae. Non se ne conoscono l'anno di composizione e la destinazione, ma il testo (la preghiera di ringraziamento del peccatore a Dio per la sua clemenza) lascia supporre che fosse destinato a un periodo penitenziale o forse alle Rogazioni, le pubbliche supplicazioni che si svolgevano durante la primavera in forma di processione, in origine per propiziare il buon raccolto, in seguito "per le necessità degli uomini, soprattutto per i frutti della terra e per il lavoro dell'uomo". La prima aria è un Allegro potente e drammatico, aperto da grandi unisoni discendenti degli archi: all'atmosfera tempestosa e al colore minaccioso concorrono le cupe tonalità di do minore (la prima e l'ultima parte dell'aria) e di sol minore (la parte centrale). La seconda aria è un Largo dal tono raccolto e riflessivo: inizia anch'essa in do minore ma la parte centrale modula in un più sereno si bemolle maggiore, rispecchiando il testo, che afferma che il pianto si trasformerà in gioia. Nell'Alleluja Vivaldi instaura un insolito e efficacissimo contrasto tra la melodia giubilante del soprano da una parte, i colori scuri del do minore e l'andamento agitato degli archi dall'altra.
Mauro Mariani
N. 1 - Aria | |
In furore iustissimae irae Tu divinitus facis potentem. Quando potes me reum punire Ipsum crimen te gerit clementem. |
Nel furore della tua giusta
ira Tu rendi potente. Quando puoi punire la mia colpa è essa stessa a renderti clemente. |
N. 2 - Recitativo | |
Miserationum Pater piissime Parce mihi dolenti peccatori languenti O Jesu dulcissime. |
Padre pio di misericordia perdona il mio pianto di peccatore dolcissimo Gesù. |
N. 3 - Aria | |
Tunc meus fletus evadet laetus Dum pro te meum languescit cor Fac me plorare Mi Iesu care Et fletus laetus fovebit cor. |
Ed ecco il mìo pianto si spande lieto mentre per te s'addolora il mio cuore. Lascia ch'io pianga caro Gesù e un pianto lieto scalderà l'anima. |
N. 4 - Alleluia | |
Alleluia | Alleluia |