Laudate pueri Dominum, RV 601

Salmo in sol maggiore per soprano, flauto traverso, due oboi, archi e basso continuo

Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
Testo: Salmo 112
  1. Laudate pueri Dominum - Allegro non molto (sol maggiore)
  2. Sit nomen Domini benedictum - Allegro (mi minore)
  3. A solis ortu - Andante (re maggiore)
  4. Excelsus super omnes - Larghetto (si minore)
  5. Suscitans a terra - Allegro molto (sol maggiore)
  6. Ut collocet eum cum principibus - Allegro (do maggiore)
  7. Gloria Patri et Filio - Larghetto (la minore)
  8. Gloria Patri et Filio - Allegro (sol maggiore)
  9. Amen - Allegro (sol maggiore)
Organico: soprano, flauto traverso, 2 oboi, archi, basso continuo
Composizione: 1720 - 1735
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Mentre la produzione strumentale e operistica di Vivaldi può essere distribuita con una certa regolarità lungo tutto l'arco della sua vita, quella vocale sacra si colloca solo in alcuni particolari momenti di essa. La motivazione principale di tale discontinuità risiede nel fatto che al Pio Ospedale della Pietà, l'istituto caritativo-assistenziale al quale il Prete Rosso fu legato - sia pure con frequenti licenze e lunghe interruzioni - dal 1703 al 1740, il compito di scrivere regolarmente nuove composizioni sacre spettava unicamente al "Maestro di Coro". Questi, in base ad un documento datato 6 luglio 1710, doveva «annualmente, almeno per le Feste di Pasqua e per la solennità della Visitazione della Beatissima Vergine a cui è dedicata questa nuova Chiesa, fare due messe e due vespri nuovi, fare almeno due mottetti al mese e qualunque altra compositione li venisse ordinata...» in occasioni particolari come la Settimana Santa, funerali ecc.

Vivaldi, impiegato alla Pietà come violinista, direttore d'orchestra e insegnante di strumenti ad arco, non ottenne mai quell'incarico, probabilmente a causa della sua personalità troppo indipendente e per i suoi interessi musicali esterni all'istituto; per cui potè manifestare il suo straordinario talento creativo nel genere sacro o nei periodi in cui non era disponibile un direttore di coro, o su richiesta di qualche altro committente. Durante gli anni in cui il Prete Rosso fu legato alla Pietà, quel posto rimase vacante in due occasioni: la prima volta nel periodo compreso tra la partenza del maestro Francesco Gasparini (l'autore del noto trattato L'armonico pratico al cimbalo, 1708) nell'aprile 1713 e la nomina del suo successore, Carlo Pietro Grua nel febbraio 1719; la seconda, più breve, tra la fine dell'incarico affidato a Giovanni Porta (settembre-ottobre 1737) e la designazione di Gennaro D'Alessandro (agosto 1739). In entrambi i periodi, Vivaldi si assunse l'incarico, condiviso con altri musicisti, di scrivere composizioni sacre per il coro della Pietà, per le quali percepì, come è testimoniato nei documenti dell'istituto, delle retribuzioni straordinarie, a compensare le sue "ben note applicationi, e fruttuose fatiche prestate".

Il catalogo della produzione sacra vivaldiana comprende una sessantina di opere, la maggior parte delle quali è conservata nella collezione Foà-Giordano di Torino. Le composizioni su testi non liturgici, come i mottetti, le introduzioni e il "sacrum militare oratorium" Juditha Triumphans (l'unico rimasto dei tre composti dal Veneziano) seguono più da vicino lo stile della cantata e del melodramma, nell'alternanza di recitativi secchi e arie con il "da capo". I lavori su testi liturgici, comprendenti alcune parti di messa e musica per i Vespri, sono invece generalmente scritti secondo i principi formali della cosiddetta "messa cantata", sono costituiti cioè da una serie di episodi contrastanti, ciascuno dei quali legato musicalmente ad uno o più versetti del testo, atti ad offrire al compositore ampie possibilità di esprimersi in modo personale e creativo.

Vivaldi ha lasciato tre intonazioni del Laudate Pueri (Salmo 112): due, in do minore (RV 600) e in sol maggiore (RV 601) sono per soprano, archi e continuo; l'altra, in la maggiore (RV 602), è per due soprani, doppio coro, due orchestre d'archi e continuo (di questa versione esistono altre due varianti, l'RV 602a e l'RV 603, sempre nella medesima tonalità). Quelle in do minore - forse la più antica - e in la maggiore risalirebbero al tempo della prima vacanza del posto di "Maestro di Coro" verificatosi alla Pietà successivamente alla partenza di Gasparini (1713-19; ma si rammenti che nel 1717 Vivaldi era partito per Mantova); mentre la versione in sol maggiore, secondo le ipotesi recentemente avanzate dal Talbot, dovrebbe essere collocata tra il 1720 e il 1735, periodo nel quale i rapporti tra il Veneziano e la Pietà, se non interrotti erano divenuti più blandi. La presenza di una copia manoscritta della partitura nella Sächsische Landesbibliothek di Dresda, virtualmente identica all'autografo di Torino, farebbe pensare che la versione in sol maggiore sia stata concepita per uno specifico, ma non identificato, cantante attivo in quella corte, centro -come è noto - di maggiore irradiazione dello stile vivaldiano in Germania. Tale ipotesi sarebbe rafforzata dall'inserimento in partitura di due oboi ad libitum come strumenti di rinforzo degli archi, secondo una prassi esecutiva tipica della Hofkapelle di Dresda.

Il Laudate Pueri in sol maggiore è caratterizzato da un forte equilibrio tra solidità strutturale ed estro inventivo: sul piano formale vi sono alcuni elementi ricorrenti che, rispondendo ad una logica puramente musicale, formano una sorta di solida intelaiatura architettonica entro la quale sistemare le diverse sollecitazioni espressive offerte dal testo. Il primo di questi elementi è di natura prettamente armonica: la successione delle tonalità tra i nove movimenti del brano, ciascuno dei quali - tranne due eccezioni - intona un singolo versetto del salmo, sembra disegnare un'onda perfetta: da sol maggiore (un diesis), prima ci s'innalza, passando per mi minore, alle tonalità con due diesis (re maggiore e si minore); quindi si ridiscende attraverso il tono fondamentale a quelle prive di alterazioni (do maggiore e la minore), per poi ritornare al sol maggiore iniziale. Il secondo elemento "strutturante" invece è di natura tematica: gli incipit della parte vocale di tutti i movimenti (tranne il terzo e l'ultimo) presentano una base motivica comune che, sebbene non facilmente percepibile all'ascolto, raccorda i vari brani della composizione ad un'unica matrice tematica. Prevale nettamente, infine, la forma a ritornelli con la sua collaudatissima alternanza di "tutti" e "solo" modulanti.

All'interno di questa base strutturale s'inquadra la costante ricerca di sempre nuove soluzioni espressive, che va decisamente al di là di una pura e semplice alternanza di metri e dinamiche tra i vari movimenti. Dopo il Laudate pueri, con i suoi ritornelli ritmicamente ben cesellati interposti alle ampie colorature del soprano, seguono due brani contenenti interessanti esempi di "pittura musicale": Nel Sit nomen Domini (mi minorevertical-align: top;) la parola "saeculum" viene "prolungata" prima con degli incisivi melismi trillati, poi con una lunga nota-pedale cantata sulla temporanea interruzione del ritmo armonico dell'accompagnamento orchestrale; invece nel A solis ortu (re maggiore), l'idea del sorgere e del tramontare del sole si traduce in una suggestiva melodia ad arco dei violini primi che, dopo una cadenza sospesa, porta ad una serie di ampie terze ascendenti del soprano, seguite da una rapida discesa sulla parola "occasum". Nel quarto movimento (Excelsus, si minore), Vivaldi unisce due versetti del testo assegnando semplicemente un periodo vocale ad ognuno di essi su un delicato ritmo di siciliana. Il Suscitans (sol maggiore) è diviso in due parti: agli energici ritmi dattilici della prima, corrisponde la più morbida linea vocale nel parallelo modo minore della seconda. Il brano successivo (Ut collocet), nel luminoso tono di do maggiore, ha una connotazione decisamente ritmica, essendo caratterizzato dalla simultaneità nelle varie parti di ritmi differenti: le quartine di crome dei bassi e delle viole, sostenute dall'ininterrotto pedale (sol e re) in semiminime dei violini secondi, si contrappongono alla maggiore varietà ritmica del soprano e dei violini primi, ricchi di dattili e movimenti sincopati. Nel Gloria, viene inaspettatamente introdotto come strumento obbligato un flauto traverso che si unisce al canto del solista in un duetto di intenso lirismo, accentuato dal timbro "liquido" dello strumento e dal malinconico tono di la minore. Dopo il Sicut erat) riproposizione abbreviata del movimento iniziale, il salmo termina con il melismatico Amen finale in cui le sfavillanti colorature, che spesso impegnano il cantante nel registro più acuto (viene toccato anche il re sopra il rigo), si trasformano in un puro ma affascinante gioco sonoro in sé concluso.

Marco Carnevali

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Virtuosistico (anzi, «forse la più grande partitura virtuoslstica per soprano che Vivaldi abbia mai scritto», secondo il curatore dell'edizione critica Michael Talbot), ma meno misterioso degli altri lavori, il Laudate pueri Dominum in sol maggiore Rv 601 venne composto da Antonio Vivaldi con ogni probabilità ad apertura dell'estremo decennio di vita e carriera. Si tratta dell'ultima delle tre intonazioni da parte del Prete rosso di uno dei salmi più frequentati, il 112 (113), quarto d'una serie di cinque, e prescritto nella maggior parte dei vespri dell'Ospedale della Pietà, per il cui coro Vivaldi scrisse la gran parte della sua produzione sacra. Nacquero così, su quel medesimo testo, i salmi Rv 600, 602 (con le varianti 602a e 603), il primo dei quali, in do minore, concepito anch'esso per soprano solo, l'altro, in la maggiore, per due cori. La nostra composizione dovette invece avere un'origine diversa, legata ai rapporti con la Corte di Dresda sviluppati da Vivaldi dalla metà del secondo decennio del secolo. Dieci anni più tardi la musica del compositore era apprezzatissima in Sassonia, come dimostra l'eccezionale consistenza della raccolta vivaldiana custodita in riva all'Elba, seconda soltanto a quella torinese. Non stupirebbe dunque la circostanza che, negli anni tra 1729 e il '34, ovvero tra la morte del Maestro di Cappella Johann David Heinichen e la nomina del successore Johann Adolf Hasse (tedeschi, ma entrambi dai trascorsi veneziani), Vivaldi si sia fatto avanti per ottenere un qualche ruolo a Corte, come fecero altri suoi colleghi, in testa Johann Sebastian Bach, che scrisse appositamente il nucleo originario della Grande Messa in si minore. Ai primi anni Trenta rimandano caratteristiche di varia natura del salmo in questione, non ultimo lo stile (alieno da contrappunto, moderno, melodrammatico, vicino ai "napoletani" conquistatori di Venezia come Porpora, Vinci e Hasse) per il quale si potrebbe azzardare persino il nome dell'interprete destinatario del ruolo: il giovane sopranista Giovanni Bindi detto il Porporino, allievo del grande Nicola Porpora, formatosi per conto della Corte sassone proprio a Venezia (e dunque difficilmente ignoto, anche di persona, a Vivaldi!), assunto a Dresda nel 1730 e lì attivo, con stipendi assai alti e ambito da Federico II di Prussia, fino alla morte precoce avvenuta nel 1749. Di lui ci è rimasta una sapida caricatura di Pier Leone Ghezzi. Nell'aria «Spiega i lini, abbandona la sponda» dell'Artaserse di Hasse del 1740 Bindi si produceva in un do sovracuto tenuto che giustifica le straordinarie pretese del salmo vivaldiano.

La variopinta orchestrazione della partitura, che s'avvale d'un flauto traverso concertante e del rinforzo degli oboi, assai più colorata che non l'omologa versione Rv 600 per la Pietà, va intesa invece in funzione della superlativa orchestra di Dresda, diretta da Pisendel, già allievo di Vivaldi, «l'ensemble le plus parfait» d'Europa, a detta di Jean-Jacques Rousseau. Dal 1728 è poi primo flauto a Dresda uno dei più grandi solisti dello strumento, Johann Joachim Quantz. Vivaldi realizza una partitura tipicamente sua, in cui si fondono, in serrata economia tematica, suadente cantabilità d'ascendenza strumentale e mirabolanti effetti orchestrali propri del grande pittore sonoro: si pensi all'evocazione dell'atmosfera aurorale sviluppata, sulla scorta di un fugace spunto salmodico, in vero e proprio quadro visivo. Né mancano il cullante incanto sonoro della pastorale in si minore che richiama prepotentemente il «Domine Deus» del celebre Gloria in re maggiore Rv 589 e tante pagine strumentali, né il piglio furioso d'una pagina bellicosa, né la contrastante spigliatezza da danza rusticana del movimento successivo. La doppia dossologia a coronamento del salmo vale a mettere in piena luce le doti del flautista (in origine Quantz?) che compete direttamente col soprano intrecciando un dialogo di forte espressività. L'ultima parola, come sempre, spetta al cantante e alle spericolate colorature in cui questi viene lanciato nell'Alleluja conclusivo.

Raffaele Mellace

Testo

1. Laudate, pueri, Dominum: laudate nomen Domini. Lodate, o fanciulli, il Signore: lodate il nome del Signore.
2. Sit nomen Domini benedictum, ex hoc nunc et usque in saeculum. Sia benedetto il nome del Signore, da questo istante
e fin nei secoli.
3. A solis ortu usque ad occasum, laudabile nomen Domini. Dal levar del sole fino al tramonto, è da lodarsi il nome del Signore.
4. Excelsus super omnes Gentes Dominus, et super caelos gloria ejus. Eccelso sopra tutte le genti è il Signore, e sopra i cieli.
5. Quis sicut Dominus Deus noster, qui in altis habitat, Chi è come il Signore Dio nostro, che abita nelle altezze,
6. et humilia respicit in caelo et in terra? e pur riguarda alle umili cose in cielo e in terra?
7. Suscitans a terra inopem, et de stercore erigens pauperem: Egli rileva dalla polvere il mendico, e dal fango rialza il povero:
8. ut collocet eum cum principibus, cum principibus populi sui. per metterlo a sedere tra i prìncipi, tra i prìncipi del popolo suo.
9. Qui habitare facit sterilem in domo, matrem filiorum laetantem. Egli fa che la donna sterile abiti nella casa, madre rallegrata di figli.

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 17 aprile 1998
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 227 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 6 settembre 2017