L'Olimpiade, RV 725

Dramma musicale in tre atti


Testo del libretto


ATTO PRIMO

Scena prima

Fondo selvoso di cupa, ed angusta valle: adombrata dall'alto da grandi alberi, che giungono ad intrecciare i rami dall'uno all'altro colle, fra' quali è chiusa.

Licida, Aminta.
Licida
O risoluto Aminta:
Più consigli non vuò.
Aminta
Licida, ascolta,
Deh, modera una volta
Questo tuo violento
Spirito intolerante.
Licida
E in chi poss'io
Fuor che in me più sperar? Megacle istesso,
Megacle m'abbandona
Nel bisogno maggiore! Or và, riposa
Sulla fè d'un Amico.
Aminta
Ancor non deì
Condannarlo però. Brève cammino
Non è quel che divide
Elide, in cui non siamo,
Da Creta, ov'eì restò. L'ali alle piante
Non à Megacle al fin. Forse il tuo servo
Subito nol rinvenne. Il mar frapposto
Forse ritarda il suo venir. T'accheta:
In tempo giungerà. Prescritta è l'ora
Agli Olimpici Giuochi
Oltre il merrigio, ed or non è l'aurora?
Licida
Sai pur che ogn'un che aspiri
All'olimpica palma, or sul mattino
Dee presentarsi al tempio?' Il grado, il nome,
La patria palesar? Di Giove all'ara
Giurar di non valersi
Di frode nel cimento?
Aminta
Il sò.
Licida
T'è noto
Ch'escluso è dalla pugna
Chi quest'atto solenne
Giunge tardi a compir? Vedi la schiera
De' concorrenti Atleti? Odi il festivo
Tumulto pastoral? Dunque, che deggio
Attender più? Che più sperar?
Aminta
Ma quale
Sarebbe il tuo disegno?
Licida
All'ara innanzi
Presentarmi con gli altri.
Aminta
E poi?
Licida
Con gli altri
A suo tempo pugnar.
Aminta
Tù!
Licida
Sì Non credi
In me valor che basti?
Aminta
Eh qui non giova
Prence il saper come si tratti il brando.
Altra specie di guerra, altr'anmi, ed altri
Studj son questi. Ignoti nomi a noi
Cesto, Disco, Palestra; a' tuoi rivali,
Per lung'uso, son tutti
Familiari esercizj. Al primo incontro
Del giovanile ardire
Ti potresti pentir.
LIcida
Se à noi qui fosse
Megacle giunto a tai contese esperto,
Pugnato avria per me. Ma s'ei non viene;
Che far degg'io? Non si contrasta Aminta
Oggi in Olimpia del selvaggio ulivo
La solita corona. Ai vincitore
Sarà, premio Aristea: Figlia reale
Dell'invitto Clisthene: Onor primiero
Delle greche sembianze: Unica, e bella
Fiamma di questo cor, benché, novella.
Aminta
Ed Argene?
LIcida
Ed Argene
Più riveder non spero. Amor non vive,
Quando muor la speranza.
Aminta
E pur giurasti
Tante volte . . . . .
Licida
T'intendo. In queste sole
Finche l'ora trascorra
Trattener mi vorresti. Addio.
Aminta
Ma sentì.
Licida
No, no.
Aminta
Vedi che giunge . . . .
Licida
Chi?
Aminta
Megacle.
Licida
Dov'è?
Aminta
Fra quelle piante
Parmi . . . . No. non è d'esso.
Licida
Ah mi derìdi:
E lo merito Aminta. Io fui si cieco
Che in Megacle sperai. . . . .
{Volendo partire.)

Scena seconda

Megacle, e Detti.
Megacle
Megacle è teco.
Licida
Giusti Dei!
Megacle
Prence.
Licida
Amico.
Vieni, vieni al mio seno. Ecco risorta
La mia speme cadente.
Megacle
E sarà vero
Che il Ciel m'offra una volta
La via d'esserti grato?
Licida
E pace, e vita
Tu puoi darmi, se vuoi.
Megacle
Come?
Licida
Pugnando
Nell'Olìmpico agone
Per me, col nome mìo.
Megacle
Ma tu non sei
Noto in Elide ancor?
Licida
No.
Megacle
Quale oggetto
A' questa trama?
Licida
Il mio riposo. Oh Dio
Non perdiamo i momenti. Appunto è l'ora
Che de' rivali Atleti
Si raccolgono i nomi. Ah vola al tempio
Dì che Licida sei. La tua venuta
Inutile sarà, se più soggiorni.
Vanne. Tutto saprai quando ritorni.
Megacle
Superbo di me stesso
Andrò, portando in fronte
Quel caro Nome impresso,
Come mi sta nel cor.

Dirà la Grecia poi,
Che fur communi a noi
L'opre, i pensier, gli affetti,
E al fine i nomi ancor.

Superbo, ecc.

Scena terza

Licida, ed Aminta.
Licida
Oh generoso Amico!
Oh Megacle fedel!
Aminta
Cosi di lui
Non parlavi poc'anzi.
Licida
Eccomi al fine
Posséssor d'Aristea. Vanne, disponi
Tutto, o mio caro Aminta. Io con la Sposa
Prima che il Sol tramonti
Voglio quindi partir.
Aminta
Più lento, o Prence,
Nel fingerti felice. Ancor vi resta
Molto di che temer. Potria l'inganno
Esser scoperto: Al paragon potrebbe
Megacle soggiacer. So ch'altre volte
Fu vincitor: Ma un impensato evento
So che talor confonde, il vile, e'l forte:
Ne sempre à la virtù l'istessa sorte.
Licida
Oh sei pure importuno
Con questo tuo nojoso,
Perpetuo dubitar. Vicino al porto
Vuoi ch'io tema il naufragio! A' dubbj tuoi
Chi presta fede intera,
Non sa mai quando è l'alba , o quando è sera.

Quel destrier che all'albergo è vicino
Più veloce s'affretta nel corso:
Non l'arresta l'angustia del morso,
Non la voce, che legge gli dà.
Tal qnest'alma, che piena è di speme
Nulla teme consiglio non sente:
E si forma una gioja presente
Del pensiero che lieta saprà.

Quel, ecc.
Aminta
Pria deli'esito ancor lieto sì finge
Nell'ardente desio l'incauto amante;
Ed io per lui pavento,
Nella già ordita frode
Qualche sinistro, e pcrìglioso evento.

Il fidarsì della spene,
E' un cercar affanni, e pene:
Ci lusinga, e poi ci inganna.
Dell'inganno se ne accorge
Benché tardi l'alma afflitta,
Se ne pente, e se ne affanna.

Il ecc.

Scena quarta

Vasta campagna alle falde d'un monte, sparsa di Capanne pastorali. Ponte rustico sul Fiume Alfeo, composto di tronchi d'alberi rozzamente commessi. Veduta della Città d'Olimpia in lontano, interrotta da poche piante, che adornano la pianura, ma non l'ingombrano.

Argene in abito di pastorella tessendo ghirlande.

Coro di Ninfe, e Pastori tutti occupati in lavori pastorali, e poi Aristea con seguito.
Coro
O care selve, o cara
Felice libertà.
Argene
Qui se un piacer si gode
Parte non v'à la Frode:
Ma lo condisce a gara
Amore, e Fedeltà.
O Care selve, o cara
Felice libertà.
Qui, poco ogn'un possiede,
E ricco ogn'un si crede:
Ne più bramando impara
Che cosa è Povertà.
O care selve, o cara
Felice libertà.
Senza custodi, o mura
La pace è qui sicura:
Che l'altrui voglia avara
Onde allettar non à.
O care selve, o cara
Felice libertà.
Qui gl'innocenti amori
Di Ninfe . . .
(S'alza da sedere.)
Ecco Aristea.
Aristea
Sieguì, o Licori.
Argene
Già il rozzo mio soggìorno
Torni a render felice, o Principessa?
Aristea
Ah fuggir da me stessa,
Potessì ancor, come dagli altri. Amica
Tu non sai qual funesto
Giorno per me sia questo.
Argene
E' questo un giorno
Glorioso per te. Di tua bellezza
Qual può l'età ventura
Pruova aver più sicura? A conquistarti
Nell'Olimpico agone
Tutto il fior della Grecia oggi s'espone.
Aristea
Ma chi bramo non v'è. Deh si proponga
Men funesta materia
Al nostro ragionar. Siiedi Licori.
(Siede Aristea.)
Gl'interrotti lavori,
Riprendi, e parla. Incominciasti un giorno
A narrarmi ì tuoi casi. Il tempo è questo
Di proseguirli. Il mio dolor seduci,
Raddolcisci, se puoi,
I miei tormenti in rammentando i tuoi.
Argene
Se avran tanta virtù, senza mercede
Non va la mia costanza. A te già dissi
(Siede.)
Che Argene è il nome mìo; Che in Creta io naqui
D'illustre sangue: E che gl'affetti miei
Fur più nobili ancor de'mìei natali.
Aristea
So fin qui.
Argene
De' miei mali
Ecco il principio. Del Cretense soglio
Licida il regio Erede,
Fù la mia fiamma, ed io la sua. Celammo
Prudenti un tempo il nostro amor: Ma poi
L'amor s'accrebbe; e (come in tutti aviene)
La prudenza scemò. Comprese alcuno
Il favellar de' nostri sguardi: Ad altri
I sensi ne spiegò? Di voce, in voce
Tanto in breve si stese
Il maligno romor, che il Rè l'intese,
Se ne sdegnò: Sgridonne il figlio: A lui
Vietò di più vedermi, e col divieto
Gliene accrebbe il desio, Che aggiunge il vento
Fiamme alle fiamme: E più superbo un fiume
Fanno gli argini opposti. Ebro d'amore
Freme Licida, e pensa
Di rapirmi, e fuggir. Tutto il disegno
Spiega in un foglio: a me l'invia. Tradisce
La fede il Messo, e al Re lo reca, E' chiuso
In custodito albergo
Il mio povero Amante. A me s'impone
Che a straniero Consorte
Porga la destra. Io lo ricuso. Ogn'uno
Contro me si dichiara. Il Re minaccia,
Mi sgridano i Congiunti,
Mi condannan gli Amici. Il Padre mio
Vuol che al nodo acconsenta. Altro riparo
Che la fuga, o la morte
Al mio caso non trovo. Il men funesto
Credo il più saggio; e l'eseguisco. Ignota
In Elide pervenni. In qneste selve
Mi proposi abitar. Qui fra Pastorì
Pastorella mi finsi; Or son Licori.
Ma serbo al caro Bene
Fido in sen di Licori il cor d'Argene.
Aristea
In ver mi fai pietà. Ma la tua fuga
Non approvo però. Donzella, e sola
Cercar contrade ignote:
Abbandonar . . .
Argene
Dunque dovea la mano
A Megacle donar?
Aristea
Megacle! (Oh Nome!)
Di qual Megacle parli?
Argene
Èra lo sposo
Questi che il Re mi destinò. Dovea
Dunque obbliar . . . .
Aristea
Ne sai la patria?
Argene
Atene.
Aristea
Come in Creta pervenne?
Argene
Amor vel trasse
(Com'ei stesso dicea) ramingo afflitto.
Nel giungervi fu colto
Da stuol di Masnadieri, e oppresso ormai
La vita vi perdea: Licìda a sorte
Vi si avvenne, e'l salvò. Quindi fra loro
Fidi amici fur sempre. Amico al Figlio,
Fu noto al Padre? E dal reale impero
Desinato mi fu, perchè straniero.
Aristea
Ma ti ricordi ancora
Le sue sembianze?
Argene
Io l'ò presente. Avea
Bionde le chiome, oscuro il ciglio: i labri
Vermigli si, ma tumidetti, e forse
Oltre il dover: Gli sguardi
Lenti, e pietosi: Un arrossir frequente;
Un soave parlar . . . . Ma . . . . Principessa
Tu cambi di color? Che svenne?
Aristea
Oh Dio
Quel Megacle, che pingi é l'Idol mio.
Argene
Che dici!
Aristea
Il vero. A lui
Lunga stagion già mio segreto amante
Perchè nato in Atene
Niegommi il Padre mio: Nè volle mai
Conoscerlo, vederlo
A' coltarlo una volta. Ei disperato
Da me partì: Più nol rividi: E in questo
Punto da te so de' suoi casi il resto.
Argene
In ver sembrano i nostri
Favolosì accidenti.
Aristea
Ah s'ei sapesse
Ch'oggi per me qui si combatte!
Argene
In Creta
A lui voli un tuo servo; E tu procura
La pugna differir.
Aristea
Come?
Argene
Clisthene
E pur tuo Padre: Ei qui presìede eletto
Arbitro delle cose: Eì può, se vuole.
Aristea
Ma non vorrà.
Argene
Che nuoce
Principessa il tentarlo?
Aristea
E ben Clisthene
Vadasi a ritrovar.
(S'alzano.)
Argene
Fermati. Ei viene.

Scena quinta

Cìistene con seguito, e Dette.
Clisthene
Figlia tutto è compito. I nomi accolti:
Le vittime svenate al gran cimento
L'ora prescritta. E più la pugna ormai,
Senza offesa de'Numi,
Della pubblica fè, dell'onor mio
Differir non si può.
Aristea
(Speranze addio.)
Clisthene
Ragion d'esser superba
Io ti darei, se ti dicessì tutti
Quei, che a pugnar per te vengono a gara.
V'è Olinto dì Megara:
V'è Clearco dì Sparta: Ati di Tebe;
Erilo di Corinto: E fin di Creta
Licida venne.
Argene
Chi?
Clisthene
Licida, il figlio
Del Re Gretense.
Aristea
Ei pur mi brama?
CFlistene
Ei viene
Con gli altri a pruova.
Argene
(Ah si scordò d'Argene.)
Clisthene
Sieguimi, o Figlia.
Aristea
Ah questa pugna, o Padre,
Si differisca.
Clisthene
Un impossibil chiedi:
Dissi perchè. Ma la cagion non trovo
Dì tal richiesta.
Aristea
A divenir soggette
Sempre v'è tempo. E' d'Imeneo per noi
Pesante il giogo: E già senz'esso abbiamo
Che soffrire abbastanza
Nella nostra servil sorte infelice.
Clisthene
Dice ogn'una cosi: ma il ver non dice
Del destin non vi lagnate,
Se vi rese a noi soggette:
Siete serve, ma regnate
Nella vostra servitù.

Forti noi, voi belle siete:
E vincete in ogni impresa,
Quando vengono a contesa
La Bellezza, e la,virtù.

Del ecc.

Scena sesta

Aristea, ed Argene.
Argene
Udisti, o Principessa?
Aristea
Amica addio.
Convìen ch'io siegua il Padre. E tu che puoi
Del mio Megacle amato,
Se pietosa pur sei, come sei bella,
Cerca, recami, (Oh Dio) qualche novella

E troppo spietato
Il barbaro Fato:
Mi cruccia, m'affanna
La sorte tiranna,
E dentro il mio petto
Più pace non v'è.
Se vedi l'amante
Pietoso il tuo core
Dell'alma costante

Palesi il dolore
E sappia che eterna
Gli serbo la fè.

E troppo ecc.

Scena settima

Argene sola.
Argene
Dunque Licida ingrato
Già di me si scordò! Povera Argene
A che mai ti serbar le Stelle, irate!
Imparate, imparate
Inesperte Donzelle. Ecco lo stìle
De' lusinghierì amanti. Ogn'un vi chiama
Suo Ben, sua Vita, e suo Tesoro. Ogn'uno
Giura che a voi pensando
Vaneggia il dì, veglia le notti: An l'arte
Di lagrimar, d'mipallidìr: Tal volta
Par che su gli occhi vostri
Voglian morir, fra gli amorosi affanni:
Guardatevi da lor. Son tutti inganni.

Più non si trovano
Fra mille amanti
Sol due bell'anime
Che sian costanti:
E tutti parlano di fedeltà
E il reo costume
Tanto s'avvanza,
Che la costanza
Di chi ben ama
Ormai si chiama
Semplicità.

Più, ecc.

Scena ottava

Licida, e Megacle da diverse parti.
Megacle
Licida.
Licida
Amico.
Megacle
Eccomi a te.
Licida
Compisti . . .
Megacle
Tutto, o Signor. Già col tuo nome al tempio
Per te mi presentai. Per te fra poco
Vado al cimento. Or fin che'l noto segno
Della pugna si dia, spiegar mi puoi
La cagion della trama,
Licida
Oh se tu vinci
Non à di me più fortunato amante
Tutto il regno d'Amor.
Megacle
Perchè?
Licida
Promessa
In premio al Vincitore.
E' una real Beltà. La vidi appena,
Che n'arsi, e la bramai. Ma poco esperto
Negli atletici studj . . .
Megacle
Intendo. Io deggio
Conquistarla per te.
Licida
Si. Chiedi poi
La mia vita, il mìo sangne, il Regno mio
Tutto, o Megacle amato ìo t'offro, e tutto
Scarso premio sarà.
Megacle
Di tanti, o Prence,
Stimoli non fa d'uopo
Al grato servo, al fido amico. Io sono
Memore assai de' doni tuoi: Rammento
La vita che desti. Avrai la Sposa:
Speralo pur. Nella palestra Elea
Non entro pellegrin. Bevve altre volte
I miei sudori: Ed il silvestre Ulivo
Non è per la mia fronte
Un insolito fregio. Io più sicuro
Mai di vincer non fui. Desio d'onore,
Stimoli d'Amistà mi fan più forte.
Anelo, anzi mi sembra
D'esser già nell'agon. Gli Emuli al fianco
Mi sento già: già gli precorro: e, asperso
Dell'olimpica polve il crine, il volto
Del volgo spettator gli applausì ascolto.
Licida
Oh dolce Amico! O cara
(Abbracciandolo.)
Sospirata Aristea!
Megacle
Che?
Licida
Chiamo a nome
Il mio tesoro.
Megacle
Ed Aristea si chiama?
Licida
Appunto.
Megacle
Altro ne sai?
Licida
Presso a Corinto
Nacque in riva all'Asopo. Al Re Clisthene
Unica prole.
Megacle
(Aimè. Questa é il mio Bene.)
E per lei si combatte?
Licida
Per lei.
Megacle
Questa degg'io
Conquistarti pugnando?
Licida
Questa.
Megacle
Ed è tua speranza, e tuo conforto
Sola Aristea?
Licida
Sola Aristea.
Megacle
(Son morto.)
Licida
Non ti stupir. Quando vedrai quel volto
Forse mi scuserai. D'esserne Amanti
Non avrebbon rossore i Numi stessi.
Megacle
(Ah così nol sapessì.)
LIcida
Oh se tu vinci!
Chi più lieto di me? Megacle istesso
Quanto mai ne godrà! Dì, non avrài
Piacer del piacer mio?
Megacle
Grande.
Licida
Il momento,
Che ad Aristea m'annodi,
Megacle dì, non ti parrà felice?
Megacle
Felicissìmo. (Oh Dei)
Licida
Tu non vorrai
pronubo accompagnarmi
Al talamo nuzzial?
Megacle
(Che pena!)
Licida
Parla.
Megacle
Si. Come vuoi. (Qual nuova specie e questa
Di martirio, d'inferno!)
Licida
Oh quanto il giorno
Lungo è per me! Che l'aspettare uccida
Nel caso in cui mi vedo,
Tu non credi, o non sai.
Megacle
Lo so! lo credo.
Licida
Senti Amico. Io mi fingo
Già l'avvenir: Già col desio, possiedo
La dolce Sposa.
Megacle
(Ah questo è troppo.)
Licida
E parmì . . .
Megacle
Ma taci. Assai dicesti. Amico io sono?
(Con impeto.)
Il mio dover comprendo:
Ma poi . . .
Licida
Perchè ti sdegni? In che t'offendo?
Megacle
(Imprudente, che feci!) Il mio trasporto
(Si ricompone.)
E desio di servirti. Io stanco arrivo
Dal cammin lungo: O da pugnar: Mi resta
Picciol tempo al riposo; e tu mel togli.
Licita
E chi mai ti ritenne
Di spiegarti fin ora?
Megacle
Il mio rispetto.
Licita
Vuoi dunque riposar?
Megacle
Sì.
Licita
Brami altrove
Meco venir?
Megacle
No.
Licita
Rimaner ti piace
Quì fra quest'ombre?
Megacle
Si.
Licita
Restar degg'io?
Megacle
(Con impazienza.)
Nò.
(E si getta a sedere.)
Licita
(Strana voglia!) E ben riposa. Addio.

Mentre dormi Amor fomenti
Il piacer de' sonni tuoi
Con l'idea deI mio piacer.

Abbia il rio passì più lenti:
E sospenda i moti suoi
Ogni Zeffiro leggier.

Mentre ecc.

Scena nona

Megacle solo.
Megacle
Che intesi eterni Dei! Quale improvviso
Fulmine mi colpì! L'Anima mia
Dunque sia d'altri. E ò da condurla io stesso
In braccio al mio Rival! Ma quel Rivale
E' il caro Amico. Ah quali nomi unisce
Per mio strazio la Sorte! Eh che non sono
Rigide a questo segno
Le leggi d'Amistà. Perdoni il Prence.
Ancor io sono amante. Il domandarmi
Ch'io gli ceda Arstea, non è diverso
Dal chiedermi la vita. E questa vita
Di Licida non è? Non fu suo dono?
Non respiro per Lui? Megacle ingrato
E dubbìtar potresti? Ah se ti vede
Con questa in volto infame macchia, e rea
A ragion d'abborrirti anche Aristea.
Nò tal non mi vedrà. Voi soli ascolto
Obblighi d'amistà, pegni di fede,
Gratitudine, Onore. Altro non temo
Che il volto del mio Ben; Questo s'eviti
Formidabile incontro. In faccia a lei,
Misero che farei! Palpito, e sudo
Solo in pensarlo, e parmi,
Instupidir: gelarmi,
Confondermi, tremar . . . Nò, non potrei . . . .

Scena decima

Aristea, e detto, poi Alcandro.
Arstea
(Senza vederlo in viso.)
Stranier.
Megacle
(Rivoltandosi.)
Chi mi sorprende?
Aristea
(Riconoscendosi.)
Oh Stelle!
Megacle
Oh Dei!
Aristea
Megacle! Mia speranza!
Ah sei pur tu. Pur ti riveggo. Oh Dio
Di gioja io moro. Ed il mio petto a pena
Può alternare i respiri. Oh caro, oh tanto
E sospirato, e pianto,
E richiamato invano, Udisti alfine
La povera Aristea. Tornasti? E come
Opportuno tornasti! Oh amor pietoso!
Oh felici Martiri!
Oh ben sparsi fin or pianti, e sospiri!
Megacle
(Che fiero caso è il mio!)
Aristea
Megacle amato,
E tu nulla rispondi?
E taci ancor? Che mai vuol dir quel tanto
Cambiarti di color? Quel non mirarmi
Che timido, e confuso? E quelle a forza
Lagrime trattenute? Ah più non sono
Forse la fiamma tua? Forse . . .
Megacle
Che dici!
Sempre . . . sappi . . . Son io . . .
Parlar non so. (Che fiero caso è iì mio!)
Aristea
Ma tu mi far gielar. Dimmi: non sai
Che per me qui si pugna?
Megacle
Il so.
Aristea
Non vieni
Ad esporti per me?
Megacle
Si.
Aristea
Perchè mai
Dunque sei così mesto?
Megacle
Perchè . . . . Barbari Dei! (Che inferno è questo!)
Aristea
Intendo. Alcun ti fece
Dubitar di mìa fé. Se ciò t'affanna
Ingiusto sei. Da che partisti, o Caro,
Non son rea d'un pensier. Sempre m'intesi
La tua voce nell'alma. O' sempre avuto
Il tuo nome fra' labri,
Il tuo volto nel cor. Mai d'altri accesa
Non fui, non sono, e non sarò. Vorrei . . .
Megacle
Basta. Lo so.
Aristea
Vorrei morir più tosto,
Che mancarti di fede un sol momento.
Megacle
(Oh tormento maggior, d'ogni tormeno!)
Aristea
Ma guardami: ma parla:
Ma dì . . .
Megacle
Che posso dir?
Alcandro
(Esce frettoloso.)
Signor t'affretta
Se a combatter venisti. Il segno è dato
Che al gran cimento i concorrenti invita.
(Parte.)
Megacle
Assistetemi o Numi. Addio mia vita.
Aristea
E mi lasci cosi! Va: Ti perdono
Pur che torni mio sposo.
Megacle
Ah sì gran sorte
Non è per me.
(In atto di partire.)
Aristea
Senti. Tu m'ami ancora?
Megacle
Quanto l'anima mia.
Aristea
Fedel mi credi?
Megacle
Si. Come bella.
Aristea
A conquistarmi vai?
Megacle
Lo bramo almeno.
Aristea
Il tuo valor primiero
Aì pur?
Megacle
Lo credo.
Aristea
E vincerai.
Megacle
Lo spero.
Aristea
Dunque allor non son io
Caro la sposa tua?
Megacle
Mia vita . . . Addio.

Ne' giorni tuoi felici
Ricordati di me.
Aristea
Perché cosi mi dici,
Anima mia perché?
Megacle
Taci bell'Idol mio.
Aristea
Parla mio dolce amor,
A due
Ah che parlando / Ah che tacendo Oh Dio
Tu mi traffiggi il cor,
Aristea
(Veggio languir chi adoro,
Ne intendo il suo languir!)
Megacle
(Di gelosa mi moro,
È non lo posso dir!)
A due
Chi mai provò dì questo
Affanno più funesto,
Più barbaro dolor.

Ne' giorni, ecc.

Fine dell'Atto Primo.

ATTO SECONDO

Scena prima

Grotescho con fontane contiguo al Bosco.

Aristea, e Argcne.
Argene
Ed ancor della Pugna
L'esìto non si sa!
Aristea
Nò, bella Argene.
E' pur dura la legge, onde n'è tolto
D'esserne spettatrici.
Argene
Ah che sarebbe
Forse pena maggior veder chi s'ama
In cimento sì grande, e non potergli
Porger soccorso: Esser presente . . . .
Aristea
Io sono
Presente ancor lontana. Anzi mi fingo
Forse quel che non è. Se tu vedessi
Come stà questo cor! Qui dentro, Amica,
Qui dentro si combatte: E più, che altrove
Qui la pugna è crudele. O innanzi agli occhi
Megacle, la palestra,
I Giudici, i Rivali: Io mi figuro
Questi più forti, e quei men giusti. Io pruovo
Doppiamente nell'alma
Ció che or soffre il mio Ben: Gli urti, le scosse,
Gl'insulti, le minacce . . . Ah che presente
Solo il ver temerei; ma il mio pensiero
Fa ch'io tema, lontana il falso, e'l vero.
Argene
(Guardando per la Scena.)
Ne ancor si vede alcun.
Aristea
(Turbata.)
Ne alcuno . . . Oh Dio!
Argene
Che avvenne?
Aristea
O come io tremo!
Come palpito adesso!
Argene
E la cagione?
Aristea
E' deciso il mio fato.
Vedi Alcandro che arriva.
Argene
(Verso la Scena.)
Alcandro, ah corri,
Consolane, che rechi?

Scena seconda

Alcandro, e desse.
Alcandro
Fortunate novelle. Il Re m'invia
Nunzio felice, o Principessa. Ed io . . .
Aristea
La pugna terminò?
Alcandro
Si: ascolta. Intorno
Già impazienti . . .
Argene
(Ad Alcandro.)
Il vincitor si chiede.
Alcandro
Tutto dirò. Già impazienti intorno
Le turbe spettatrici . . .
Aristea
(Con impazienza.)
Eh ch'io non cerco
Questo da te.
Alcandro
Ma in ordine distinto . . .
Aristea
(Con sdegno.)
Chi vinse dimmi sol.
Alcandro
Licida à vinto.
Aristea
Licida!
Alcandro
Appunto.
Argene
Il Principe di Creta!
Alcandro
Sì, che giunse poc'anzi a queste arene.
Aristea
(Sventurata Aristea!)
Argene
(Pevera Argene.)
Alcandro
(Ad Aristea.)
Oh te felice! O quale
Sposo ti diè dl sorte!
Aristea
Alcandro parti.
Alcandro
T'attende il Re.
Aristea
Parti. Verrò.
Alcandro
T'attende
Nel gran tempio adunata . . .
Aristea
(Con sdegno.)
Ne parti ancor?
Alcandro
(Che ricompensa ingrata!)

Se tu sprezzar pretendi
La mia sincera fede
Ingiusta è la mercede
Ai troppo ingrato il cor.

Un sì felice aviso
Par che ti renda sdegno
Qual fosse il tuo disegno
Non sò veder ancor.

Se ecc.

Scena terza

Arìstea, ed Argene.
Argene
Ah dimmi, o Principessa
V'è sotto il Ciel chi possa dirsi, oh Dio
Più misera di me?
Aristea
Sì. Vi son io.
Argene
Ah non ti faccia Amore
Provar mai le mie pene. Ah tu non sai
Qual perdita è la mia: Quanto mi costa
Quel cor, che tu m'involi.
Aristea
E tu non senti,
Non comprendi abbastanza i miei tormenti.

Stà piangendo la Tortorella
Sinché vedova, e smarrita;
Ma se trova il suo diletto
Entro il nido, o nel boschetto
Dolce canta, e si consola.
Ma per me, che non v'è spene
Viver sempre dovrò in pene
Sventurata, afflitta, e sola.

Stà ecc.

Scena quarta

Argene, poi Aminta.
Argene
E trovar non poss'io
Ne pietà, ne soccorso?
Aminta
Eterni Dei!
Parmi Argene colei.
Argene
Vendetta almeno,
Vendetta si procuri.
(Vuol partire.)
Aminta
Argene, e come
Tu in Elide? Tu sola?
Tu in si ruvide spoglie?
Argene
I neri inganni
A secondar del Prence
Dunque ancor tu venisti? A saggio in vero
Rcgolator commise il Re dì Creta
Di Llcida la cura. Ecco i bei frutti
Di tue dottrine. Ai gran ragione Aminta
D'andarne altier. Chi vuol sa per appieno
Se fu attento il Cultor, guardi il terreno.
Aminta
(Tutto già sà.) Non da' consigli miei . . .
Argene
Basta . . . Chi sà? Nel Cielo
V'è giustizia per tutti, e si ritrova
Talvolta anche nel Mondo. Io chiederòlla
Agli Uomini, agli Dei. S'ei non à fede
Ritegni io non avrò. Vuò che Clisthene,
Vuò che la Grecia, il Mondo,
Sappia, ch'è un traditore. Acciò per tutto
Questa infamia lo siegua. Acciò che ogn'uno
L'abhorrisca, l'eviti,
E con orrore a chi nol sà l'additi.
Aminta
Non son questi pensieri
Degni d'Argene. Un consigliero infido
Anche giusto è lo sdegno. Io nel tuo caso
Più dolci mezzi adoprerei. Procura
Ch'ei ti rivegga: a lui favella: a luì
Le promesse rammenta. E' sempre meglio
Il racquistarlo amante,
Che opprimerlo, nemico.
Argene
E credi Aminta,
Ch'ei tornerebbe a me?
Aminta
Lo spero: Al fine
Fosti l'idolo suo. Per te languiva
Delirava per te. Non ti sovviene,
Che cento volte, e cento . . . .
Argene
Tutto, per pena mia, tutto rammento.

Per que'tanti suoi sospiri
Al giurarsi ogn'or costante
A perduto il cor amante
La sua cara libertà.
Le promesse ed i martirj
Mi raccordo con mia pena?
Da quei nacque la catena,
Onde avvinta l'alma stà.

Per ecc.

Scena quinta

Aminta sola.
Aminta
Insana gioventù! Qualora esposta
Ti veggo tanto agl'impeti d'amore
Di mia vecchiezza io, mi consolo: e rido
Dolce è il mirar dal lido
Chi stà per naufragar. Non che ne alletti
Il danno altrui, ma sol perche l'aspetto
D'un mal che non si soffre è dolce oggetto.
Ma che? L'età canuta
Non hà le sue tempeste? Ah che pur troppo
A' le sue proprie, e dal timor dell'altre
Sciolta non è. Son le follie diverse,
Ma folle è ognuno: E a suo piacer ne aggira
L'Odio, o l'Amor, la Cupidigia, o l'ira.
Tra le follie diverse
De quai ripieno, é il mondo
Chi può negar, che la follia maggiore
Da ciascuno non sia quella d'Amore.

Siam navi all onde algenti
Lasciate in abbandono;
Impetuosi Venti
I nostri affetti sono:
Ogni diletto è scoglio:
Tutta la vita è mar.

Ben qual nocchiero in noi
Veglia Ragion; Ma poi
Pur dall'ondoso orgoglio
Si lascia trasportar.

Scena sesta

Luogo Magnifico.

Clisthene preceduto da Licìda, Alcandro, Megacle coronato d'Ulivo, Coro d'Atleti. Guardie, e popolo.
Coro
Del forte Licida
Nome maggiore
D'Alfeo sul margine
Mai non suonò.

Sudor più nobile
Del suo sudore
L'arena Olimpica
Mai non bagnò.

L'arti à di Pallade:
L'ali à d'Amore:
D'Apollo, e d'Ercole
L'ardir mostrò.

No: tanto merito,
Tanto valore
L'ombra de'secoli
Coprir non può.
Clisthene
Giovane valoroso,
Che in mezzo a tanta gloria umil ti stai,
Quell'onorata fronte
Lascia ch'io baci, e che ti stringa al seno.
Felice il Re di Creta
Che un tal figlio sorti! (Se avessi anch'io
(Ad Alcandro.)
Serbato il mio Filinto
Chi sa? sarebbe tal. Rammenti Aicandro
Con qual dolor tel consegnai? Ma pure . . .)
Alcandro
(A Clisthene.)
(Tempo or nòn è di rammentar sventure.)
Clisthene
(E ver.)
(A Megane.)
Premio Aristea
Sarà del tuo valor. S'altro donarti
Clisthene può; Chiedilo pur. Che mai
Quanto dar ti vorrei non chiederai.
Megacle
(Coraggio o mia Virtù) Signor son figlio
E di tenero Padre. Ogni contento,
Che con lui non divido
E' insìpido per me. Di mie venture
Pria d'ogn' altro io vorrei
Giungergli apportator. Chieder l'assenso
Per queste nozze: E, lui presente, in Creta
Legarmi ad Aristea.
Clisthene
Giusta è la brama.
Megacle
Partirò se 'l concedi
Senz'altro, indugio. In vece mia rimanga
Questi della mia Sposa
(Presentando Licida.)
Servo, Compagno, e Condottier.
Clisthene
(Che volto
E quello mai! Nel rimirarlo il sangue
Mi si riscuote in ogni vena!) E questi
Chi è? Come s'appella?
Megacle
Egisto, à nome,
Creta è sua Patria, Egli deriva ancora
Dalla stirpe real: Ma più che il sangue
L'Amicizia ne stringe; E son fra noi
Si concordi i voleri,
Comuni a segno, e l'allegrezza, e 'l duolo,
Che Licida, ed Egisto è un Nome solo.
Licida
(Ingegnosa Amicizia!)
Clisthene
E ben, la, cura
Di condurti la sposa
Egisto avrà. Ma Licida non debbe
Partir senza vederla.
Megacle
Ah no. Sarebbe
Pena maggior. Mi sentirei morire
Nell'atto di lasciarla. Ancor da lunge
Tanta pena io ne pruovo . . . . .
Clisthene
Ecco che giunge.
Megacle
(O me infelice!)

Scena settima

Aristea, e detti.
Aristea
All'odiose nozze,
(Non vede Megacle.)
Come vittima io, vengo all'ara avanti.
Licida
(Sarà mio quel bel volto in pochi istanti.)
Clisthene
(A per mano Megacle.)
Avvicinati, o Figlia, Ecco il tuo sposo.
Megacle
(Ah non è ver.)
Aristea
(Stupisce vedendo Megacle.)
Lo sposo mìo!
Clisthene
Si. Vedi
Se giammai più bel nodo in Ciel si strinse.
Aristea
(Ma se Licida vinse;
Come il mio Bene . . . Il Genitor m'inganna.)
Licida
(Crede Megacle sposo, e se ne affanna.)
Aristea
(Additando Megacle.)
E questi, o Padre, è il Vincitor?
Clisthene
Mel chiedi?
Non lo ravvisi al volto
Di polve asperso? All'onorate stille,
Che gli rigan la fronte? A quelle foglie,
Che son di chi trionfa
L'ornamento primiero!
Aristea
Ma che dicesti Alcandro?
Alcandro
Io dissi il vero.
Clisthene
Non più dubbiezze. Ecco il Consorte a cui
Il Cìel t'accoppia. E nol potea piu degno
Ottener dagli Dei l'amor paterno.
Aristea
(Che gioja!)
Megacle
(Che martir!)
Licida
(Che giorno eterno!)
Clisthene
(A Megacle ed Aristea.)
E voi tacete! Onde il silenzio?
Megacle
(Oh Dio!
Come comincerò!)
Aristea
Parlar vorrei,
Ma . . . .
Clisthene
Intendo. Intempestiva
E la presenza mia. Severo ciglio,
Rigida Maestà, paterno impero
Incommodi compagni
Sono agli amanti. Io mi sovvengo ancora
Quanto increbbero a me. Restate. Io lodo
Quel modesto rossor, che vi trattiene.
Megacle
(Sempre lo stato mio peggior diviene.)

Qual serpe tortuosa
S'avolge a tronco, e il stringe,
Così lega, e recinge
Amore, i nostri cor.
Ma quanto è dolce cosa
Esserne avinto, e stretto.
Non sa, che sia diletto
Chi non intende Amor.

Qual ecc.

Scena ottava

Aristea, Megacle, e Licida.
Megacle
(Fra l'amico, e l'Amante
Che farò sventurato!)
Licida
(Piano a Megacle.)
(All'ìdol mio,
E tempo ch'io mi scuopra.)
Megacle
(Aspetta.) Oh Dio!
Aristea
Sposo alla tua Consorte
Non celar, che t'affligge.
Megacle
(Oh pena! oh morte!)
Licida
(A Megacle come sopra.)
(L'amor mio, caro amico
Non soffre indugio.)
Aristea
Il tuo silenzio, o caro
Mi crucia, mi dispera.
Megacle
(Ardir mio core. Finiamo di morir.)
(A parte a Licida.)
Per pochi istanti
Allontanati, o Prence.
Licida
E qual ragione . . . .
Megacle
(Come sopra.)
Va. Fidati di me. Tutto conviene
Ch'io spieghi ad Aristea.
Licida
Ma non poss'io
Esser presente?
Megacle
(Come sopra.)
No. Più che non credi
Delicato è l'impegno.
Licida
E ben. Tu'l vuoi,
Io lo farò. Poco mi scosto. Un cenno
Basterà perch'io torni. Ah pensa Amico,
Di che parli, e per chi. Se nulla mai
Feci per te: Se mi sei grato, e m'ami
Mostralo adesso. Alla tua fida aita
La mia pace io commetto e la mia vita.

Scena nona

Megacle, ed Aristea.
Megacle
(Oh ricordi crudeli!)
Aristea
Alfin siam soli.
Potrò senza ritegni
Il mio contento esagerar. Chiamarti
Mia speme, mio diletto,
Luce degli occhi miei . . . .
Megacle
No Principessa
Questi soavi Nomi
Non son per me, Serbali pure ad altro
Più fortunato Amante.
Aristea
E il tempo è questo
Di parlarmi così? Giunto è quel giorno . . .
Ma semplìce ch'io son. Tu scherzi, o Caro
Ed io stolta m'affanno,
Megacle
Ah non t'affanni
Senza ragion.
Arstea
Spiegati dunque.
Megacle
Ascolta:
Ma coraggio Aristea. L'alma prepara
A dar di tua virtù la prova estrema.
Arsitea
Parla: Aimè! che vuoi dirmi? ìlcuor mi trema.
Megacle
Odi? In me non dicesti
Mille volte d'amar più che 'l sembiante
Il grato cor, l'alma sincera, e quella
Che m'ardea nel pensier fiamma d'onore?
Aristea
Lo dissi, è ver. Tal mi sembrasti: E tale
Ti conosco, t'adoro.
Megacle
E se diverso
Fosse Megacle un di da quel che dici?
Se infedel agli amici,
Se spergiuro agli Dei, se fatto ingrato
Al suo Benefattor, morte rendesse
Per la vita che n'ebbe? Avresti ancora
Amor per lui? Lo soffriresti amante?
L'accetteresti Sposo?
Aristea
E come vuoi,
Ch'io figurar mi possa
Megacle mio si scelerato?
Megacle
Or sappi,
Che per legge fatale
Se tuo, sposo divien, Megacle è tale.
Arsitea
Come!
Megacle
Tutto l'arcano
Ecco ti svelo. Il Principe dì Creta
Langue per te d'amor. Pietà mi chiede,
E la vita mi diede. Ah Principessa,
Se niegarla poss'io, dillo tu stessa.
Aristea
E pugnasti . . .
Megacle
Per lui.
Aristea
Perder mi vuoi . . .
Megacle
Si. Per serbarmi sempre
Degno di te.
Aristea
Dunque io dovrò . . . .
Megacle
Tu dei
Coronar l'opra mia. Sì generosa,
Adorata Aristea, Seconda ì moti
D'un grato cor. Sia qual'io fui fin'ora
Liccida in avvenire. Amalo. E degno
Di sì gran sorte il caro amico. Anch'io
Vivo di lui nel seno,
E s'ei t'acquista, io non ti perdo a pieno.
Aristea
Ah qual passaggio è questo! Io da le stelle
Precipito agli abissi. Eh no: Si cerchi
Miglior compenso. Ah senza te la vita
Per me vita non è.
Megacle
Bella Aristea
Non congiurar tu ancora
Contro la mia virtù. Mi costa assai
Il prepararmi a sì gran passo. Un solo
Di quei teneri sensi
Quant'opera distrugge!
Aristea
E di lasciarmi . . . .
Megacle
O risoluto.
Aristea
Ai risoluto! E quando?
Megacle
Questo . . . . (Morir mi sento.)
Questo è l'ultimo addio.
Aristea
L'ultimo! Ingrato . . . .
Soccorretemi o Numi. Il piè vacilla:
Freddo sudor mi bagna il volto: E parmi
Che una gelida man m'opprima il core.
Megacle
Sento che il mio valore
Mancando va. Più che a partir dimoro
Meno ne son capace.
Ardir. Vado Aristea. Rimanti in pace.
Aristea
Come! Già m'abbandoni?
Megacle
E forza, o Cara
Superarsi una volta.
Aristea
E parti . . . .
Megacle
(In atto di pertire.)
E parto
Per non tornar più mai.
Aristea
Senti. Ah no . . . Dove vai?
Megacle
(Parte risoluto.)
A spirar, mio Tesoro,
(Ma si ferma alla Scena.)
Lungi dagli occhi tuoi.
Aristea
Soccorso . . io . . . Moro.
(Sviene.)
Megacle
(Rivolgendosiindietro.)
Misero me! Che veggo?
Ah l'oppresse il dolor. Cara mia speme:
(Tornando.)
Bella Aristea: Non avvilirti; ascolta:
Megacle è qui: Non partirò: Sarai . . . .
Che parlo? Ella non m'ode. Avete o stelle
Più sventure per me? No: questa sola
Mi restava a pruovar. Chi mi consiglia?
Che risolvo? Che fo? Partir. Sarebbe
Crudeltà, Tirannia. Restar. Che giova?
Forse ad esserle sposo? E il Re ingannato,
E l'amico tradito, e la mia fede,
E l'onor mio lo soffrirebbe? Almeno
Partiam più tardi. Ah che farem di nuovo
A quest'orrido passo. Ora è pietade
L'esser crudele. Addìo mia vita. Addio
(Le prende la mano, e la bacia.)
Mia perduta Speranza. Il Ciel ti renda
Più felice di me. Deh conservate
Questa bella opra vostra eterni Dei,
E i dì ch'io perderò donate a lei.
Licida (dove è mai!) Licida.
(Verso la Scena.)

Scena decima

Licida, e Detti,
Licida
Intese
Tutto Aristea?
Megacle
Tutto. T'affretta, o Prence,
(In atto di partire.)
Soccorri la tua sposa.
Licida
Aimè! Che miro!
(A Megacle.)
Che fù?
Megacle
Doglia ìmprovvisa
Le opresse i sensi.
(Partendo come sopra.)
Licida
E tu mi lasci?
Megacle
Io vado. . . .
(Tornando indietro.)
Deh pensa ad Aristea (Che dirà mai
(Partendo.)
Quando in se tornerà:
(Si ferma.)
tutte ò presenti
Tutte le smanie sue.) Licida, ah senti.

Se cerca, se dice:
L'amico dov'è?
L'Amico infelice,
Rispondi morì.

Ah no sì gran duolo
Non darle per me.
Rispondi, ma solo;
Piangendo partì.

Che abisso di pene
Lasciare il suo Bene:
Lasciarlo per sempre!
Lasciarlo cosi!

Se ecc.

Scena undicesima

Licida, ed Aristea.
LIcida
Che laberìnto è questo! Io non 1'intendo.
Semiviva Aristea . . . . Megacle afflitto . . .
Aristea
Oh Dio.
Licida
Ma già quell'alma
Torna agli usati uffici. Apri ì bei lumi
Principessa, Ben mio.
Aristea
(Senza vederlo.)
Sposo infedele!
LIcida
Ah non dirmi così. Di mia costanza
Ecco in pegno la destra.
(La prende per mano.)
Aristea
Almeno . . . O stelle!
(S'avvede non esser Megacle e ritira la mano.)
Megacle ov'è?
LIcida
Partì.
Aristea
Partì l'ingrato!
Ebbe cor di lasciarmi in questo stato!
Licida
Il tuo sposo restò.
Aristea
(S'alza e con impeto.)
Dunque è perduta
L'Umanità, la Fede,
L'Amore, la Pietà; Se questi iniqui
Incenerir non sanno;
Numi, i fulmini vostri in Ciel che fanno?
Licida
Son fuor di me! di, chi t'offese, o Cara?
Parla. Brami vendetta? Ecco il tuo sposo,
Ecco Licida . . . .
Aristea
Oh Dei!
Tu quel Licida sei! Fuggi, t'invola,
Nasconditi da me. Per tua cagione
Perfido mi ritrovo a questo passo.
Licida
E qual colpa ò commessa: Io son di sasso!
Arsitea
Tu me da me dividi,
Barbaro, tu m'uccidi:
Tutto il dolor ch'io sento
Tutto mi vìen da te.

No: non sperar mai pace.
Odio quel cor fallace:
Oggetto di spavento
Sempre sarai Per me.

Tu ecc.

Scena dodicesima

Lìcìda, e poi Argene.
Licida
A Me barbaro! Oh Numi!
Perfido a me? voglio seguirla: E voglio
Sapere almen che strano enigma è questo,
Argene
Fermati, traditor.
Licida
(Riconosce Argene.)
Sogno, o son desto!
Argene
Non sogni no: son io
L'abbandonata Argene. Anima ingrata
Riconosci quel volto,
Che fu gran tempo il tuo piacer. Se pure
In sorte sì funesta
Delle antiche sembianze orma vi resta.
Licida
(Donde viene? In qual punto
Mi sorprende costei? Se più mi fermo
Aristea non raggiungo.) Io non intendo
Bella Ninfa i tuoi detti. Un'altra volta
Potrai meglio spiegarti.
(Vuol partire.)
Argene
(Trattenendolo.)
Indegno, ascolta.
Licida
(Misero me!)
Argene
Tu non m'intendi? Intendo
Ben io la tua perfidia. I nuovi amori,
Le frodi tue tutte riseppi; E tutto
Saprà da me Clisthene
Per tua vergogna.
(Vuol partire.)
Licida
(Trattenendola.)
Ah no. Sentimi Argene.
Non sdegnarti. Perdona
Se tardi ti ravviso. Io mi rammento,
Gli antichi affetti, e se tacer saprai,
Forse . . . Chi sa?
Argene
Si può soffrir dì questa
Ingiuria più crudel? Chi sà mi dici!
In vero io son la rea. Picciole pruove
Di tua bontà non sono
Le vie che m'offri a meritar perdono.
Licida
Ascolta. Io volli dir . . . .
(Vuol prenderla per mano.)
Argene
Lasciami ingrato.
Non ti voglio ascoltar.
(Lo rigetta.)
Licida
(Son disperato.)
Argene
No, la speranza
Più non m'alletta.
Voglio vendetta,
Non chiedo amor.

Pur che non goda
Quel cor spergiuro,
Nulla mi curo
Del mio dolor.

No, ecc.

Scena tredicesima

Licida, e poi Aminta.
Licida
In angustia più fiera
Io non mi vidi mai. Tutto è in ruina
Se parla Argene. E forza
Raggiungerla, placarla . . . E chi trattiene
La Principessa intanto? Il solo Amico
Potria? . . . Ma dove andò? Si cerchi. Almeno
E consiglio, e conforto
Megacle mi darà.
(Vuol partire.)
Aminta
Megacle è morto.
Licida
Che dici Aminta!
Aminta
Io dico
Pur troppo il ver.
Licida
Come! Perche! Qual'empio
Si bei giorni troncò? Trovisi: Io voglio
Ch'esempio di vendetta altrui ne resti.
Aminta
Principe nol cercar. Tu l'uccidesti.
Licida
Io! Deliri?
Aminta
Volesse
Il ciel ch'io delirassi. Odimi. In traccia
Mentre or di te venia, fra quelle piante
Un gemito improvviso
Sento: Mi fermo: Al suon mi volgo. E miro
Uuom, che sul nudo acciaro
Prono già s'abbandona. Accorro: Al petto
Fo d'una man sostegno,
Con l'altra il ferro svio. Ma quando al volto
Megacle ravvisai;
Pensa com'ei restò, com'io restai.
Dopo un breve stupore: Ah qual follia
Bramar tì fa la morte?
(Io volea dirgli, ei mi prevenne.) Aminta,
O' vissuto abbastanza.
(Sospirando, mi disse,
Dal profondo del cor.) Senza Aristea
Non so viver, ne voglio. Ah son due lustri
Che non vivo che in lei. Licida, oh Dio,
M'uccide, e non lo sa. Mà non m'offende
Suo dono è questa vita, ei la riprende.
Licida
Oh Amico! E poi?
Aminta
Fugge da me, ciò detto,
Come partico stral. Vedi quel sasso,
Signor, colà, che il sottoposto Alfeo
Sinoreggia, ed adombra? Egli v'ascende
In men che non balena. In mezzo al fiume
Si scaglia: Io grido in van. L'onda percossa
Balzò s'aperse, in frettolosi giri
Si riunì, l'ascose. Il colpo, i gridi
Replicaron le sponde: E più no'l vidi.
Licida
Ah qual'orrida scena
Or si scuopre al mio sgnardo!
(Rimane stupito.)
Aminta
Almen la spoglia
Che albergò si bell'alma
Vadasi a ricercar. Da' mesti amici
Questi a lui son dovuti ultimi uffici.
(Parte.)

Scena quattordicesima

Licida, e poi Alcandro.
Licida
Dove son! che m'avvenne? Ad dunque il Cielo
Tutte sopra il mio capo
Roversciò l'ire sue! Megacle! oh Dio,
Megacle dove sei? Che fo nel mondo
Senza di te? Rendetemi l'amico
Ingiustissimi Dei. Voi mel toglieste,
Lo rivoglio da voi. Se lo niegate
Barbari a' voti miei; Dovunque ei sia,
A vìva forza il rapirò. Non temo
Tutti i fulmini vostri: O cuor che basta
A ricalcar su l'orme
D'Ercole, e di Teseo le vie di morte.
Alcandro
Olà.
(Licida non lode.)
Licida
Del guardo estremo . . .
Alcandro
Olà,
Licida
Chì sei
Tu che audace interrompi
Le smanie mie?
Alcandro
Regio ministro io sono.
Licida
Che vuole il Re?
Alcandro
Che in vergognoso esiglio
Quindi lungi tu vada. Il sol cadente
Se in Elide ti lascia,
Sei reo di morte.
Licida
A me tal cenno?
Alcandro
Impara
A mentir nome, a violar la fede,
A deluder i Re.
Licida
Come? Ed ardisci.
Temerario . . .
Alcandro
Non più. Principe, è questo
Mio dover: l'ò adempito. Adempj il resto.
(Parte.)

Scena quindicesima

Licida solo.
Licida
Con questo ferro indegno
(Snuda la spada.)
Il sen tì passerò . . . . Folle che dico?
Che fo? con chi mi sdegno? Il reo son io,
Io son lo scelerato. In queste vene
Con più ragion l'immergerò, Sì, mori
Licìda sventurato . . . . Ah perchè tremi
Timida man? Chi ti ritiene? Ah questa
E ben miseria estrema. Odio la vita:
M'atterrisce la morte: E sento intanto
Stracciarmi a brano, a brano
In mille parti il cor. Rabbia, Vendetta,
Tenerezza, Amicizia,
Pentimento, Pietà, Vergogna, Amore,
Mi trafiggono a gara. Ah chi mai vide
Anima lacerata
Da tanti affetti, e contrari; Io stesso
Non sò come si possa
Minacciando, tremare: Arder, gelando:
Piangere in mezzo all'ire:
Bramar la morte; e non saper morire.

Gemo in un punto, e fremo,
Fosco mi sembra il giorno:
O' cento larve intorno:
O' mille furie in sen.

Con la sanguigna face
M'arde Megera il petto:
M'empie ogni vena Aletto
Del freddo suo velen.

Gemo, ecc.

Fine dell'Atto secondo.

ATTO TERZO

Scena prima

Bipartìta, che forma dalle ruine di un antico Hippodromo, già ricoperte in gran parte d' edera, di spini, ed altre piante selvaggie.

Megacle trattenuto da Aminta per una parte, e dopo Aristea trattenuta d'Argene per l'altra.
Ma quelli non veggon queste.
Megacle
Lasciami. In van t' opponi.
Aminta
Ah torna Amico
Una volta in te stesso. In tuo soccorso
Pronta sempre la mano
Del Pescator, ch'or ti salvo dall'onde,
Credimi, non avrai. Si stanca il Cielo
D'assister chi l'insulta.
Megacle
Empio soccorso,
Inumana pietà! Niegar la morte
A chi vive morendo, Aminta, oh
Lascìami.
Aminta
Non sia ver.
Aristea
Lascìami Argene.
Argene
Non lo sperar.
Megacle
Senza Aristea non posso,
Non deggio viver più.
Aristea
Morir vogl'io
Dove Megacle è morto.
Aminta
(A Megacle.)
Attendi.
Argene
(Ad Aristea.)
Ascolta.
Megacle
Che attender?
Aristea
Che ascoltar?
Megacle
Non si ritrova
Più conforto per mne.
Aristea
Per me nel mondo
Non v'è pìù che sperar.
Megacle
Serbarmi in vita . . .
Aristea
Impedirmi la morte . . .
Megacle
Indarno tu pretendi.
Aristea
In van presumi.
Aminta
(Volendo trattener Megacle che gli sfugge.)
Ferma.
Argene
(Volendo trattener Aristea come sopra.)
Senti infelice.

(Incontrandosi in mezzo al Teatro.)
Aristea
O Stelle!
Megacle
O Numi!
Aristea
Megacle!
Megacle
Principessa!
Aristea
Ingrato! E tanto
M'odj dunque, e mi fuggi;
Che per esserti unita,
S'io m'affretto a morir, tu torni in vita.
Megacle
Vedi a qual segno è giunta
Adorata Aristea la mia sventura,
Io non posso morir, Trovo impedite
Tutte le vie, per cui si passa a Dite.
Aristea
Ma gual pietosa, mano . . . .

Scena seconda

Alcandro, e Detti.
Alcandro
Oh sacrilego! o insano!
Oh scelerato ardir!
Aristea
Vi sono ancora
Nuovi disastri, Alcandro?
Alcandro
In questo istante
Rinasce il Padre tuo.
Aristea
Come?
Alcandro
Che orrore!
Che ruina! Che lutto!
Se 'l Ciel non difendea, ne avrebbe involti!
Aristea
Perchè?
Alcandro
Già sai che per costume antico
Questo festivo dì con un solenne
Sacrificio si chiude: Or mentre al tempio
Venia fra suoi custodi
La sacra pompa a celebrar Clisthene;
Perche non so, ne da qual parte uscito
Licida impetuoso
Ci attraversa il cammin. Non vidi mai
Più terribile aspetto. Armato il braccio:
Nuda la fronte avea: lacero il manto:
Scomposto il crin. Dalle pupille accese
Uscia torbido il guardo: E per le gote
D'innarìdite lagrime segnate
Traspariva il furore. Urta, rovescia
I sorpresi custodì. Al Re s'avventa:
Mori (grida, fremendo) e gli alza in fronte
Il sacrilego ferro.
Aristea
Oh Dio!
Alcandro
Non cangia
Il Re sito, o color. Severo il guardo
Gli ferma in fàccia, e in grave suon gli dice:
Temerario! Che fai (Vedi se il Cielo
Veglia in cura de' Re.) Gela a que' detti
Il Giovane feroce. Il braccio in alto
Sospende a mezzo il colpo: Il regio aspetto
Attonito rimira: Impallidisce:
Incomincia a tremar, gii cade il ferro:
E dal ciglio, che tanto
Minaccioso parea, prorompe il pianto.
Aristea
Respiro.
Argene
O folle!
Aminta
O sconsigliato!
Aristea
Ed ora
Il Gcnitor che fa?
Alcandro
Dì lacci avvolto
A il Colpevole innanzi.
Aminta
(Ah si procuri
Di salvar l'infelice.)
(Parte.)
Megacle
E Licida che dice?
Alcandro
Alle richieste
Nulla risponde, E reo di morte, e pare
Che nol sappia, o nol curi. Ogn'or piangedo
Il suo Megacle chiama: A tutti il chiede
Lo vuol da tutti: E fra suoi labbri, come
Altro non sappia dir, sempre à quel nome.

Sciagurato in braccio a morte
L'aspra sorte
Già lo guida, e fa pietà.
Dell'amico il caro nome
Negl'estremi suoi momenti
Sulle labbra sempre egl'à.

Sciagurato ecc.
(Parte.)
Megacle
Più resister non posso. Al caro Amico,
Per pietà, chi mi guida?
Aristea
Incauto! E quale
Sarebbe il tuo disegno? Il Genitore
Sa che tu l'ingannasti:
Sa che Megacle sei. Perdi te stesso
Presentandoti al Re: Non salvi altrui.
Megacle
Col mio Principe insieme
Almen mi perderò.
(Vuol partire.)
Aristea
Senti. E non stimi
Consigiìo assai miglior, che il Padre offeso
Vada a placargli io stessa?
Megacle
Ah che di tanto
Lusingarmi non so.
Aristea
Sì. Questo ancora
Per te si faccia.
Megacle
O generosa, o grande,
O pietosa Aristea. Facciano i Numi
Quell'alma bella, in questa bella spoglia
Lungamente albergar: Ben lo diss'io,
Quando pria ti mirai, che tu non eri
Cosa mortal. Va, mio. Conforto . . .
Aristea
Ah basta:
Non fa d'uopo di tanto.
Un sol de'guardi tuoi
Mi costringe a voler ciò che tu vuoi.

Caro, son tua così,
Che, per virtù d'Amor,
I moti del tuo cor
Risento anch'io.

Mi dolgo al tuo dolor:
Gioisco, al tuo gioir:
Ed ogni tuo desir
Diventa il mio.

Caro ecc.

Scena terza

Megacle, ed Argene.
Megacle
Deh secondate o Numi
La pietà d'Aristea. Chi sa se'l Padre
Però si placherà! Troppa ragione
A di punirlo. E ver, ma della Figlia
Lo vincerà l'Amore. E se nol vince?
Oh, Dio, potessi, almeno
Veder come l'ascolta. Argene io, voglio
Seguitarla da lungi.
Argene
Ah tanta cura
Non prender di costui. Vedi che il Cielo
E stanco di soffrirlo: Al suo Destino
Lancialo in abbandono.
Megacle
Lasciar l'Amico! Ah così vil non sono.

Lo seguitai felice
Quand'era il Ciel sereno;
Alle temperie in seno
Voglio seguirlo ancor.

Come dell'oro il fuoco
Scuopre le masse impure,
Scuoprono le sventure
De' falsi Amici il cuor.

Lo ecc.

Scena quarta

Argene, e poi Aminta.
Argene
E pure a mìo dispetto
Sento pietade anch'io. Tento sdegnarmi,
N'ò ragion: lo vorrei: Ma in mezzo all'ira
Mentre il labbro minaccia, il cor sospira.
Sarai debole Argene
Dunque a tal segno? Ah nò. Spergiuro Ingrato!
Non sarà ver. Detesto
La mìa pietà. Mai più mirar non voglio
Quel volto ingannator. L'odio: Mi piace
Di vederlo punir; Trafitto a morte
Se mi cadesse a canto
Non verserei per lui stilla di pianto.
Aminta
Misero dove fugo? Oh difunesto!
Oh Lìcida infelice!
Argene
E' forse estinto
Quel traditor?
Aminta
Nò: Ma 'l sarà fra poco.
Argene
Non lo credere Aminta. A'nno ì malvagi
Molti compagni: Onde già mai non sono
Poveri di soccorso:
Aminta
Or ti lusinghi.
Non v'è più che sperar. Contro di lui
Gridan le leggi: Il Popolo congiura:
Fremono i Sacerdoti. Un sangue chiede
L'offesa Maestà: De' Sacrifici
Che una colpa interrompa, è il delinquente
Vìttima necessaria. À gìà deciso
Il pubblico consenso. Egli svenato
Sìa fu l'ara di Giove. Esser vi dee
L'offeso Re presente: E al Sacerdote
Porgere il sacro acciaro.
Argene
E non potrebbe
Rivocarsi il decreto?
Aminta
E come? il Reo
Già in bianche spoglie è avvolto. Il crin di fiori
Io coronar gli vidi: E il vidi, oh Dio,
Incaminarsi al tempio. Ah forse é giunto:
Ah forse adesso, Argene,
La bipenne fatal gii apre le vene.
Argene
Ah no. Povero Prence!
(Piange.)
Aminta
Che giova il pianto?
Argene
Ed Aristea non gìunse?
Aminta
Giunse: ma nulla ottenne. Il Re non vuole,
O non può compiacerla.
Aminta
E Megacle?
Aminta
Il Meichìno
Ne' custodi s' avvenne,
Che ne andavano in traccia. Or l'ascoltai
Chieder fra le catene
Di morir per l'Amico. E se non fosse
Ancor ei delinquente
Ottenuto l'avria. Ma un reo, per l'altro
Morir non può.
Argene
L'à procurato almeno!
O forte, O generoso! Ed io l'ascolto
Senza arrossìr? Dunque à più saldi nodi
L'Amisstà, che l'Amore? Ah qualì io sento
D'un emula virtù stimoli al fianco.
Sì: Rendiamoci illustri: In fin che dura
Parli il mondo di noi: Faccia il mio caso
Meraviglia, e pietà: Ne si ritrovi
Nell'universo tutto
Chi ripeta il mio nome a ciglio ascìutto.

Per sàlvar quell'alma ingrata
Morirò con petto forte:
La mia morte oh Dio! dov'è?

Vilipesa abbandonata
Voglio dar al traditore
Una prova del mio Amore
Un' esempio di mia fè.

Per ecc.

Scena quinta

Aminta solo.
Aminta
Fuggi, salvati Aminta: In queste sponde
Tutto é orror, tutto è morte. E dove, oh Dio,
Senza Licida io vado? Io l'educai
Con sì lungo sudore: A regie fasce
Io l'inalzai da sconoiciuta cuna:
Ed or potrei senz'esso
Partir così? No. Si ritorni al tempio:
Si vada incontro all'ira
Dell'oltraggiato Re: Licida involva
Me ancor ne' falli sui:
Si mora di dolor: Ma accanto a lui.

Son qual per mare ignoto
Naufrago Passaggiero,
Già con la morte a nuoto
Ridotto a contrastar.

Ora un sostegno, ed ora
Perde una stella: Alfine
Perde la speme ancora,
E s'abbandona al mar.

Son ecc.

Scena sesta

Aspetto esteriore del gran Tempio di Giove.

Olìmpico: dal quale si scende per lunga, e magnifica scala divisa in diverst piani. Piazza innanzi al medesimo con ara ardente nel mezzo. Bosco all'intorno de' sacri Ulivi silvestri, donde formavansi le Corone per gli Atleti vincitori. Clisthene che scende dal tempio preceduto da numeroso popolo da suoi Custodti, da Licida in bianca veste, coronato di fiori, da Alcandro, e dal Coro de'Sacerdoti, de' quali alcuni portano sopra bacili d'oro glì strotnenti del sacrificio.
Coro
I tuoi strali terror de' Mortali
Ah sospendi gran Padre de'Numi:
Ah deponi gran Nume de' Re.
Parte
Fumi il tempio del sangue d'un empio,
Che oltraggiò con insano furore,
Sommo Giove, un'immago di te.
Coro
I tuoi strali terror de' Mortali
Ah sospendi gran Padre de' Numi:
Ah deponi gran Nume de' Re.
Parte
L'onde chete del pallido Lete
L'empio varchi, ma il nostro, timore.
Ma il suo fallo portando con se.
Coro
I tuoi strali terror de' Mortali
Ah sospendi gran Padre de' Numi:
Ah deponi gran Nume de' Re.
Clisthene
Giovane sventurato, ecco vicino
De' tuoi miseri dì l'ultimo istante.
Tanta pietade (e mi punisca Giove
Se adombro il ver.} Tanta pietà mi fai;
Che non oso mirarti. Il Ciel volesse,
Che potess'io dissimular l'errore.
Ma non lo posso, o Figlio. Io son Custode
Della ragion del Trono.. Al braccio mio
Illesa altri la diede:
E renderla degg'io
Illesa, o vendicata a chi succede.
Obbligo di chi regna
Necessario è cosi, come penoso
Il dover con misura. esser pietoso,
Pur se nulla ti resta
A desiar, fuor che la vita; Esponi
Libero il tuo desìre. Esserne io giuro
Fedele esecutor. Quanto ti piace
Figlio prescrivi, e chiudi i lumi in pace,
Licida
Padre, (che ben di Padre,
Non di Giudice, e Rè que' detti sono)
Non, merito perdono,
Non lo spero, nol chiedo, e nol vorrei.
Afflìsse i giorni miei
Di tal modo la sorte;
Ch'io la vita pavento, e non la morte.
L' unico de' miei voti
E' il riveder l'Amico
Pria di spirar. Già ch'ei rimase in vita
L'ultima grazia imploro
D'abbracciarlo una volta, e lieto io moro.
Clisthene
T'appagherò.
(Alle guardie.)
Custodi Megacle a me.
Alcandro
Signor tu piangi? E quale
Eccessiva pietà l'alma t'ingombra?
Clisthene
Alcandro, lo confesso,
Stupisco di me stesso. Il volto, il ciglio,
La voce dì costui nel cor mi desta
Un palpito improviso,
Che lo risente in ogni fibra il sangue.
Fra tutti i miei pensieri
La cagìon ne ricerco; E non la trovo , . .
Che sarà, giusti Dei, questo ch'io provo?

Non so donde viene
Quel tenero affetto:
Quel moto che ignoto
Mi nasce nel petto:
Quel giel che le vene
Scorrendo mi va.

Nel seno a dettarmi
Si fieri contrasti
Non parmi che basti
Là sola Pietà.

Non, ecc.

Scena settima

Megacle fra le guardie, e detti,
Licida
Ah vieni illustre esempio
Di verace amistà. Megacle amato,
Caro Megacle vieni.
Megacle
Ah qual ti trovo
Povero Prence!
Licida
Il rivederti in vita
Mi fa dolce la morte.
Megacle
E che mi giova
Una vita che in vano
Voglio offrir per la tua. Ma molto innanzi
Licida non andrai. Noi passeremo
Ombre amiche, indivise il guado estremo.
Licida
O delle gioie mie, de' miei martiri,
Finchè piacque al Destin, dolce compagno.
Separarci convien. Poiché siam giunti
Agli ultimi momenti
Questa destra fedel porgimi, e senti:
Sia preghiera, o comando
Vivi: Io bramo così. Pietoso amico
Chiudimi tu di propria mano i lumi.
Ricordati di me. Ritorna in Creta
Al Padre mio . . . . (Povero Padre: A questo
Preparato non sei colpo crudele,)
Deh tu l'istoria amara
Raddolcisci narrando. Il Vecchio affìito
Reggi, assisti, consola,
Lo raccomando a te. Se piange, il pianto
Tu gli asciuga sul ciglio;
E in Te, se un figlio vuol, rendigli un figlio.
Megacle
Taci. Mi fai morir.
Clisthene
Non posso Alcandro
Resister più. Guarda que' volti: Osserva
Que' replicati amplessi,
Que' teneri sospiri: E que' confusi
Fra le lagrime alterne ultimi baci.
Povera umanità!
Alcandro
Signor trascorre
L'ora permessa al Sacrificio.
Clisthene
E' vero.
O là sacri Ministri.
La vittima prendete. E voi Custodi
Dall'amico infelice
Divìdete colui.
(Son divisì da Sacerdoti, e da' Custodi.)
Megacle
Barbari: Ah voi
Avete dal mio sen svelto il cor mio.
Licida
Ah dolce Amico!
Megacle
Ah caro Prence!
Megacle e Licida
(Guardandosi da lontano.)
Addio.
Coro
I tuoi strali terror de' Mortali
Ah sospendi grad Padre de' Numi:
Ah deponi gran Nume de' Re.

Nel tempo, che si canta il Coro, Licida va ad inginocchiarsi a piè dell'ara appresso ai Sacerdote. Il Re prende la sacra scure, che gli vien presentata sopra un bacile, da uno de' ministri del tempio. E nel porgerla al Sacerdote canta i seguenti versi, accompagnati da grave sinfonia.
Clisthene
O degli Uomini Padre, e degli Dei
Onnipotente Giove
Al cui cenno si muove
Il mar, la terra, il Ciel; Di cui ripieno
E' l'universo: E dalla man di cui
Pende d'ogni cagione, e d'ogni evento
La connessa catena:
Questa che a te si svena
Sacra vittima accogli: Essa i funestì,
Che ti splendono in man folgori arresti.

(Nel porgere la scure al Sacerdote viene imerotto da Argene.)

Scena ottava

Argene, e Detti.
Argene
Fermati, o Re. Fermate
Sacri Ministri.
Clisthene
Oh insano ardir! Non sai,
Ninfa, qual'opra turbi?
Argene
Anzi più grata
Vengo a renderla a Giove; Una io vi reco
Vittima volontaria, ed innocente
Che à valor, che à desio
Di morir per quel reo.
Clisthene
Qual'è?
Argene
Son'io.
Megacle
(Oh bella fede!)
Licida
(Oh mio rossor!)
Clisthene
Dovresti
Saper che al debil sesso
Pel più forte morir non è permesso.
Argene
Ma il morir non si vieta
Per lo sposo a una sposa. In qnesta guisa
So che al Tessalo Admeto
Serbò la vita Alceste, e so che poi
L'esempio suo divenne legge a noi.
Clisthene
Che perciò? Sei tu forse
Di Licida consorte?
Argene
Ei me ne diede
In pegno la sua destra, e la sua fede.
Clisthene
Licori, io che t'ascolto
Son più folle dì te. D'un regio Erede
Una vil Pastorella
Dunque . . . .
Argene
Ne vil son io,
Ne son Lìcori. Argene ò Nome: In Creta
Chiara è del sangue mio la gloria antica.
E se gìurommi fè Licida il dica.
Clisthene
Licida parla.
Licida
(E l'esser menzognero
Questa volta pietà.) No, non è vero.
Argene
Come! E negar lo puoi? Volgiti ingrato
Riconosci i tuoi doni,
Se me non vuoi.
Laurea catena è questa,
Che nell'ora funesta
Di giurarmi tua sposa
Ebbi da te. Ti risovvenga almeno,
Che di tua man me ne adornasti il seno.
Licida
(Pur troppo è ver.)
Argene
(Guardalo, o Re.)
Clisthene
Dinanzi
Mi si tolga costei.
Argene
(Alle guardie, che vogliono allontanarla a forza.)
Popoli, Amici,
Sacri Ministri eterni Dei, se pure
N'è alcun presente al sacrificio ingiusto,
Proteso innanzi a voi, giuro ch'io sono
Sposa a Licida, e voglio
Morir per lui: Ne . . . Principessa ah vieni
Soccorrimi: Non vuole
Udirmi il Padre tuo.

Scena nona

Aristea, e Detti.
Aristea
Credimi, o Padre,
E' degna di pietà.
Clisthene
Dunque volete
Ch'io mi riduca a delirar con voi!
(Ad Argene.)
Parla. Ma siano brevi i detti tuoi.
Argene
Parlino queste gemme,
(Porge il monile a Clisthene.)
Io tacerò. Van di tal fregi adorne
In Elide le Ninfe?
Clisthene
Aimè. Che miro!
(Lo guarda, e si turba.)
Alcandro, riconosci
Questa catena.
Alcandro
Se la conosco. E' quella
Che al collo avea, quando l'esposi all'onde,
Il tuo figlio bambin.
Licida
Licida (Oh Dio,
Tremo da capo a piè.) Licida vieni
Guarda: E ver che costei
L'ebbe in dono da te?
Licida
Però non debbe
Morir per me. Fu la promessa occulta:
Non ebbe effetto, e col solenne rito
L'imeneo non si strinse.
Clishene
Io chiedo solo
Sel dono è tuo.
Licida
Sì.
Clisthene
Da qual man ti venne?
Licida
A me donollo Aminta.
Clisthene
E questo Aminta,
Chi è?
Licida
Quello a cui diede
Il Genitor degli anni miei la cura.
Clisthene
Dove sta?
Licida
Meco venne,
Meco in Elide è giunto.
Clisthene
Questo Aminta si cerchi.
Argene
Eccolo appunto.

Scena decima

Amìnta, e Detti.
Aminta
Ah Lìcida
(Vuol abbracciarlo.)
Clisthene
T'accheta.
Rispondì, e non mentir. Questo monile
Donde avesti?
Aminta
Signor, da mano ignota
Già scorse il quinto lustro
Ch'io l'ebbi in don.
Clisthene
Dov'eri allor?
Aminta
La dove
In mar presso a Corinto
Scorre il torbido Asopo.
Alcandro
(Ah ch'io rivengo
(Guardando attentamente Amìnta.)
Delle note sembianze
Qualche traccia in quel volto. Io non m'inganno.
Certo egli è desso.) Ah d'un antico errore
(Inginocchiandosi.)
Mio Re son reo. Deh mel perdona. Io tutto
Fedelmente dirò.
Clisthene
Sorgi, Favella.
Alcandro
Al Mar, come ìmponesti
Non esposì il Bambin. Pietà mi vinse,
Costui straniero, ignoto
Mi venne innanzi, e gl'el donai, sperando
Che in rimote contrade
Tratto l'avrebbe.
Clisthene
E quel fanciullo, Aminta,
Dov'è? Che ne facesti?
Aminta
Io . . . . (Quale arcano.
O da scoprir!)
Clisthene
Tu impallidisci? Parla,
Empio, di, che ne fù? Tacendo aggiungi
All'antico delitto error novello.
Aminta
L'ai presente, o Signor, Licida è quello.
Clisthene
Come! Non è di Creta
Licida il Prence?
Aminta
Il vero Prence in fasce
Finì la vita. Io ritornato appunto
Con lui Bambino in Creta, al Re dolente
L'offersi in dono: Ei dell'estinto in vece
Al trono l'educò per mio consiglio.
Clisthene
Ah Numi ecco Filinto, ecco il mio figlio.
(Abbracciandolo.)
Aristea
Stelle!
Licida
Io tuo Figlio?
Clisthene
Sì. Tu mi nascesti
Gemello ad Aristea. Delfo m'impose
D'esporti al mar bambino: Un parricida
Minacciandomi in te.
Licida
Comprendo adesso
L'orror, che mi gelò, quando la mano
Sollevai per ferirti.
Clisthene
Adesso intendo
L'eccessìva pietà, che nel mirarti
Mi sentivo nel cuor.
Aminta
Felice Padre!
Alcandro
Oggi molti in un punto
Puoi render lieti.
Clisthene
E lo desio. D'Argene
Filinto il Figlio mio:
Megacle d'Aristea vorrei Consorte:
Ma Fìlinto, il mio figlio, è reo di morte.
Megacle
Non è più reo quando è tuo figlio.
Clisthene
E forse
La libertà de' falli
Permessa al sangue mio! Qui viene ogn'altro
A dimostrar valor, l'unico esempio
Esser degg'io di debolezza? Ah questo
Di me non oda il Mondo. O là Ministri
Risvegliate su l'ara il sacro fuoco . . .
Va Figlio, e mori. Anch'io morrò tra poco
Aminta
Che giustizìa inumana!
Alcandro
Che barbara virtù!
Megacle
Signor t'arresta.
Tu non puoi condannarlo. In Sicione
Sei Re, non in Olimpia. E' scorso il giorno
A cui tu presiedesti. Il reo dipende
Dal pubblico giudizio.
Clisthene
E ben s'ascolti
Dunque il pubblico voto. A prò del reo
Non prego, non comando, e non consiglio.
Coro di Sacerdoti e Popolo.
Viva il Figlio Deliquente
Perchè in lui non sia punito
L'innocente Genitor.

Ne funesti il di presente,
Ne disturbi il sacro rito
Un idea di tanto orror.

Fine del Dramma.


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Ultimo aggiornamento 12 giugno 2022