L'oracolo in Messenia, RV 726

Dramma musicale in tre atti


Testo del libretto


ATTO PRIMO

Scena prima

Luogo antico di Messene con Trono. Tempio chiuso in lontananza il quale poi s'apre con la Statua di Ercole coronato di pioppo, ed ara nel mezzo.

Epìtide.
Epitide
Questa è Messene. Il patrio Cielo è questo
Dell'infelice Epitide, Cresfonte
Mio illustre Genitor qui diede leggi,
Qui nacqui Re. Questa è mia Reggia; e questi
Famosi abitatori
Questi fertili campi a me son fervi.
O memorie, o Grandezze
Mal ricordate, e mal vantate! errante,
Misero, solo, inerme io vi rivedo,
E di tanti vassalli
Un sol non v'è che Re m'onori; un solo
Che pur mi riconosca; un sol che dia
Almeno un pianto alla miseria mia.
Ma punitor di chi mi tolse il regno
Quivi mi trassi; o Nume
Tu seconda l'ardir del gran disegno.

Scena seonda

Trasimede, e coro di Messeni con in mano rami, e Corone de Pioppo. Epitide in diparte.
Coro
Sù sù Messèni
Sospiri, e prieghi:
Epitide
Quai genti son coteste, e con qual rito,
Cingono il regal seggio, e'l sacro altare.
Trasimede
Sperar ti giova
Che il Cielo irato
Al fin placato
Per noi si pieghi.
Coro
Sù sù Messeni
Sospiri, e prieghi,
Epitide
Signor che al ricco ammanto, e al nobil volto
Ben mostri eccelso grado, e cor gentile,
Ond'è che per Messene
Suonan gemiti, e strida? ond'e che in atto
Di supplici, e dolenti offron costoro
Que' verdi rami, e al Cielo
Fumo d'incensi, e di sospiri ascende?
Per qual destin?
Trasimede
Distrutti
Da feroce Cinghial sono i suoi campi.
Epitide
E'l Messenio valor teme un sol Mostro?
Traswimede
Che può mai contro i Numi il valor nostro?
Più volte armate schiere
Dissipò il fiero dente. Altra Speranza
Non ti riman, che il Cielo. A lui ricorso
Fanno i publici voti.
Epitide
Anche . . .
Trasimede
Già s'apre il Tempio.
(s'apre la gran Porta del Tempio.)
Il Re Messeni il Re.
A l'armi pronti a l'armi
Vi tenga amore, e fe,
Epitide
Ne la gran turba io mi nascondo. In tanto
Penso a gran cosa, e generoso, e forte,
Epitide ecco il giorno. O Regno, o morte.

Scena terza

Polifonte, uscendo dal Tempio con seguito. Epìtide in disparte, Polifonte va a sedere sul Trono.
Polifonte
Stanco popoli, è il Cielo
De le lagrime nostre;
Le vittime ei gradi, lieti ne diede
La vampa i segni, e fausti
L'esaminate viscere gli auspici.
Che più? placato il Nume
Chiaro, parlò. Tu del voler celeste
Leggi qui Trasimede il gran rescritto,
Ed intanto respiri
Dal passato spavenro un regno afflitto.

(porge a Trasìmede la risposta dell'Oracolo, e Trasimede legge.)
Trasimede
Ha Messenia due Mostri, oggi ambo estinti
Cadranno un per virtude, un per furore:
Restino poscia in sacro nodo avvinti
L'illustre schiava, e il pio liberatore.
Polifonte
Udiste! or chi nell'alma
Nutre i spirti guerierri, e chi nel braccio
Tiene valor, vada, combatta, e vinca.
La sua virtù rinforzi
Con la voce del Nume, e col sicuro
Piacer d'un premio ìllustre.
Che se pur tra Messeni
Non v'e core si forte, alma si ardita;
V'è Polifonte; egli esporrà per voi
Non Re, ma Cittadino, e sangue e vita.
(si leva in piedi, e seende dal trono.)
Epitide
Ne la sua vita espor non dee chi regna
La salvezza comun. L'orride belve
Affronti anima forte,
Non regal braccio, o se a Messenia ardir
Manca e Virtude io Sire
Giovane qual mi vedi inerme, e solo
Tanto osar posso, imponi
Ch' lo la sia tratto, ove si pasce il fiero
Cinghial di mille stragi.
L' abbatterò, non primo
Trofeo della mia destra.
E se cadrò Messenia
Mi darà lode, e sia
Ch'ella di pochi fiori
A me sparga la tomba, e l'ossa onori.
Polifonte
Giovane, molto a te deve Messenia.
Nulla tu a lei straniero
Ai panni, al volto al favellar mi sembri.
Epitide
Etolia, Argo, Micene, e quanto è Grecia
Tutto è Patria a chi è greco. Io Greco sono,
Ne per lieve cagion qui trassi il piede
Più dir non posso, All'ora
Che dal cimento io vincitor ritorni
Saprai qual sia, perche ne venga, e d'onde.
Perchè il Nume secondi
Il bell'ardire che m'accende l'alma
Lascia che il cor devoto
Voli ad offrirgli il teschio orrendo il, voto.
Polifonte
Seguitelo nel Tempio, e alle mie stanze
Poi si conduca, oggi se al vanto, o Prode
Risponde l'opra, e tuo il trionfo e tuo
Il premio ne sarà.
Epitide
Premio non cerco.
Cerco un popolo salvo, e meco porto
Le speranze d'un regno.
Trasimede
Un dì tal vide
Forse la Grecia il giovinetto Alcide.
Epitide
Dono d'amica sorte
Non cura il mio valore,
Che quando il braccio è forte,
L'alma timor non hà.

Sarà quel Mostro fiero,
Trofeo del mio furore
E pace un Regno intero
Dal mio coraggio avrà.

Dono ecc.

Scena quarta

Polifonte, e Trasimede.
Polifonte
Ver noi, se non m'inganno,
Parmi venir Licisco.
Trasimede
E' desso appunto.
Nunzio del Rè Tideo più vòlte il vide
La nostra Reggia.
Polifonte
Io qui l'attendo. Intanto
Tu mi precedi alla Regina, e dille,
Che il dì prefisso è giunto
Di nostre nozze. Ella al mio amor diec'anni
Di sofferenza impose,
La compiacqui, e soffersi. Oggi pur compie
La dura legge. All'imeneo promesso
Oggi ella accenda le giurate Faci.
Trasimede
Ubbidirò. (pena mio core, e taci.)

L'amore fedele
dell'alma costante
Non trovi crudele
quel vago sembiante
Penare, servire
ritrovi al martire
Conforto, e pietà.

Se poi fosse ingrata
à fede si bella
Quell'alma spietata
che provi ancor ella
La sua crudeltà.

L'amore ecc.

Scena quinta

Polifonte, e Licisco con seguito di Etoli.
Licisco
Re Polifonte al cui voler sovrano
Di Messenia ubbidisce il nobil Regno
Il Rè Tideo che glorioso impera
Su l'Etolia possente
M'invia suo nuncio. Ecco la carta, ed ecco
La tessera ospitale, e'l noto segno.
(Presenta a Polifonte le lettere credenziali.)
Egli si duol, che contra il dritto, e i patti
Di scambievole pace
Tu raprir gli abbia fatto Argia sua figlia.
La grave offesa è d'alta piaga impressa
In cor di Rè, e di Padre. Al suo dolore
Diasi compenso. O gli si renda Argia,
O coprirà della Messenia i campi
D'armati, e d'armi, e pagheran la pena
D'un atto ingiusto i popoli innocenti,
Tanto espone il mio Re, qual più ti piace
Scegli amico, o nemico o guerra, o pace.
Polifonte
Vendicar si dovea
Con la forza la forza.
Da l'Etolico Re perche niega
Epitide al suo Regno.
Egli ce'l renda, e noi daremo Argia.
Licisco
Non è più in suo poter ciò che gli chiedi.
Polifonte
Vani pretesti. Il Re Tideo se pensa
O farci inganno, o intimorirci, egli erra
Scelga qual più gli aggrada, o pace, o guerra.
Licisco
Come, o Dio! qui non giunse
L'infausto avviso! e come
Ciò che a tutta la Grecia è già palese,
In Messenia si tace?
Polifonte
E che?
Licisco
La morte
Dell'infelice Epitide.
Polifonte
Che narri?
Morto! ma dove! e come?
Licisco
Nella Focide appunto,
Colà dove il sentiero in due diviso
Parte a Dauli conduce, e parte a Delfo.
Polifonte
Stelle chi mai versò sangue sì illustre.
Licisco
Vario ne corre il grido;
E al nostro Re da grave doglia oppresso
Mesto ne giunse, e replicato il Messo.
Polifonte
Cieli! avete altri fulminì! volete
Altro pianto altro sangue? eccovi il mio.
O stirpe degli Eraclidi infelice!
Misero Regno! Prence sfortunato!
(Ma s'Epitide è morto io son beato.)
Licisco
Giusto dolor.
Polifonte
Sino a più certo avviso
Tacciasi il fiero caso; e la mia Reggia
Sia tua dimora;
Licisco
Intanto,
Che risolvi d'Argia?
Polifonte
Eh! ch'Epitide è sol la pena mia.

Tutti i pensieri impegno
Per vendicar l'oppresso,
Non penso più del Regno,
Non curo più me stesso,
Non ho più pace al cor.
(Ma chi nel sen ieggesse)
(Il bel piacer ch'io sento)
(Vedrebbe pur ch'io mento)
(Ch'è falso il mio dolor.)

Tutti ecc.

Scena sesta

Licisco.
Licisco
Non si lasci sedur candida fede
Da un dolor menzogniero, o almen sospetto
Merope, Polifonte
Tutto si tema; Epitide si salvi
Con la frode innocente, e giunga al regno
Ma come ancor qui no'l riveggio? ei pure
Mi precedè, qual Fato
Lo ritarda a Messene, e a voti miei?
L'alma Real voi proteggete, o Dei.

Sin che il tiranno scendere
Dal soglio non si vede,
E al trono stesso asecndere
Il combattuto Erede,
Sento il mio core esanime,
Più respirar non sò.

Ma quanto tarda, oh Dei,
Quel sospirato istante,
In cui sperar dovrei
Quel che bramando io vò.

Sin ecc.

Scena settima

Parte remota con porta segreta.

Merope sola.
Merope
Ecco pur giunto il giorno.
Che dir poss'io di mia sciagura estrema.
Era poco, o fortuna, avermi tolto
Il regno non dirò, ma sposo, e figli
Da man crudel barbaramente uccisi.
Era poco in esiglio
Tenermi il caro Epitide, in cui solo
Consolar mi potessi, era anche poco
Pubblicarmi a Messenia
Moglie iniqua, impia Madre, e del mio sesso
Anzi dei mondo il più esecrabil Mostro.
Di Polifonte al letto
Vuoi ch'io passi, e'l consenta. Il decim'anno
Giurato alle mie nozze oggi si compie.
O giorno! o legge! o giuramento! o nozze!
O Polifonte! o troppo avversì Dei!
O troppo acerbi mali,
Che per dirvi spietati, io dirò miei.

Scena ottava

Trasimede, e Merope.
Trasimede
Con qual senso, o Regina,
Di comando fatal nunzio a te venga
Lo sà il Ciel, lo sà l'alma (e amor se 'l vede.)
Merope
E nunzio di sponsali, e di grandezze
Vieni sì mesto? eh più sereno in volto
Dimmi Regina, e Sposa.
Precedimi più lieto
Al Soglio antico, a le novelle tede.
Già l'attende la Grecia, e un Rè le chiede.
Trasimede
Le chiede un Re, ma pria da te promesse.
Volute non dirò; che ben più volte
Lessi ne' tuoi begli occhi
Contro di Polifonte odio, e disprezzo.
Merope
E quest'odio alla tomba
Mi sarà scorta. Io sposerò il tiranno
Per poi svenarlo in alto son oppresso;
Indi col fero istesso
Fumante ancor de l'odioso sangue,
Su le vedove piume io cadrò esangue.
Trasimede
Tolgan gli Dei sì barbaro disegno.
Merope
No no: compiasi l'opra.
Sperai qualche rimedio.
Dal tempo, o dalla morte.
Quel mi tardi: mi riman questa, e questo
Non può mancarmi. Merope una volta,
O forte, o disperata
Finisca di morir, ma vendicata.
Trasimede
Regina era mia pena, e pena atroce
Il pensarti altrui sposa,
Ma se all'aspra sciagura altro rimedio
Non ti riman che morte,
Vattene. Polifonte
T'accolga fortunato, e seco regna.
Merope
Regnar con Polifonte! e Trasimede
Mi consiglia così? Questa è la fede
Tante volte giurata?
Trasimede
Ahi che far posso?
Merope
Se m'hai pietà, se la memoria illustre
Del buon Rè nostro ucciso ancor t'è cara,
Su l'orme d'Anassandro
Vanne, tutto ricerca, e quell'infame
S'arresti, s'incateni, e a me si guidi.
Questo è il sol mio rimedio. A te lo chiedo
Vanne, e tua gloria sia
E' la mia vita, e l'innocenza mia.
Trasimede
Vado. La mia ubbidienza
Prova sia di mia fè. Sol che pietosa
Tu la riguardi, avrà coraggio il core
Che basti à trarti al piede il traditore.

Scena nona

Merope, e Argia.
Merope
Voi che sapete, o Dei, la mia innocenza
Reggete i passi suoi.
Argia
Non più sola, o Regina, andrai costretta
A le giurate nozze
Li Dei della Messenia
Voglion le mie.
Merope
Qual sia lo sposo?
Argia
Al prode
Uccisor del rio Mostro
Il decreto del Ciel mi vuol Consorte.
Merope
Fausto sarà ciò che comanda il Nume.
Argia
Il Nume, o mal s'intende,
O ubbidito mal sia.
Ne consorte d'Argia
Altri sarà che Epitide, ne punto
A me cal la Messenia onde il mio amore
Sacrificar le debba, e il mio riposo.

Scena decima

Polifonte, e sudetti.
Polifonte
Dato dal Ciel ricuserai lo sposo?
Argia
Il mio sposo è già scelto, Amor v'applaude
Il Genitor l'approva, e Argia l'adora.
Polifonte
Ma te'l contrasta il Fato.
Argia
E chi l'intende?
Polifonte
Chiaro ei parlò.
Argia
L'umano intendimento
Dove il Ciel parli, è tenebroso, e cieco.
Polifonte
Più cieco egli è dove l'appanni amore.
Merope
(a Polifonte)
Pel caro figlio ella piagato il core.
Argia
(a Merope)
Sì Epitide a te figlio
(a Polifonte)
a te sovrano.
E la face onde avvampo.
Non v'è Re, non v'è Nume.
Sovra la libertà del voler mio.
Dillo amor, dillo orgoglio,
Sono Argia, son Regina, amo chi voglio.

Se mi vedi nel mio petto
Ne sospiri meno forte
Anche morte incontrerò.

Ma sogetto questo core
Al rigore del suo impero
Tolerare ancor non sò.

Se mi ecc.

Scena undicesima

Merope, e Polifonte.
Polifonte
Del cor d'Argia resti la cura ai Numi,
Del tuo bella Regina
Raggion ti chieggo: ei per tua legge è mio,
Pegno della tua fede a me giurata,
Prezzo di mia costanza a te serbata.
Merope
Polifonte, a tuo merto
Tu ascrivi un lungo, e sofferente amore,
Tal no'l cred'io. Chi può soffrir due lustrì
Che un lontano Imeneo giunga, e maturi,
O nulla il brama, o poco.
Polifonte
Tutto può tolerar cor che ben' ama.
Merope
E se ben'ama il tuo, due lustri ancora
S'offra d'indugio, e poi sarò tua sposa.
Polifonte
Nò; già son corsi i due,
Da te prescritti; il giuramento è dato,
Ne più negar, ne differir più lice,
A te per esser giusta, e a me felice.
Merope
Polifonte ti parli
Merope più sincera.
T'odio quanto odiar puossi
Un Carnefice, un Mostro, un Parricida.
Polifonte
Merope, odiarmi tanto?
E in che t'offesi?
Merope
In che mi chiedi? il dica
li rimorso al tuo core,
E se pur giunto sei nelle tue colpe.
A non sentir rimorso,
Empio te'l dica il sangue
De miei figli svenati,
Del mio Sposo tradito.
Polifonte
Sì tradito, e da chi? già m'arrossisco
Rinfacciarti una colpa,
Che d'obbrobio fatal sparge il tuo nome.
Ma il perfido Anassandro era tuo servo.
Merope
Dillo Ministro infame
De tuoi consigli, e di quel cieco orgoglio
Che ti spinge a saiir sul non tuo Soglio.
Polifonte
T'intendo, pur t'intendo.
Polifonte qui regna, e perche regna
Con odio, e con orror Merope il fugge.
Merope
Non t'odio perche Re, Mal mi conosci
Più giusto è l'odio mio. Basta ancor vive
L'empio Anassandro. Ancor mi resta un figlio.
Per me ancora v'e un Giove.
Polifonte
Ed al tuo Giove in faccia
Al talamo verrai.
Merope
Dimmi al sepolcro.
E verrò più tranquilla.
Polifonte
Nò nò: dell'odio tuo sien la gran pena
Gli sponsali giurati:
Strascinata all'altar sarai costretta,
Più che dal mio comando
Dal sacro tuo solenne giuramento.
Merope
(O giuramento! o Merope infelice!)
Orsù verrò tiranno,
Ma senti qual verrò. Senti qual devi
Attendermi consorte.
Voi tremende d'Abisso
Implacabili Furie, e tu funesta
Sanguinosa discordia,
Odio, morte, terror, tutti v'invoco
Pronubi alle mie nozze. Ardan per voi
Sul letto profanato,
Le sacrileghe faci,
E voi di Fiori in vece
Spargetelo di Serpi, e di Ceraste,
Sin che pallide, esangue, e tronco busto,
Quel tiranno crudel per me si scerna,
Dormir l'ultimo sonno in notte eterna,

Barbaro traditor
Porta l'amor, la fè
Lungi da quest cor,
Amor tu chiedi a me?
Mira ne'danni miei
Qual sono, qual tu sei
Empio tiranno.

Odio, furor, velen,
Per te sol nutro in sen,
Premio al tuo inganno.

Barbaro ecc.

Scena dodicesima

Polifonte, poi Anassandro.
Polifonte
Laciatemi, o Custodi.
(le guardie partono.)
Perdasi ogni misura,
Con chi perde ogni legge, e si prevenga
Un'insano furor. L'uficio è già chiuso
(Chiude l'ufcìo al di dentro.)
Ora ben t'avvedrai femina ingrata
(presa una chiave apre una porticella segreta.)
Quanto possa un'offesa in cor reale.
(Affacciandosi all'ufficio esce dal Gabinetto.)
Anassandro.
Anassandro
La voce
Del mio Signor pur giunge
A ferirmi l'udito.
Polifonte
A trarti insieme
Da quel muto soggiorno
A le braccia reali, e al chiaro giorno.
(Lo abbraccia.)
Anassandro
A quale alto tuo cenno ubbidir deggio?
Tutto mi sia men grave
Di quest'ozio profondo in cui sepolto
Tra rimorso, e timor peno, e sospiro.
Polifonte
Ecco il tempo onde puoi
Goder dell'opre tue;
Basta che tu v'assenta, e che tu dia
Fedele amico il compimento all'opra.
Anassandro
Eccomi: vuoi ch'io torni
Nella Reggia di Etolia, e colà sveni
Anco in braccio a Tideo
Il mal guardato Epitide? Son pronto.
Polifonte
Morì già l'infelice, e senza nostra
Colpa morì. Ciò che al tuo zelo io chiedo
E' più facile impresa. Esci in Itome,
Soffri che tra catene
Ti rivegga Messenia.
De la morte de figli, e del marito
Accusa la Regina, e attendi poi
Dalla mano real di Polifonte,
E grandezze, e tesori, ancor del trono
Vieni a parte se vuoi, tutto è tuo dono.
Anassandro
La Regina accusar?
Polifonte
Sì: qual rimorso?
Anassandro
Quello che più risente un'alma ingrata.
Polifonte
In Merope riguarda
La nemica commun.
Anassandro
Ravviso in essa
Anche la mia Regina,
Polifonte
Se n'hai pietà, la nostra morte è certa.
Anassandro
Mio Re non più: si serva
Alla nostra salvezza, e alla tua sorte
Merope accuserò.
Polifonte
Caro Anassandro,
Della Grandezza mia fido softegno,
Per te dir posso, mio lo Scettro, e'l Regno.
Anassandro
Con inganno fortunato,
La costanza di mia fede
A te regno serberà.

E lagnandosi del Fato
Al tuo piè chiamar mercede,
L'innocenza si vedrà.

Con ecc.

Scena tredicesima

Polifonte, poi Epitide.
Polifonte
Guardie a me lo straniero.
Su' la fe d'Anassandro uopo è ch'io appoggi
Le mie regie speranze. Il colpo e tratto.
Epitide
Impaziente attendo
Il momento, Signor, che mi conduca
A liberar dal commun danno il Regno.
Polifonte
In itome ei si scorti. Il tuo sostegno
La Messenia in te mira,
Ti giuro un cor della tua fe condegno.

Scena quattordicesima

Epitìde.
Epitide
Unitevi ad Amore
Miei pensieri di gloria, e di vendetta,
E poi tutto sperate dal mio core.
Argia dolce mio bene, e dove sei?
Oh Dio, chi ti nasconde agli occhi miei?

Sarebbe un bel diletto
Il sospirar d'amor
Ma sempre dover piangere
Sentirsi il core a frangere
E' un barbaro rigor.
Che rende affanno.

Quell'amator che crede
Goder senza penar,
O ch'il suo error non vede
O ch'egli vuole amar
Sol con inganno.

Sarebbe ecc.

Fine dell'Atto Primo.

ATTO SECONDO

Scena prima

Piazza di Messenia.

Preceduto da festoso seguito di Messeni, Epitide esce poi Polifonte, Merope, e Licisco.
Epitide
Piaggie amiche a voi ritorno
Trionfante, e vincitor.
Polifonte
Lascia che al seno, o generoso, o prode
Del Messenico Regno
Liberator . . . . perche t'arretri?
Epitide
Avvezze
Con le Fiere a lottar braccia selvaggie,
Ricusano l'onor di regio amplesso.
Merope
(O Dei! qual se l'ascolto, qual se 'l miro
Mi sì desta nell'alma inusitato
Non inteso tumulto!)
Polifonte
Libero è il tempo, ogni alma esulta, e sola
Nel pubblico piacer Merope è mesta?
Epitide
Che? la Regina o Dio. Merope è questa?
Merope
Merope sì, non la Regina. Un ombra
Son di quella che fui.
Epitide
Concedi, o donna eccelsa,
(Ah quasi dissi, o Madre.)
Ch' io baci umil la nobil destra.
Merope
(O bacio
Onde in seno m'è corso e gelo, e foco.)
Polifonte
Come! di Polifonte
Fuggir le amiche braccia? e imprimer poi
Su colpevole man bacio divoto?
Epitide
Giurai di farlo, ed or ne adempio il voto.
Polifonte
Perchè il giurasti? a chi?
Merope
Straniero addio.
(Cresce in mirarlo il turbamento mio.)
Epitide
(trattenendo Merope.)
Ciò ch'esporrò Regina,
La tua richiede, e la real presenza.
Merope
O Ciel! la mia? Parla. Chi sei? che rechi?
Epitide
Etolo io son. Ne Calidoni Boschi
De la saggia Ericlea nacqui ad Oleno.
Il mio nome è Cleon.
Licisco
(Par vero il falso
Con tal' arte l'adorna.)
Merope
Or d'Etolia a noi vieni?
Epitide
Vengo di Delfo. Ivi desio mi trasse
Di saper la mia sorte. Ove si parte
La via tra Delfo, e Dauli
Trovai nobil garzon giacer trafitto.
Polifonte
Che trafitto un garzon tra Dauli, e Delfo?
Licisco
Quant' ha?
Epitide
Sei volte, e sei rinato e il giorno.
Polifonte
Estinto
Il ferito giacea?
Epitide
Tanto di vita
Spirava ancor che potè dirmi: Amico
Morò. Di Masnadieri
Turba feroce, a le rapine intesa
Mi assassinò. Nel fior degli anni io moro.
Merope
Misero!
Epitide
Di Messene,
Nella Reggia, soggiunse, a Polifonte,
Ed a Merope reca
Quest'aureo cinto, e questa gemma illustre,
Mie spoglie, e mio retaggio.
Bacia per me di Merope la destra.
La destra sì che forse
Mi chiuderebbe in mesto uffizio, e pio
Le gravi luci. Egli in ciò dir la mano
Ch'io steso avea, strinse a la sua. Poi tacque.
Gettò un sospiro: abbassò i lumi, e giacque.
Merope
Qual funesta caligine m'ingombra!
Qual freddo orror m'empie le vene, e l'ossa!
Senti l'alma presaga
L'infausto annunzio. O desolato regno!
O sconsolata Madre!
Epitide il mio amore, il mio conforto,
L'unico figlio, il caro figlio è morto.
Polifonte
Tace ne' gravi mali un gran dolore.
(Sappi occultar l'interna gioia, o core.)
Merope
Ah che più tardi? Il cinto
Dov'è: dov'è la gemma, antico dono
D'infelice Regina.
Epitide
E quello, e questa
Eccoti, o regal Donna, (al suo tormento.
Del mio inganno crudel quasi mi pento.)
Merope
Spoglie del figlio ucciso,
Del mio misero amor memorie infauste,
D'esse pur troppo siete.
Io vi ravviso. Or che più cerco? Vieni
Per questì ultimi baci.
Per questi amari pianti.
Vieni su'l labbro, o cor; vieni sui ciglio,
E' morto il caro Figlio.
Epitide
(Ressisto appena.)
Licisco
(a Polifonte.)
Il grido.
Nulla menti del caso acerbo, e fiero.
Polifonte
(a Licisco.)
Ma di Merope il pianto menzoniero
Merope
Quietatevi, o singulti. Ormai l'oggetto
Soverchi alla vendetta; e si risvegli
Qual da l'onda l'ardor, l'ira dal pianto.
Dimmi, o Cleon; solo giacea l'estinto?
Epitide
Senza compagno al fianco.
Licisco
E solo appunto
Sorti d'Etolia, e sconosciuto il Prence.
Merope
Turba di Masnadieri
Non lo assali?
Epitide
Spoglie gli tolse, e vita.
Merope
Di molte piaghe, o d'una sola?
Epitide
Il sangue
Da più vene gli uscia.
Merope
L'ora?
Epitide
Non molto
Dopo il meriglio.
Merope
E come
Semivivo restò? come il furore
Non finì di svenarlo?
Epitide
Forse estinto il credè.
Merope
Nò traditore
Di che tu l'uccidesti.
Epitide
Io Regina l'uccisi?
Merope
Tu infame. Erano spoglie.
Si vili e questo cinto, e questa gemma
Non le curò la predatrice turba?
Nol chiaro dì, quel non gli vide al fianco?
Non questo al dito? ah barbaro: ah fellone!
Tu tu l'affammasti
Scusa se puoi la tua perfìdia. Il core
Me'l disse al primo sguardo. Or mel conferma
Quel mentir, quel tremar, quel tuo parlare.
Epitide
Se colpevole . . . io sìa . . .
Merope
Sei traditore.

Tu crudel tu, tuo vuoi ch'io sia
Senza figlio, oppressa, e mesta.
Trema iniquo, ancor mi resta
Cor di Madre in questo petto:
V'è il mio affetto, e il mio dolor.

E scorgendo l'alma mia,
Che il mio mal da te sol viene,
Pensa straggi, e cerca pene
Per punirti, o traditor.

Tu ecc.

Scena seconda

Polifonte, Epitide, Licisco.
Polifonte
Di Merope dall'ira
La tua vittoria, e il mio poter t'è scudo
Ella matrigna ai vivi
Madre parer vuole a suoi figli estinti.
Epitide
Se estìnti li bramo, perche li piange.
Polifonte
Tutto è menzogna, o nulla costa, o poco
Ad occhio feminil pianto bugiardo.
Licisco
E mal giudichi un cor se credi al guardo.
Polifonte
Pace all'ombra Real. Giorno si lieto
In cui per tuo valor salva è Messene.
Festeggi i tuoi sponsali.
Epitide
I miei?
Polifonte
Di quanto
Oprasti alta mercede,
Avrai nell'amorosa
Regal Vergine illustre,
Scelta da Numi a tè compagna, e sposa.

S'al cader del mostro orrendo
Festeggiò lieta Messene,
All'onor de'tuoi sponsali
Grata ancor festeggierà.
Non temer, ch'io ti difendo,
Van furore, e inutil spene
Trà le fiamme tue reali
Vil timor si perderà.

S'al ecc.

Scena terza

Epitide, e Licisco.
Epitide
A me nozze! a me sposa!
Licisco
Il Ciel decreta,
Epitide ubbidisca.
Epitide
E poss'io farlo?
Consigliarlo Licisco?
Licisco
Così servo al tuo cor, così al tuo amore.
Epitide
Il mio amore, il mio cor, l'anima mia
Non è, lo sai, che l'amorosa Argia.
Licisco
E Argia sarà tua sposa,
Argia sarà tuo premio, il Ciel la volle
Prigioniera in Messene
Perche teco tu regni amato Prence
Epitide
O mè, se ciò sia vero,
Fortunato amator, lieto regnante!
Licisco
Siegui il sentier ben cominciato, e spera.
Sposo sei, ma beltà non ti lusinghi.
Figlio sei, ma pietà non ti tradisca.
Epitide
Ah che il duol della Madre, e mio spavento.
Licisco
Dillo tua debolezza, a te i fratelli,
A te il Padre sovvenga, e il tuo periglio.
Epitide
Si, ma Merope è Madre, ed io son Figlio.

Sò ch'è vezzosa,
Sò ch'è amorosa
La dolce Sposa,
Ch'il Ciel ti diè,
Mi piace la tua fé
Serbali amore.

Segui ad amar la Madre
Grato amoroso figlio,
Mi ti sovvenga il Padre,
E il traditore.

So ecc.

Scena quarta

Epitide.
Epitide
Merope, Polifonte.
Gloria, Regno, vendetta, odio, ed amore,
Tutti voi siete oggetto
Di spavento, e d'invito a miei pensieri,
Ma tra gli affetti miei
Quel che più mi combatte, e alleta il core
L'odio non è, non è vendetta, e amore!

Quell'Usignuolo
Che innamorato,
Se canta solo
Tra fronda, e fronda,
5piega del Fato
La crudeltà.

S'ode pietoso.
Nel bosco ombroso,
Chi gli risponda,
Con lieto core
Di ramo in ramo
Cantando và.

Quel ecc.

Scena quinta

Camera reale.

Merope, e Trasimede.
Merope
Dunque Anassandro è in tuo potere,
Trasimede
Avvinto
E' il traditor fra ceppi, alta Regina.
Merope
Giusti Dei! pur vi fece
Pietà la mia innocenza.
(Alle guardie.)
A me tosto il fellon.
Trasimede
Non lungi attende
La giusta pena sua
Merope
Già viene il traditor, nel fosco volto
Di perfidia, e timor spiega l'insegne.

Scena sesta

Anassandro in catena fra Guardie, e suddetti.
Anassandro
Voi mi tradiste inique stelle indegne.
Merope
Qual colpa han di tua pena
Gli astri innocenti! al tuo fallir la devi.
Anassandro
A me la debbo, è vero;
Già ne sento l'orror, veggo i Ministri;
S'arruotano le scuri, ardon le fiamme.
Merope
Ma fiamme, scuri, e orribili tormenti
Degne pene non sian del tuo delitto.
Anassandro
Ne eguali al mio rimorso errai Regina
Merope
E reo del mio dolore
Perche farti? perche? De miei custodi
Era Duce Anassandro.
Anassandro
Era tuo servo.
Trasimede
Da lei beneficato . . .
Anassandro
E tra pia cari.
Merope
E tu ingrato . . .
Anassandro
Sacrilego.
Merope
Tra l'ombre
Trafiggesti il mio Rè.
Anassandro
Cresfonte uccisi.
Merope
Ne sazio d'una morte, e d'una colpa
Svenasti i figli miei.
Anassandro
(A Merope.)
Coppia innocente.
Trasimede
Confessa il fallo.
Merope
(A Trasimede.)
Il perfido non mente.
Trasimede
Or di, chi tal fierezza
Ti consigliò?
Anassandro
Molto a dir resta, e molto
Resta a saper. Di pubblico delitto.
Pubblico sia il giudizio,
Merope
Vattene Trasimede,
Tosto raduna e popoli, e guerrieri,
E nella Rocca eccelsa
Costui ben custodisci, ond'ei non fugga.
Trasimede
Vanne, e finche d'Astrea sovra il tuo corpo
Cada la pena estrema.
Del castigo all'orror perfido trema.
Anassandro
Sì sì morrò, ma dal mio Fato istesso
Altri cadrà, con mio piacere oppresso.
(Parte fra Guardie.)
Trasimede
Il suo castigo ad affrettare io parto
Solo pria di partir.
Merope
Parla:
Trasimede
Concedi,
Che sui timido labbro esca un sospiro,
E ti dica per me . . .
Merope
T'accheta, e prima,
Rifletti ò Trasimede,
Che a Merope tu parli
Vedova di Cresfonte, e tua Regina,
Questo ti basti; e reggia i detti tuoi
Quel buon dover che trascurar non puoi.
(Parte Merope.)

Scena settima

Trasimede.
Trasimede
Rpensando al dover pur troppo oh Dio!
Vego che l'amor mio
D'un cieco ardire è reo, con franco volto
Simulare conviene,
E in onta al cor non palesar sue pene.

Taci pur mio core amante
Non bramar la tua mercede,
Il mio ossequio, la mia fede
Più sperar oh Dio, non può
Non mi giova esser costante

Ad accrescer le mie pene
Giusto sfogo non conviene
E pietà chieder non sò

Taci ecc.

Scena ottava

Sala con Trono e Sedili.

Argia, poi Epitide.
Argia
Lieto lieto mio core, il grido sparso
Della morte d'Epitide è un inganno.
Il mio Epitide vive,
E di Cleon col nome
Vive in Messene, e vincitor s'onora:
Tanto del mio Gran Padre
Il messaggier svelommi.
Secondi il suo disegno
L'ordita frode? o mio Epitide! o mia
Soave prigionia! ah che il rapirmi
Fu voler degli Dei
Perchè sempre foss'io dove tu sei.
Epitide
Qui Argia!
Argia
Qui l'Idol mio!
Epitide
(Ad essa ancora
D'uopo è celarmi.)
Argia
Caro Epitide mio . . . .
(Gli va incontro.)
Epitide
Qual favellare?
Epitide non son.
Argia
Come non sei?
Epitide
Non son qual pensi,
Argia
E'l neghi agli occhi mìei?
Epitide
Già 'l dissi.
Argia
(Ah s'egli finge,
Fingasi ancor.) Palesa l'esser tuo.
Epitide
Cleon son'io, che col valor del braccio
Colà nel bosco ombroso
Atterò l'empio Mostro, e sia tuo sposo.
Tale è il voler de Numi,
E legge di chi regna.
Argia
E qual voler, qual legge
Anno i Numi, o chi regna
Sovra un libero cor? Io del mio genio
Fò mio voler, mia legge, in te riguardo
Il tuo valor, che puote
Forse esigger da me qualche rispetto,
Ma non già l'amor mio,
Che ad oggetto più degno io serbo intero.
(Ah fingendo rigor, peno da vero.)
Epitide
Cara più non resisto. Argia perdona,
Epitide son'io.
Argia
E a me celarti?
Epitide
Colpa n'è solo, o Dio!
Quella necessità, ch'oggi mi vuole
Ignoto anche a me stesso.
Argia
E di mia fede
Paventarsi potea!
Epitide
Nò; ma piuttosto
Del nostro amor, che tropp'incauto forse
Palesar mi potesse.
Argia
Nelle nostr'alme intanto
Ei languirà tacendo.
Epitide
Ama Cleon; per esso
Lascio Argia, in libertà tutto il tuo amore,
Ed avrà l'amor tuo
Da Epitide, in Cleon tutto il suo core.
Argia
O del mio amor belle vicende! io trovo
La pace del mio cor quando men spero,
Ma dubbia l'alma appena crede il vero,

Tu mi lusinghi
Mia cara spene
Ma il core amante
Sperar non sà.

Fida quest'alma
Nel caro Bene
Bella Fenice
Mi struggerà.

Tu ecc.

Scena nona

Merope, Trasimede, Licisco, ed Epitide, seguito di popolo, poi Polifonte.
Merope
Seguimi pur Licisco.
Venga Cleon, presente
All'alto formidabile giudizio
Tutro vorrei non che la Grecia, il Mondo.
Trasimede
Sol manca il Re.
Epitide
(che sia.)
Polifonte
(Stabilirò sul trono.
Qui la vendetta, e la fortuna mia.)
E che! senza il mio voto, a me lontano
V'è chi raduna, e popoli, e soldati?
Merope
Mio ne fu il cenno, e questo
Da che vedova son, fu il primo, e 'l solo
Qui si dee Polifonte
L'innocenza svellare, e 'l tradimento.
Qui decretar la vita, e qui la morte.
E qui veder se è reo
Del sangue di Cresfonte, e de fuoi figli,
Un empia Madre, o un perfido vassallo.
Polifonte
Chi dar dovrà l'accusa? e chi punirla.
Merope
L'accusator sarà Anassandro, al fine
Tratto ne' ceppi; e voi,
(A Trasimede.)
Voi Messeni custodi delle leggi,
Difensori del Regno, e tu che sei
Del consiglio Sovran regola, e mente,
Il Giudice sarete.
Epitide
(A Licisco.)
Ella è Innocente
Licisco
(Ad Epitide.)
Tal sembra.
Polifonte
Opera è de Numi
L'Arresto d'Anassandro. Ei quì si tragga.
Saranno Tradimede, e la Messenia
Il tuo Giudice, e'l mio.
Trasimede
Fiacciasi. Ad Anassandro
Diasi libero il campo
Di favellar. Licisco,
E Merope, Cleon meco s'affida.
E tu Signor, l'cccelso trono ascendi,
A cui da nostri voti alzato fosti.
Polifonte
Nò nò, mi spoglio anch'io
Del reale carattere che in fronte
M'imprimeste, ò Messeni.
Reo Merope mi credè, e finche il vostro
Memorabil giudizio
Purghi il mio nome, e la mia gloria assolva,
Eccovi Polifonte
Non Rè, ma Cittadino. Il Re voi siete,
Ed al vedovo trono io queste rendo
Non mie, ma vostre alte reali insegne,
(Depone sul Trono la Corona.)
Merope or senti, in noi
V'è il reo, v'è l'innocente.
Tu accusì Polifonte,
Te la Messenia: Orsù la legge è questa.
Al giusto la corona, al reo la testa.
(Va a sedere con gl'altri.)
Licisco
(Ad Epitide.)
Ei non errò.
Epitide
(Voi lo sapete o De!)
Trasimede
(Tutti sono in tumulto i pensier miei.)
Merope
Genj voi tutelari
Di questo regno, e voi
Del mio Re, de' miei figli
Che d'intorno m'udite anime belle,
Splendete all'innocenza in rai di Stelle.
(Và a sedere.)

Scena decima

Anassandro incatenato fra Guardie, e sudetti,
Anassandro
Ove sono i Ministri? ove le scuri?
Ove il palco di morte?
L'hò meritata vil, l'attendo forte.
Trasimede
L'avrai fellon, l'avrai: ma in più tormenti.
In più pene divisa.
Anassandro
A che minacce? io sono
L'uccisor di Cresfonte, e de suoi figli,
Ecco il braccio, ecco il ferro; in brevi accenti
(Getta un Stile nel mezzo.)
Ecco il delitto, il testimon, la pena.
Trasimede
Non basta: del misfatto
Si cerca il seduttor, non il Ministro.
Anassandro
A quel duro cimento eccomi giunto
Ch'io più temea, spietato
Fui per esser Fedel. Deh! questo vanto
Non mi si tolga in morte, e mi si lasci
Portare a Radamanto
Un mio solo delitto, e 'l sol mio pianto.
Merope
Nò nò, rompi cotesto
Silenzio contumace.
Anassandro
Oh Dio!
Polifonte
Che tardi? a forza di tormenti,
Parlerai, se persisti.
Anassandro
Sù via si parli. Un traditor non mente
Quando in morir teme il rimorso, o 'l sente,
Cadde Cresfonte, e diede al colpo atroce
Merope . . . .
Merope
Ferma, e prima
Fissa in Merope un guardo, un ne ricevei;
E passi dal mio volto, e dal mio sguardo
Entro l'anima tua quantunque infame
Una voce, una idea, che ti sgomenti.
Riconoscimi, e poi
Che colpevole io sia, dillo se puoi.
Anassandro
(Ahi voce! ahi vista! instupidita è l'alma,
Sudo, tremo, vacillo, ardo, ed agghiaccio.)
Polifonte
Merope non si teme
Da chi è innocente accusator che parli;
Ne al suo labbro s'insulta. E tu Anassandro
Che più tacer? del Giudice l'aspetto,
E non l'ira del reo sia tuo spavento.
Epitide
(Temo su quelle labbra il tradimeno.)
Anassandro
(Rimorsi addio, lice se giova.) Io manco,
Lo sò, Messeni, alla giurata fede,
Pur questo debbo al vero
Sacrificio funesto
Prima che del mio fral sia sciolto il laccio,
Cadde Crefonte, e diede
Merope il cenno, ed Anassandro il braccio.
Polifonte
(Eccom'in porto.)
Merope
Io diedi
Il comando sacrilego? ove? quando?
Come? perchè?
Anassandro
Regina, ah! fossi stato
Sordo a' tuoi prieghi. Io servo
Ubbidir ti dovea. Tu l'uscio apristi
Tu l'ora, il seno, il seno
Segnasti, in cui le piaghe . . . .
Polifonte
Non più. Già sei convinta,
Perfida Donna, La sentenza è data,
Trasimede la scriva,
La Messenia la segni.
Vattene. A la tua pena oggi t'appresta
Al giusto la corona. Al reo la testa.

(Vanno le Guardie a circondare Merope. Polifonte ripiglia la Corona dal Trono.)
Merope
Ah scellerato! ah traditor! Messeni,
Licisco, Trasimede,
Non mi turba la pena,
Non mi fa orror la morte. Inorridisco
Solo al pensar, che ua sì ria sentenza
Debba oppressa cader la mia innocenza
S'affretti pur lo scempio. Odami il Mondo
E impostor, chi m'accusa:
E reo chi mi condanna. In me salvate
Non la Regina offtesa,
Non la Sposa dolente,
L'infelice salvate, e l'innocente.

Un labbro, un cor non v'è,
Che parli, o sia per me.
Tutto è nimico. Oh Dio!
Che fier tormento è il mio!
Più tolerar noi sò.

In così strana sorte
Par, che infedel consorte,
Par, ch'empia Madre io sia:
E pur nell'alma mia
Rimorso alcun non hò.

Un ecc.
(Và a sedere.)

Scena undicesima

Polifonte, Trasimede, Epitide, Licisco, ed Anassandro.
Polifonte
Non si perdan momenti: oggi s'affretti
A Merope la morte.
Epitide
Ella a morir? Messeni
Una moglie real mal si condanna
Sù l'accusa infedel d'un traditore.
Infelice Regina! oh dura legge
Che uscì contro di te, ne v'e fra voi
Chi la difenda? chi più certe prove
Voglia indagar? così perir si lascia
L'amor suo? la sua fè forse innocente;
Ed alcuno di voi pietà non sente!

Chi condanna il regio sangue,
Chi sua sorte non compiange
Viva sol tra monti, e selve
Con le belve, a conversar.

Ma chi sente di clemenza
Qualche senso nel suo petto,
E costretto a sospirar.

Chi ecc.

Scena dodicesima

Polifonte, Trasimede, Licisco, ed Anassandro
Licisco
O amore! ardir! sieguo i fuoi passì.
(Parte.)
Trasimede
Signore il regal sangue
Onde Mcrope uscì . . . .
Polifonte
Vani riguardi.
Sia. mia cura punir l'empio Anassandro,
E Merope la tua. Và, scrivi, adempì
La capital sentenza, e se paventi
D'esser giudice suo, paventa ancora
Il tuo Giudice in me. Voglio che mora
Trasimede
Parto a ubbidir, (Regina sfortunata!)

Scena tredicesima

Polifonte, ed Anassandro.

Polifonte accenna alle Guardie che si ritirino.
Polifonte
Soli ora siamo; e posso
Dirti: Amico fedel per te Re sono,
Anassandro
Ma sotto il piè non hai ben fermo il trono,
Polifonte
Merope estinta onde temerne il crollo?
Anassandro
D'Epitide, da l'ira.
Polifonte
Può farmi guerra un nudo spirto, un ombra
Anassandro
Vive in Cleone il tuo maggior nemico.
Ne l'Etolica Reggia all'or che occulto
Vi passai per tuo cenno
Più volte il vidi, e ìmpresso
Restò quel volto entro l'idea,
Polifonte
T'inganni.
Anassandro
Nò, non m'inganno, è desso:
Polifonte
Grand'insidie mi sveli, e grande arcano.
A te il regno dovea, debbo or la vita.
Presto n'avrà tua fede,
Te ne assicura un Re, degna mercede.
Anassandro
Tal dal tuo amor la spero.
Polifonte
Ancor per poco
Soffri i tuoi ceppi. Olà custodi in cieca
(Si avanzano le guardie.)
Stanza si chiuda l'empio,
La sua pena ivi attenda, ivi il suo scempio.
(Parte.)

Scena quattordicesima

Anassandro.
Anassandro
Morrò, ma di mie colpe
La memoria vivrà: Grande e temuta
Ombra sarò d'Averno,
E avrò da gran delitti un nome eterno.

Sento già ch'invendicata
Contro me fremendo irata
Di Cresfonte l'ombra errante
Grida sangue, e vuol vendetta.

Qual spavento! Qual orrore!
Ah non v'à per me terrore,
Anzi sempre più costante
La mia colpa mi diletta.

Sento ecc.

Fine dell'Atto Secondo.

ATTO TERZO

Scena prima

Deliziosa vicina à Giardini Reali. Grand' Albero isolato da una parte.

Polifonte, ed Argia.
Polifonte
Non è più tempo Argia
Di negar, di tacer ciò ch'è già noto.
Argia
E che?
Polifonte
Troppo m'offende il tuo timore,
A Merope si taccia iniqua Madre,
E non a Polifonte anima fida,
D'Epitide il destin.
Argia
Stelle!
Polifonte
Egli vive?
Lo so; in Cleon: Licisco
(Giova il mentir) me ne affidò l'arcano,
Viva egli lieto, e regni.
Argia
Signor. che sul tuo cor regno hai più grande
Di quello che rifiuti,
Perdona, se ti offese il mio timore.
Polifonte
Fu giusto, e'l lodo, il tuo geloso amore
E tal lo custodìsci infin che spira
L'iniqua Madre. A lei se chiede il figlio,
Vivo lo niega, e lo compiangi estinto:
Che se noto a lei fosse il suo destino,
Spinta da quel furor, con cui trafisse
E la Prole, e 'l consorte
Potria quella crudel dargli la morte.
Argia
Spera quest'alma amante
Salvar l'amato oggetto
L'idolo mio diletto
Ah nò non morirà.
Diffendere costante
Saprò l'amato bene,
E sempre in me la spene
Più bella sorgerà.

Spera ecc.

Scena seconda

Polifonte, e poi Anassandro fra Arcieri,
Polifonte
Tratto a miei cenni ecco Anassando.
(E' giusto tradire il Traditore.)
Anassandro
Eccomi, ma fra ceppi, e tu nel soglio
Polifonte
Son lubriche Anassandro, e son gelose
Le fortune de' Re. La mia vacilla.
Se tu non la sostieni.
Anassandro
E che più resta?
Polifonte
Il più resta, o mio fido.
Anassandro
Sai qual cor, sai qual fede.
Polifonte
E fede, e core,
Temo, che al rio cimento inorridisca.
Anassandro
Hò spirito, hò sangue, hò vita
Da offrirti ancor. Per altri
Esser vile potrò per te son forte.
Polifonte
E s'io chiedessi a te . . . .
Anassandro
Che?
Polifonte
La tua morte.
Anassandro
La morte mia?
Polifonte
Sol questa
Assicurar mi può la pace, e 'l Trono
E questa a te richiedo ultimo dono,
Anassandro
Oh Dei! si ria mercede a me tu rendi?
Polifonte
In servire al suo Re premio ha il vassallo.
Anassandro
Sei Re, ma tal ti feci.
Polifonte
E questo è grande
Delitto da punirsi
Reo sei del mio rossor finche tu vivi.
Anassandro
Se mi temi vicin dammi l'esiglio.
Polifonte
E vicino, e lontan sei mio periglio.
Soldati, olà, a quel tronco
(S'avanzano gli Arcieri.)
Sì consegni il fellon. Ne stringa il nodo
La stessa sua catena.
(Vien legato all'Albero,)
Bersaglio a vostri colpi
L'empio sia tosto. Intenda
Il popolo da voi la sua vendetta.
Sacrifizio più ìllustre a se m'affretta.

Scena terza

Anassandro legato, per esser Saettato dagli Arcieri, e Licisco.
Licisco
Qui muor l'empio, e non dassi
A pubblico fallir pubblica pena?
Anassandro
Delle mie scelleragini ecco il frutto,
LIcisco
E ben ne paghi il fio.
Anassandro
Giusto il confesso,
Duolmi che ancor non l'abbia
Chi di me più perverso or ne trionfa.
Licisco
Merope ancor morrà.
Anassandro
Merope, o Dio!
Non morrà che innocente
Morrà Epitide ancor? vivrà il tiranno,
Misera Patria mia tardi ti piango.
Licisco
(Da tronche note alti misterj apprendo,
O almen li temo.) Arcieri,
Che Messeni pur siete,
Giova al pubblico ben, che sol per poco
L'irreparabil morte
Si sospenda a costui. Sciolgo i lacci
(Lo sdoglie dall'Albero.)
Lo riconsegno a voi. Non si trascurri.
Ciò che il regno riguarda, e poco importa
Che o oiù presto, o più tardi un'empio mora.
Anassandro
Nò non chiedo perdono,
M'oda Messene, e poi morir mi faccia.
Ella, Numi, il protesto,
Ella è più rea di me, se non m'ascolta.
Licisco
Per le più occulte vie
Guidatelo a suoi Giudici. Da lungi
Vi seguirò.
Anassandro
Con palesar l'inganno
Farò ancora tremarti, o mio tiranno.
(Parte fra gli Arcieri.)

Scena quarta

Licisco.
Licisco
Che intesi mai? qual torbido nell'alma
Mi svegliò. Muor Merope innocente.
Epitide è in periglio,
Mi fa pietà la Madre, orrore il figlio,

Torbido nembo freme,
L'alma lo sente, e'l teme
E stà pensosa.

Perche non bene intende,
Ciò che temer la fa,
O riparar no'l sà
O trascurar non l'osa,

Torbido ecc.

Scena quinta

Appartamenti di Merope

Merope con ietterà chiusa in mano, poi Trasìmede.
Merope
A Merope il tiranno un foglio invia?
Di mia fatal sentenza
Qual sìa il tenor forse m'anuuncia: il leggo
Con quell'istesso cor con cui l'attendo.
(Apre la lettera, e legge)

Merope alla tua Morte
Debbo qualche pietade:
D' Epitide tuo figlio
Cleon fu l'assassin: prove sicure
N'ebbi da fido messo.
(O' traditore!)
Or che l'autor n'è certo, a te lo dono.
Nelle stesse tue stanze
Egli verrà fra poco. Ivi il tuo figlio
Vendica, ivi il mio Re; così vedrai
Cbe non è Polifonte
Quel tiranno che pensi, e qual lo fai.

(Vien Trasimede, e Merope gli va incontro.)

Trasimede per anco alla mia morte
Un respiro vi resta.
Trasimede
E qual mai?
Merope
Polifonte in questo foglio
Dona alla mia vendetta,
In Cleon l'uccisor, del caro figlio.
Trasimede
Gran conforto a tuoi mali,
Merope
Il doverlo a un tiranno assai mi duole.
Pur non sì perda. Trasimede io voglio
Veder Cleon, fargli temer la morte.
Pria ch'ei la senta: và, seco mi lascia.
Poi s'altro cenno mio non te 'l divieta
Fà che in uscir da queste soglie, il fio
Paghi del suo delitto
Dalla tua spada, o dalla altrui trafitto.
Trasimede
Eseguirò il tuo cenno.

S'in Campo armato
Vuoi cimentarmi,
Se col mio fato
vuoi riprovarmi
La mia costanza t'ubbidirà.

Delle tue lagrime,
Del tuo dolore
E' troppo barbaro
L'iniquo auttore,
Troppo quell'anima
Sente pietà.

S'in Campo ecc.

Scena sesta

Merope, e poi Epitide.
Merope
Figlie di giusto sdegno ire di Madre
E tempo di vendetta.
Lungi o pietà, cada l'iniquo esangue
All'ucciso mio Figlio. Eccolo ahi vista!
Epitide
Per comando real di Polifonte
A te vengo, o Regina.
Merope
Dì, che vieni o crudel, perche il mio pianto
Ti serva di trionfo. Armata d'ira
Volea chiuder nel petto il mio dolore,
E non darti la gloria
D'un barbaro piacer. Ma al primo sguardo
Cedè l'ira; e più forte
E' al mio pensier l'idea del figlio ucciso ,
Che agli occhi miei dell'uccisor l'aspetto.
Godi, perfido, godi. Ecco, il mio pianto
Le gote inonda, e inumidisce il ciglio.
Inumano assassin! povero figlio.
Epitide
L'odo? non moro? e taccio?
Perdonami, o Regina, è ver, son reo,
Ma non è la mia colpa
La morte del tuo figlio. Il duro avviso
Io te ne diedi, e la mia colpa è questa.
Le lagrime che spargi
Tu le spargi per me.
Merope
Per te spietato.
Vantane il bel trofeo, per te lo spargo;
Ma poco ne godrai. Tremane, e senti.
Pochi, pochi momenti
Ti restano di vita.
Sul primo uscir di queste Soglie; al fianco
Avrai la mia vendetta, e la tua morte.
Epitide
(Ah non resisto più; tempo è ch'io parli.)
Quel figlio, che tu piangi . . .
Merope
Empio tu l'uccidesti.
Epitide
Il tuo Epitide . . .
Merope
Mio? tu me l'hai tolto.
Epitide
Madre . . .
Merope
Più tal non sono,
Dopo il tuo tradimento.
Epitide
Tornerai, se m'ascolti, ad esser Madre.
Merope
Parla.
Epitide
Epitide vive.
Merope
Il so: tra l'ombre
Del cieco regno.
Epitide
Ei vive,
Qual tu, qual'io: questo è il suo Cielo, e queste
Sono l'aure, che spira
Merope
E' vivo il figlio mio?
Epitide
Te'l giuro, e'l vedi, e 'l senti; e quel son'io.
Merope
Quello tu sei? ah vile!
Tu sei Cleon, del figlio
Sei l'uccisor, la minacciata morte
Si è fatta tuo spavento; e per fugirla
Mi vorresti ingannar. Ma questa volta
Non ti varrà la frode.
Epitide
Ah Madre . . .
Merope
Taci.
Sol perche Madre son temer mi dei.
Non sei mio figlio, il suo uccisor tu sei.
Epitide
Tacerò, morirò; ma pria ch'io mora
Ti parli Argia. Ti parli
La mia sposa fedel. Credi all'amante
Ciò che al tìglio ricusi.
Merope
O là, si faccia
Venir qui Argia. Sospendo
Sol per brevi momenti il tuo destino.
Ma di Epitide sei l'empio assassino.

Scena settima

Argia, e sudetti.
Epitide
Più non si nieghi il Figllo ad una Madte
Parlò la mia pietade,
Ora parli il tuo amor. Dillo alma mia
Cara adorata Argia.
Argia
A chi parli? chi sei? donde in te nasce
Tanta baldanza, e frenesìa d'amore?
Qual, Regina, e costui? (cauto mio core.)
Epitide
Eh! non fìnger mio ben, l'arte non giova.
L' arcano e già svelato.
Tu lo conferma, io son tuo sposo, io quegli . . .
Argia
Intendo, un Mostro ucciso
Ti dà qualche ragion sopra il mio core.
Epitide
No nò: dì, che in me vedi
Della Messenia il Prence,
E di Merope il figlio;
Dì, ch'Epitide io son.
Argia
No, tu nol sei.
Merope
Quello non sei già certa
E' ia perfidia tua. Parlò l'amante
Ne s'ingannò la Madre.
Epitide
O Dio! ten priego ancora.
Merope
Non più. Già t'abusasti
De la mia sofferenza.
Dal più orribile ogetto
Libera gli occhi miei.
Epitide
Argia . . .
Argia
Non ti conosco.
Epitide
I Numi attesto . . . .
Argia
Spergiuro è il traditor, non ti dò fede.
Epitide
Questo pianto ch'io verso . . .
Merope
Per te lo sparsi anch'io. Non t'ho pietade
Parti, ancor te 'l comando.
Epitide
Madre.
Merope
Se più resisti
Vedrò dopo il tuo pianto anche il tuo sangue
Argia
(5on crudel per pietà.) Parti, o infelice.
Epitide
Argia, Merope, o Cieli . . .
Ah! per l'ultima volta . . .
Merope
Ancor t'arresti?
Epitide
Il tuo sposo son'io.
Argia
Più non t'ascolto.
Epitide
Io sono il figlio tuo.
Merope
Tu me l'hai tolto.
Epitide
Sposa . . . non mi conosci.
Madre . . . tu non m'ascolti.
(Cieli, che feci mai?)
E pur sono il tuo cor
Il tuo figlio, il tuo amor.
La tua speranza,
Parla . . . ma sei infedel.
Credi . . . ma sei crudel.
Morir mi lascierai?
Oh Dio, manca il valor,
E la costanza.

Sposa ecc.

Scena ottava

Merope, e Argia.
Merope
Quasi m'intenerì, quasi sedotta
Il suo pianto m'avea.
Argia
Tutto è bugia.
Merope
Ne pagherà le pene.
Anzi in questo momento,
Quel cor fellon cade svenato all'Ara
Dell'infelice Epitide tradito.
Argia
Come? svenato?
Merope
Sì: dato era il cenno;
E fuor di queste Soglie.
Al varco l'attendea la mia vendetta,
E la sua morte.
Argia
Ah! và, corri; sospendi . . .
Merope
Qual pallor? quai pietà? tardo è il consiglio
Perì l'empio Cleonte,
Argia
E nell'empio Cieon mori il tuo figlio.
Merope
Che sento? Oh Dei? Cleone,
Cleone è il figlio mio? perche tacerlo?
Perche negarlo? amici,
Numi, soccorso. Ah! s'io non giungo a tempo
Son misera del pari, e scelerata.
(Vuol partire, ed è trattenuta da Polifonte.)

Scena nona

Polifonte, e detti.
Polifonte
Fermati, arresta il pie, Madre spietata
Merope
O Furia, o traditor?
Polifonte
T'affligge il colpo?
Perche darne il comando?
Merope
Da te ingannata, iniquo mostro, e rio
Polifonte
Per tè Epitide è morto.
E furia, e Mostro, e traditor son io.

Scena decima

Trasimede, e detti.
Trasimede
Regina . . . .
Merope
La mia morte
Compisci, o Trasimede. Il cenno , . . il figlio . . .
Di: parla, a che ammutir?
Trasimede
Quanto io dovea
Fido eseguii.
Merope
Barbara fede! iniquo
Cenno! Crudel! Ministro?
Misera Madre
Argia
Che tu l'amor mio,
Tu Epitide uccidesti?
Trasimede
Di qual furor . . . .
Merope
Un ferro per pietà? Chi mi dà morte.
Polifonte
Te la darà fra poco,
Qual la merti, una scure.
Argia, Duce, si lasci
Costei con le sue furie, e con l'idea
De suoi misfatti enormi.
Andiamo ad affrettarle il suo castigo.
Merope
Argia gli ultimi pianti
Teco anch'io verserò su'l figlio amato.
Argia
Me il tiranno tradi, te l'empio Fato.
(Parte.)
Merope
Già reo del sangue mio nel figlio ucciso,
Mè, Trasimede ancor passi il tuo brando.
Trasimede
Io reo? la mia gran colpa è tuo comando.
(Parte.)
Merope
Empio, va pur. Non sempre
Ti lasceran gli Dei,
Lieto fissar su le mie pene il ciglio.
Polifonte
L'empia sei tu che trucidasti il figlio.
(Parte.)

Scena undicesima

Merope.
Sei dolor, sei furor ciò che m'ingombra?
Dove, dove mi guidi?
Mostri, Spettri che siete? a che venite?
Polifonte? Ah tiranno!
Anassandro? ah spergiuro!
Che turba è quella? intendo.
Ecco il vello funebre: ecco i Ministri:
Ecco la morte mia. Sù, che si tarda?
Il colpo che attendo
Crudeli affrettato.
Piego il capo, ferite, troncate.
Sposo, Figli, Messeni,
Moro, e moro innocente,
Innocente? un' empia sei,
Tu che il figlio ai trucidato.
Perdona, o caro figlio,
Io credea vendicarti, e t'ho svenato.
Escimi tutto in lagrime
Sangue che ancor dai vita al mio dolor
Toglietevi o mie luci al fiero oggetto
Più di morte crudel. Qual ferro e quello?
In qual seno ei si vibra? Trasimede,
Ferma: quegli è mio figlio.
Caro Epitide, o tanto
Già sospirato, e pianto
Mio dolce amor: pur salvo
E ti trovo, e t'abbraccio.
Figlio, figlio . . . . non rispondi?
Vieni, vieni ond'io ti baci.
Perche fuggi? perche taci?
O Dio qual mi lusingo?
Apro al figlio le braccia, e l'aure stringo.

Là sul torbido Acheronte
Vedo il figlio in nero aspetto.
Partì, o Dio, dagli occhi miei,
Ah! che oggetto tu mi sei
Di rimorso, e di terror.

Nò t'arresta, anch'io dolente
Tua Tiranna, ma innocente,
Vò abbracciarti o mio tesor.

La ecc.

Scena dodicesima

Salone Reale con gran cortinaggio, il quale poi alzandosi, lascia vedere il rimanente di esso Salone.

Polifonte, Licisco, poi Trasimsde. Poi Merope tra guardie.
Polifonte
Strascinata ella venga,
Se volontaria il niega, e coIlo, e mani
Di funi avvinta traggasi l'indegna
Al sanguinoso Altar de la vendetta.
Merope
Merope non aspetta
D'esser tratta a morir: libera viene
Ne vuol la regal mano
L'oltraggio sofferir di tue catene.
Sù, dov'è la mia morte?
Da chi l'avrò? da scure? io stendo il capo.
Da ferro? io porgo il seno.
Sia tosco, fiamma sia, laccio, ruina
Qualunque sia, Messeni
Morirò sì ma morirò Regina
Polifonte
Tu ostenti per virtù la tua fierezza;
Ma farò, ch'ella tremi.
Vedi: colà svenato,
E svenato da te giace il tuo figlio.
Apri l'infausta scena, e fissa un guardo
Su quelle, che pur sono
Trofeo di tua barbarie, orride piaghe,
Se poi tarda pietà ti chiama ai baci,
Baciale pur, ma con qual legge, or senti,
Sul freddo busto esangue
Mano a man, seno a seno, e bocca a bocca
Ti leghino, o crudel, ferree ritorte.
E tal vivi, fin tanto,
Che il cadavere istesso a te dia morte.
Licisco
Sacrilego!
Trasimede
Inumano!
Merope
Che ascolto! aimè! nell'alma
Per qual via non usata entra l'orrore?
Averno non l'avea l'ha Polifonte.
Polifonte
Orsù; già t'apro io stesso
L'apparato letal. Da voi Messeni,
Sia il mio cenno ubbidito,
Mira. Epitide è quelle . . . ahi son tradito.

(Al cenno di Polifonte si aprono le cortine, e si vede il resto del Salone reale.)

Scena ultima

Epitide, Argia, Anassandro, e detti, Seguito di Messenì, e di Soldati.
Epitide
Si Epitide son'io.
Merope
De Figlio?
Epitide
(A Merope)
Or non è tempo.
(A Polifonte)
Sono tuo Re, tuo punitor, tua pena.
Questi de' tuoi misfatti
(Accennando Anassandro.)
E' il tuo testimon. Lo raffiguri?
Polifonte
O stelle?
Vive Anassandro ancor.
Anassandro
Vivo, e spergiuro
Per tuo rossor, per tuo tormento, o iniquo.
Polifonte
Trasìmede, Messeni, all'armi, all'armi.
Al vostro Rè s'insulta; ira, ed inganno
S'armano a' danni miei.
Tutti
Mori o tiranno.
Polifonte
Mori? Chi mi difende
Argia
O traditor.
Polifonte
Soccorso.
Trasimede
O scellerato.
Polifonte
Pietade.
Merope
Di Cresfonte l'avesti, e de miei figli?
Polifonte
Gli uccisi è ver, pietade.
Epitide
L'avrai, ma sol da morte. Entro il più chiuso
Della Reggia sia tratto, e là s'uccida.
Polifonte
Crudel, se così giusta è tua vendetta,
Perche qui non l'adempi?
Epitide
Ove il Padre uccidesti, ove i Germani
Tu dei morir. Più orribile a tuoi sguardi,
Dove peccasti, apparirà la morte.
Polifonte
Andiam. Con qualche pace
Morrò da voi lontano.
Felice me se meco
Trarr'io potessi al baratro profondo
Merope, Epitide, la Messenia, e'l Mondo.
(Parte.)
Merope
Vada con le sue furie. Impaziente
Già corro ad abbracciarti.
O figlio?
Epitide
O Madre!
A due
O gioja, o amore, o vita?
Merope
Qual Dio ti preservò? chi a me ti rese?
Epitide
Licisco fu. La morte egli sospese,
Che Trasìmede a me vibrava iu seno.
Licisco
D'Anassandro il rimorso
Tu la commun salvezza.
Merope
Perche a me lo tacesti?
Trasimede
E potea dirlo
Presente il suo tiranno?
Anassandro
Or che gran parte
Riparai di que' mali, onde son reo,
Supplice a piedi tuoi chiedo la morte.
Epitide
L'esilio ti punisca, e ti perdono.
Trasimede a te devo
E vita, e Scettro: a te, mia sposa, il core,
A te madre, quant'hò, cor, scettro, e vita.
Argia
O Sposo!
Merope
O figlio!
Trasimede
O generoso.
Licisco
O degno.
Merope
Tal da due Mostri è per te salvo il Regno.
Coro
Dopo l'orribile
Fiero timor,
Di pace, e giubilo
S'empia ogni cor.

Vinto è l'orgoglio,
Spento il terror.
Ove ha la gloria
Fede, e valor.

Dopo ecc.

Fine del Dramma.


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 6 maggio 2022