Serenissima Altezza,
Senza il Nome veneratissimo dell'Altezza Vostra Serenissima non occorrerebbe il pretendere
d'ammaestrare il Mondo nella virtù con magnificenza, e diletto, che è l'oggetto lodevole
degli Eroici Teatri de' nostri tempi; e, senza l'ossequiosa fiduzia d'uno sguardo di Lei
clementissimo, vano sarebbe lo sperare il pubblico gradimento. Siano pur dunque, quant'esser
si vogliano ammirabili nel Drama presente la Poesia, la Pompa, e l'Industria dell'Arti più
belle, che vi concorrono per secondare ìa mente di ssggie, nobili, e grandi Idee, che sempre
nulla saranno e al paragone dell'alto Lei Nome, che ingrandisce la nostra mente, e dell'Eccelsa,
e Magnifica Lei Protezione, che da tutto il moto a i nostri Pensieri. Degnisi dunque la
Sovrana Clemenza dell' A. V. S. di accogliere a' di Lei piedi l'umiltà del nostro Spirito;
acciò apparisca a quanti Forestieri concorreranno alla Fiera, ed al Drama, qual sia l'Augusta,
feconda, e ricca Sorgente d'ogni nostra felicità, e per quanti titoli possano tutti i di Lei
Sudditi gloriarsi, come noi, profondamente inchinandoci, ci gloriamo nell'essere
Di V. A. S.
Umliss. Devotiss. et Ossequiosiss.
Servidori, e Sudditi
Gl'Impresarj.
Cosroe II Re di Persia, trasportato da soverchia tenerezza per Medarse suo minor figliuolo, giovane di fallaci costumi, volle associarlo alla corona, defraudandone ingiustamente Siroe suo Primogenito, Principe valoroso, ed intolerante, il quale fù vendicato di questo torto dal Popolo, e dalle squadre che infinitamente l'amavano, e si sollevarono a suo favore.
Cosroe, nel dilatar con l'armi ì confini del Dominio Persiano si era tanto inoltrato con le sue conquiste verso l'Oriente, che avea tolto ad Asbite Re di Cambaja il Regno, e la vita. Nè dalla licenza de' Vincitori avea potuto salvarsi alcuno della regia Famiglia, fuori che la Principessa Emira, figlia del sudetto Asbite; la quale, dopo aver lungamente peregrinato, persuasa al fine non meno dall'amore, che avea già concepito antecedentemente per Siroe, che dal desiderio di vendicar la morte del proprio Padre, si ridusse nella Corte di Cosroe in abito virile col nome d1 Idaspe; dove, dissimulando fsempre l'odio suo, incognita a cisacuno, fuori che a Siroe, ed introdotta da lui medesimo, seppe tanto avvanzarsi nella grazia di Cosroe, che divenne il di lui più amato Confidente. Sopra questi fondamenti, tratti in parte dagli Scrittori della Storia Bizantina, ed in parte verisimilmente ideati, si ravvolgono gli avvenimenti del Drama.
Le parole Numi, fato ecc. non hanno cosa alcuna di Comune cogl'interni sentimenti dell'Autore, che si profeta vero Cattolico.
La Scena è nella Città di Seleucia.