Sonata in sol minore per musette, viella, flauto, oboe e continuo, op. 13 n. 6, RV 58


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Vivace
  2. Alla breve
  3. Largo
  4. Allegro ma non presto
Organico: musette, viella, flauto, oboe (o violino), basso continuo
Composizione: 1737 circa
Edizione: Ricordi, Milano, 1968

Attribuzione errata, composizione di Nicolas Chédeville
Spostata a Anh 95
Guida all'ascolto (nota 1)

II Pastor Fido - Sonates, pour la Musette, Viele, Flute, Hautbois, Violon avec la Basse Continue Del Sigr Antonio Vivaldi Opera XlIIe: con questo titolo l'editore parigino Boivin pubblicava intorno al 1737 la prima raccolta di Sonate vivaldiane che uscisse a stampa dopo oltre vent'anni. Se le prime due opere di Vivaldi erano state delle raccolte di Sonate, quelle dell'op. I (Venezia, 1705) e dell'op. II (ivi, 1709, poi ripubblicate ad Amsterdam nel 1712-13), in seguito il compositore aveva preferito affidare la diffusione internazionale della sua opera al capitolo maggiore della sua creatività, i Concerti: e nel 1716 le Sonate per uno o due violini e basso erano uscite come Opera Quinta, O Vero Parte Seconda del Opera Seconda. Con l'op. XIII, si avviava alla conclusione la fortuna straordinaria di cui Vivaldi aveva goduto anche sul piano editoriale (saggiamente amministrata, anche, con un oculato dosaggio e un'attenta scelta delle musiche da dare alle stampe): dopo questo volume, non ci sarebbe stato altro, se non un'opera dubbia come le sei Sonate per violoncello e basso edite alla vigilia dell'oscura scomparsa di Vivaldi dallo stesso Boivin, oggi considerate la quattordicesima opera a stampa del Veneziano. Vivaldi era allora al culmine della gloria e del prestigio: una condizione che però non necessariamente implicava che egli si trovasse all'apogeo della propria creatività; che anzi un sottile e inarrestabile decadimento - interrotto, certo, da bagliori di genialità assoluta, da impennate vigorose della fantasia - segna il divenire della produzione vivaldiana all'indomani di quell'op. III (i dodici Concerti dell'Estro armonico) che rivelò all'Europa uno dei più prodigiosi creatori di musica di quel tempo. Una fecondità frenetica, dettata più da una risorsa pericolosissima come l'estrema facilità a comporre, annebbia sempre di più la fisionomia dell'opera vivaldiana, facendo via via più raro il manifestarsi dell'originalità e della fantasia, dell'«Estro», dell'«Invenzione»; sì che dell'ultimo Vivaldi si è giunti addirittura a parlare come di un «genio degradato». Con queste ipoteche, cui va aggiunta quella di appartenere a un genere tutto sommato marginale al filone principe dell'arte di Vivaldi, le sei Sonate del Pastor fido restano un documento validissimo di inventiva strumentale e di autentica ispirazione. Il titolo apposto alla raccolta intende sottolinearne il particolare assunto poetico, non sempre rigidamente rispecchiato nell'effettiva realizzazione delle singole composizioni, ma comunque implicito nella stessa destinazione strumentale, che prevede in alternativa al violino strumenti dai connotati tradizionalmente pastorali come il flauto e l'oboe o l'ormai disusata musette, in alternativa al violino (peraltro lo sviluppo meccanico degli strumenti a fiato, e di conseguenza la loro tecnica esecutiva, non era ancora tale da renderli effettivamente concorrenti sul piano virtuosistico rispetto al violino, che deve quindi esser considerato come il meno probabile fra i potenziali destinatari di queste Sonate), o alla antica vielle. La sesta e ultima Sonata della raccolta presenta caratteri comuni alle altre. È articolata nei quattro movimenti canonici della Sonata da chiesa di tipo corelliano, con un prevalere dei tempi veloci (tre anziché due come di consueto), a sottolineare il contrasto con quello lento, luogo privilegiato dell'espressione di uno spleen tipicamente veneziano.

Daniele Spini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 15 novembre 1980


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Ultimo aggiornamento 10 novembre 2017