Meno contrappuntistico e meno posato, ma più estroso, virtuosistico e colorato di Emanuel Bach è Antonio Vivaldi nella Sonata in sol maggiore per due violini RV 71, presumibilmente scritta tra il 1720 e il 1730 e conservata insieme ad altre tre Sonate dello stesso genere in un manoscritto del Fondo Giordano della Biblioteca Nazionale di Torino. Si tratta d'un vero Duetto perché, sebbene Vivaldi abbia scritto anche la linea del basso, una precisa indicazione sul manoscritto afferma che la sua esecuzione è facoltativa: dunque questa Sonata è un precoce tentativo di emanciparsi dal vincolo del basso continuo.
Rompendo con l'esempio di Arcangelo Corelli, mantenuto vivo in Italia da Benedetto Marcello e Tommaso Albinoni e all'estero da altri grandi compositori come Georg Friedrich Händel, Vivaldi divide la Sonata in tre movimenti, come i suoi Concerti: un'affinità stilistica confermata dal fatto che il secondo e il terzo movimento furono rielaborati dal compositore veneziano nel Concerto per due violini e orchestra d'archi RV516. Ma a rendere questa Sonata inconfondibilmente vivaldiana è soprattutto il modo con cui viene sfruttato al massimo il potenziale virtuosistico, coloristico ed espressivo del violino. Nei due Allegro sono impiegati ampi salti, doppie e triple corde, contrasti di piano e forte, di legato e staccato, ornamentazione virtuosistica; il Larghetto invece è raccolto e severo, memore dell'esempio di Corelli, ma i coloriti armonici e gli abbellimenti in funzione espressiva gli conferiscono modi più moderni e sensibili.
Mauro Mariani