Concerto in mi bemolle maggiore per violino, archi e basso continuo "La tempesta di mare", op. 8 n. 5, RV 253


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Presto (mi bemolle maggiore)
  2. Largo (mi bemolle maggiore)
  3. Presto (mi bemolle maggiore)
Organico: violino solista, archi, basso continuo
Composizione: 1725
Edizione: Michel-Charles Le Cène, Amsterdam, 1727
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Se è indubbio che la straordinaria e imperitura fortuna della raccolta de Il Cimento dell'Armonia e dell'Inventione sia dovuta in maniera determinante alla presenza al suo interno dei celebri Concerti de "Le Stagioni", è altrettanto vero che l'intera Opera Ottava costituisce un'importante pietra miliare nella carriera di Vivaldi, rappresentando il conseguimento della sua piena maturità nel campo della scrittura concertistica.

Apparsa ad Amsterdam presso il grande editore Le Cene, nel 1725, la raccolta è dedicata al conte Wenzel von Morzin, un cugino del futuro patron di Haydn, di cui Vivaldi era maestro dei Concerti "in Italia" (probabilmente quindi con il solo compito di inviare occasionalmente al conte dei nuovi lavori).

I dodici Concerti sono divisi equamente in due volumi: nel primo, oltre le già citate quattro "stagioni" compaiono La tempesta di mare (n. 5) e Il piacere (n. 6); nel secondo invece troviamo 5 Concerti senza titolo e La caccia (n. 10).

Come si può notare quindi il primo volume ha un chiaro aspetto unitario che nasce dall'impiego esclusivo di Concerti caratterizzati da titoli; è lecito supporre che il veneziano strizzasse l'occhio anche all'immagine commerciale confidando sulla maggiore vendibilità delle musiche "a programma". E non è un caso che qualche anno prima, il critico musicale Francois Raguenet, così elogiasse il cimento degli "italiani" in questo genere: "Se bisogna fare una Sinfonia che esprima la Tempesta e il furore, essi [gli italiani] ne imprimono cosi bene il carattere, che spesso la realtà non agisce con altrettanta forza sull'animo; tutto è così vivo, cosi acuto e penetrante, così pieno d'impeto, cosi sconvolgente che l'immaginazione, i sensi, l'anima, il corpo stesso sono trascinati in un unico slancio; si è risucchiati senza possibilità di scampo dalla rapidità di questi movimenti; una Sinfonia di furie agita l'anima, la sconvolge e la scuote nel profondo; il suonatore di violino che l'esegue non può impedirsi di esserne travolto e preso da un furore, tormenta il suo violino, il suo corpo, non è più padrone di se stesso, si agita come un posseduto e non saprebbe fare altrimenti" [Parallèle des Italiens et des Francais en ce qui regarde la musique, Paris, 1702].

La descrizione sembra calzare a pennello al lavoro vivaldiano: il Concerto si apre in un turbinio di note che si avvicendano in "crescendo" vorticosi e illusori "diminuendo". Contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare, Vivaldi non sceglie una tonalità minore per la descrizione dell'evento "drammatico" ma lo affida all'impegnativo e pragmatico mi bemolle maggiore: come a dire una tempesta che, più che per le sue conseguenze sugli uomini, viene vista nella sua stupefacente esplosione di elementi naturali. Lo slesso gusto che si ritrova nei quadri veneti di tempeste di Peter Mulier detto "Cavalier Tempesta" prima e di Marco Ricci e Antonio Marini poi.

Il primo tempo si conclude sulla dominante "invitando" in questo modo il secondo a subentrare immediatamente. Il Largo si presta ad essere identificabile come una sorta di bonaccia momentanea ("Navicella in calma" titola il compositore bolognese Lorenzo Gaetano Zavateri un movimento analogo nel suo Concerto a Tempesta di mare del 1735); potremmo sostanzialmente immaginarci una prospettiva scenica con un personaggio naufrago in primo piano - il violino principale, e lo sciabordio lento delle onde affidato agli archi che accompagnano.

Anche questo movimento, evitando una decisa conclusione cadenzale, "invita" a sua volta il finale: un Presto altalenante fra gli echi della movimentata burrasca e il lento ristabilirsi dell'equilibrio fra cielo e terra.

Laura Pietrantoni

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Vivaldi ha scritto un'altra «Tempesta di mare», oltre a questa: è il primo Concerto dell'opera X, che ne ricalca grosso modo lo schema, pur non raggiungendo una eguale felicità e ricchezza di idee. Anche qui l'intenzione descrittiva annunciata dal titolo si manifesta chiaramente soltanto nel primo tempo. Ci sono le consuete onomatopee: il vento e l'agitarsi del mare sono riprodotti, per esempio, dai tremoli degli archi. Ovviamente, il potenziale fonico dell'organico strumentale vivaldiano non è quello dell'orchestra dei poemi sinfonici di Strauss: sta alla bravura e all'arguzia degli esecutori trarne il massimo partito. Il primo movimento è, come prevedibile, «agitato»: ancora una volta esso si interrompe come d'improvviso, sottolineando il contrasto con la distensione del secondo tempo.

Daniele Spini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 6 maggio 2006
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 26 giugno 1978


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Ultimo aggiornamento 27 gennaio 2019