Trio in sol minore per violino, liuto e basso continuo, RV 85


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Andante molto (sol minore)
  2. Larghetto (sol minore)
  3. Allegro (sol minore)
Organico: violino, liuto, basso continuo
Composizione: 1730 - 1731
Edizione: Ricordi, Milano, 1949
Dedica: al conte Johann Joseph Wrtby
Guida all'ascolto (nota 1)

Vittima di pregiudizi, di interpretazioni storiche fuorviarti, di pittoresche collocazioni esotiche, la musica per liuto di Antonio Vivaldi rimane ad oggi quasi un oggetto misterioso nell'ambito della produzione del Prete Rosso. Essa merita al contrario attenzione per la qualità che esprime e per annoverare almeno un capolavoro nel proprio ambito, il doppio concerto per viola d'amore e liuto RV 540. Le circostanze che spinsero Vivaldi a occuparsi del liuto, per quanto ne sappiamo, sono da ricercare particolarmente nella straordinaria paletta timbrica che il compositore aveva a disposizione alla Pietà e in una probabile richiesta specifica che gli fu rivolta dal conte boemo Johann Joseph von Wrtby. Il liuto, termine che nell'Italia settecentesca indica l'arciliuto o il liuto attiorbato, fu utilizzato da Vivaldi anche in veste di strumento realizzatore del basso continuo - si veda il secondo movimento del Concerto per la solennità di S. Lorenzo RV 556 - o, nel caso della tiorba, per particolari effetti timbrici, come all'interno dell'oratorio Juditha Triumphans. Si noti che lo strumento in Italia non era in una fase di declino inarrestabile, come sovente viene detto e scritto: lo si trova indicato come obbligato in partiture di opere o oratori di compositori come Alessandro Scarlatti, Pergolesi, Feo. Nei paesi di lingua tedesca il liuto viveva addirittura una fase di grande espansione e fortuna, Hãndel, Hasse, Bach, Heinichen, Fasch se ne interessarono in modo approfondito, mentre uno dei più grandi virtuosi del secolo dì quelle terre fu proprio un liutista, Sylvius Leopold Weiss.

I due trii per liuto, violino e basso continuo RV 82 e RV 85 e il Concerto RV 93 sono figli probabilmente di un viaggio effettuato da Vivaldi nel 1730-31 a Praga. Qui il Prete Rosso entrò in contatto, come detto, con il conte von Wrtby, che con grande probabilità era anche liutista, oltre che conoscitore d'opera e grande appassionato di musica, tanto da mantenere presso la propria magione un insieme di musici stipendiati. I trii recano esplicitamente nell'intestazione la dedica al nobiluomo e recano una numerazione progressiva, essendo classificati come secondo e terzo (o quinto); il che fa pensare a una serie di trii, forse sei, ora in parte dispersi. Le tre composizioni del periodo boemo sono oggi conservate presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino in copia autografa. L'acume compositivo e la curiosità vivaldiana si incontrarono a Praga con una tradizione liutistica di altissimo livello, che aveva espresso figure di grande spessore, come il conte Losy, e che poteva ritenersi all'avanguardia in Europa. Tutto sommato erano passati pochi anni dalla discesa in quelle terre di Sylvius Leopold Weiss, che nel 1723 aveva avuto modo di incontrare laggiù un altro grande italiano, Tartini. Vivaldi dà prova di conoscere questa tradizione, fors'anche semplicemente ascoltando le accademie che si tenevano presso le abitazioni nobiliari, come ci rivela il modo in cui è trattato il liuto, particolarmente nei trii. In queste composizioni la scelta timbrica del Prete Rosso è infatti fondata sulla sostanziale unità espressa dalla linea melodica del liuto e del violino. Lo strumento a pizzico è trattato quasi esclusivamente in modo monodico ed è raddoppiato dal dettato dello strumento ad arco a una ottava superiore, mentre il basso non svolge un ruolo concertante ma di supporto armonico. Tutto ciò corrisponde con parte della letteratura che conosciamo per liuto e violino della fine del '600 e degli inizi del '700 di origine viennese, ma sicuramente conosciuta anche a Praga, come testimoniano i lavori di Hinterleithner, von Radolt e Weichenberger. L'aspetto formale è ovviamente legato allo stile tardo di Vivaldi: tutti i movimenti sono in forma binaria con ripresa tematica nella seconda sezione, mentre le indicazioni agogiche denotano una certa precisione, come ad esempio l'Andante molto del Trio RV 85.

Il Trio in sol minore RV 85 presenta una struttura assai semplice. I movimenti si presentano in forma binaria con ripresa tematica, mentre liuto e violino procedono quasi sempre esprimendo la medesima linea melodica, sia pur alla distanza di un'ottava. Ma vediamone però anche le particolarità, non secondarie. L'Andante molto d'apertura esemplifica in avvio quanto appena detto, ma giunti in prossimità del cuore della sezione Vivaldi distingue la linea del liuto assegnandole una sequenza di terzine che vanno quasi a configurare un piccolo solo. Il medesimo procedimento può essere osservato nella seconda sezione, dove al liuto viene affidato un arpeggio appena prima della ripresa tematica della prima sezione. Il Larghetto centrale è una delicatissima pagina anch'essa in forma binaria, caratterizzata da patetiche appoggiature e conclusa da una petite reprise richiesta dallo stesso Vivaldi. L'Allegro finale è una concitata pagina in forma binaria dal tema principale spigliatamente ritmico, all'interno della quale gli strumenti procedono quasi costantemente appaiati nell'intonazione melodica.

Franco Pavan


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 156 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 6 febbraio 2017