Concerto per clarinetto e orchestra n. 2 in mi bemolle maggiore, op. 74, J. 118


Musica: Carl Maria von Weber (1786 - 1826)
  1. Allegro (mi bemolle maggiore)
  2. Andante con moto (sol minore)
  3. Alla polacca (mi bemolle maggiore)
Organico: clarinetto solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Monaco, luglio 1811 - Starnberg, 17 luglio 1811
Prima esecuzione: Monaco, 25 novembre 1811
Edizione: Schlesinger, Berlino, 1823
Dedica: composto per Heinrich Baermann
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Nella brillante e risoluta esposizione dell'Allegro Weber utlizza un procedimento differente rispetto a quello del Concerto n. 1, nel quale aveva affidato a orchestra e solista due differenti motivi nel primo gruppo tematico, per poi lasciare il secondo tema unicamente al clarinetto. Qui invece l'orchestra espone sia il primo che il secondo tema, quest'ultimo però ancora nella tonalità di impianto. Dopo una piccola coda con cui si completa l'Esposizione orchestrale, il solista si presenta con uno salto discendente di tre ottave, quasi a voler dimostrare l'ampiezza di registro dello strumento. In questa riesposizione dopo il primo tema, al quale si aggiunge un tema secondario ricavato dal primo episodio di transizione, troviamo un nuovo spunto tematico, con riferimenti al primo tema, che costituisce l'episodio di transizione al secondo tema, il quale viene a sua volta riesposto, ma nella tonalità di dominante. Si può notare come, seppure con procedimenti diversi in entrambi i concerti, Weber riservi unicamente al solista il compito di delineare quel contrasto tonale dei due terni che costituisce il caposaldo della «forma-sonata». Lo Sviluppo, introdotto da un breve stacco modulante a una sola voce dell'orchestra, è sostanzialmente costituito da un nuovo soggetto tematico al termine dol quale ritroviamo l'arpeggio ascendente già ascoltato, qui lungamente reiterato per preparare la Ripresa. Quest'ultima inizia in maniera piuttosto concisa, tanto che del primo tema viene riproposto solo lo stacco iniziale con cui il solista aveva fatto il suo ingresso nell'Esposizione e frammenti della coda orchestrale, per poi passare rapidamente al secondo tema nella tonalità di impianto, esposto sia dal clarinetto che dai legni con accompagnamento «pizzicato» degli archi. La conclusione virtuosistica del solista e una breve coda orchestrale completano infine il movimento.

Due suggestive battute di arpeggi «pizzicati» dei violoncelli introducono la melanconica melodia iniziale della Romanza che si conclude con un lento fluttuare cromatico dell'armonia. La mestizia iniziale si stempera in un sereno e affettuoso intermezzo orchestrale, nella tonalità maggiore del primo tema (sol maggiore), mosso in successione dagli archi e dai legni. Dopo che il solista ha presentato un secondo soggetto melodico in modo minore affine per carattere al primo, ritorna nuovamente l'intermezzo orchestrale in sol maggiore. Vi è quindi un terzo episodio solistico, in mi bemolle maggiore, costituito da un libero dispiegarsi di scale, trilli e ampi salti melodici, sopra uno statico tappeto armonico dell'orchestra. Un breve ma deciso stacco orchestrale introduce l'ultimo episodio solistico, un Recitativo ad libitum (come indicato in partitura) caratterizzato dal libero fluire del solista, sottolineato da brevi, e a volte incalzanti, punteggiature orchestrali. La ripresa del tema iniziale viene utilizzata come episodio finale del movimento, che si chiude sugli stessi arpeggi «pizzicati» dei violoncelli con i quali si era aperto.

Il concerto si chiude con un brillante movimento Alla polacca in 3/4, per il quale Weber utilizza la forma di rondò, come nell'ultimo movimento del Concerto op. 73, ma, rispetto a quest'ultimo, con uno schema formale meno rigido e una maggior creatività compositiva. Il tema principale esposto dal solista è un incalzante motivo in tempo di 3/4 di forma A A' B A", ricco di note sincopate e spostamenti di accenti, al quale fa seguito la risposta dell'orchestra; compare poi un nuovo elemento tematico cantabile, fino a che, improvvisamente, il solista riprende l'incedere vivace e sbarazzino dell'inizio, fatto di ritmi puntati e note staccate. Quindi, dopo alcune anticipazioni, ritorna il tema principale che, a partire dalla sua seconda parte (B) sviluppa ora una sezione modulante, con la quale viene preparato l'arrivo di un nuovo tema, esposto dal clarinetto nella tonalità di do maggiore. Dopo esser stato riesposto dall'orchestra, il nuovo tema passa ai flauti trasposto in modo minore, mentre il solista si sovrappone a essi con una fitta fioritura di arpeggi. Dopo un nuovo e contrastante episodio dai toni sereni e pacati, Weber inserisce una falsa ripresa del tema, riproposto in una tonalità lontana, per poi passare a una ripresa vera e propria nella tonalità originale. Dopo una riesposizione orchestrale del tema stesso, il concerto si conclude con la tradizionale galoppata virtuosistica del solista, lungo la quale oboi e violoncelli si sovrappongono al clarinetto con una citazione del tema, mentre un frenetico movimento terzinato dei violini porta alla cadenza finale.

Carlo Franceschi de Marchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Weber è considerato, a giudizio unanime, il creatore dell'opera nazionale tedesca, che aveva mosso i primi passi con Mozart e Beethoven e si era imposta con caratteristiche più precise e specifiche con Hoffmann e Spohr, secondo una linea diversa da quella indicata dal teatro lirico francese e italiano, maggiormente sensibile alla tradizionale divisione del melodramma in "pezzi", con arie, duetti e concertati. Per Weber l'opera teatrale doveva essere un tutto unico in cui la musica, il testo poetico, la scenografia e la regia contribuivano a realizzare l'opera d'arte totale, che ebbe in Wagner il suo cultore e seguace più acceso e radicale. Weber si battè vivacemente e con toni a volte polemici con gli scritti e con la musica per dare una fisionomia e una personalità ben distinta nel contenuto e nella forma all'arte tedesca, assorbendo i principii e le idee della scuola letteraria e filosofica promossa e divulgata in Germania da Herder, Kant e Schelling. Si può dire che la prima rappresentazione del Franco cacciatore (Der Freischütz), avvenuta con enorme successo di pubblico il 18 giugno 1821 al Teatro Schauspielhaus di Berlino, segni la nascita dell'opera tedesca romantica, aperta alle sollecitazioni del fantastico e del popolaresco, in un contesto orchestrale di straordinaria magìa timbrica e di felice equilibrio tra invenzione melodica e slancio ritmico. È vero che nel caso del Franco cacciatore permangono certi richiami al vecchio Singspiel, nell'alternanza tra musica e prosa parlata, ma quello che conta è lo spirito nuovo che anima e coinvolge tutta l'opera, specie per le qualità della musica, vibrante di energia e di senso drammatico soprattutto nelle pagine corali e nei passsaggi strumentali, a cominciare dalla travolgente e possente ouverture. Anche nell'Euryanthe, di due anni posteriore al Franco cacciatore, Weber contribuisce ad allargare il discorso sull'opera tedesca, accettando i recitativi cantati al posto dei parlati e approfondendo la funzione del declamato e la tipicizzazione dei personaggi con una ricerca pertinente del colore orchestrale, come ad esempio nell'impiego degli strumenti a fiato, specialmente del corno e del clarinetto. Forse nell'Euryanthe, più che nel Franco cacciatore e nell'Oberon (è del 1826), in cui c'è un ritorno al Singspiel e allo spettacolo decorativo e scenografico, pur tra momenti di altissima poesia musicale, si capisce come Weber sia il precursore designato di Wagner, non solo per l'aspirazione all'opera d'arte totale, in cui si fondono musica, testo e regìa, ma per la presenza nel tessuto sinfonico di quei "temi di reminiscenza" che non sono altro che una premessa del Leit-motiv, in una concezione estetico-drammaturgica più sistematica e razionale, quale fu certamente quella wagneriana.

Ciò non significa però che tutto Weber sia nel teatro e le sue composizioni sinfoniche, strumentali, da camera e pianistiche presentino scarso interesse sotto il profilo tecnico ed espressivo. Al contrario. Autore di due sinfonie, di diverse sonate per pianoforte contemporanee alle ultime di Beethoven, di due concerti per pianoforte e di due concerti per clarinetto e orchestra, del brillante e spigliato Konzertstück per pianoforte e orchestra, dei pezzi pianistici Grande Polonaise in mi bemolle op. 21, Rondò brillante in mi bemolle op. 62, Aufforderung zum Tanz op. 65 (il famosissimo Invito alla danza orchestrato da Berlioz), della Polonaise brillante in mi op. 72, di numerose variazioni su temi propri e altrui (di Vogler, di Méhul e altri), di varie sonate per violino e pianoforte e di brani per fagotto, corno, violoncello e per piccoli complessi, come il trio, il quartetto e il quintetto, Weber dimostra la sua vivacità creativa e la sua inquieta natura romantica, nel contesto di una vita abbastanza movimentata e disordinata. Egli visse soltanto trentanove anni: nacque il 18 novembre 1786 a Eutin, presso Lubecca, e morì a Londra il 5 giugno 1826, stroncato dalla tubercolosi. La sua passione per la musica, viva anche in alcuni componenti della famiglia Weber cui appartennero Konstanze, moglie di Mozart, e la sorella di lei, Josepha, prima Regina della notte nel Flauto magico, si rivelò prestissimo. Ancora fanciullo accompagnò in un giro artistico nelle città germaniche il padre Franz Anton, musicista autodidatta, temperamento avventuroso e impresario di una compagnia teatrale. Durante una di queste tournées il piccolo Carl Maria iniziò gli studi di pianoforte e di armonia a Hildburghausen sotto la guida di J. P. Heuschkel e nell'inverno 1797-98 frequentò la scuola corale di Salisburgo, diretta da Michael Haydn. Successivamente Carl Maria studiò a Monaco canto e composizione con J. N. Kalcher e J. E. Wallishauser, noto più comunemente con il cognome di Valesi. Fu soprattutto però a Vienna che il nostro musicista potè completare i suoi studi di composizione con l'abate Georg Joseph Vogler, celebre didatta e claviccmbalista di larga cultura. Nel 1804 egli trovò lavoro come direttore di orchestra a Breslavia; vi rimase due anni, molto proficui ai fini della conoscenza della tecnica orchestrale. Nel 1806 si stabilì a Karlsruhe in qualità di intendente musicale del duca Eugenio del Württemberg e nel 1807 si trasferì a Stoccarda e divenne segretario di Luigi del Württemberg, scrivendo parecchie composizioni e rimanendo coinvolto in alcune pericolose operazioni finanziarie, che due volte gli procurarono l'arresto per truffa. In quegli anni Weber cominciò a svolgere una frenetica attività di pianista, che lo portò nei più importanti centri della Germania: da Darmstadt a Francoforte, da Dresda a Lipsia, a Weimar, dove conobbe Goethe, e a Berlino. Nel 1813 divenne direttore dell'Opera Nazionale di Praga, cui si dedicò con molta passione, mettendo in scena ben diciotto melodrammi, tra cui una edizione del Fidelio beethoveniano, citata ed elogiata in diverse storie della musica per il suo splendore vocale e strumentale. In questa città e poi nel 1816 a Dresda, dove occupò il posto di direttore del Teatro dell'Opera, Weber fu al centro di vivaci vicende sentimentali, fino al suo matrimonio con la cantante Carolina Brandt, che in più di un'occasione entrò in lite con le ammiratrici del marito. A Dresda Weber ebbe diversi scontri con i sostenitori dell'opera italiana, il cui teatro era diretto dal perugino Francesco Morlacchi. Dal 1820 al 1823 furono gli anni di maggiore risonanza e prestigio per il compositore, dopo la messa in scena in vari teatri tedeschi del Freischütz e dell'Euryanthe, le quali, insieme all'Oberon, rappresentato al Covent Garden di Londra il 12 marzo 1826, formano la trilogia operistica popolare di un artista che fu di esempio ai più illustri rappresentanti del dramma musicale ottocentesco.

Le ricerche nel campo della sonorità timbrica furono perseguite con particolare attenzione da Weber e contribuirono ad arricchire e rinnovare la sua orchestra. Questo amore per la varietà timbrica spinse il musicista a scrivere pagine per ogni tipo di combinazione strumentale, in cui spiccano il Concertino in do minore per clarinetto e i due Concerti per clarinetto e orchestra, dedicati allo stesso clarinettista Baermann, che li eseguì con successo a Monaco nel 1811. Per maggiore precisione la prima esecuzione del Concertino ebbe luogo il 5 aprile, mentre il primo Concerto fu presentato il 13 giugno e il secondo Concerto venne suonato il 25 novembre. Il Concerto in mi bemolle maggiore si articola secondo la forma-sonata e nei tre tempi tradizionali. Inizia con il "tutti" dell'orchestra su cui si innesta la voce del clarinetto, che svolge un ruolo predominante, anche virtuosistico e di spigliata eleganza cantabile. Nella Romanza la melodia del clarinetto si snoda con nobiltà di accenti in contrasto con le sonorità orchestrali e ad un certo punto assume un tono di recitativo operistico. Con il suo tema cavalieresco in tempo sincopato la briosa e frizzante Polacca finale si distingue per il suo trascinante spirito danzante, così tipico di tanti movimenti allegri weberiani.


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al numero 118 della rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 26 ottobre 1986


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 17 maggio 2013