Weber è considerato, a giudizio unanime, il creatore dell'opera nazionale tedesca, che aveva mosso i primi passi con Mozart e Beethoven e si era imposta con caratteristiche più precise e specifiche con Hoffmann e Spohr, secondo una linea diversa da quella indicata dal teatro lirico francese e italiano, maggiormente sensibile alla tradizionale divisione del melodramma in "pezzi", con arie, duetti e concertati. Per Weber l'opera teatrale doveva essere un tutto unico in cui la musica, il testo poetico, la scenografia e la regia contribuivano a realizzare l'opera d'arte totale, che ebbe in Wagner il suo cultore e seguace più acceso e radicale. Weber si battè vivacemente e con toni a volte polemici con gli scritti e con la musica per dare una fisionomia e una personalità ben distinta nel contenuto e nella forma all'arte tedesca, assorbendo i principii e le idee della scuola letteraria e filosofica promossa e divulgata in Germania da Herder, Kant e Schelling. Si può dire che la prima rappresentazione del Franco cacciatore (Der Freischütz), avvenuta con enorme successo di pubblico il 18 giugno 1821 al Teatro Schauspielhaus di Berlino, segni la nascita dell'opera tedesca romantica, aperta alle sollecitazioni del fantastico e del popolaresco, in un contesto orchestrale di straordinaria magìa timbrica e di felice equilibrio tra invenzione e slancio ritmico. È vero che nel caso del Freischütz permangono certi richiami al vecchio Singspiel, nell'alternanza tra musica e prosa parlata, ma quello che conta è lo spirito nuovo che anima e coinvolge tutta l'opera, specie per la qualità della musica, vibrante di energia e di senso drammatico soprattutto nelle pagine corali e nei passaggi strumentali, a cominciare dalla travolgente e possente ouverture. Anche nell'Euryanthe, di due anni posteriore al Franco cacciatore, Weber contribuisce ad allargare il discorso sull'opera tedesca, accettando i recitativi cantati al posto dei parlati e approfondendo la funzione del declamato e la tipicizzazione dei personaggi con una ricerca pertinente del colore orchestrale, come ad esempio nell'impiego degli strumenti a fiato, specialmente del corno e del clarinetto. Forse nell'Euryanthe, più che nel Freischütz e nell'Oberon (è del 1826), in cui c'è un ritorno al Singspiel e allo spettacolo decorativo e scenografico, pur tra momenti di altissima poesia musicale, si capisce come Weber sia il precursore designato di Wagner, non solo per l'aspirazione all'opera d'arte totale, in cui si fondono musica, testo e regia, ma per la presenza nel tessuto sinfonico di quei "temi di reminiscenza" che non sono altro che una premessa del Leitmotiv, in una concezione estetico-drammaturgica più sistematica e razionale, quale fu certamente quella wagneriana.
Ciò non significa però che tutto Weber sia nel teatro e le sue composizioni sinfoniche, strumentali, da camera e pianistiche presentino scarso interesse sotto il profilo tecnico ed espressivo. Al contrario. Autore di due sinfonie, di diverse sonate per pianoforte contemporanee alle ultime di Beethoven, di due concerti per pianoforte e di due concerti per clarinetto e orchestra, del brillante e spigliato Konzertstück per pianoforte e orchestra, dei pezzi pianisitici Grande Polonaise in mi bemolle op. 21, Rondò brillante in mi bemolle op. 62, Aufforderung zum Tanz op. 65 (il famosisimo "Invito alla danza" orchestrato da Berlioz), della Polonaise brillante in mi op. 72, di numerose variazioni su temi propri e altrui (di Vogler, di Méhul e altri), di varie sonate per violino e pianoforte e di brani per fagotto, corno, violoncello e per piccoli complessi, come il trio, il quartetto e il quintetto, Weber dimostra la sua vivacità creativa e la sua inquieta natura romantica, nel contesto di una vita abbastanza movimentata e disordinata.
Un esempio della felicità inventiva di Weber è dato dall'Invito alla danza, scritto per pianoforte nel 1819 e considerato una delle pagine più affascinanti del repertorio musicale ottocentesco. Weber ha ricostituito idealmente una scena danzante al ritmo di valzer, che si apre con l'invito del cavaliere alla dama, la quale dapprima è incerta e poi accetta di ballare, tuffandosi lietamente nel vortice del ritmo ternario. Alla fine dopo un tempo vivace e un ritorno, inatteso al tema originario in fortissimo la danza si conclude con un inchino e un ringraziamento da parte del cavaliere. È un pezzo di musica a programma di fresca e geniale intuizione, che ha sempre incontrato la più incondizionata ammirazione del pubblico di ogni continente, specie dopo la brillantissima revisione orchestrale fattane da Berlioz.