Konzertstück in fa minore, op. 79, J. 282


Musica: Carl Maria von Weber (1786 - 1826)
Organico: pianoforte solista, flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, trombone basso, timpani, archi
Composizione: Berlino, 31 maggio - 18 giugno 1821
Prima esecuzione: Berlino, 25 giugno 1821
Edizione: Peters, Lipsia, 1823
Dedica: principessa Maria Augusta di Sassonia
Guida all'ascolto (nota 1)

Weber, contemporaneo di Schubert e di Beethoven, ebbe una particolare predilezione per il teatro, al quale resta principalmente legata la sua fama di musicista romantico e creatore dell'opera nazionale tedesca. Si avverte nella sua musica, sempre sospesa tra realtà e sogno, tra pensiero e fantasia, un senso così suggestivo e profondo della scena, una tendenza alla descrizione e alla rappresentazione, una spiccata preferenza a caratterizzare in modo plastico situazioni e sentimenti, una sensibilità così aperta ad ogni richiamo del paesaggio con i suoi variopinti colori e i misteriosi suoni notturni, che tanto fascino esercitavano sul suo temperamento appassionato e demoniaco. E poi, quel gusto per le marce brillanti, per le danze e i valzer travolgenti, per le scene boscherecce con i corni da caccia rivelano in Weber, anche nella sua opera strumentale e specie in quella per pianoforte, una innata vocazione teatrale su cui sono d'accordo tutti gli studiosi del pensiero musicale tedesco del periodo romantico. Anzi, non manca chi afferma che Weber, pur restando lontano dalla forma del poema sinfonico che si riallaccia meglio alla via indicata dal sinfonismo beethoveniano, abbia manifestato nel suo Konzertstück per pianoforte e orchestra qualche indizio di musica a programma, volendovi l'autore significare i quattro momenti di una rappresentazione idealizzata; la tristezza della sposa per la partenza del crociato, gli alterni abbandoni alla speranza e alla disillusione, i sogni della vittoria e della gloria e infine la gioia del ritorno.

L'op. 79, che insieme al Concerto n. 1 in do maggiore e al Concerto n. 2 in mi bemolle maggiore op. 32 costituisce la produzione weberiana per pianoforte e orchestra, fu scritta nel 1821 dopo l'inimitabile e superbo Freìschütz che stava percorrendo un trionfale cammino nei teatri tedeschi. Ad essere più precisi bisogna dire che fu proprio nel mese di giugno dello stesso anno, durante le applaudite rappresentazioni a Dresda del Freischütz, che l'autore, che era un eccellente pianista, fece conoscere il nuovo pezzo al direttore d'orchestra Julius Benedict, il quale rimase favorevolmente impressionato sia dal virtuosismo brillante della parte solistica come dalla sapiente orchestrazione che utilizza il seguente organico: due flauti, due oboi, due clarinetti, due corni, due trombe, un trombone, i timpani e gli archi.

La composizione, che si articola in quattro movimenti formanti un tutto unico senza soluzione di continuità, si apre con una morbida e malinconica melodia affidata ai legni, che viene poi ripresa e ampliata dall'orchestra, fino a quando non interviene il pianoforte con una frase dal sapore più chopiniano che schumanniano (certamente ante-litteram), con una disposizione d'arpeggi e una successione d'accordi che ritroveremo poi largamente sviluppati nel pianismo romantico.

Vivacissimo e pieno di splendore sonoro il dialogo fra solista e pianoforte che subentra successivamente e rende l'atmosfera più leggera, più frizzante e distesa. Molto più caratteristica e pittoresca la marcia con il suo ritmo festosamente militaresco; il pianoforte rimane quasi in disparte accennando qualche accordo in glissando e ritorna poi ad essere il protagonista scintillante e luminoso del concerto nel Presto finale, un travolgente rondò di tipica fattura weberiana che ricorda l'inconfondibile e vaporoso brio del celebre «Invito al valzer», così carico di eccitante tensione romantica.

Ennio Melchiorre


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 14 febbraio 1971


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Ultimo aggiornamento 13 marzo 2013