Negli anni Cinquanta la musica di Webern ha conosciuto una impetuosa rivalutazione ad opera dei giovani musicisti dell'epoca, soprattutto nei saggi di Pierre Boulez, e in virtù dei riconoscimenti di Stravinsky, al quale si deve la definizione, attribuita al maestro austriaco, di «vero eroe» della contemporaneità. Gli echi di questo entusiasmo, che in parte aveva assunto anche il tono di un indebito confronto con Schoenberg, si sono propagati, a livello di diffusione, anche negli anni Sessanta e nel presente decennio: a quasi trent'anni dalla morte, accidentalmente causata da una fucilata del soldato americano Raymond Norwood Bell (due giorni di cella di rigore fu la punizione per l'errore commesso), la musica di Webern è entrata nel repertorio corrente.
La presenza della vocalità viene generalmente considerata come un segno importante nell'evoluzione della creatività di Webern: nel nostro caso, la Prima Cantata appartiene all'ultima fase, affiancandosi alle altre due cantate, Augenlicht op. 26 (1935) e Seconda Cantata op. 31 (1943, l'ultima composizione), su versi di Hildegard Jone. La scelta dei versi della Jone, di non particolare valore letterario, contrasta con precedenti orientamenti di Webern nei confronti di Georg Trakl e di Stefan George; come ha osservato Boulez, i versi della Jone soddisfecero il musicista «più per il loro misticismo abbastanza ingenuo, per il loro panteismo ottimista, che per le loro qualità propriamente letterarie: si trattava insomma di un Goethe succedaneo». Ed è noto che alla mutazione di un concetto goethiano espresso nel Trattato sui colori si deve la fondamentale concezione weberniana dell'arte come istanza naturale affidata all'uomo, come panteistica attuazione di leggi misticamente considerate necessarie.
In questo senso, è spiegabile l'assunzione del testo nell'organizzazione integrale del linguaggio nella Prima Cantata: mentre da un lato essa appare come un punto d'arrivo dell'esperienza musicale di Webern e della sua estrema tensione selettiva, che una parte della critica vuol considerare lirica, d'altro lato integra il verbo in una sfera musicale estremamente rigorosa, cui l'autore, su un piano generale, attribuiva il valore di fenomenologia necessitata: «tra prodotto naturale e prodotto artistico non esiste una differenza essenziale... quello che noi consideriamo e chiamiamo opera d'arte non è in fondo che un'opera della Natura universale».
L'estrema rarefazione del linguaggio di Webern, presente in questa cantata come nella successiva in maniera emblematica, sembrò nell'immediato dopoguerra un elemento «progressivo» ineliminabile dal corso evolutivo dell'avanguardia musicale; oggi, nel momento in cui il nesso con Webern, e la stessa definizione di postweberniana hanno assunto carattere esclusivamente storico, per non dire cronistico, nei confronti dell'avanguardia stessa, le conclusioni cui era giunto il maestro austriaco appaiono condizionanti, ma non soggette ad una effettiva filiazione: ed in quanto tali, valgono per se stesse nella loro assoluta concentrazione espressiva.
Claudio Casini
I | |
Zündender Lichtblitz des
Lebens schlug ein aus der Wolke des Wortes. Donner, der Herzschlag, folgt nach, bis er in Frieden verrebt. |
Infiammante lampo di luce
della vita rimbalzava dalle nubi della parola. Tuono, il battito del cuore, segue finché si dissolve nella pace. |
II | |
Kleiner Flügel, Ahornsamen, schwebst im Winde! Musst doch in der Erde Dunke] sinken. Aber du wirst auferstehn dem Tage, all dem Düften und der Frühlingszeit; wirst aus Wurzeln in das Helle steigen, bald im Himmel auch verwurzelt sein. Wieder wirst aus dir du kleine Flügel senden, die in sich schon tragen deine ganze schweigend Leben sagende Gestalt. |
Piccola ala, di semi d'acero, fluttui nel vento! Tu devi pure sprofondare nell'oscurità della terra. Ma poi risorgerai di nuovo alla luce del giorno, nel profumo e nell'ora della primavera; dalla terra ascenderai allo splendore, e ben presto anche in cielo getterai le tue radici. Di nuovo metterai fuori piccole ali, tu che già porti in te stessa il tuo Intero, silenziosa vita, forma parlante. |
III | |
Tönen die seligen
Saiten Apolls, wer nennt sie Chariten? Spielt er sein Lied durch den wachsenden Abend, wer denket Apollon? Sind doch im Klange die früheren Namen alle verklungen; sind doch im Worte die schwächeren Worte lange gestorben; und auch die blasseren Bilder zum Siegel des Spektrums geschmolzen. Charts, die Gabe des Höchsten: die Anmut der Gnade erglänzet! Schenkt sich im Dunkel dem werdenden Herzen als Tau der Vollendung. |
Risuonano le argentee corde di Apollo, chi le chiama Cariti? Intona egli il suo canto nella progressiva oscurità della sera, chi pensa ad Apollo? Sono andati dunque morendo nel suono tutti i nomi precedenti; sono dunque da lungo tempo perite nelle parole le parole più deboli; e anche la pallida immagine si è fusa nel sigillo dello spettro. Càrite, il dono del sommo: la leggiadria della grazia brilla! Si dona nell'oscurità al cuore che nasce come rugiada di perfezione. |
(Traduzione di Luigi Bellingardi) |