Movimento di quartetto in re maggiore - minore


Musica: Anton Webern (1883 - 1945)
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: 1905
Edizione: inedito
Guida all'ascolto (nota 1)

Al festival di Seattle, Washington (USA), che ebbe luogo nel 1962 per celebrare la fondazione della Società Intemazionale Webern, furono eseguiti gli inediti giovanili del compositore austriaco (o più precisamente di origine alto atesina, stando all'antico lignaggio familiare, di cui Webern usò il cognome lasciando cadere il von nobiliare nel corso della prima guerra mondiale); il Quartetto del 1905, in quell'occasione, venne ad affiancarsi, segnando il primo anno di studio weberniano sotto la guida di Schoenberg, ai diciannove Lieder del 1899-1908; all'idillio per grande orchestra Im Sommerwind, composto nel 1904, probabilmente nel periodo compreso tra il rifiuto opposto alle lezioni di Pfitzner, a causa della scarsa considerazione di questi per la musica di Mahler, e la scelta dell'insegnamento schoenberghiano; alla ballata per orchestra Jung Siegfrieds Schwert, del 1903; al Langsamer Satz per quartetto d'archi, anch'esso del 1905.

Queste composizioni godono di una singolarmente favorevole circolazione, in ragione della loro accessibilità correlativa all'ostensibile dipendenza da Wolf, da Wagner, da Strauss e, nel clima di un aggiornamento tuttora considerato eversivo, da Mahler e dallo Schoenberg di Verklärte Nacht. Sotto altri aspetti, il loro revival ha modificato l'immagine weberniana, un maestro del silenzio, proposta da Adorno, e ha aggiunto una dimensione al musicista prediletto, in confronto a Schoenberg, dai critici e dai musicisti che collaborarono al numero omaggio della rivista Die Reihe nel 1952, Metzger e Boulez in testa. Se Boulez ha concluso la voce Webern per l'enciclopedia Fasquelle sottolineando che il maestro è «l'inizio della musica nuova; tutti i compositori che non hanno profondamente sentito e compreso l'ineluttabile necessità di Webern sono del tutto inutili», se Metzger ha ricordato i dettami didattici di Schoenberg, sottolineando che la tecnica del Langsmer Satz è perfetta, sovrana, raffinata, non v'è dubbio che alcune caratteristiche degli inediti, al di là della loro conformazione, di calchi della tradizione, sono mutuate dal Webern maturo, aforistico, nel quale si è riconosciuta la generazione musicale del dopoguerra.

«Nessuna aggressività nel corpo sonoro, ma al contrario, tranne casi eccezionali, dolcezza e trasparenza sono le qualità determinanti»; tali caratteristiche ravvisate da Boulez dalla Passacaglia op. 1 ai Quattro pezzi per violino e pianoforte op. 7, possono tranquillamente riflettersi sugli inediti.

Nella recente analisi del Quartetto, Heinz-Klaus Metzger ha tuttavia recuperato qualcosa di più sostanzioso all'attivo di Webern: la priorità, rispetto a Schoenberg, nel raggiungere l'atonalità, ad esempio nelle prime quarantaquattro battute, posta a confronto con la tonalità delle zone circostanti, nel movimento unico di cui consta la composizione: «Dal momento che la rivoluzione atonale della Scuola viennese è stata sino ad ora attribuita a Schoenberg e datata 1908 - finale del secondo Quartetto per archi op. 10 di Schoenberg - si deve riscrivere su questo punto la storia della musica e togliere a Schoenberg la priorità. Oltre a tutto ciò, il Quartetto... è ricco di conquiste ottenute in opere successive: il poco appariscente movimento divergente delle scale nella battuta precedente la cifra 15 della partitura stampata, che schematizza in nuce la struttura della primissima atonalità di Webern - melodicità cromatica combinata ad armonicità per toni interi - divenne il germe per la conclusione del monodramma di Schoenberg Erwartung op. 17 e successivamente per la conclusione della seconda scena sullo stagno nel Wozzeck di Berg. Il materiale motivico-tematico del Quartetto del 1905 è derivato, nella misura in cui vi è riuscita l'unità costruttiva, essenzialmente da una costellazione a tre suoni posta subito all'inizio: sorprendentemente si tratta della stessa costellazione di intervalli che, a distanza di tre decenni, costituì il conseguente principio costruttivo del Concerto op. 24 di Webern».

Predilezione dei successori e priorità sui contemporanei, i due postumi riconoscimenti tributati a Webern, sembrano confermare l'insegnamento weberniano sulla ineluttabilità e necessità dell'opera musicale. Parafrasando Goethe e la sua definizione del colore nella Farbenlehre, «il colore è la natura con le sue leggi in rapporto al senso della vista», il compositore affermava che la musica è la natura con le sue leggi in rapporto al senso dell'udito, e che l'uomo è soltanto il «vaso nel quale viene versato ciò che la natura universale vuole esprimere»: un postulato di illuminazione che fa pensare alla teoria agostiniana della grazia, illustrato, come ogni parabola, dall'episodio di Schoenberg sotto le armi, che rispose alla domanda del graduato se egli fosse il compositore: «Sì, nessuno voleva esserlo, e così ho dovuto decidermi io»; un postulato intorno alla priorità del linguaggio sull'espressione, condiviso da Karl Kraus, e tuttavia tradito da quest'ultimo nell'aforisma sulla musica tanto rampognato da Webern: «La musica bagna le coste del pensiero. Solo chi non ha una terraferma abita nella musica. La melodia più leggera, come la donna più leggera, risvegliano dei pensieri. Chi non ne ha li cerca nella musica e nella donna. La musica nuova è una ragazza che compensa i suoi difetti naturali con un perfetto dominio del sanscrito».


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 1 dicembre 1972


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Ultimo aggiornamento 28 novembre 2014