Sinfonia, op. 21


Musica: Anton Webern (1883 - 1945)
  1. Ruhig schreitend
  2. Variationen: Sehr ruhig
Organico: clarinetto, clarinetto basso, 2 corni, arpa, archi
Composizione: Mödling, 1927 - 27 giugno 1928
Prima esecuzione: New York, 18 dicembre 1929
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1929
Dedica: alla figlia Christine
Guida all'ascolto (nota 1)

L'essenzialità del materiale di partenza, che deve alla sua compiuta astrazione la sua concretissima esistenza, è stata giustamente interpretata come una "traduzione" in musica dei "punti e linee nello spazio" di Kandinskij: un interprete weberniano quale Pierre Boulez preferisce invece sottolineare la vicinanza con le ricerche sulla concentrazione e suddivisione dei piani spaziali visivi di Mondrian. Ma non porterà fuori strada ricercare questa stessa rarefazione e ridefinizione formale, questa nuova concisione necessaria a rifondare il senso della lingua e della sua ancora possibile, non consumata rappresentatività, nel sistema degli aforismi (aphorizo, pongo limiti, definisco, separo) di Karl Kraus. Il feroce viennese prediligeva l'operetta e le parodie di Offenbach, ma fu vicino ai tre maestri della Scuola di Vienna: se Schönberg gli inviò una copia del Manuale di armonia - «Ho imparato da Lei più di quanto si deve se si vuole restare autonomi», scrisse nella dedica - fu Kraus a far conoscere ad Alban Berg la Lulu di Wedekind, a fornire a Webern i testi di quattro Lieder).

Un ordine, un riferimento simbolico, per quanto cogente possa essere, non consente di giustificare un'opera. Il che cosa si dice non coincide mai col come si dice, come cercano di ingannarci gli psicopompi del déjà vu, ignari, sembra, della sentenza, da tempo passata in giudicato, di Fedele d'Amico: «Il principio della costruzione seriale non garantisce nulla, a proposito della qualità di un lavoro». Sotto il come niente, oppure... Sono il ventaglio dei timbri, la diversità degli attacchi, singoli o simultanei, le rifrazioni dei suoni e delle loro intensità, gli specchi, convessi, concavi, obliqui creati dagli incroci degli strumenti, il valore dei silenzi, le intermittenze del respiro, a trasformare un Kern in musica. E che Webern - Bruno Maderna lo spiegava al giovane Nono confrontandolo con Schubert - sia anche un compositore lirico, come può silenziosamente, con tremendo pudore esserlo un viennese post-Grande Guerra, lettore di Joseph Roth oltre che di Kraus, lo fa sentire la Sinfonia op. 21 composta nel 1928 e dedicata alla figlia Cristina. Prevede un organico di clarinetto, clarinetto basso, due corni, arpa, primo e secondo violino, viola e violoncelli.

Il primo movimento, Ruhig schreitend (Procedendo con calma), si presenta come un canone doppio per moto contrario a quattro voci, e la seconda metà - «particolare coerenza interna», annota l'autore - della serie iniziale è, trasposta, la regressione della prima. I timbri, voci degli strumenti, impongono il proprio carattere alla linea della melodia e del contrappunto, in un lavoro che accenna, con supremo dominio della forma, alla conciliazione tra forma sonata e scrittura dodecafonica, tra tensione sinfonica e sua negazione; le espansioni del suono, nate improvvise, rapide si rinchiudono, crisalidi di un istante.

Nel secondo movimento, Variationen, il tema, esposto in undici battute dal clarinetto, sostenuto dai corni e dall'arpa, dà luogo a sette variazioni, prima di una coda. Le indicazioni di tempo variano con incessante motilità, mentre il riferimento alla forma della sinfonia - negato dall'organico e dalla complessiva articolazione dell'opera - si legittima nella costruzione, così coerente e insieme libera, di una tesa emotività che non conduce ad una conclusione, ma si definisce e compie in rigorosa successione di frammenti, senza negarsi il piacere, in lui raro, di un gesto anche grottesco, e presto cancellato. Webern ricorreva volentieri all'immagine di un portacenere (la madeleine, evidentemente, di un ostinato, purtroppo, fumatore di sigari): l'oggetto rimane sempre lo stesso, ma la sua descrizione varia col mutare dei punti di vista. Viaggio segreto e incantato, di rapidi passi e soste, desideri e ricordi, racchiuse felicità, percorso di progressiva intensità lirica, questa Symphonie è la romanza senza parole del più puro tra i "degenerati". Commenta Boulez: «L'opera 21 è figlia di una concezione in cui caratteri seriali, forma classica, rigore preclassico di scrittura, si trovano riuniti in un mélange unico, ponendo le basi di un linguaggio privo di riferimenti precedenti». E se il riferimento poteva essere la Sinfonia da camera op. 9 di Schönberg, Webern avrebbe così inteso rimarcare la propria diversità dal maestro, come risulta evidente anche dall'ascolto del Pierrot lunaìre.

Sandro Cappelletto


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 22 gennaio 1997


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Ultimo aggiornamento 9 ottobre 2014