Lyrische Symphonie, op. 18

per soprano, baritono e orchestra

Musica: Alexander Zemlinsky (1871 - 1942)
Libretto: Rabindranath Tagore
  1. Ich bin friedlos, ich bin durstig nach fernen Dingen - Langsam, Mit ernst-leidenschaftlichem Ausdruck (Adagio con espressione austera e appassionata)
  2. Mutter, der junge Prinz - Lebhaft (Vivace)
  3. Du bist die Abendwolke - Sehr ruhig uncl mit innigem, ernstem Ausdruck, Adagio (Molto calmo e con espressione intima e austera)
  4. Sprich zu mir Geliebter - Langsam, schwebend, sehr ruhig (Adagio, sospeso e molto calmo)
  5. Befrei mich von den Banden deiner Süße, Lieb - Feurig und kraftvoll (Focoso ed energico)
  6. Vollende denn das letzte Lied - Sehr massige Viertel Andante (Quarti molto moderati)
  7. Friede, mein Herz - Molto adagio
Organico: 4 flauti (3 e 4 anche ottavini), 3 oboi (3 anche corno inglese), 3 clarinetti, clarinetto basso, 3 fagotti (3 anche controfagotto), 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, grancassa, tamburo piccolo, tam-tam, piatti, tamburo basco, triangolo, xilofono, armonio, celesta, arpa, archi
Composizione: 2 aprile 1922 - 29 agosto 1923
Prima esecuzione: Praga, 4 giugno 1924
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1923
Guida all'ascolto (nota 1)

Di Alexander Zemlinsky, artista trascurato per molto tempo, e ingiustamente, la Lyrische Symphonie (Sinfonia lirica, composta nel 1923), è rimasto forse il lavoro meno sconosciuto: non fosse altro che per la notorietà indiretta che ad essa è venuta dalla Lyrische-Suite (Suite lirica, 1927) di Alban Berg. La Lyrische-Suite di Berg, che è dedicata appunto a Zemlinsky, non solo porta nel titolo un esplicito omaggio all'altra composizione dell'amico e maestro (che tale era ritenuto Zemlinsky tra i musicisti progressisti di Vienna), ne cita anche un tema assai suggestivo. Alle battute 32-33 e 46-49 dell'Adagio appassionato, IV movimento, Berg inserisce nella parte della viola e poi in quella del secondo violino una frase melodica che compare come motivo principale nel III movimento (ma fugacemente anche altrove) della Lyrische-Symphonie di Zemlinsky: è il patetico sospiro con cui i violini avviano il III movimento e che la voce del baritono ripete con le parole «Du bist mein Eigen, mein Eigen» («Tu m'appartieni») alla fine della prima e della terza strofa (nella seconda la linea del canto è un pò diversa). Molte componenti, biografiche, psicologiche, esistenziali, si innestano nel legame che Berg ha fissato qui tra la sua e la musica di Zemlinsky cioè, non solo il ricordo del soggiorno, nel maggio 1925, di Berg a Praga dove abitava Zemlinsky e dove Berg aveva incontrato Hanna Fuchs-Robetin, ma anche il carattere amoroso e intimo della melodia (innig, Innigkeit sono annotazioni ossessive nella pagina di Zemlinsky, quasi segni per l'ascolto e l'interpretazione) e infine la volontà di dimostrare, con i segreti dell'arte, amicizia fedele e affettuosa ammirazione all'artista più anziano (Zemlinsky, nato nel 1871, era di 14 anni maggiore di Berg: e tra i giovani della nuova arte viennese era un'autorità tecnica riconosciuta, avendo, tra l'altro, dato lezioni perfino a Schönberg). Nel 1926, in una pubblica dichiarazione, Berg aveva posto Zemlinsky dopo Mahler e accanto a Debussy, Reger e Webern, volendo indicare così gli artisti che egli venerava (verehren) come i classici del nostro secolo (Bei Alban Berg. Aus einem Gespräch mit dem Komponisten des Wozzek, in "Das kleine Journal", Berlino 25 gennaio 1926).

Ma la Lyrische Symphonie, che al primo ascolto può apparire divagante e sontuosamente decorativa, dà un'immagine parziale del gusto e delle capacità creative di Zemlinsky, del quale caratteri artistici non secondari erano l'attenzione ai particolari e la sottigliezza compositiva. L'ascolto e la lettura delle partiture più esigenti, più asciutte e raffinatamente controllate, come sono i bei Maeterlinckgesänge op. 13, i Quartetti II op. 15, dedicato a Schönberg, e III op. 19 e l'opera Der Kreidekreis suggerirebbero un ascolto meno diffidente (da parte, almeno, di chi si sente immediatamente ostile al gusto decadente) della fantasmagorica partitura della Lyrische Symphonie, che non è affatto generica nel linguaggio, né eclettica nel gusto (anzi, per un'analisi dell'organizzazione espressiva e delle tecniche formali della Lyrische Symphonie - analisi non completa ma condotta su campioni e, in verità, non del tutto persuasiva - si veda il saggio di P. Fiebig, Zu Alexander Zemlinsky, Lyrischer-Symphonie nella "Neue Zeitschrift für Musik", 1973-134, pp. 147-152: è studiato principalmente il rapporto dinamico tra il principio tematico-espressivo e il principio strumentale-formale in questa musica).

Le idee e la sensibilità di Zemlinsky (come di Schreker) non sono attaccate al passato. In ciò che egli esprime e nei modi dell'espressione ci sono elementi che oggi la scarsa familiarità d'ascolto rende a noi sfocati e dubbi, ma che dovevano essere evidenti a chi tranquillamente annetteva Zemlinsky alla musica progressiva; e il rapporto con Schönberg, con Webern, con Krenek, soprattutto con Berg, a parte i consueti malintesi e contrasti, era di intesa e di collaborazione (tra Zemlinsky e Schönberg, c'era anche una parentela, perché la prima moglie di Schönberg, Mathilde, era la sorella di Zemlinsky). Rispetto alla problematicità, al rigore, all'energia innovativa dei capolavori dell'espressionismo, le opere come la Lyrische Symphonie, protese al nuovo ma assai meno capaci di originalità e di concentrazione, ci presentano il momento di transizione o la fase di mediazione non reazionaria tra decadentismo e radicalismo (inoltre, che nei primi decenni del secolo le capacità di ascolto e di comune comprensione si allargassero da Verklärte Nacht a Erwartung, da Salome a Wozzek, questo ci è oggi chiaro grazie alla musica di Zemlinsky e di Schreker, che è, appunto, la zona intermedia tra gusto colto e innovazione radicale). Insomma, la musica di Zemlinsky, in particolare la Lyrische-Symphonie, può sembrarci un'elegante, impersonale riesposizione di molti modi dell'arte decorativa-decadente. Ma se dobbiamo precisarne antecedenti e modelli, noi riusciamo solo a pensare a Mahler, ai simbolisti francesi e a Berg: che sono, appunto, gli aspetti dell'arte con cui Zemlinsky è in rapporto produttivo, nel ricevere e nel dare.

Il bel saggio che Adorno ha scritto su Zemlinsky (è una sua conferenza del 1959, pubblicata poi nel 1963 in Quasi una fantasia e ora nelle Musikalische Schriften I-III, che è il vol. 16 delle Gesammelte Schriften, pp. 351-367) - il bel saggio, dicevo, cominciando col riscattare l'eclettismo dalle categorie critiche negative, se esso sia scelta personale, consapevole, necessaria, come fu per Zemlinsky, dimostra con convinzione e forza persuasiva che l'arte «eclettica» di Zemlinsky, per modi immaginativi e tecnica, non è per nulla ripetitiva e passiva, né inconsciamente tardo-romantica. «L'eclettismo di Zemlinsky diventa geniale, perché le capacità ricettive dell'artista sono esaltate a tal punto da pervenire a una prontezza di reazioni veramente sismografica verso tutti gli stimoli dai quali si fa inondare. Una debolezza che non si atteggia mai a creazione, acquista la forza di una seconda natura. [...] Flessibilità, fiuto, prontezza nervosa, fantasia nel fondere elementi eterogenei producono un oggetto assolutamente inconfondibile [ein durchaus Unverwechselbares]». La competenza formale di Zemlinsky, direttore eccezionale di orchestre e didatta famoso, è fuori discussione. Ma il segreto della sua originalità, ciò di cui la sua invenzione si nutre sono l'attenzione minima e l'instancabilmente varia caratterizzazione dei particolari, non solo nella tecnica strumentale e timbrica ma anche, e soprattutto, nell'intonazione della parola cantata. In ciò egli è secondo, nei suoi tempi, solo a Puccini, Strauss e Berg.

Ne è prova, appunto, la Lyrische Symphonie, Si tratta di una grande composizione in sette tempi o quadri decadenti-simbolici (che sono sette diverse poesie del famoso poeta indiano Rabindranath Tagore, premio Nobel), modellata sul Lied von der Erde di Mahler, ma vi si avvertono anche le suggestioni della Salome di Strauss (che Zemlinsky aveva diretto nella prima viennese e che continuò a tenere in repertorio: del resto le suggestioni venivano naturali per la qualità esaltata e decorativa dei versi) e le impressioni ricevute dagli Altenberg-Lieder di Berg, che Zemlinsky conosceva: per esempio nella vocalità del sesto Lied, per soprano, «Vollende denn das letzt Lied» «Concludi allora l'ultimo canto».

L'unità "sinfonica" è più di carattere sentimentale e psicologico che propriamente formale-costruttivo, anche se non sono assenti procedure sinfoniche, come Fiebig ha dimostrato. Nelle note di commento al suo lavoro (pubblicate nella rivista «Pult und Taktstock» nel 1924) Zemlinsky avverte che il senso e il sentimento di tutta la composizione sono già determinati nel I tempo. «Nel Preludio e nella prima canzone c'è il carattere fondamentale di tutta la Sinfonia. Il colore di tutti gli altri brani deve accordarsi al carattere del primo. Così, per esempio, la seconda canzone, che in qualche modo occupa [....] il posto dello Scherzo, non deve essere intesa affatto come scherzosamente agile e spensierata: né la terza canzone - l'Adagio della sinfonia - come un canto d'amore fiacco e languido [...]». Che è come dire che al di là dell'espressione lirica degli affetti, delle emozioni, dei paesaggi, nella musica ci vuol essere coerenza di forme e di pensieri. Né si pensi che l'alternanza di voce maschile e voce femminile tra una canzone e l'altra alluda, romanticamente, alle varie vicende di una storia d'amore, cioè all'incontro, alla felicità, al doloroso distacco. No, nella Lyrische Symphonie non c'è nulla di narrativo né di teatrale. Il nucleo spirituale e concettuale di quest'arte è l'idea della forza vitale del sogno, dell'illusione, dell'estasi e l'angoscia della realtà.

Franco Serpa


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione. 21 febbraio 1993


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Ultimo aggiornamento 8 ottobre 2014