Trio in re minore per clarinetto, violoncello e pianoforte, op. 3


Musica: Alexander Zemlinsky (1871 - 1942)
  1. Allegro ma non troppo
  2. Andante. Poco mosso con fantasia
  3. Allegro
Organico: clarinetto (o violino), violoncello, pianoforte
Composizione: 1896
Prima esecuzione: Vienna, 11 dicembre 1896
Edizione: N. Simrock, Berlino, 1897
Guida all'ascolto (nota 1)

La figura di Alexander von Zemlinsky è diventata oggetto di analisi attente e serie valutazioni critiche solamente nei corso degli ultimi lustri, tanto che si può affermare che la fisionomia di questo compositore sia ancora sostanzialmente sconosciuta al pubblico italiano. In effetti l'attenzione rivolta in passato verso Zemlinsky era dovuta principalmente alle sue relazioni con Arnold Schönberg, familiari e professionali (Schönberg affermò in più occasioni di considerare Zemlinsky come il suo unico maestro, e ne sposò in prime nozze la sorella nel 1901). Ma Zemlinsky fu un essenziale punto di riferimento per tutto il mondo musicale viennese della fine del secolo, svolgendo una poliedrica attività di direttore, didatta, organizzatore, che lo portò in contatto con tutte le principali personalità, da Brahms a Mahler, da Berg a Webern, fino a Klemperer e Scherchen. Fra il 1911 e il 1927 svolse la sua attività a Praga; poi a Berlino e ancora a Vienna; nel 1939 fuggì negli Stati Uniti, dove si dedicò esclusivamente alla composizione.

E' appunto l'immagine di Zemlinsky come compositore che appare oggi piuttosto controversa. Apostolo della nuova musica come organizzatore ed esecutore, egli non riuscì a seguire l'evoluzione delle più moderne tendenze, attestandosi su posizioni sostanzialmente conservatrici, con una ferma adesione al sistema tonale, seppure con aperture verso le avanguardie. Inoltre la sua opera non è esente da un certo eclettismo, orientato di volta in volta verso differenti indirizzi stilistici. Tutto sommato la sua produzione più interessante e vitale è quella risalente agli anni a cavallo del secolo, volta alla conciliazione del conflitto esistente a Vienna fra le scuole, considerate antitetiche, ricondotte alle figure di Brahms e Wagner.

Il Trio opera 3 è scritto per clarinetto, violoncello e pianoforte; la parte del clarinetto è anche eseguibile dal violino o dalla viola, ma è certamente più significativa per lo strumento a fiato. Il Trio infatti risale, al 1895, ed appartiene quindi ad un periodo in cui gli interessi di Zemlinsky erano ancora orientati verso Brahms; la stessa scelta dell'organico si richiama al Trio op. 114 di Brahms, e alla predilezione di quest'ultimo per la timbrica opaca degli strumenti mediani. Troviamo inoltre nel brano il pieno rispetto delle regole classiche, nonché quella tecnica di elaborazione cellulare del materiale che appartiene al maestro di Amburgo, e che riconduce la composizione a pochi elementi strutturali di base. Non mancano comunque una densità nella condotta delle voci strumentali e una scrittura cromatica che costituiscono certo un arricchimento del tutto personale.

L'iniziale Allegro ma non troppo è animato da una espansività melodica, che pervade l'intero movimento senza una vera e propria dialettica tematica, e con una particolare attenzione verso una richissima polifonia, condotta con un magistrale intreccio delle linee strumentali. L'Andante, aperto da un lungo a solo del pianoforte, si basa sulle trasformazioni espressive attribuite ad un inciso di base, e prevede una sezione centrale più animata.

Il Finale converte in un agitato tema di rondò il materiale melodico del movimento iniziale, e questo refrain viene alternato con episodi fortemente contrastanti; al termine dell'intero Trio, prima della stretta, riappare il tema espansivo dell'incipit nella sua veste originaria, a confermare il principio unitario che si pone alla base della composizione.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 22 novembre 1990


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Ultimo aggiornamento 10 ottobre 2014