Quattordici variazioni su un tema originale, op. 44

per trio con pianoforte in mi bemolle maggiore

Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
Organico: pianoforte, violino, violoncello
Composizione: 1792 circa
Edizione: Bureau des Arts et d'Industrie, Vienna 1804
Struttura musicale

Guida all'ascolto (nota 1)

Sulla scorta di appunti di Beethoven. conosciuti dallo Jahn, e il raffronto col tema delle variazioni sul Balletto di Prometeo, Prodhomme ha finito per attribuire le VARIAZIONI op. 44 al 1799 piuttosto che al 1792 come aveva proposto Nottebohm. Quindi, in compagnia dei tre Trii op. 1 e delle Sonate per pianoforte dall'op. 2 all'op. 13 («Patetica»), per non citare che le più celebri di tante musiche di quegli anni. Tuttavia era bastato al giovane Beethoven per affermarsi nella capitale, quasi immediatamente dopo il suo arrivo nel novembre del 1792, il dono d'improvvisatore che mandava in visibilio i viennesi, destando anche certe, cupidigie che confermerebbero, almeno all'ingrosso, la datazione del Prodhomme. I trilli, che ornano non del tutto agevolmente la IX variazione, ricordano l'altro che egli dichiarò di avere inserito in certe variazioni per piano e violino del 1794 per garantirsi da coloro, evidentemente non troppo abili pianisti, i quali intendevano di sfruttare le sue invenzioni mettendole per iscritto il giorno successivo alla sera in cui le aveva, improvvisate, per poi esibirle come proprie. Nell'uso dell'improvvisare, le variazioni hanno a quell'epoca già soppiantato, fuori della chiesa, quello di Fughe e fugati all'impronta del secolo precedente, d'accordo coi modi melodico-armonici della corrente sintassi musicale. Tutte le volte, che accade di leggere dei saggi estemporanei di Beethoven è di variazioni che si parla. E anche quelle serbate per iscritto conservano evidente l'origine di mondana piacevolezza creatasi d'intorno a questi escrcizi di fantasia musicale anche nei salotti più coltivati. Neppure le 14 variazioni op. 44 se ne differenziano sostanzialmente, ma frequenti tratti d'intelligenza e di estro consapevole le rendono più originali della maggior parte delle consorelle di quegli anni.

Da un tema d'apparenza assai modesta - quasi una scommessa d'andare insieme, proposta a tutti e tre gli strumenti sulle note di una specie di basso d'armonia, - le 14 variazioni vengono fuori con frequenti allusioni al tipico linguaggio beethoveniano, crescendo entro quello scheletro maliziosamente gracile una ricchezza di contenuti soprattutto melodici e ritmici, buoni ad aprire nel prevalente carattere brillante, confermato e amplificato dal finale, zone di un'Arcadia romantica come le due variazioni in minore (7. e 13.) e l'8. E il tutto senza sproporzioni, con giovanile schiettezza.

Emilia Zanetti

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nel lungo periodo che separa l'op. 1 dall'op. 70, Beethoven si dedica al trio per archi e pianoforte solo con alcune trascrizioni di altre sue opere e con le Variazioni in mi bemolle maggiore op. 44 del 1800, del quale peraltro non è rimasto il manoscritto originale e di cui si è anche supposta una datazione assai anteriore.

Il tema è costituito da una semplice successione armonica di accordi che i tre strumenti arpeggiano con note staccate a una sola voce. Le quattordici variazioni a cui esso viene sottoposto, per la cui descrizione rimandiamo all'elenco dettagliato della struttura musicale, sono dei piccoli bozzetti, delle miniature che a volte richiamano particolari stili o forme musicali, apprezzabili soprattutto per la godibilità dell'ascolto e per la varietà dei contenuti tecnici e timbrici.

Carlo Franceschi De Marchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 3 novembre 1947
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 125 della rivista Amadeus

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Ultimo aggiornamento 17 febbraio 2014