Quattordici variazioni su un tema originale, op. 44
per trio con pianoforte in mi bemolle maggiore
Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
Organico: pianoforte, violino, violoncello
Composizione: 1792 circa
Edizione: Bureau des Arts et d'Industrie, Vienna 1804
Struttura musicale
- Tema per le variazioni.
Andante.
Singolare andamento a una sola voce dei tre strumenti, che delineano
dei semplici accordi arpeggiati a note staccate. Episodio
conclusivo
del tema
- Variazione I.
Andamento galoppante della mano destra del
pianoforte, punteggiato dagli accordi della mano sinistra e degli archi
- Variazione
II. Elaborazione del solo pianoforte, di sapore
«settecentesco», con un
grazioso andamento scalare della mano destra sostenuto dal «basso
albertino» (accordi spezzati) della mano sinistra
- Variazione
III. Delicato profilo a terzine che il violino disegna
sugli arpeggi
pianistici della mano destra, sostenuti da cadenzati bassi della
sinistra e del violoncello
- Variazione IV.
Conduzione melodica
del violoncello con fraseggi legati simili a quelli del pianoforte
nella Variazione II; il pianoforte si adatta al timbro del violoncello
con un accompagnamento di tessitura medio-bassa
- Variazione V.
Saliscendi a terzine, inizialmente identico a quello della Variazione
III, affidato al movimento parallelo delle due mani del pianoforte, che
si intrecciano a note lunghe degli archi
- Variazione VI.
Le note staccate, elemento unificante della
variazione, si alternano su due differenti piani dinamici: il forte, con i tre
strumenti paralleli (all'ottava), e il piano, con la sola
mano destra punteggiata dalle altre voci. Nei due forte finali
Beethoven aggiunge anche degli incalzanti sforzati sopra ottavi in
levare
- Variazione VII.
Largo
in 6/8, nel quale si sviluppa un melanconico dialogo tra violoncello e
violino, accompagnato dai mesti ribattuti accordali del pianoforte
- Variazione
VIII. La mano destra del pianoforte sviluppa un'elegante
melodia su
saltellanti arpeggi staccati di basso della mano sinistra e delicati
ribattuti terzinati degli archi
- Variazione IX.
Arpeggi spezzati
a note staccate che si alternano tra archi e pianoforte, con l'aggiunta
di trilli di quest'ultimo
- Variazione X.
Gioco a incastro delle
diverse linee che si alternano rapidamente a ottavi, con un marcato
spostamento d'accenti dovuto agli sforzati in levare del pianoforte
- Variazione
XI. Sull'accompagnamento terzinato del pianoforte si
sviluppa un
brillante dialogo tra gli archi, basato sull'ostinata reiterazione
della medesima cellula ritmica
- Variazione XII.
Ancora un
accompagnamento ad arpeggi terzinati, ma della sola mano sinistra del
pianoforte, sostiene un serrato dialogo a tre (i due archi e la mano
destra del pianoforte), basato su una cellula ritmica dal ritmo puntato
- Variazione
XIII. Soffuso pianissimo, con un ondulato arpeggiare in
tessitura acuta
della mano destra del pianoforte, sostenuta dal lento incedere
accordale della sinistra e degli archi. In conclusione, la destra si
apre con lenti movimenti obliqui delle voci sugli accordi cadenzali che
chiudono la variazione
- Variazione XIV.
Allegro
in 6/8: graziosa reiterazione (pianoforte e poi archi) di un fraseggio
di tre note (una nota staccata e due legate), che crea una raffinata
ambiguità sulla collacazione dell'accento ritmico. Rapido fluire di
sedicesimi della mano destra del pianoforte, che si arresta
improvvisamente per dar spazio all'epilogo conclusivo
- Finale. Andante,
che inizialmente rievoca la tessitura della Variazione XIII. Lenti
rintocchi accordali punteggiati da pizzicati degli archi, che
confluiscono nel Presto
della cadenza finale
Sulla scorta di appunti di Beethoven. conosciuti dallo Jahn, e
il raffronto col tema delle variazioni sul Balletto di Prometeo,
Prodhomme ha finito per attribuire le VARIAZIONI op. 44 al 1799
piuttosto che al 1792 come aveva proposto Nottebohm. Quindi, in
compagnia dei tre Trii op. 1 e delle Sonate per pianoforte dall'op. 2
all'op. 13 («Patetica»), per non citare che le
più celebri di tante musiche di quegli anni. Tuttavia era
bastato al giovane Beethoven per affermarsi nella capitale,
quasi immediatamente dopo il suo arrivo nel novembre del 1792, il dono
d'improvvisatore che mandava in visibilio i viennesi, destando
anche certe, cupidigie che confermerebbero, almeno all'ingrosso, la
datazione del Prodhomme. I trilli, che ornano non del tutto agevolmente
la IX variazione, ricordano l'altro che egli dichiarò di
avere inserito in certe variazioni per piano e violino del 1794 per
garantirsi da coloro, evidentemente non troppo abili pianisti, i quali
intendevano di sfruttare le sue invenzioni mettendole per iscritto il
giorno successivo alla sera in cui le aveva, improvvisate, per poi
esibirle come proprie. Nell'uso dell'improvvisare, le variazioni hanno
a quell'epoca già soppiantato, fuori della chiesa, quello di
Fughe e fugati all'impronta del secolo precedente, d'accordo coi modi
melodico-armonici della corrente sintassi musicale. Tutte le volte, che
accade di leggere dei saggi estemporanei di Beethoven è di
variazioni che si parla. E anche quelle serbate per iscritto conservano
evidente l'origine di mondana piacevolezza creatasi d'intorno a questi
escrcizi di fantasia musicale anche nei salotti più
coltivati. Neppure le 14 variazioni op. 44 se ne differenziano
sostanzialmente, ma frequenti tratti d'intelligenza e di estro
consapevole le rendono più originali della maggior parte
delle consorelle di quegli anni.
Da un tema d'apparenza assai modesta - quasi una scommessa
d'andare insieme, proposta a tutti e tre gli strumenti sulle note di
una specie di basso d'armonia, - le 14 variazioni vengono fuori con
frequenti allusioni al tipico linguaggio beethoveniano, crescendo entro
quello scheletro maliziosamente gracile una ricchezza di contenuti
soprattutto melodici e ritmici, buoni ad aprire nel prevalente
carattere brillante, confermato e amplificato dal finale, zone di
un'Arcadia romantica come le due variazioni in minore (7. e 13.) e l'8.
E il tutto senza sproporzioni, con giovanile schiettezza.
Emilia Zanetti
Nel lungo periodo che separa l'op. 1 dall'op. 70, Beethoven si
dedica al trio per archi e pianoforte solo con alcune trascrizioni di
altre sue opere e con le Variazioni
in mi bemolle maggiore op. 44 del 1800, del quale peraltro
non è rimasto il manoscritto originale e di cui si è anche supposta una
datazione assai anteriore.
Il tema è costituito da una semplice successione armonica di
accordi che i tre strumenti arpeggiano con note staccate a una sola
voce. Le quattordici variazioni a cui esso viene sottoposto, per la cui
descrizione rimandiamo all'elenco dettagliato della struttura musicale,
sono dei
piccoli bozzetti, delle miniature che a volte richiamano particolari
stili o forme musicali, apprezzabili soprattutto per la godibilità
dell'ascolto e per la varietà dei contenuti tecnici e timbrici.
Carlo Franceschi De Marchi
(1)
Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 3 novembre 1947
(2)
Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 125 della rivista Amadeus
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Ultimo aggiornamento 17 febbraio 2014