Te Deum in do maggiore

per soli, coro e orchestra

Musica: Anton Bruckner (1824 - 1896)
  1. Te Deum laudamus - Allegro, Feierlich, mit Kraft (do maggiore)
  2. Te ergo quaesumus - Moderato (fa minore)
  3. Aeterna fac - Allegro, Feierlich, mit Kraft (re minore)
  4. Salvum fac populum tuum - Moderato (fa minore)
  5. In Te, Domine speravi - Mäßig bewegt (do maggiore)
Organico: soprano, contralto, tenore, basso, coro misto, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, organo, archi
Composizione: Vienna, 3 maggio 1881 (revisione: Vienna, 28 settembre 1883 - Vienna, 7 marzo 1884)
Prima esecuzione: Vienna, Großer Musikvereinsaal, 10 gennaio 1886
Edizione: Theodor Rättig, Vienna, 1885
Dedica: «O. A. M. D. G.»
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Anton Bruckner cominciò a lavorare al suo Te Deum nelle prime settimane del 1881 ma l'impegno per la stesura finale della Sinfonia n. 6 lo occupò al punto da lasciare la composizione incompiuta. Solo tre anni dopo, quando si avviava alla conclusione della Sinfonia n. 7, Bruckner riprese in mano il Te Deum riuscendo a terminarlo nel marzo del 1884. Pubblicata nel 1885, l'opera fu eseguita in veste cameristica nella piccola sala del Musikverein di Vienna il 2 maggio di quello stesso anno; l'esecuzione con l'orchestra si ebbe nel gennaio del 1886.

L'antico Inno in lode di Dio era stato musicato più volte anche in passato, ma non aveva una tradizione formale vera e propria, nel senso che lasciava libertà al compositore su come suddividere e musicare il testo. Bruckner lesse in questa libertà l'occasione per creare una partitura che valorizzasse l'intensa religiosità del testo in accordo con la sensibilità dei suoi tempi. Molto critico con le passate intonazioni del Te Deum, soprattutto con quella realizzata da Hector Berlioz qualche decennio prima, il compositore volle ridonare una piena e ispirata dimensione "ecclesiastica" all'Inno e si servì di una corposa orchestra e del coro per donare maestà, solennità e denso calore al testo. Decise di dividerlo in cinque parti: la prima, "Te Deum laudamus" è un Allegro moderato dalle fattezze grandiose e dalla fissità monumentale. L'atteggiamento musicale religioso di Bruckner è infatti quello di contemplare il divino con granitico coraggio, come se la musica dovesse costituire l'altare stesso che eleva l'uomo al sublime. Nella concezione organistica che Bruckner ha della partitura risiede l'effetto di possente elevazione spirituale che questa composizione condivide con le sue Sinfonie.

Il seguente "Te ergo quaesumus", un Moderato in tonalità minore, ha fattezze intensamente liriche in accordo con la natura implorante del testo, che si rivolge a Dio perché soccorra i suoi servi e salvi il suo popolo. Nel movimento successivo, "Aeterna fac cum Sanctis" (Allegro moderato), si esprime il desiderio che il popolo dei credenti sia annoverato fra i Santi. Le scale discendenti che mimano la discesa di Dio verso il credente si spengono in un "piano" ansimante e speranzoso.

Nel "Salvum fac populum" (Moderato) l'inno di salvezza e di lode è tessuto su una trama sonora distesa, implorante e sublime, preparatoria ai toni grandiosi dell'ultimo movimento "In Te Domine speravi".

Il compositore utilizza nell'opera il patrimonio linguistico musicale appreso dalla tradizione sacra: un modello gregoriano di vocalità, evoluzioni virtuosistiche tipiche di certi ornamenti vocali del barocco tardo, preziosa polifonia rinascimentale. Si cimenta nell'ordire una fuga intricata e vorticosa, ma si serve con sapienza di una coralità spiegata, tripudiante. La scelta degli strumenti partecipa alla festa di devozione.

Bruckner dà vita nel Te Deum a una passionalità monumentale, a una religiosità travolgente che anticipa atteggiamenti creativi del primo Novecento. Non a caso Gustav Mahler apprezzava molto questa pagina e sul frontespizio della partitura in suo possesso scrisse che questo Te Deum era sì «per soli, coro, orchestra e organo [ad libitum, n.d.r.]» ma anche «per le lingue degli angeli, dei benedetti, dei puri di cuore e per le anime purificate nel fuoco».

Simone Ciolfi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il Te Deum, che Bruckner aveva pensato di collocare a conclusione della Nona Sinfonia come suo ideale completamento corale sull'esempio nella Nona beethoveniana, può altresì servire, da suggello trionfale dell'intima e introspettiva Messa in fa minore: di essa, per fasto e colorito, risuonando ancora più "grande". Composto nel maggio 1881 e rielaborato in una seconda versione ampliata con la fuga finale tra il settembre 1883 e il marzo 1884, esso risente del clima delle ultime Sinfonie, ad esse prestando, e alla Settima in particolare (che vide la nascita appunto tra le due versioni), anche qualche simbolica citazione. Dopo esser stato presentato con accompagnamento di solo pianoforte a Vienna il 2 maggio 1885, venne eseguito per la prima volta nella sua veste integrale sempre a Vienna il 10 gennaio 1886 sotto la direzione di Hans Richter. Rispetto alla Messa in fa minore, quest'opera corale, grandiosa nonostante la sua brevità, sembra perseguire una riduzione all'essenza delle sue stesse peculiarità compositive ed espressive, condensare gli appelli di una fede incrollabile in pochi elementi, soprattutto ritmici, ossessivamente affermati e ripetuti; rinunciando perciò alle differenziazioni sinfoniche dei preludi e degli interludi orchestrali e restringendo perfino gli artifici della polifonia a un tessuto denso e compatto, liberato solo nell'apice della poderosa fuga finale (fra l'altro un ripensamento dell'ultima versione). Questo carattere per così dire monolitico è confermato anche dallo splendore radioso della tonalità di do maggiore, altrimenti pochissimo usata da Bruckner, dal ritmo di 4/4 costante dall'inizio alla fine, dall'apparato massiccio, usato a blocchi addensati e contrapposti, dell'orchestra (rafforzata da 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani e organo, oltre ai consueti legni e archi), dallo spessore granitico del coro a quattro voci e perfino dall'insieme in sé omogeneo, riservato del quartetto dei solisti. Un tale spiegamento di forze è messo al servizio di un'unica idea, innalzare un inno di lode a Dio che non ammetta distinzioni e riserve. Eppure raramente una professione di fede così esaltata ha raggiunto risultati di pari convinzione e riuscita artistica.

Il materiale tematico, e di conseguenza l'armonia, che nonostante l'apoteosi del do maggiore tradisce una certa tendenza verso i modi ecclesiastici, sono segnati dal motivo iniziale del Te Deum gregoriano, martellato "solennemente con forza" dal coro raddoppiato da trombe e tromboni su lunghe note tenute di legni, corni e organo, mentre gli archi disegnano una figura ritmica ostinata che articola gli intervalli elementari di quarta e quinta discendenti (questa figura avrà speciale importanza nel corso del pezzo: la ritroveremo anche nel finale dell'incompiuta Nona Sinfonia). A questo tripudio ininterrotto segue una breve sezione contrastante in fa minore e in tempo Moderato, Te ergo quaesumus, attaccata liricamente dal tenore solo e cesellata dagli altri solisti su tenui arabeschi del violino solo, mentre l'orchestra assottigliata accompagna discretamente il canto. Con Aeterna fac tornano l'Allegro e l'ostinato implacabile a piena orchestra, ora ripreso dal coro con fitto incedere omofonico (da notare agli archi la variante della figura iniziale, questa volta ascendente). Ancora una parentesi di distensione, Salvum fac (come prima in fa minore e sempre in tempo Moderato, con analogie nelle evoluzioni del violino solo e nel canto arioso dei solisti, ma armonizzati con il coro e con un'orchestra più screziata), fa da intermezzo al nuovo ritorno dell'Allegro in do maggiore con il tema iniziale del Te Deum sulle parole Per singulos dies benedicimus te (ripresa anche musicalmente a tutto tondo): si prepara così l'entrata dell'ultimo blocco, In te, Domine, speravi, di forma tripartita. La prima parte è costituita dall'invocazione dei quattro solisti, caratterizzata da ampi salti su una tela orchestrale rarefatta. Da questa si enuclea al coro, con forza ora marcata, il tema del non confundar in aeternum che, combinato con quello di In te, Domine, speravi, viene subito dopo slanciato (seconda parte, la più estesa) in una colossale doppia fuga a tutto organico, vocale e strumentale, certo non immemore, né indegno, delle cattedrali sonore di Bach. Una volta toccata la vetta di un esplosivo fortissimo, la carica a poco a poco si attenua, il contrappunto si dirada e il tema (leggermente modificato) del non confundar viene isolato e trattato per siglare diffusamente, sotto un segno ora beethoveniano di ascesa trasfigurata, la composizione (terza e ultima parte). Di questa fervida melodia corale Bruckner si ricorderà nel punto culminante dell' Adagio della Settima Sinfonia.

Il Te Deum era l'opera prediletta di Bruckner: forse vi vedeva realizzata senza complicazioni quell'aspirazione alla chiarezza e alla semplicità che era il corrispettivo di una fede limpida e ferma, non sempre così nitidamente operante nelle frementi arcate a cielo aperto delle sue Sinfonie. Ma anche a spiriti esigenti il Te Deum parve un'opera singolare, un esito musicale di tutto rispetto, perfettamente compiuto. A Mahler per esempio, che l'aveva diretto ad Amburgo nella stagione 1892-93 e che, avanti di tenerne conto con una citazione letterale nella prima parte della sua Ottava Sinfonia (intitolata all'inno cristiano Veni Creator Spiritus) , nel suo personale esemplare della partitura aveva sostituito il sottotitolo ("per soli, coro misto eccetera") con queste parole: "per voci angeliche, uomini alla ricerca di Dio, cuori tormentati e anime purificate dal fuoco". E forse, a onta delle certezze ostentate dall'autore, sono proprio queste parole a costituire il miglior commento non solo al Te Deum, ma anche all'intera figura di Bruckner.

Sergio Sablich

Testo

Te Deum laudamus, te Dominum confitemur.
Te aeternum Patrem omnis terra veneratur.
Tibi omnes Angeli, tibi coeli et universae potestates.
Tibi Cherubini et Seraphim, incessabili voce proclamant:
Sanctus, Sanctus, Sanctus, Dominus Deus Sabaoth.
Pleni sunt coeli et terra majestatis gloriae tuae.
Te gloriosus Apostolorum chorus.
Te Prophetarum laudabilis numerus.
Te Martyrum candidatus laudat exercitus.
Te per orbem terrarum sancta confitetur Ecclesia:
Patrem immensae majestatis;
Venerandum tuum verum, et unicum Filium;
Sanctum quoque Paraclitum Spiritum.
Tu, Rex gloriae, Christe.
Tu Patris sempiternus es Filius.
Tu ad liberandum suscepturus hominem, non horruisti Virginis uterum.
Tu devicto mortis aculeo, aperuisti credentibus regna coelorum.
Tu ad dexteram Dei sedes, in gloria Patris.
Judex crederis esse venturus.

Te ergo quaesumus tuis famulis subveni, quos pretioso Sanguine redemisti.

Aeterna fac cum Sanctis tuis, in gloria numerari.

Salvum fac populum tuum, Domine, et benedic haereditati tuae;
Et rege eos, et extolle illos usque in aeternum.
Per singulos dies benedicimus te.
Et laudamus nomen tuum in saeculum saeculi.
Dignare, Domine, die isto sine peccato nos custodire.
Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Fiat misericordia tua, Domine, super nos: quemadmodum speravimus in te.

In te, Domine, speravi; non confundar in aeternum.
(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 15 maggio 2010
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 14 aprile 2002

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Ultimo aggiornamento 25 agosto 2012