Si dice che questo singolare lavoro - composto, quasi improvvisato in una notte, a quanto sembra - sia stato suggerito al musicista dall'essersi egli fermato, ritornando a casa a notte tarda, davanti alle vetrate di un caffè-concerto ad ascoltare un valzer di Johann Strauss che un pianista e un violinista suonavano per rallegrare i clienti. Così, almeno affermano gli amici, sorse nella mente di Busoni (che come Brahms, come Wagner, come Schönberg ed altri musicisti ha sempre avuto una grande ammirazione per il «Re del valzer») l'idea di questo «Omaggio» a J. Strauss ed a Vienna.
Il titolo, Valzer danzato, ci avverte che non si tratta affatto di una «stilizzazione»: anzi il modello formale del valzer «viennese» di Strauss, Lanner ecc: è ben evidente. Ma su questo modello di musica semipopolare, Busoni innesta tutta l'eleganza e la raffinatezza di un compositore di razza, senza rinunciare a nessuna finezza armonica, contrappuntistica o strumentale, e neppure di condotta sinfonica. Se non che tali raffinatezze sono impiegate con mano leggera e con molta discrezione, in modo da essere gustate dall'ascoltatore avvertito e da far presa, al tempo stesso, sull'ascoltatore medio.
A una Introduzione in tempo binario, segue una 'catena' di valzer in tonalità sempre diverse: ed il lavoro si conclude con una Coda dal carattere di libera improvvisazione sinfonica sui motivi precedentemente ascoltati.
Domenico De' Paoli