Quartetto per pianoforte n. 1 in re maggiore, op. 23


Musica: Antonin Dvoràk (1841 - 1904)
  1. Allegro moderato (re maggiore)
  2. Andantino: Tema con variazioni (si minore)
  3. Finale: Allegretto scherzando (re maggiore)
Organico: pianoforte, violino, viola, violoncello
Composizione: Praga, 24 maggio - 10 giugno 1875
Prima esecuzione: Praga, Konvikt Sal dell'Umelecka Beseda (Unione degli Artisti), 16 dicembre 1880
Edizione: Schlesinger, Berlino, 1880
Guida all'ascolto (nota 1)

Dvorak scrisse il Quartetto per pianoforte e archi in re maggiore op. 23 in soli diciotto giorni, dal 24 maggio al 10 giugno 1875. Se la popolarità dell'autore ceco esploderà con le Danze Slave o i lavori sinfonici, sicuramente già nelle prime misure di quest'opera sono rinvenibili tutti gli elementi salienti della sua scrittura: lirismo, colore vivido e numerose evocazioni popolari donano a queste pagine, di sconfinata bellezza e originalità, il carattere dell'unicità.

Il primo dei tre movimenti, Allegro moderato, si apre con il tema sincopato e cantabile, affidato al violoncello, subito ripreso dal violino con l'accompagnamento accordale del pianoforte che a sua volta lo ripropone all'unisono tra le due mani. Riprende il violoncello, introducendo un'ampia sezione modulante attraverso il fa diesis minore, il re e poi il si bemolle. Qui il dialogo tra le parti si fa più serrato e inquieto: il pianoforte alterna a terzine in crescendo accordi in forte. Piccole cellule tematiche passano da uno strumento all'altro in un'alternanza tra quiete e furore che giunge nella riproposizione del primo tema alla viola, nella tonalità di re. Un'ampia sezione modulante ci porta al secondo tema, più espressivo e sinuoso, nella tonalità di la; la parte centrale rappresenta un navigare tra modulazioni, brevi dialoghi e rimandi. Tra le increspature di una scrittura più irta e densa, lo sviluppo presenta un'altra breve idea melodica esposta in forma di cadenza dal violino. La sezione si contraddistingue per una continua rielaborazione dei temi principali. Un grande crescendo ci conduce alla ripresa: una folta scrittura imitativa e l'aggiunta di numerosi temi secondari non snaturano l'identità del brano, anzi vanno a confluire in un Poco andante e nel successivo Molto adagio, che precedono il veemente Allegro finale.

Il secondo movimento (Andantino), cupo e dolente, è costruito sulla tonalità di si. Il tema, con cinque brevi variazioni e una coda, in alcuni accenti ricorda il Quartetto "La morte e la fanciulla" di Schubert; malinconico e popolare, è esposto dal violino e successivamente la sua elaborazione ne marcherà l'intensità espressiva. La prima Variazione (Un poco più mosso) è caratterizzata da brevi frasi discendenti degli archi accompagnate da bicordi staccati del pianoforte. La seconda (Poco andante), molto cantabile, vede protagonista il pianoforte; una dolce linea melodica, caratterizzata da un sinuoso gruppetto, è accompagnata con delle sincopi della mano sinistra, mentre nella seconda sezione il dialogo tra archi e pianoforte marca la struggente malinconia. Nella terza (Poco più mosso quasi andantino) la fa da padrone ancora il pianoforte: il tema, alla mano destra, è accompagnato dall'incisivo disegno a semicrome staccate del pianoforte, che nella seconda parte deila variazione sarà riproposto alle viole, con la parte melodica affidata al violino e violoncello. La quarta (L'istesso tempo) è la più lunga delle cinque Variazioni. L'alternanza tra archi e pianoforte culmina nell'esposizione del tema la cui freschezza e vena popolare è amplificata dall'accompagnamento a sestine del pianoforte; questo sussulto di luce si spegne lentamente sugli ultimi cenni del tema sussurrati dal pianoforte. L'ultima Variazione (Quasi l'istesso tempo) ha il carattere più marcatamente popolare rispetto alle precedenti; costruita in forma di canone, prima al pianoforte poi al violino e violoncello, è caratterizzata da un brio che stride con la coda finale, in pianissimo, nella quale il tema principale passa tra gli archi sino a giungere all'ultima calorosa affermazione del pianoforte. La coda finale ripropone il tema iniziale facendolo scivolare tra i tre archi. Il pianoforte prima accompagna e poi riprende egli stesso il tema a ottave; le ultime battute si spengono su una nota lunga nel pianissimo degli archi.

Il Finale. Allegretto scherzando è un caleidoscopio di forme. La prima parte è uno Scherzo caratterizzato dal ritmo di valzer. Il tema è esposto dal violoncello e ripreso identico dal violino. Si giunge al Più mosso, quasi allegro vivace, dove il ritmo danzante diviene più serrato e la scrittura pianistica più densa e polifonica. L'Allegro agitato vede la presenza di due temi: il primo esposto da viola e violino con l'accompagnamento interrogativo del pianoforte, il secondo, nella tonalità di la, più cantabile con il contrappunto del violoncello. Questa lunga sezione modulante si conclude con degli accordi nel fortissimo del pianoforte e con gli archi che si passano delle piccole cellule ritmico-melodiche. In questa parte centrale ritornano i materiali precedentemente proposti, che poi sfociano nell'Allegro finale, il cui slancio viene per un attimo arrestato da un Meno allegro, piccolo respiro prima dei due perentori accordi finali.

Mario Leone


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 280 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 12 febbraio 2014