Sonata n. 3 in la minore per violino e pianoforte, op. 25

dans le caractère populaire roumain

Musica: George Enescu (1881 - 1955)
  1. Moderato malinconico
  2. Andante sostenuto e misterioso
  3. Allegro con brio, ma non troppo mosso
Organico: violino, pianoforte
Composizione: Bucarest, 21 agosto - Sinaia Luminis, 18 novembre 1926
Prima esecuzione: Oradea, 16 gennaio 1927
Edizione: Enoch, Parigi, 1933
Dedica: In ricordo di Franz Kneisel
Guida all'ascolto (nota 1)

La storia più recente della sonata per violino e pianoforte, almeno a partire dagli ultimi decenni dell'Ottocento, parla di un ritorno del virtuosismo violinistico e di un pianoforte che, se pure non più ridotto al ruolo di sparring partner, non riceve più il privilegio tributatogli in età classica. Fra i molti esempi che potrebbero essere addotti a dimostrazione di questa tesi, la Sonata n. 3 op. 25 di George Enescu è un caso di particolare rilievo. Il violino infatti, in questa composizione, non solo assume su di sé il peso maggiore dell'elaborazione musicale, ma diventa il veicolo tramite il quale Enescu importa nella struttura sonatistica materiali che derivano dal folclore, o almeno da quel caractère populaire roumain che già il sottotitolo della Sonata tende a distinguere dall'uso di materiali di accertata derivazione popolare. Rumeno di nascita, violinista di doti tecniche leggendarie, formatosi musicalmente a Vienna, trasferitosi giovanissimo a Parigi e tuttavia di casa in tutta Europa. Enescu aveva cercato fin dagli esordi una sintesi tra forma classica e ispirazione popolare. Ma è solo a partire dagli anni Venti che questo obiettivo prende una direzione precisa e originale: più che prendere in prestito dalla tradizione singoli motivi, melodie o ritmi, Enescu inizia infatti a sperimentare sul piano dell'armonia, basa intere sezioni dei suoi lavori su scale di tipo modale che danno luogo ad accordi di quattro o cinque note, con un effetto sonoro straniante per orecchie assuefatte al temperamento delle scale maggiori e minori, quasi che una patina di arcaismo lasciasse percepire nella musica il persistere di un'origine lontana nel tempo e nello spazio, sprofondata nel passato e appartenente a una diversa geografia. Melodie popolari vere e proprie, perciò, non ve ne sono. E piuttosto Enescu a inventarne di nuove e a dar loro un colore, un "carattere" popolare appunto, reso ancor più sensibile dall'adozione di uno stile discorsivo molto vicino al ritmo della lingua parlata, una sorta di prosodia rumena della quale il compositore imita cadenze, intonazioni e fluidità espositiva. Per quanto non sia possibile stabilire una genealogia diretta fra il lavoro di Enescu sui materiali di ispirazione popolare e quello di altri compositori che prima di lui vi si erano applicati, non c'è dubbio che la sua impostazione sia apparentabile per un verso a quella di Béla Bartók, del quale condivide la ricerca sull'armonia ma non certo l'atteggiamento "scientifico" dell'etnomusicologo; per un altro a quella di Leos Janacek, con il quale Enescu ha in comune l'istintiva associazione fra suono e lingua, dunque tra la morfologia della frase musicale e l'andamento di quella verbale. La Sonata n. 3 op. 25 per violino e pianoforte, scritta nel 1926, rappresenta da questo punto di vista uno dei vertici dell'arte di Enescu, ed è sintomatico il fatto che un autore del Novecento, riprendendo una forma musicale ai suoi esordi votata all'intrattenimento o all'esibizione dei virtuosi, ma che aveva poi guadagnato con Mozart profondità espressiva e con Beethoven maggiore dignità architettonica, l'abbia trasformata in un laboratorio di ricerca, un'officina sperimentale la cui fornitura di attrezzature, limitata alla presenza di uno strumento armonico (il pianoforte) e uno melodico (il violino), si prestava molto bene a cercare una sorta di "passaggio a Oriente" della musica - un luogo, cioè, nel quale far convivere la tradizione "colta" occidentale e quella popolare di derivazione balcanica e orientale.

Stefano Catucci


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 9 dicembre 2004


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Ultimo aggiornamento 16 ottobre 2015