Elegia in do minore per violoncello e pianoforte, op. 24


Musica: Gabriel Fauré (1845 - 1924)
Organico: violoncello, pianoforte
Composizione: 1880
Prima esecuzione: Parigi, Société Nationale de Musique, 15 dicembre 1883
Edizione: Hamelle, Parigi, 1883
Dedica: J. Loeb
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Gabriel Fauré è uno di quei compositori la cui importanza appare del tutto diversa ove la loro figura venga collocata nell'ambito culturale del paese natio o considerata nel più vasto quadro della storia musicale europea. Infatti c'è una stridente differenza tra il modo in cui Fauré viene valutato nella sua patria, dove lo si pone sullo stesso piano dei maggiori compositori non solo francesi, ma europei e la scarsezza delle esecuzioni di sue opere all'estero, dove egli viene considerato per lo più come una figura di secondo piano (nelle storie musicali tedesche o italiane gli si dedica in genere qualche aggettivo e tutt'al più un paio di righe). Alfredo Casella, che del Fauré era stato riconoscente e devoto discepolo, aveva a suo tempo tentato ripetute volte di far attecchire la sua musica in Italia, tenendo conferenze e promuovendo esecuzioni di sue composizioni: il successo di tali tentativi non fu mai duraturo. Fatto sta che mentre il mondo espressivo di un Debussy o di un Ravel presenta aspetti specifici del temperamento e del gusto francese, ma che hanno anche una risonanza universale, quello di Fauré affonda le sue radici e trova i suoi limiti in quanto di più particolare c'è nell'indole francese. Eppure Fauré appartiene indubbiamente alla schiera dei compositori il cui significato storico nel quadro generale della musica europea sta nell'aver continuato e avviato alla sua conclusione mediante un sottile lavoro in profondità, quel processo di erosione interna del classico sistema diatonico che Wagner aveva esplicitato ed acuito con tanta veemenza. Ed è precisamente questo processo che, sviluppando l'armonia tonale sino alle sue estreme conseguenze, ne esaurì le risorse e portò al suo successivo superamento. La sottilissima differenziazione della scrittura armonica, ricca di inediti concatenamenti tonali, l'emancipazione degli accordi dissonanti di nona e undicesima usati, liberamente come se fossero consonanze, le elissi e deviazioni sintattiche: questi aspetti dello stile di Fauré vengono considerati di solito come preparazioni e anticipazioni delle innovazioni debussyane. Considerati in sé, tali elementi grammaticali sono sovente altrettanto «progrediti» quanto quelli di Debussy: con la differenza però che quest'ultimo se ne vale del tutto liberamente, prescìndendo da qualsiasi giustificazione razionale e lasciandosi guidare solo dalla logica intuitiva della sua sensibilità impressionista. In Fauré invece ogni elemento inedito viene preparato, sviluppato e risolto senza incrinare la continuità e la compattezza del discorso sonoro, di modo che anche le armonie più complesse vengono levigate e assorbite ed i nessi più vaghi e sottili si consolidano entro salde cornici formali.

Di queste caratteristiche partecipa l'Elegia per violoncello e pianoforte (scritta nel 1883 e designata dal compositore come il suo opus 24), anche se non si può certo asserire che essa costituisca uno dei lavori veramente rappresentativi di Fauré. Ma, in conformità con ciò che abbiamo detto prima circa il «particolarismo francese» del suo stile, e per quel tanto di genericità espressiva che vi si manifesta, questa Elegia è diventata il pezzo forse più popolare del compositore.

Roman Vlad

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

L'Elegie op. 24 trae le sue origini da un diverso progetto. Nel 1880 Fauré iniziò a scrivere il movimento lento di una sonata per violoncello e pianoforte e lo presentò, in giugno, nell'abitazione privata di Saint-Saëns. L'apprezzamento generale lo incoraggiò a continuare la sonata, ma il progetto non fu portato a termine. Più tardi, nel 1883, Fauré diede alle stampe il movimento che aveva scritto, che divenne così una composizione indipendente. Il brano ebbe un'immediata popolarità; nel 1895 Fauré accolse la richièsta del direttore d'orchestra Édouard Colonne e ne realizzò una versione orchestrale, che Pablo Casals eseguì per la prima volta, in veste di solista, il 26 aprile 1901 alla Societé Nationale de Musique di Parigi. L'Elegie è un brano ispirato a un lirismo profondo, seppure controllato dal consueto pudore. La forma è semplice, ma accuratamente strutturata. Un lamento espressivo del violoncello, dal grande potere di fascinazione, è sostenuto da accordi funebremente ribattuti dal pianoforte; poi una parte centrale, più dolce, esprime un tema effusivo presentato dal pianoforte e avvolto da un tessuto di arpeggi, che culmina in una sorte di veemente cadenza prima che si faccia ritorno al funereo lamento iniziale. Il tema della parte centrale viene riutilizzato nella coda conclusiva, che porta il brano a spegnersi nel nulla.

Claudio Toscani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 8 novembre 1954
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 261 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 13 febbraio 2014