Durante il soggiorno italiano di Händel, tra il 1707 e il 1710, era stata composta la giovanile Sonata in sol maggiore HWV 358, unica in tre tempi tra le sonate per violino e continuo del compositore (in realtà l'autografo, al Fitzwilliam Museum di Cambridge, non specifica se sia il violino il destinatario del pezzo, benché sembri la tesi più probabile). Più agile nella struttura, la sonata lo è anche nel tono, a cominciare dal primo Allegro, costruito sin dall'attacco sull'inseguirsi incessante di quartine di semicrome, fondate sull'arpeggio della tonalità d'impianto nella prima sezione, e della dominante nella seconda. L'Adagio in mi minore non è altro se non una parentesi dalle inflessioni patetiche, che funge, come nelle consuetudini arcaicizzanti del tardobarocco, da raccordo tra i due allegri, il secondo dei quali presenta i tratti di una giga dall'impronta schiettamente corelliana e caratterizzata dall'imitazione sistematica tra violino e basso.
Raffaele Mellace