Gli abitanti della città di Betulla sono soffocati dall'assedio da parte di Oloferne. Giuditta, dopo aver accusato il popolo di pusillanimità, preannuncia un misterioso evento in nome del quale chiede raccoglimento e preghiera. Si inserisce l'episodio del nobile Achior, vendicativamente inviato a Betulia da Oloferne, per «rovinarlo» (citazioni dal libretto) insieme alla città: un brano di storia ebraica dalla bocca di Achior, poi una singolare, accesa discussione (cantata!) tra Ozia e Achior sul contrasto fra politeismo e monoteismo. Quindi Giuditta, «ornata con tanto studio», lascia la città accompagnata dallo stupore del popolo-coro. Nella seconda parte - dopo un'altra dissertazione di Achior sull'esistenza di un solo Dio - rientra trionfalmente in scena Giuditta, padrona della testa recisa di Oloferne; in un interminabile recitativo degno del miglior esprit noir («Su l'empia cervice il colpo abbasso. Balzar mi sento il teschio semivivo») Giuditta descrive l'uccisione dell'oppressore. Chiudono l'Oratorio la conversione di Achior, la fuga degli Assiri in seguito alla morte di Oloferne, e il canto di ringraziamento di Giuditta e del popolo liberato.
Lasciata Milano ai primi di febbraio 1771, accompagnato dal successo per il «Mitridate» K 87, dopo una quindicina di giorni passati a Torino (che rimane segnalata nelle biografie per la conoscenza personale di Mozart con G. Paisiello e con «l'eccellente violinista» G. Pugnani) e dopo uno spensierato carnevale a Venezia, Mozart sulla via del ritorno fa sosta a Padova: qui riceve l'incarico di comporre un Oratorio per la Quaresima del 1772, e un'Opera per il Carnevale del 1773. Come arriva a Salisburgo, Mozart si dedica alla stesura de «La Betulia Liberata» che occupa il posto di rilievo di quell'estate sino alla partenza per l'Italia nell'agosto del 1771.
Metastasio, autore del testo, era in un certo senso il
riformatore dell'oratorio come genere letterario. Rifiutando gli
argomenti sensazionali che nel tempo avevano imbastardito i contenuti
degli oratori, Metastasio tendeva a riportare l'antica «azione sacra»
alla rigorosa purezza dei testi dell'Antico Testamento, «l'opera pili
alta» dalla quale attingere spunti morali e religiosi: in questo caso
l'impresa eroica di Giuditta, un simbolo per mostrare la potenza e la
forza di Dio. Dal punto di vista formale, l'Oratorio - che si
riallaccia alla salda tradizione dell'oratorio napoletano di L. Leo e
ancor più ai modelli del maestro J. A. Hasse - è una composizione
teatrale in due atti (e non tre come l'Opera), con sei o sette Arie,
recitativi secchi e accompagnati e inserti corali di notevole
dimensione e spessore creativo. Sotto il profilo musicale, accanto a
elementi inconfondibilmente mozartiani, rileggiamo i caratteri tipici
dell'oratorio «alla Hasse»: il profilo stilistico dell'aria, gli
insistiti contrasti tematici, le coloriture a volte eccessive, la
generosità del canto che inghiotte la valenza religiosa, la trasparenza
dello stile, la sicurezza dell'istinto drammatico.
Abert: «Mozart in questi lavori giovanili fonde in maniera del tutto nuova l'oggettività ecclesiastica con l'espressione soggettiva dei sentimenti. Sono le prime tracce di quello spirito che dominerà poi nel Requiem K 626 e che tanto si differenzia dal carattere operistico negli oratori del tempo. (...) il quadro che ci offrono questi tentativi drammatici di Mozart è quanto mai vario e contrastante. Ci danno un'ulteriore, splendida testimonianza dell'eccezionale capacità del ragazzo di adattarsi a qualsiasi nuovo stile». Sadie: «La musica ha un tono in qualche modo formale e astratto (...). L'ouverture in Re minore (...) è cupa e possente, con collegamenti tematici tra i movimenti estremi e forse con una sfumatura gluckiana. (...) La "Betulia" non è comunque un'Opera che aderisca alla riforma anzi si colloca stabilmente nella tradizione metastasiana con le sue ampie arie che spesso richiedono una scrittura virtuosistica (...)».
In particolare su singoli episodi - Abert:
«Significativa è l'atmosfera fatalistica, quasi desolata
(dell'Ouverture). (...) Le Arie formalmente sono più accurate di quelle
delle Opere, soprattutto più ricche e autonome nella veste strumentale.
(...) non appena scompare il tono moraleggiante, anche la forza
creativa di Mozart si innalza a notevoli altezze. Mozart non solo ha
raggiunto i modelli italiani ma li ha superati di un bel tratto. (...)
va ricordata l'Aria di Amital per il tema di adagio e per
l'espressività dolente. (...) Anche i tre cori hanno un carattere
d'eccezione». Einstein:
«Per il racconto dell'assassinio di Giuditta, Mozart scrive uno dei
suoi recitativi più lunghi e non per questo meno efficaci (...)».
Nell'Ouverture de «La Betulia» appare per la prima volta la tonalità di Re minore: un probabile omaggio all'Ouverture dell'«Alceste» di C. W. Gluck, costruita sulla medesima base tonale. Sebbene i critici si affannino a sottolineare il carattere di «sinistra solennità» (Abert) di questa pagina, il peso della «atmosfera fatalistica» (ibid.), a nostro avviso l'avventura tonale «in minore» è molto addomesticata e non pericolosa; il dolore espresso sfiora la piacevolezza di un'aria d'opera.
CURIOSITÀTra i pochi elementi storiografici che riguardano questo Oratorio, esiste la lettera di Leopold ancora dall'Italia, che parla di «un Oratorio per Padova, da eseguirsi all'occasione» (?). Si ignora se la composizione venne eseguita l'anno successivo in quella città; mentre sappiamo invece che da Vienna, nel 1784, Mozart chiese al padre di mandargli «quel vecchio Oratorio» pensando di «riutilizzare qualcosa per la società di qui».
Si dice anche che, a quell'epoca, Mozart avesse composto un nuovo coro d'inizio e aggiunto un quintetto vocale.