Concerto in la maggiore per violino e orchestra

Musica: Ildebrando Pizzetti (1880 - 1968)
  1. Molto mosso e appassionato
  2. Adagio
  3. Andante largo. Concitato
Organico: violino solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 3 trombe, timpani, archi
Composizione: 1944
Prima esecuzione: Roma, Teatro Adriano, 9 dicembre 1945
Edizione: Suvini Zerboni, Milano, 1946
Guida all'ascolto (nota 1)

E' giusto e doveroso che l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, di cui fu presidente dal 1947 al 1952, ricordi Ildebrando Pizzetti, di cui quest'anno cade il centenario della nascita, avvenuta il 20 settembre 1880 a Parma [queste note erano state scritte per un concerto del 2 marzo 1980. n.d.r.]. Pizzetti è stato uno dei più autorevoli e significativi rappresentanti della cosiddetta generazione dell'80 che, insieme ad Alfano, Respighi, Malipiero e Casella, si adoperò per la riforma moderna della musica italiana, su un versante diverso e anche contrapposto al melodramma post-verdiano e al teatro verista di Puccini, Mascagni e di tutta la «giovane scuola». Egli, con una coerenza e una fedeltà estetica durata per oltre un cinquantennio, ha perseguito gli ideali di un rinnovamento del teatro musicale basato sui princìpi propugnati dalla Camerata fiorentina dei Bardi, secondo cui la parola e la musica dovevano essere intimamente legate fra di loro in un declamato e in un recitar cantando, che escludesse qualsiasi predominio della voce sull'orchestra e viceversa. Va ascritto a suo merito il fatto di essere stato il primo fra i compositori del suo gruppo a riallacciarsi al canto gregoriano, inteso come tipo di linguaggio originario della civiltà musicale italiana, e di aver cercato di rigenerare la sensibilità tonale, adottando stilemi desunti dalla tecnica modale greco-ecclesiastica.

Pizzetti, che è stato anche "un finissimo umanista e letterato, ha scritto molto per il teatro e spesso ha lasciato il segno della sua forte personalità in opere come Fedra, che al suo primo apparire nel marzo del 1915 fu salutata come un avvenimento importante per la musica lirica, Debora e Jaele, Lo straniero, Fra Gherardo, Ifigenia e Assassinio nella cattedrale, scritto nel 1958 a conclusione di una gloriosa carriera di musicista. Né va dimenticata la sua larga produzione da camera e sinfonica, con alcune liriche di madrigalesca fattura e con il Concerto dell'estate, il Concerto per violoncello e orchestra, il Rondò veneziano, il Concerto per violino e orchestra e i Canti della stagione alta per pianoforte e orchestra, che rivelano freschezza inventiva e pregi strumentali riconosciuti dagli stessi avversari della musica pizzettiana. Educato alla scuola di Tebaldini, uno dei più profondi studiosi del canto gregoriano e della musica polifonica italiana, specie di Palestrina, il compositore parmense ha saputo far tesoro di questa lezione, legando il suo nome a pagine corali di indubbia maestria ed efficacia espressiva. Il musicista svolse anche una intensa attività come insegnante di composizione nei Conservatori di Parma, Firenze, Milano: a Roma tenne con alto prestigio la cattedra di perfezionamento in composizione all'Accademia di Santa Cecilia, dove si è formata una lunga schiera di musicisti del nostro tempo.

Un esempio della nobiltà e della schiettezza di sentimento dell'arte di Pizzetti si ritrova con eloquenza di linguaggio nel Concerto in la per violino e orchestra, eseguito per la prima volta il 9 dicembre ¡1945 all'Adriano di Roma per il Festival di musica contemporanea dalla violinista Gioconda De Vito e con lo stesso autore alla direzione d'orchestra. I tre tempi si impongono per rapida e incisiva musicalità, specie il primo e il terzo. Nel Molto mosso e appassionato del primo movimento si alternano, secondo la specifica inventiva pizzettiana, i momenti contemplativi e lirici a quelli drammatici. L'Aria centrale vuole essere una parentesi di raccoglimento e di intima religiosità, dove il violino dispiega una linea di libera curvatura, sostenuta con discrezione dagli archi e dai timpani. Nell'introduzione del terzo tempo c'è un richiamo alla scansione dolorante del coro «Recordare, Domine, quid acciderit nobis», composto da Pizzetti nel 1943 sotto l'impressione dei tragici avvenimenti bellici: un clima triste e grave avvolge l'Andante e il Concitato con la presenza di accordi armonici di colore oscuro. L'orchestra del primo e del terzo tempo esclude i tromboni, l'arpa e la batteria.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 2 marzo 1980


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Ultimo aggiornamento 14 settembre 2016