Menuet antique

Versione per orchestra

Musica: Maurice Ravel (1875 - 1937)
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, tuba, timpani, arpa, archi
Composizione: 1929
Prima esecuzione: Parigi, Salle Pleyel, 11 gennaio 1930
Edizione: Enoch, 1930

Per la versione con pianoforte vedi 1895 n. 8
Guida all'ascolto (nota 1)

La prima delle tre musiche/fiabe proposte dal programma di questa sera affronta la dimensione del tempo; del resto, l'inizio di una fiaba non è spesso affidato a questa frasetta di tre parole: "C'era una volta..."? Una volta, quando? Non importa, quando. Le fiabe smarginano dal tempo, non hanno né l'orologio al polso, né il calendario con i mesi e l'anno appeso alla parete delle nostre cucine o dei nostri uffici. Antico quanto, il Menuet di Maurice Ravel? Le date dicono che la versione originale per pianoforte nasce nel 1895 e quella orchestrale molti anni dopo nel 1929. Al compositore francese erano care diverse traiettorie 'antiche': il tempo barocco (Le tombeau de Couperin, Pavane pour une infante defunte), gli arcaismi e la classicità greca (Daphnis et Chloé). La copertina dell'edizione originale a stampa propone un oceano di foglie e racemi, al centro spicca il torso nudo di un ragazzo che suona un aulos. Bellezza, seduzione, desiderio, in un'atmosfera art nouveau.

La partitura inizia "maestosamente" e festosamente, con una dimensione sonora da pomposa ouverture barocca, più tipica di una sarabanda che di un minuetto, con una scansione ritmica ben marcata, cui segue un momento pacato e raccolto - doux, dolce è qui la prescrizione dell'autore -, un delicato sortilegio timbrico che privilegia atmosfere scontornate, vicine ad un'armonia modale, appunto antica, prima che emerga la ripresa del carattere iniziale, con un accentuato aspetto marziale. Solenne e nostalgico, capace di ritagliarsi un proprio ambito del tutto peculiare nella produzione di quegli anni, questo breve schizzo sinfonico sarà gravido di conseguenze: non si parla ancora di neo-classicismo, ma Ravel guarda alle proprie spalle e - ha appena 20 anni quando scrive la versione per pianoforte - non esita a ripercorrere sentieri già battuti, lui che sarà tra i primi musicisti europei a capire ed assimilare l'importanza nuovissima del jazz statunitense.

La bellezza del Menuet antique è la sua ambiguità sfuggente, il giocare a capovolgere la clessidra del tempo, a confondere simultaneamente epoche diverse, ponendo una domanda che non cessa di interrogare artisti e pubblico: è contemporaneo soltanto ciò che appare tale? O la consapevolezza di quanto ci ha già preceduto è un antidoto indispensabile contro lo smarrimento delle radici, la perdita dei riferimenti stilistici e formali, la cancellazione della memoria, la tabula rasa? Un gioco inquieto. Che per Igor Stravinskij diventerà una via di fuga, una rinascita.

Sandro Cappelletto


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 7 gennaio 2022


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Ultimo aggiornamento 20 gennaio 2022