Catone in Utica, RV 705

Dramma per musica in tre atti


Testo del libretto


ATTO PRIMO

Scena prima

Parte interna delle Mura di Utica con Porta della Città in prospetto, chiusa da un Ponte, che poi s'abbssa.

Catone, Marzia, Arbace.
Marzia
Perche sì mesto o Padre? oppressa è Roma
Se giunge a vacillar la tua costanza.
Parla: al cor d'una figlia
La sventura maggiore
Di tutte le sventure è il tuo dolore.
Arbace
Signor che pensi? in quel silenzio appena
Riconosco Catone, ov'è lo sdegno
Figlio di tua virtù? dov'è il coraggio?
Dove l'anima intrepida, e feroce?
Catone
Cesare abbiamo a fronte
Che d'assedio ci stringe: i nostri Armati
Pochi sono, e mal fidi: in me ripone
La speme, che le avanza
Roma, che geme al suo Tiranno in braccio:
E chiedete ragion s'io penso, e taccio?
Marzia
Ma non viene a momenti
Cesare a te?
Arbace
Di favellarti ei chiede
Dunque pace vorrà.
Catone
Sperate in vano
Che abbandoni una volta
Il desio di regnar: troppo gli costa
Per deporlo in un punto.
Marzia
Chi sà! Figlio è di Roma
Cesare ancor.
Catone
Ma un dispietato figlio,
Che serva la desia; ma un figlio ingrato,
Che per domarla appieno
Non sente orror nel lacerarle il seno.
Arbace
Tutta Roma non vinse
Cesare ancora, a superar gli resta
Il riparo più forte al suo furore.
Catone
E che gli resta mai?
Arbace
Resta il tuo core.
E se dal tuo consiglio
Regolati saranno, ultima speme
Non sono i miei Numidi. Anno altre volte
Sotto Duce minor saputo anch'essi
All'Aquile Latine in questo Suolo
Mostrar la fronte, e trattenere, il volo.
Catone
M'é noto, e il più nascondi
Tacendo il tuo valor, l'anima grande,
A cui, fuor che la sorte
D'esser figlia di Roma altro non manca.
Arbace
Deh tu Signor correggi
Questa colpa non mia; la tua virtude
Nel sen di Marzia io da gran tempo adoro.
Nuovo legame aggiungi
Alla nostra amistà; soffri ch'io porga
Di Sposo a lei la mano
Non mi sdegni la figlia, e son Romano.
Marzia
Come! allor che paventa
La nostra libertà l'ultimo fato,
Che a nostri danni armato
Arde il mondo di bellici furori
Parla Arbace di nozze, e chiede amori?
Catone
Deggion le nozze, o figlia,
Più al pubblico riposo,
Che alla scelta servir del genio altrui.
Principe non temer, fra poco avrai
Marzia tua Sposa, in queste braccia intanto
Del mio paterno amore
Prendi il pegno primiero, e ti rammenta
Ch'oggi Roma è tua patria il tuo dovere
Or che Romano sei,
E' di salvarla, o di cader con lei.

Con sì bel nome in fronte
Combatterai più forte
Rispetterà la sorte
Di Roma un figlio in te.

Libero vivi, e quando
Te 'l nieghi il fato ancora,
Almen come si mora
Apprenderai dà me.

Con sì ecc.

Scena seconda

Marzia, Arbace.
Arbace
Poveri affetti miei
Se non sanno impetrar dal tuo bel core
Pietà, se non amore.
Marzia
M'ami Arbace?
Arbace
Se t'amo! e così poco
Si spiegano i miei sguardi,
Che se il labro no'l dice, ancor no'l sai?
Marzia
Ma qual prova fin'ora
Ebbi dell'amor tuo?
Arbace
Nulla Chiedesti.
Marzia
E s'io chiedessi o Prence
Questa prova or da te?
Arbace
Fuor, che lasciarti
Tutto farò.
Marzia
Già sai
Qual di eseguir necessità ti stringa
Se mi sproni a parlar.
Arbace
Parla: ne brami
Sicurezza maggior? sù la mia fede,
Sul mio onor ti assicuro,
Il giuro ai Numi, a que' begli occhi il giuro.
Marzia
Bramo che in questo giorno
Non si parli di nozze, a tua richiesta
Il Padre vi acconsenta,
Non sappia ch'io l'imposi, e son contenta.
Arbace
Ah sò ben io
Qual né sia la caggion. Cesare ancora . . . .
Marzia
Non più
Arbace
Se favellando
Bella t'oltraggio, e spiaccio,
Non sdegnarti di più, ch'io parto e taccio.
(parte)
Marzio
Ah troppo dissi, e quasi tutto Arbace
Comprese l'amor mio. Mà chi può mai
Si ben dissimular gl'affetti sui,
Che gl'asconda per sempre a gl'occhi altrui.

E' follia se nascondete
Fidi amanti il vostro foco
A' scoprir quel che tacete
Un palor basta improviso,
Un rossor, ch'accende il viso,
Uno sguardo, ed un sospir.

E se basta così poco
A scoprir quel, che si tace,
Perche perder la sua pace
Con ascondere, il martir.

E' follia ecc.

Scena terza

Catone, poi Cesare, e Fulvio.
Catone
Dunque Cesare venga, io non intendo
Qual cagion lo conduca! è inganno! è tema!
Nò, d'un Romano in petto
Non giunge a tanto ambizion d'impero
Che dia ricetto a così vil pensiero.
(Cala il ponte, e vien Cesare e Fulvio.)
Cesare
Con cento squadre e cento
A mia difesa armate in campo aperto
Non mi presento a te. Senz'armi, e solo
Sicuro di tua fede
Fra le nemiche mura io porto il piede.
Tanto Cesare onora
La virtù di Catone emulo ancora.
Catone
Mi conosci abbastanza, onde in fidarti
Nulla più del dovere a me rendesti.
Cesare
E' ver, noto mi sei; già il tuo gran nome
Fin da prim'anni a venerare appresi.
In cento bocche intesi
Della patria chiamarti
Padre, e sostegno, e delle antiche leggi
Riggido difensor. Fù poi la sorte
Prodiga all'armi mie del suo favore.
Ma l'acquisto maggiore
Per cui contento ogn'altro acquisto io cedo
E' l'amicizia tua, questa richiedo.
Fulvio
E il Senato la chiede, a voi m'invia
Nuncio del suo voler, è tempo ormai
Che da' privati sdegni
La combattuta patria abbia riposo.
Catone
Chi vuol Catone amico
Facilmente l'avrà. Sia fido a Roma.
Cesare
Chi più fido di me? Spargo per lei
Il sudor da gran tempo, e il sangue mio.
Il gelido Brittanno
Per me le ignote ancora
Romane insegne a venerare apprese.
E dal Clima remoto
Se venni poi . . .
Catone
Già tutto il resto è noto.
Sò che il desio di regno,
Che il tirannico genio onde infelici
Tanti ai reso fin qui . . . .
Fulvio
Signor che dici?
Di ricomporre i disuniti affetti
Non son queste le vie, di pace io venni
Non di risse ministro.
Catone
E ben si parli.
(Udiam che dir potrà.)
Fulvio
(a Cesare.)
(Tanta virtude
Troppo acerbo lo rende.)
Cesare
(a Fulvio.)
Io l'ammiro però se ben m'offede.
(a Catone.)
Pende il Mondo diviso.
Dal tuo, dal cenno mio. Sol che la nostra
Amicizia si stringa il tutto é in pace.
Se del sangue latino
Qualche pietà pur senti, i sensi miei
Placido ascolterai.

Scena quarta

Emilia, e detti.
Emilia
Che veggio, o Dei
Questo è dunque l'asilo
Ch'io sperai di Catone? un luogo istesso
La sventurata accoglie
Vedova di Pompeo col suo nemico?
Ove son le promesse?
Ove la mia vendetta?
(a Catone.)
Cosi d'Emilia il diffensor tu sei?
Cosi sveni il Tiranno?
Fin di pace si parla in faccia a lei?
Fulvio
(In mezzo alle sventure
E' bella ancor.)
Catone
Tanto trasporto Emilia
Perdono al tuo dolor. Quando l'oblio
Delle private offese
Util si rende al commun bene, è giusto.
Emilia
Qual utile, qual fede
Sperar si può dall'oppressor di Roma?
Catone
Modera il tuo furor.
Cesare
Se tanto ancora
Sei sdegnata con me sei troppo ingiusta.
Emilia
Ingiusta? e tu non sei
La cagion de' miei mali? il mio consorte
Tua vittima non fù?
Fulvio
(Pietà mi desta.)
Cesare
Io non ò parte alcuna
Di Tolomeo nell'empietade: assai
La vendetta, ch'io presi è manifesta;
E sà il Ciel, tu lo sai,
S'io piansi allor sù l'onorata testa.
Catone
Ma chi sà, se piangesti
Per gioja, o per dolor: la gioja ancora
A' le lagrime sue.
Fulvio
Questo non parmi
Tempo opportuno a favellar di pace.
Chiede l'affar più solitaria parte,
E mente più serena.
Catone
Al mio soggiorno
Dunque in breve io vi attendo, e tu fratanto
Pensa Emilia, che tutto
Lasciar l'affanno in libertà non dei,
Giacche ti fe la sorte
Figlia a Scipione, ed a Pompeo Consorte.

Scena quinta

Cesare, Emilia, e Fulvio.
Cesare
Tu taci Emilia? in quel silenzio io spero
Un principio di calma.
Emilia
T'inganni, allor ch'io taccio
Medito le vendette.
Fulvio
E non ti plachi
D'un vincitor sì generoso a fronte?
Emilia
Io placarmi! anzi sempre in faccia a lui
Se fosse ancor di mille squadre cinto
Dirò che l'odio, e che lo voglio estinto.
Cesare
Vaga sei né sdegni tuoi,
Se Romano il core ostenti
Ma infierir cogl'innocenti
Questo è barbaro rigor.

Veggo in te quella costanza,
Che non teme d'empia sorte,
Ma conviene a un'alma forte
Giusto sdegno, e non furor.

Vaga ecc.

Scena sesta

Emilia, e Fulvio.
Emilia
Quanto da te diverso
Io ti riveggo o Fulvio: e chi ti rese
Di Cesare seguace, a me nemico?
Fulvio
Allor ch'io servo a Roma
Non son nemico a te. Troppo ò nell'alma
De' pregi tuoi la bella imago impressa.
Emilia
Mal si accordano insieme
Di Cesare l'amico,
E l'amante di Emilia, o lui difendi
O vendica il mio sposo: a questo prezzo
Ti permetto, che m'ami.
Fulvio
(Ah che mi chiede!
Si lusinghi.)
Emilia
Che pensi?
Fulvio
Penso, che non dovresti
Dubitar di mia fè.
Emilia
Dunque farai
Ministro del mio sdegno?
Fulvio
Un tuo comando
Prova ne faccia.
Emilia
Io voglio
Cesare estinto. Or posso
Di te fidarmi?
Fulvio
Ogn'altra man sarebbe
Men fida della mia.
Emilia
Questo basta per ora.
Fulvio
Tutto sperar tu dei da chi t'adora.

L'ira mia bella degnata
Fulminata
Mirerai su 'l capo all'empio.

Fatta stragge dell'indegno
Del crudel, che t'a tradita
Impunita l'empietà
Non andrà,
Ma il nemico fulminato
Mirerai con strano scempio

Ira ecc.

Scena settima

Emilia sola.
Emilia
Se gli altrui folli amori ascolto, e soffro,
E s'io respiro ancor doppo il tuo fato
Perdona, o sposo amato.
Perdona: a vendicarmi.
Non mi restano altr'armi a te gli affetti miei
Tutti donai, per te li serbo, e quando
Termini il viver mio saranno ancora
Al primo nodo avvinti,
S'è ver ch'oltre la tomba aman gli Estinti.

O nel sen di qualche stella,
O sul margine di Lete
Se mi attendi anima bella
Non sdegnarti, anch'io verrò.

Sì verrò, ma voglio pria
Che preceda all'ombra mia
L'ombra rea di quel tiranno,
Che a tuo danno
il mondo armò.

O ecc.
(parte.)

Scena ottava

Giardino vicino al soggiorno di Catone.

Cesare, e Fulvio.
Cesare
Giunse dunque a tentarti d'infedeltade Emilia, e tanto spera
Dall'amor tuo?
Fulvio
Sì, ma per quanto io l'ami
Amo più la mia gloria.
Infido a te mi finsi
Per sicurezza tua, così palesi
Saranno i suoi disegni.
Cesare
A Fulvio amico
Tutto fido me stesso; or mentre io vado
Il campo a riveder qui resta, e siegui
Il suo core à scoprir.
Fulvio
Tu parti?
Cesare
Io deggio
Prevenire i tumulti,
Che la tardanza mia destar potrebbe.
Fulvio
E Catone?
Cesare
A lui vanne, e l'assicura
Che pria, che giunga à mezzo il corso il giorno
A lui farò ritorno.
Fulvio
Andrò, ma veggio
Marzia, che viene.
Cesare
In libertà mi lascia
Un momento con lei, fin'ora in vano
La ricercai, t'è noto....
Fulvio
Io sò che l'ami,
Sò che t'adora anch'ella, e sò per prova
Qual piacer si ritrova
Dopo lunga stagion nel dolce istante,
Che rivede il suo bene, un fido amante.
(parte.)

Scena nona

Marzia, e Cesare.
Cesare
Pur ti riveggo o Marzia agli occhi miei
Appena il credo, e temo
Che per costume a figurarti avvezzo
Mi lusinghi il pensiero.
Marzia
E tu chi sei?
Cesare
Chi sono? e qual richiesta? è scherzo! è sogno!
Così tu di pensiero,
O così di sembianza io mi cangiai?
Non mi ravvisi?
Marzia
Io non ti viddi mai.
Cesare
Cesare non vedesti?
Cesare non ravvisi?
Quello che tanto amasti,
Quello a cui tu giurasti
Per volger d'anni, o per destin rubello
Di non essergli infida?
Marzia
E tu sei quello?
Nò, tu quello non sei, n'usurpi il nome.
Un Cesare adorai, no'l niego, ed era
Della patria il sostegno,
L'onor del campidoglio,
Il terror de' Nemici,
La delizia di Roma,
Del mondo intier dolce speranza, e mia.
Questo Cesare amai, questo mi piacque
Pria che l'avesse il Ciel da me diviso.
Questo Cesare torni, e lo ravviso.
Cesare
Sempre l'istesso io sono,
Combattei per difesa, a te dovevo
Conservar questa vita, e se pugnando
Scorsi poi vincitor di regno in regno
Sperai farmi cosi di te più degno.
Marzia
Molto ti deggio in ver, se ingiusta offesa
Il tuo cor generoso a me perdona.
Io semplice fin'ora
Sempre credei che si facesse guerra
Solamente a' nemici, e non spiegai
Come pegni amorosi i tuoi furori.
Ma in avvenir l'affetto
D'un grand'eroe che viva innamorato
Conoscerò così: barbaro, ingrato.
Cesare
Che far di più dovrei, supplice io stesso
Vengo a chiedervi pace,
Quando potrei ... tu sai ...
Marzia
Sò che con l'armi
Però la chiedi.
Cesare
E disarmato all'ira
De' nemici ò da espormi?
Marzia
Eh dì, che il solo
Impaccio al tuo disegno è il Padre mìo.
Dì che lo brami estinto, e che non soffri
Nel mondo che vincesti
Che sol Catone a soggiogar ti resti.
Cesare
Or m'ascolta, e perdona
Un sincero parlar: quanto me stesso
Io t'amo, è ver; ma la beltà del volto
Non fù che mi legò, Catone adoro
Nel sen di Marzia: il tuo bel core ammiro
Come parte del suo: qui più mi trasse
L'amicizia per lui, che il nostro amore.
E se (lascia ch'io possa
Dirti ancor più.) Se m'imponesse un Nume
Di perder un di voi, morir d'affanno
Nella scelta potrei,
Ma Catone, e non Marzia io salverei.
Marzia
Ecco il Cesare mio. Comincio adesso
A ravvisarlo in te. Così mi piaci,
Così m'innamorasti. Ama Catone
Io non ne son gelosa, un tal rivale
Se divide il tuo core
Più degno sei ch'io ti conservi amore.
Cesare
Questa è troppa vittoria, ah mal da tanta
Generosa virtude io mi difendo.
Ti rassicura, io penso
Al tuo riposo, e pria che cada il giorno
Dall'opre mie vedrai
Che son Cesare ancora, e che t'amai.

Apri le luci, e mira
Il mio costante affetto.
Per te il mio cor sospira
E non l'intendi ancor.

E in tacita favella
Co' soli miei sospiri
Ti scopro, oh dio, la bella
Fiamma, che m'arde il cor

Aprì ecc.

Scena decima

Marzia, poi Catone.
Marzia
Mie perdute speranze
Rinascer tutte entro il mio sen vi sento.
Catone
Andiamo o Figlia.
Marzia
Dove?
Catone
Al tempio, alle nozze
Del Principe Numida.
Marzia
(Oh Dei!) ma come
Sollecito così?
Catone
Non soffre indugio
La nostra sorte.
Marzia
(Arbace infido.) all'ara
Forse il prence non giunse.
Catone
(In atto di partire.)
Un mio fedele
Già corse ad affrettarlo.
Marzia
(Ah che tormento.)

Scena undicesima

Arbace, e detti.
Arbace
(a Catone.)
Deh t'arresta o Signor.
Marzia
(piano ad Arbace.)
Sarai contento.
Catone
Vieni o Principe andiamo
A compir l'Imeneo, potea più pronto
Donar quanto promisi?
Arbace
A sì gran dono
E' poco il sangue mio, ma se pur vuoi
Che si renda più grato, all'altra aurora
Differirlo ti piaccia, oggi si tratta
Grave affar co' Nemici, e il nuovo giorno
Tutto al piacer può consacrarsi intero.
Catone
Nò, già fumano l'are,
Son raccolti i ministri, ed importuna
Sarebbe ogni dimora.
Arbace
(piano a Marzia.)
Marzia che deggio far?
Marzia
(piano ad Arbace.)
Me'l chiedi ancora?
Catone
Ma qual fredezza è questa! io non l'intendo!
(ad Arbace.)
Fosse Marzia l'audace
Che si oppone a tuoi voti?
Marzia
Io? parli Arbace.
Arbace
Nò, son'io che ti priego.
Catone
Ah qualche arcano
Qui si nasconde .... Arbace
Non ti sarebbe già tornato in mente
Che nascesti Africano?
Arbace
Io da Catone
Tutto sopporto, e pure...
Catone
E pur assai diverso
Io ti credea.
Arbace
Vedrai...
Catone
Viddi abbastanza,
E nulla ormai più da veder m'avanza.
(parte.)
Arbace
Brami di più crudele? Altro vi resta
Per appagarti?
Marzia
Ad ubbidirmi Arbace
Incominciasti appena, e mi rinfacci?
E ne fai sì gran pompa? eh soffri e taci.

Scena dodicesima

Arbace.
Arbace
Che giurai! Che promisi! à qual comando
Ubbidirmi conviene! E chi mai vide
Più misero di mè! la mia Tiranna
Quasi sù gl'occhi miei si vanta infida
Ed io l'armi le porgo, onde m'uccida.

Che legge spietata
Che sorte crudele
D'un alma piagata
D'un core fedele
Servire
Soffrire
Tacere, e penar.
Se poi l'infelice
Dimanda mercede,
Si sprezza si dice
Che troppo richiede
Che impari ad amar.

Che legge ecc.

Fine dell'Atto Primo.

ATTO SECONDO.

Scena prima

Atrio magnifico.

Catone, Marzia, Arbace, ìndi Fulvio.
Catone
Marzia t'accheta; al nuovo giorno o Prence
Sieguan le nozze, io te'l consento; in tanto
Ad impedir di Cesare il ritorno
Mi porto in questo punto.
(in atto di partire.)
Marzia
(Dei che farò?)
Fulvio
Signor, Cesare è giunto.
Marzia
(Torno a sperar.)
Catone
Dov'è?
Fulvio
D'Utica appena
Entrò le mura.
Arbace
(Io son di nuovo in pena.)
Catone
Vanne Fulvio, al suo campo
Digli che rieda; in questo di non voglio
Trattar di pace.
Fulvio
E qual cagion? due volte
Cesare in un sol giorno a te sen viene,
E due volte è deluso?
Catone
Non più, da queste soglie
Cesare parta. Io farò noto a lui
Quando giovi ascoltarlo.
Fulvio
In van lo speri,
Sì gran torto non soffro.
Catone
E che farai?
Fulvio
Il mio dover.
Catone
Ma tu chi sei?
Fulvio
Son'io
Il Legato di Roma.
Catone
E ben di Roma
Parta il Legato.
Fulvio
Sì, ma leggi pria,
Che contien questo foglio, e chi l'invia.
(Fulvio da a Catone un foglio.)
Arbace
Marzia perchè sì mesta?
Marzia
(Eh non scherzar, che da sperar mi resta!)

(Catone apre il foglio, e legge.)
Catone
Il Senato a Catone. E' nostra mente
Render la pace al Mondo. Ogn'un di noi
I Consoli, i Tribuni, il popol tutto
Cesare istesso il Dittator la vuole.
Servi al pubblico voto, e se ti opponi
A così giusta brama
Suo nemico la Patria oggi ti chiama.
Fulvio
(Che dirà!)
Catone
Perche tanto
Celarmi il foglio?
Fulvio
Era rispetto.
Marzia
(Arbace
Perche mesto così?)
Arbace
(Lasciami in pace.)
Catone
(Rileggendo da sé.)
E' nostra mente, il Dittator la vuole...
Servi al publico voto....
Suo nemico la patria....
e così scrive
Roma a Catone?
Fulvio
Appunto.
Catone
Io di pensiero
Dovrò dunque cangiarmi?
Fulvio
Un tal comando
Improviso ti giunge.
Catone
E' ver, tu vanne,
E a Cesare ....
Fulvio
Dirò, che qui l'attendi,
Che ormai più non soggiorni.
Catone
Nò gli dirai che parta, e più non torni.
Fulvio
E il Senato Romano ....
Catone
Non è più quel di pria di schiavi è fatto
Un vilissimo gregge.
Fulvio
E Roma ....
Catone
E Roma
Non stà frà quelle mura. Ella è per tutto
Dove ancor non è spento
Di gloria, e libertà l'amor natio.
Son Roma i fidi miei, Roma son'io.
(straccia il foglio e parte.)

Scena seconda

Marzia, Arbace, e Fulvio.
Fulvio
A tanto eccesso arriva
L'orgoglio di Catone?
Marzia
Ah Fulvio, e ancora
Non conosci il suo zelo? ei crede....
Fulvio
Ei creda
Pur ciò che vuol, conoscerà fra poco
Se di Romano il nome
Degnamente conservo,
E se a Cesare sono amico, o servo.
(parte.)
Arbace
Marzia posso una volta
Sperar pietà?
Marzia
Dagl'occhi miei t'invola
Non aggiungermi affanni
Colla presenza tua.
Arbace
Dunque il servirti
E' Demerito in me? parto, mà pensa,
Che ne' gravi perigli,
A quai t'espone un genitor crudele
Potria giovarti un diffensor fedele.

S'andrà senza pastore
A pascere, l'agnella
Succederà che quella
Un dì si smarrirà.

E forse verrà fuore
Dall'antro ò dalla selva
Qalche feroce belva,
Che la divorerà

S'andrà ecc.

Scena terza

Marzia, poi Emilia, indi Cesare.
Emilia
E qual sorte è la mia!
Alfin partito
E' Cesare da noi. Come sofferse,
Quell'eroe sì gran torto?
Che disse? che farà? tu lo saprai,
Tu che sei tanto alla sua gloria amica.
Marzia
Ecco Cesare istesso, egli tel dica.
Emilia
Che veggo!
Cesare
A tanto eccesso
Giunse Catone? e qual dover, qual legge
Può render mai la sua ferocia doma?
E' il Senato un vil gregge?
E' Cesare un Tiranno? ei solo è Roma!
Emilia
E disse il vero.
Cesare
Ah questo é troppo, ei brama
Che al mio campo mi renda?
Io vò, di che m'aspetti, e si difenda.
(in atto di partire.)
Marzia
Deh ti placa, il tuo sdegno in parte è giusto
Il veggo anch'io, ma il Padre
A ragion dubitò, de tuoi sospetti
M'è nota la cagion, tutto saprai.
Emilia
(Numi, che ascolto?)

Scena quarta

Fulvio, e detti.
Fulvio
Or mai
Consolati Signor, la tua fortuna
Degna è d'invidia, ad ascoltarti alfine
Scende Catone. Io di favor sì grande
La novella ti reco.
Cesare
E così presto
Si cangiò di pensiero?
Fulvio
Anzi il suo pregio
E' l'animo ostinato.
Ma il popolo adunato
I Compagni, gli Amici, Utica intera
Desiosa di pace a forza à svelto
Il consenso da lui.
Marzia
Signor che pensi?
Una privata, offesa ah non seduca
Il tuo gran cor, vanne a Catone, e insieme
Fatti amici serbate
Tanto sangue latino.
Cesare
Ah Marzia....
Marzia
Io dunque
A muoverti a pietà non son bastante?
Emilia
(Più dubitar non posso, è Marzia amante.)
Cesare
E penso ancor? Marzia di nuovo al Padre
Vuò chieder pace, e soffrirò fin tanto
Ch'io perda di placarlo ogni speranza,
Tutto per te si faccia; An troppa forza
Sul mio cor gl'occhi tuoi. Arder mi sento,
Sè dà vicin ti miro,
E lontano dà tè peno, e sospiro.

Se mai senti spirarti sul volto
Lieve fiato che lento s'aggiri
Dì son questi li ardenti sospiri
Del mio fido, che langue per me

E se sia dal suo seno raccolto,
La memoria di tanti martiri
Sarà dolce con tanta mercè.

Se mai ecc.

Scena quinta

Marzia, Emilia, e Fulvio.
Emilia
Lode agli Dei. La fuggitiva speme
A Marzia in sen già ritornar si vede.
Marzia
Nol niego Emilia, è stolto
Chi non sente piacer, quando placato
L'altrui genio guerriero
Può sperar la sua pace il mondo intero.
Emilia
Nobil pensier, se i publici riposi
Di tutti i voti tuoi sono gl'oggetti.
Ma spesso avvien, che questi
Siano illustri pretesti
Ond'altri asconda i suoi privati affetti.
Marzia
Credi ciò, che a te piace. Io spero intanto,
E alla speranzia mia
L'alma si fida, e i suoi timori oblia.

Scena sesta

Emilia, e Fulvio.
Fulvio
Tu vedi o bella Emilia
Che mia colpa non è s'oggi di pace
Si ritorna a parlar.
Emilia
(Fingiamo) assai
Fulvio conosco, e quanto oprasti intesi.
Sò però con qual zelo
Porgesti il foglio, e come
A favor del Tiranno
Ragionasti a Catone. Era il tuo fine
Cred'io d'aggiunger foco al loro sdegno.
Non è così?
Fulvio
Puoi dubitarne?
Emilia
(Indegno)
Fulvio
Ora che pensi?
Emilia
A vendicarmi.
Fulvio
E come?
Emilia
Meditai, mà non scelsi.
Fulvio
Al braccio mio
Tu promettesti il sai, l'onor del colpo.
Emilia
E a chi fidar poss'io
Meglio la mia vendetta?
Fulvio
Io ti assicuro
Che mancar non saprò.
Emilia
Vedo, che senti
Delle sventure mie tutto l'affanno.
Fulvio
(Salvo un'eroe cosi.)
Emilia
(Così l'inganno)

Scena settima

Fulvio.
Fulvio
Oh Dio tutta te stessa
A me confida Emilia, ed io l'inganno
Ah perdona mio bene. Anima grande
Del trafitto Pompeo chieggo perdono,
Se sturpator di tutte vendette io sono

De gl'Elisi dal soggiorno
Sorge l'ombra invendicata,
E girando a me d'intorno
Grida sangue, e vuol vendetta.

Mà che penso! Che risolvo!
Figlio son dell'alta Roma,
E il suo Cesare sottrarre
Dai perigli a me s'aspetta.

Degl'Elisi ecc.

Scena ottava

Luogo di ritiro di Catone.

Catone, poi Cesare.
Catone
Si vuole ad onta mia
Che Cesare si ascolti?
L'ascolterò. Ma in faccia
Agl'uomini, ed ai numi io mi protesto
Che da tutti costretto
Mi riduco a soffrirlo, e con mio affanno
Debole io son per non parer Tiranno.
Cesare, a me son troppo
Preziosi i momenti, e qui non voglio
Perdergli in ascoltarti,
O stringi tutto in poche note, o parti.
(siede.)
Cesare
T'appagherò. (Come m'accoglie!) Il primo
(siede.)
De' miei desiri, è il renderti, sicuro
Che il tuo cor generoso,
Che la costanza tua...
Catone
Cangia favella
Se pur vuoi che t'ascolti io sò, che questa
Artificiosa lode è in te fallace,
E vera ancor da' labri tuoi mi spiace.
Cesare
(Sempre è l'ittesso!) ad ogni costo io voglio
Pace con te, tu scelgi i patti, io sono
Ad accettargli accinto
Come faria col vincitore, il vinto.
(Or che dirà?)
Catone
Tanto offerisci?
Cesare
E tanto
Adempirò, che dubitar non posso
D'una ingiusta richiesta.
Catone
Giustissìma sarà. Lascia dell'armi
L'usurpato comando: il grado eccelso
Di Dittator deponi, e come reo
Rendi in carcere angusto
Alla patria, ragion de tuoi misfatti,
Questi, se pace vuoi, saranno i patti.
Cesare
Ed io dovrei ....
Catone
Di rimanere oppresso
Non dubitar, che allora
Sarò tuo difensore.
Cesare
(E soffro ancora!}
Tu sol non basti. Io sò quanti nemici
Con gli eventi felici
M'irritò la mia sorte, onde potrei
I giorni miei sagrificare in vano.
Catone
Ami tanto la vita, e sei Romano?
Basti così.
(s'alza.)
Cesare
Ferma Catone.
Catone
E' vano
Quanto puoi dirmi.
Cesare
Un sol momento aspetta,
Altre offerte io farò.
Catone
Parla, e t'affretta.
(torna a sedere.)
Cesare
(Quanto sopporto!) il combattuto acquisto
Dell'impero del mondo, il tardo frutto
De' miei sudori, e de' perigli miei,
Se meco in pace sei
Dividerò con te.
Catone
Si, perche poi
Diviso ancor frà noi
Di tante colpe tue fosse il rossore.
E di viltà Catone
Temerario così tentando vai?
Posso ascoltar di più.
Cesare
(Son stanco ormai.)
Troppo cieco ti rende
L'odio per me. Meglio rifletti, io molto
Fin'or t'offersi, e voglio
Offrirti più. Perchè frà noi sicura
Rimanga l'amistà, darò di sposo
La destra a Marzia.
Catone
Alla mia figlia?
Cesare
A lei.
Catone
Ah prima degli Dei.
Piombi sopra di me tutto lo sdegno.
Che il sangue d'un indegno
Infami il sangue mio, che a me congiunto
Io soffra un traditore, un che di Roma
A' quasi già nel suo furor sepolta
L'antica libertà ....
Cesare
Taci una volta.
Ai cimentato assai
La toleranza mia.
(in atto di partire.)

Scena nona

Marzia, e detti.
Marzia
Cesare e dove?
Cesare
Al Campo.
Marzia
Oh' Dio t'arresta.
(a Catone.)
Questa è la pace? e questa
(a Cesare.)
L'amista sospirata?
Cesare
Il padre accusa
Egli vuol guerra.
Marzia
Ah Genitor
Catone
T'acchetta
Di costui non parlar.
Marzia
Cesare...
Cesare
O' troppo
Tolerato fin'ora.
Marzia
Ah nò placate
Ormai l'ire ostinate: assai di pianto
Costano i vostri sdegni
Alle spose latine, assai di sangue
Costano gli odi vostri all'infelice
Popolo di Quirino, ah non si veda
Su l'amico trafitto
Più incrudelir l'amìco, ah non trionfi
Del Germano il Germano: ah più non cada
Al figlio che l'uccise il padre accanto
Basti al fin tanto sangue, e tanto pianto.
Catone
Non basta a lui.
Cesare
(a Catone.)
Non basta a me! Se vuoi
V'è tempo ancor, pongo in oblio le offese,
Le promesse rinovo,
L'ire depongo, e la tua scelta attendo,
Chiedimi guerra, o pace
soddisfatto sarai.
Catone
Guerra guerra mi piace.
Cesare
E guerra avrai

Se in campo armato
Vuoi cimentarmi,
Vieni, che il fato
Fra l'ire, e l'armi
La gran contesa
Deciderà.

Delle tue lagrime
Del tuo dolore
Accusa il barbaro
Tuo genitore
Il cor di Cesare
Colpa non hà

Se in ecc.

Scena decima

Catone, Marzia, ìndi Emilia.
Marzia
Ah Signor che facesti? Ecco in periglio
La tua, la nostra vita.
Catone
Il viver mio
Non sia tua cura. Emilia
Non v'é più pace, e frà l'ardor dell'armi
Mal sicure voi siete; onde alle navi
Portate il pie. Sai che il german di Marzia
Di quelle è Duce e in ogni evento avrete
Pronto lo scampo almen.
Emilia
Qual via sicura
D'uscir da queste mura
Cinte d'assedio?
Catone
In solitaria parte
D' Iside al fonte appresso
A me noto è l'ingresso.

Scena undicesima

Arbace, e detti.
Arbace
Signor, so che a momenti
Pugnar si deve, imponi,
Che far degg'io senza aspettar l'aurora
Ogn'ingiusto sospetto a render vano
Vengo sposo di Marzia, ecco la mano.
(Mi vendico così.)
Catone
No'l dissì o figlia.
Marzia
Temo Arbace, ed ammiro
L'incostante tuo cuor.
Catone
Più non s'aspetti, a lei
Porgi Arbace la destra.
Arbace
Eccola, in dono
Il cor, la vita, il soglio
Così presento a te.
Marzia
Và, non ti voglio.
Arbace
Come!
Emilia
(Che ardir!)
Catone
Perche?
Marzia
Finger non giova
Tutto dirò. Mai non mi piacque Arbace,
Mai no'l soffersi, egli può dirlo: ei chiese
Il differir le nozze
Per acenno mio, sperai che al fin più saggio
L'autorità d'un padre
Impegnar non volesse a far soggetti
I miei liberi affetti.
Ma già che sazio ancora
Non è di tormentarmi, e vuol ridurmi
A un estremo periglio,
A un estremo rimedio anch'io m'appiglio.
Catone
Son fuor di me, d'onde tant'odio? e d'onde
Tanta audacia in costei?
Emilia
Forse altro foco
L'accenderà.
Arbace
Così non fosse.
Catone
E quale
De' contumace amori
Sarà l'oggetto?
Arbace
Oh Dio.
Emilia
Chi sà.
Catone
Parlate.
Arbace
Il rispetto...
Emilia
Il decoro....
Marzia
Tacete, io lo dirò; Cesare adoro.
Catone
Cesare!
Marzia
Si perdona
Amato Genitor, di lui m'accesi
Pria che fosse nemico: io non potei
Sciogliermi più. Qual'è quel cor capace
D'amare, e disamar quando gli piace?
Catone
Cbe giungo ad ascoltar?
Marzia
Placati, e pensa
Che le colpe d'amor....
Catone
Togliti indegna,
Togliti agl'occhi miei.
Marzia
Padre...
Catone
Che Padre.
D'una perfida figlia
Ch'ogni rispetto oblia, che in abbandono
Mette il proprio dover, padre non sono.
Marzia
Ma che feci? agl'altari
Forse i numi involai? forse distrussi
Con sacrilega fiamma il tempio a Giove?
Amo alfine un'eroe, di cui superba
Sopra i secoli tutti
Và la presente etade, il cui valore
Gl'altri, la terra, il mar, gli uomini, i numi
Favoriscono a gara, onde se l'amo
O che rea non son'io,
O il fallo universale approva il mio.
Catone
(in atto di ferir Marzia.)
Scelerata il tuo sangue ....
Arbace
Ah nò, t'arresta.
Emilia
Che fai?
Arbace
Mia sposa è questa.
Catone
Ah prence, ah ingrata.
Amar un inimico!
Vantarlo in faccia mia! Stelle spietate
A quale affanno li giorni miei serbate

(a Marzia.)
Doveva svenarti allora
Che appristi al dì le ciglia.
(ad Emilia
Dite, vedeste ancora
(ad Arbace
Un padre, ed una Figlia
Perfida al par di lei,
Misero al par di me.

L'ira soffrir saprei
D'ogni destin tiranno.
A questo solo affanno
Costante il cor non è.

Scena dodicesima

Marzia, Emilia, ed Arbace.
Marzia
(ad Arbace.)
Sarete paghi al fin. Volesti al padre
Vedermi in odio? eccomi in odio. Avesti
(ad Emilia.)
Desio di guerra, eccoci in guerra. Or dite
Che bramate di più.
Arbace
M'accusi a torto.
Tu mi togliesti, il sai,
La legge di tacer.
Emilia
Io non t'offendo
Se vendette desio.
Marzia
Ma uniti intanto
Contro me congiurate.
Ditelo, che vi feci, anime ingrate.

Il Povero mio core
Nell'aspro suo dolore
Non hà chi lo ristori
Non trova chi il consoli
Mà tutto è crudeltà

Amore è il mio tiranno
Il Padre è il mio tormento
E a un sì crudele affanno
Trovar non sò pietà.

Il Povero ecc.

Scena tredicesima

Emilia, e Arbace.
Emilia
Udisti Arbace?
Arbace
Ah troppo intesi. Io sono
De gli amanti fedeli il più infelice,
Udir l'Idolo amato
Dichiararsi infedel con tanto ardire
Questo, questo è penar, questo è morire.

Scena quattordicesima

Emilia.
Emilia
Or di Caton l'asilo
Mal sicuro è per me. Cesare armato
E' minaccia, e spaventa. Ora in qual guisa
Vendicarmi potrò? Costanza o core,
Non sì cangi pensier, se cangia sorte,
Che non manca vendetta à un'alma forte.

Come in vano il Mare irato
Batte il lido, ed urta il scoglio
Non m'opprime l'empio fato,
E di Cesare l'orgoglio
Non mi giunge à spaventar.

D'un nemico, che insidioso
M'à svenato il dolce Sposo,
Saprò l'onte vendicar.

Come ecc.

Fine dell'Atto Secondo.

ATTO TERZO.

Scena prima.

Bosco circondato d'alberi, corrispondente al fonte d'Iside.

Cesare, e Fulvio.
Cesare
Tutto amico ò tentato.
Andiamo, ormai
Giusto è il mio sdegno, ò tolerato assai.
Fulvio
Ferma, tu corri a morte.
Cesare
Perche?
Fulvio
Già sù le porte
D'Utica v'è chi nell'uscir ti deve
Privar di vita.
Cesare
E chi pensò la trama?
Fulvio
Emilia, ella me'l disse, ella confida
Nell'amor mio, tu'l sai.
Cesare
Coll'armi in pugno
Ci apriremo la via. Vieni.
Fulvio
Raffrena
Quest'ardor generoso. Altro riparo
Offre la sorte.
Cesare
E quale?
Fulvio
Un che frà l'armi
Milita di Catone in fino al campo
Per incognita strada
Ti condurrà.
Cesare
Chi è questi?
Fulvio
Floro s'appella, uno è di quei che scelse
Emilia a trucidarti, ei vien pietoso
A palesar la frode,
E ad aprirti lo scampo.
Cesare
Ov'è?
Fulvio
Ti attende
D'Iside al fonte. Egli m'é noto, a lui
Fidati pur. Intanto al campo io riedo,
E per renderti più la via sicura
Darò l'assalto alle nemiche mura.
Cesare
E fidarmi così?
Fulvio
Sgombra i sospetti.
Avran di te che sei
La più grand'opra lor, cura gli Dei.
(parte.)

Scena seconda

Cesare, poi Marzia.
Cesare
Quanti aspetti la sorte
Cangia in un giorno!
Marzia
Ah Cesare che fai.
Come in Utica ancor?
Cesare
Le insidie altrui
Mi son d'inciampo.
Marzia
Per pietà se m'ami
Come parte del mio
Difendi il viver tuo. Cesare addio.
Cesare
Fermati, dove fuggi?
Marzia
Io stessa non sò dirlo. Il padre irato
Vuol la mia morte (oh dio
Giungesse mai.) non m'arrestar, la fuga
Sol può salvarmi.
Cesare
Abbandonata, e sola
Arrischiarti così? ne' tuoi perigli
Seguirti io deggio.
Marzia
Nò s'è ver che m'ami
Me non seguir, pensa a te sol, non dei
Meco venire, addio... ma senti, in campo
Com'è tuo stil se vincitor sarai
Oggi del padre mio
Risparmia il sangue, io te ne priego addio.
Cesare
T'arresta anche un momento,
Marzia
E' la dimora
Perigliosa per noi, potrebbe... io temo...
Deh lasciami partir.
Cesare
Così t'involi?
Marzia
Chi sà se più ci rivedremo, e quando.
Chi sà, che il fato rio
Non divida per sempre i nostri affetti.
Cesare
E nell'ultimo addio tanto ti affretti?
Marzia
Se parto se resto
Confusa mi perdo
L'affanno la pena
M'afflige, mi svena,
E misera oh Dio
Morir non poss'io.
Il fato spietato
Mi lacera il cor.

Turbata la mente
Non vede non sente,
Frà sdegno ed amore
Il povero core
Confonde il dolor.

Se parto ecc.

Scena terza

Cesare.
Cesare
Me infelice! Che valmi aver soggetto
Il Mondo al cenno mio?
Se il bell'Idolo mio col suo dolore
E' sgomenta ed abbatte il mio valore

Sarebbe un bel diletto
Il sospirar d'amor
Ma sempre dover piangere
Sentirsi il cor a frangere
E un barbaro rigor,
Che rende affanno.

Quell'amator, che crede
Goder senza penar,
O ch'il suo error non vede
O ch'egli vuol amar
Sol con inganno.

Sarebbe ecc.

Scena quarta

Emilia con gente armata.
Emilia
É questo amici il luogo ove dovremo
La vittima svenar. Frà pochi istanti
Cesare giugnerà, vorrei... ma parmi,
(la gente si dispone, e si asconde.)
Ch'altri s'appressi! è questi
Certamente il Tiranno, aita o Dei.
Se vendicata or sono
Ogni oltraggio sofferto io vi perdono.
(si asconde.)

Scena quinta

Cesare, e detta.
Cesare
Ecco d'Iside il fonte. A noti segni
Questo il varco sarà. Floro m'ascolti?
(Nell'entrar s'incontra in Emilia, che esce dagli acquedotti.)
Emilia
E' giunto il tempo
Delle vendette mie.
Cesare
Fulvio a potuto,
Ingannarmi così?
Emilia
Nò, dell'inganno
Tutta la gloria è mia, della sua fede
Giurata a te contro di te mi valsi.
Perchè impedisse il tuo ritorno al campo
A Fulvio io figurai
D'Utica su le porte i tuoi perigli.
Per condurti ove sei, Floro io mandai
Con simulato zelo a palesarti.
Questa incognita strada; or dal mio sdegno
Se puoi t'invola.
Cesare
Al fin che chiedi?
Emilia
Il sangue tuo.
Cesare
Si lieve
Non è l'impresa.
Emilia
Or lo vederemo. amici
L'usurpator svenate.
(esce la gente.)
Cesare
Prima voi caderete.
(cava la spada.)

Scena sesta

Catone, e detti.
Catone
Ola fermate.
Emilia
Fato avverso!
Catone
Che miro! allor ch'io cerco
La fuggitiva figlia
Te in Utica ritrovo in mezzo all'armi?
Che si vuol? che si tenta?
Cesare
La morte mia, ma con viltà.
Catone
Chi è reo
Di sì basso pensiero?
Cesare
Emilia.
Catone
Emilia!
Emilia
E' vero.
Io fra noi lo ritenni. In questo loco
Venne per opra mia. Qui voglio all'ombra
Dell'estinto Pompeo svenar l'indegno.
Non turbar nel più bello il gran disegno.
Catone
E Romana qual sei
Speri adoprar con lode
La Greca insidia, e l'Africana frode?
Parti, e ti scorda
L'idea d'un tradimento.
Emilia
Veggo il fatto di Roma in ogni evento.

Scena settima

Catone, e Cesare.
Catone
D'altre insidie ai sospetto?
Cesare
Ove tu sei
Chi può temerle?
Catone
E ben stringi quel brando.
Risparmi il sangue nostro
Quello di tanti eroi.
Cesare
Come!
Cqatone
Se qui paventi
Di nuovi tradimenti
Scegli altro campo, e decidiam fra noi
Cesare
Ch'io pugni teco! ah non sia ver. Saria
Della perdita mia
Più infausta la vittoria.
Catone
Eh non vantarmi
Tanto amor tanto zelo, all'armi, all'armi.
Cesare
A cento schiere in faccia
Si combatta se vuoi, ma non si vegga
Per qualunque periglio
Contro il padre di Roma armarsi un figlio.
Catone
Eroici sensi, e strani
A un seduttor delle donzelle in petto.
Sarebbe mai difetto
Di valor, di coraggio
Quel color di virtù?
Cesare
Cesare soffre
Di tal dubbio l'oltraggio?
Ah se alcuno sì trova
Che ne dubiti ancora ecco la prova.
(mentre cava la Spada esce Emilia frettolosa.)

Scena ottava

Emilia, e detti.
Emilia
Siam perduti.
Catone
Che fù?
Emilia
L'armi nemiche
Sù le assalite mura
Si veggono apparir. Non basta Arbace
A incoraggire i tuoi. Se tardi un punto
Oggi all'estremo il nostro fato è giunto.
Catone
Di private contese
Cesare non è tempo.
Cesare
A tuo talento
Parti, o t'arresta.
Emilia
Ah non tardar. La speme
Si ripone in te solo.
Catone
Volo al cimento.
(parte.)
Cesare
Alla vittoria io volo.
(parte.)

Scena nona.

Emilia.
Emilia
Chi può nelle sventure
Eguagliarsi con me. Spesso per gli altri
E parte, e fà ritorno
La tempesta, la calma, e l'ombra, e il giorno.
Sol'io provo degli astri
La costanza funesta.
Sempre notte è per me, sempre è tempesta.

Nella foresta
Leone invitto
Resta trafitto
Piagato freme
Del suo lamento
La spiaggia il vento
Fa risuonar.

Così nel petto,
Mi fà la sorte,
E mentre langue
Dolor di morte
Mi fà provar.

Nella ecc.

Scena decima

Catone con spada alla mano.
Catone
Vinceste inique stelle.
Ecco soggiace
Di Cesare all'arbitrio il mondo intero.
Misera libertà, patria infelice,
Ma non potrai tiranno
Trionfar di Catone, e se non lice
Viver libero ancor, si vegga almeno
Nella fatal ruina
Spirar con me la libertà latina.
(in atto di uccidersi.)

Scena undicesima.

Marzia da un lato, Arbace dall'altro, e detto.
Marzia
Padre.
Arbace
Signor.
a due
T'arresta.
Catone
Al guardo mio
Ardilci ancor di presentarti ingrata?
Arbace
Una misera figlia
Lasciar potresti in servitù sì dura?
Catone
Ah questa indegna oscura
La gloria mia.
Marzia
Che crudeltà! deh ascolta
I prieghi miei.
Catone
Taci
Marzia
(s'inginocchia.)
Perdono o padre,
Caro padre pietà. Questa che bagna
Di lagrime il tuo piede è pur tua figlia.
Ah volgi a me le ciglia,
Vedi almen la mia pena,
Guardami una sol volta, e poi mi svena.
Catone
Taci indegna. Conosco
L'animo avverso. Ah dà costei lontano
Volo à morir. Son'io
Per te solo infelice. Anima rea
Questo scorno dà te non attendea

Fuggi dal guardo mio
Tuo Genitor non sono:
Tu mi tradisti oh Dio!
Nò non sperar perdono,
Per te non v'è pietà.

M'arde nel seno il core
Di fiamma inesorabile
Eterno ed implacabile
Lo sdegno in me sarà.

Fuggi ecc.

Scena dodicesima

Cesare, e Fulvio.
Cesare
Il vincer o compagni
Non è tutto valor. La sorte ancora
A' parte ne trionfi. Il proprio vanto
Del vincitore è il moderar se stesso,
Ne incrudelir sù l'inimico oppresso.
Con mille, e mille abbiamo
Il trionfar commune
Il perdonar non già. Questa è di Roma
Domestica virtù. Se ne rammenti
Oggi ciascun di voi. D'ogni nemico
Risparmiate la vita, e con più cura
Conservate in Catone
L'esempio degli eroi
A' me, alla patria, all'universo, a voi.
Fulvio
Cesare non temerne, è già sicura
La salvezza di lui. Corse il tuo cenno
Per le Schiere fedeli.

Scena ultima.

Marzia, Emilia, e detti.
Marzia
Ah Cesare e sia vero
Che mirar voglia estinto
L'infelice Catone? Eccelsi frutti
Del tuo valor son questi. Il più dell'opra
Ti resta ancor, via quell'acciaro impugna
La disperata figlia unisci al Padre.
Cesare
Nò Marzia, non temer, vivrà Catone,
E libero vivrà. Fedele amico
Più che mai le sarò. Io giuro ad esso
Rinunciar, se tu vuoi, l'alloro istesso.
Marzia
Ritorno in vita.
Arbace
Ogni speranza io perdo,
Mà se giova alla Patria io son contento.
Cesare
Emilia io giuro ai Numi....
Emilia
I Numi avranno
Cura di vendicarci. Assai lontano
Forse il colpo non è. Per pace altrui
L'affretti il Cielo, e questa man, che meno
Credi infedel, quella ti squarci il seno.
(parte.)
Cesare
Compatisco il suo duol. Tu Marzia almeno
La mia fede rammenta.
Marzia
Il patto adempi,
Rendimi il Genitor, e all'ora poi
Sperar mercè dall'amor mio tu puoi.
Cesare
Arbitra del cor mio destina imponi
Tutto farò per te.
Splenda frà noi la face,
Ed abbia Roma, abbia Caton la pace.
Coro
D'amor la face
Lieta risplenda,
E il Campidoglio
Novella pace
Giulivo renda.

Il fine.


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Ultimo aggiornamento 7 luglio 2023