Filippo re di Macedonia, RV 715

Dramma musicale in tre atti


Testo del libretto


ATTO PRIMO

Scena prima

Camera d'Udienza con Trono.

Euridice in trono, Olimpiade, Demetrio, e Antigono in piedi.
Euridice
De Macedoni Regi, acciò più chiaro
S'inalzi il nome, e ne rimbombi il grido;
A Popoli, à Vassali
Il mio real comando
Oggi Antigono intimi, e l'Asia intenda,
Che il voler di chi regge,
Al destino de Regni, è norma, e legge.

(Antigono legge il Decreto)
Antigono
L'alta Donna, che siede
Del Macedone impero al fren temuto,
Perche del sangue suo,
Possa serbar la purità natia,
A suoi popoli espone
L'impermutabil legge. Impone à Prenci
Che del Patrio Diadema anno il rettaggio
Che a reali donzelle
Nate in stranie contrade, unqua non resti
Libertà d'Imeneo stringersi al nodo;
E da Filippo il fìglio
Il divieto incominci; indi il suo erede
Tributi al cenno, ubbidienza, e fede.
Demetrio
Regina, a me permetti
Ch'esponga i sensi miei, nel cielo i Numi
Han concessa a chi nasce
Libera volontà; ma ne regnanti
Più tal diritto accresce è il mio consiglio.
Ch'ò distruggi il decreto, ò aspetta il figlio.
Euridice
Zelo inutil non giova, il mio volere
Più non deve ragion quand'ei decise.
Olimpiade
Ma ricordar ti dei che il figlio tuo
Fè di sposo a me deve, il dato impegno
Il Padre il confirmò, tù lo giurasti;
Or qual pensier sol di discordie amico
Il giusto offende, e l'onor mio deride?
Antigono
Politico riflesso ove favella;
Taccian lievi riguardi.
Euridice
Anche abbastanza
Ascoltai, e soffrii, la scritta legge.
(Scende dal trono.)
Tosto si manefesti,
Ciascun s'apparti, e sol Demetrio resti.
Antigono
Pronto il comando adoro il giusto impegno
Fama accresca al tuo nome, e gloria al re.
(parte.)
Olimpiade
Del mio rossor, dell'odio tuo vendetta
Sgrida il mio core, e all'amor mio s'aspetta.

Esca in campo la ragione,
Per difendere il mio amore,
Per far scudo al proprio onor.

Contro lei chi mai s'oppone,
Oltre à fare un grande errore
Sempre resta perditor.

Esca ecc.

Scena seconda

Euridice, e Demetrio.
Euridce
Tu di mia gloria il difensor! tu quello
Che ostenti fé! che vanti amor?
Demetrio
Regina
Ne tuo amator, ne tuo vassal sarei
Se da cieco seguissi
Ciò che di tua grandezza il vanto offende
Euridice
T'intendo ingrato, siegui
Le difese del figlio, e della Madre
Tutte l'oblia.
Demetrio
L'Eroe mai non s'asconde
Nel saggio amante.
Euridice
Ascolta.
O qual devi, fedel mi rendi il core.
O lascia la viltà d'un finto amore.
Demetrio
Finto amor! deh! non lo dir.
Più bel foco, e più sincero,
Mai del mio non avampò.

E' si grande, che il pensiero
Non l'intende.
Benché il cor capir
Lo può.

Finto ecc.

Scena terza

Euridice, e poi Orinda.
Euridice
Giunto è il figlio, ma pria ch'ei qui ne venga
Trovi un'inciampo ond'ei non salga al soglio.
Magnanimo è il rifiuto
D'un ben volgar: ma quello
D'un impero, e viltà nel danno estremo.
Pur ch'io resti al regnar di nulla io temo.
Orinda
Regina il commun viva
A la Reggia già presso il Prence addita.
Euridice
Fida Orinda, al confine
Giunta son de miei mali.
Regno, ed impero ormai
Ceder convienmi al figlio; e d'onde in pria
Sol fea leggi col ciglio
Ora Euridice all'altrui cenno è serva.
Orinda
D'Antigono la fè, di tua grandezza
Fassi il saldo sostegno
Euridice
E' ver, ma troppo
Peno, infinger d'amarlo, ah! che l'amore
Non dal obligo mai, ma nasce in noi
Dal genio solo, e questo
A' Demetrio io donai: è un fier dolore
L'odio coprir con mascherato amore.

Nel crin vò serbarti
L'eccelso Diadema,
Con vezzi, e con arti
Regnante beltà.

Un solo adorare,
Ma l'altro ingannare
Se bene é un contento
Tormento - mi da.

Nel crin ecc.

Scena quarta

Orinda sola.
Orinda
Respira, ò cor d'Antigono gli affetti
Già son delusi, e d'Euridice in seno
Non v'é per ivi che un finto amore, in porto
Si che son mie speranze.
Se l'infido, allor quando
Dal regio amor vedrassi escluso, allora
Smorzando del suo ardor le fiamme accese,
Tanto m'adorerà, quanto ei m' offese.

La speme lusinghiera
Spera mi dice spera,
E il cor che gli da fede
Lieto sperando ei va.
Ma l'alma che non crede
A quella menzogniera,
In dubio ancor ne stà.

La speme ecc.

Scena quinta

Piazza reale avanti la Reggia con numero di popolo, e di Milizie.

Filippo sopra Carro trionfale tirato da Schiavi, e prigionieri, e poi Antigono.
Coro
Viva viva il vincitore
Viva eterno il nostro Re.
Antigono
Prence, tua gloria inchino.
La real Madre, vinta
Da gioja, e tenerezza anela, il punto
Di stringerti nel sen.
Filippo
Madre amorosa
In mè sia che rivegga
Il figlio nel rispetto,
Il Prence nel valor.
Antigono
Già già prepara
Tra di voi dolce amor l'illustre gara.

Bella gara faran trà di loro
Cor di madre, di figlio l'amor.
Già la gloria con nobil lavoro
Freggi intesse dei vostro splendor.

Bella ecc.

Scena sesta

Demetrio, e Filippo.
Demetrio
Splende più chiaro il sole; Aure più molli
Spiran, Signor, nel tuo ritorno.
Filippo
Amico,
M'è pur caro il tuo amor; ma pria che d'altro
D'Olimpiade mi reca
Felici avvisi.
Demetrio
Ah ti risparmia, ò Sire,
Un duol non aspettato.
Filippo
E qual?
Demetrio
La Madre,
Legge iniqua dettò; che del tuo impero
Non possa il successor rendersi avvinto
Di straniere Donzelle al sacro nodo.
E l'osservanza ìngiusta
Da te cominci.
Filippo
E tanto,
Odo, e lo soffro! ah! nò, io sarò quello
Ch'oggi in Pelia darò leggi più giuste.
Demetrio
D'Antigono il poter ferma il sostegno
D'Euridice al pensier. Ma qui sen viene
Il soave tuo amor.
Filippo
Seco mi lascia
Solo à sfogar le pene mie.
Demetrio
Fedele
Il cenno adempirò; mà pensa, ò Sire,
Qual sia nobil piacer dar freno all'ire.

Scena settima

Olimpiade con accompagnamento, e Filippo.
Filippo
Pur ti veggio, idol mio.
Olimpiade
Caro, a miei voti
Fauste al fin fur le Stelle, ò quante pene
Che mi costa il tuo amor.
Filippo
Sò Madre ingiusta,
Quanto é nimica a noi.
Olimpiade
Mà qual riparo,
Pensi à mio prò?
Filippo
Reprimi
L'impeto del timor, tutte le vie
Correrò de cimenti. Io se non posso
Risarcire i tuoi mali,
Sodisfarò la tua vendetta; adio.
Men vò dove mi tragge
Il tuo amore, il mio impegno,
Più tosto che il tuo cor, si perda il regno.

Spesso il vento assale, e tenta
Di strappar dall'Olmo amante
La sua Vite innamorata,
Mà pur vincerla non sà.

Fido, e forte ei la sostenta,
E con franco ardir costante
Non la lascia abbandonata,
Benché a terra ei pur ne và.

Spesso ecc.

Scena ottava

Olimpiade sola.
Olimpiade
Mia languente virtù sorgi, e ravviva
Le tue morte speranze.
Un testimon più caro
De la fede giurata
Dar non mi può l'amante.
No che non sempre Amore,
A chi il siegue con fede, è mancatore.

Sento che la mia speme
Mi dice un non sò che
Che par contento.

Ma se l'amor che geme
Va cercando cos'è,
Sempre è tormento.

Sento ecc.

Scena nona

Gabinetto reale con sedia.

Euridice, e poi Antigono.
Euridice
O' sia forza di Fato, ò pur d'amore,
A regnante beltade
Non mancano giamai sudditi amanti.
M'ama Demetrio, e con eguale ardore
Antigono mi siegue, il primo è caro;
L'altro lusingo, giova
Al mio destin presente,
Che mi sieguano amando.
Più dura cosa è perdere l'impero
Che soave acquistarlo a chi non l'ebbe.
Dunque sol per regnar si tenti ogni opra,
E tutto l'arte, e il lusingar ricopra.
Antigono
Regina.
Euridice
(All'ingannar.) caro a che vieni?
Antigono
Già il figlio a te sen vien.
Euridice
L'attendo. ò Dio.
Mà pavento . . .
Antigono
Di che?
Euridice
Del amor tuo.
Antigono
Qual dubio?
Euridice
Ah! che tu devi
Seguir chi regnerà.
Antigono
Vano timore,
Amo Euridice.
Euridice
(Alle lusinge ò core.)
Che per te serbi amor, che mai ti giova,
S'oggi perdo il regnar.
Antigono
In me sol mira
Il tuo sostegno.
Euridice
E sarà ver.
Antigono
Te'l giuro.
Ma temo il mio rival. Demetrio, ò Dei.
Euridice
Eh! che t'inganni . . . questo
Lusinghe ha sol da mè; perche si renda
Men seguace del figlio, e s'udirai
Ch'io gli parlo d'amor; mendace é il labro.
Sei tù solo il mio ben tù l'amor mio.
Vanne, e lieto riposa.
Antigono
O adorata mercede.
(Parte.)
Euridice
Sia don del tuo servir, (sciocco se'l crede).

Scena nona

Demetrio, e i Suddetti.
Demetrio
Qui Filippo s'avanza, in te risveglia
Tutto l'amor di Madre.
Euridice
A me non devi
Simil ricordo, in tè destar si dee
A mio prò fedeltà.
Demetrio
Io cosi vile
Del mio pensier non sono
Che non siegua Euridice, e non l'adori.
Euridice
(ad Antigono.)
(Che dici?)
Antigono
(ad Euridice.)
Ei spiega ben l'interni ardori.
Euridice
Ancor, Demetrio, io spero
Che un di ti pentirai d'aver tradita
Chi sol pensava à porti . . .
Io più direi se il meritassi ingrato.
(ad Antigono.)
(Sai che fingo così)
Antigono
(ad Euridice.)
(Labro adorato)
Demetrio
Pur che giustizia il chieggia
A tuo prò spargerò tutto il mio sangue.
Euridice
Vedrem le prove intanto.
(ad Antigono.)
L'usati riti a preparar nel Tempio
Vattene, ò fido.
Antigono
Il real cenno adempio.
(Parte.)
Demetrio
Regina il mio dovere
Vuol che il passo allontani
Or che il Prence qui vien.
Euridice
Pretesti ingiusti
Per non vedermi, vanne
Ma l'alma tua deh! così vil non sia,
Che con disprezzo offenda,
E la sua fede, e la memoria mia.
Demetrio
Son colpevole a tuoi lumi
Ma se puoi guardarmi il core,
Lo vedrai, ch'è tutto fe.

Sallo il Cielo, e sanno i Numi
S'arde sempre in puro ardore,
Ma un'ardor degno di tè.

Son ecc.

Scena decima

Euridice, e poi Filippo.
Euridice
Siami propizio il Ciel . . . ma viene il figlio.
(Gli corre incontro.)
O contento, ò piacer . . .
Filippo
Al real piede,
Madre eccelsa m'inchino.
Euridice
Ah! se potessi
Vedermi il cor; sapresti
Qual dolcezza egli prova in rivederti
Pien di glorie, e d'acquisti.
Filippo
Io quanto oprai
Percne sangue son tuo, tutto è tuo dono.
Euridice
Caro, nel sen ti stringo
Degno germe d'Aminta,
Parte miglior di mè meco qui siedi,
(si siedono.)
Lascia che un poco io mi consoli. Il Cieio
Sa pur quanti rangori e quante pene
Da té lungi, io soffersi.
Ma al tenero amor mio
Tutto donai.
Filippo
E a questo
Grazie dovute io rendo.
Euridice
Pur giunse il bel momento
D'abbandonar l'incarco
D'un cosi vasto impero.
Che se l'amor di Madre,
Di regnante il dover non m'era il freno,
Già più volte deposto
Il comando averei si a mè nojoso,
Per trare i giorni miei cheta in riposo.
Filippo
Di tua gloria vassallo
Sia sempre il figlio tuo.
Euridice
Altro non chiedo
Per mercé del mio oprar, che il nobil dono
Sol di vederti osservator fedele
De gli antichi Statuti, e della nuova
Legge da me dettata, a fin ch'io lasci
In deporre il diadema, a Successori
Un lodevol ricordo.
Filippo
A patrie leggi,
A gli antichi statuti, io sò qual deggio
Riverenza ed onor; ma nulla intendo
Del novello decreto.
Euridice
Ascolta, ò figlio.
Con severo divieto ordine impongo,
Che tutti i Prenci, a cui cade in rettaggio
Il Macedone Impero, unqua Imeneo
A stranie Principesse
Stringer gli possa, e l'immutabil cenno
Da te incominci, questo
Per onor della Patria, e tuo splendore.
Filippo
(In van più freno in pongo al mio furore.)
Euridice
Perche turbi la fronte, e inarchi il ciglio?
Filippo
Perch'a ingiusti decreti
Mai non deggio ubbidir.
Euridice
Come! si presto
Le tue promette oblij!
Filippo
Io non approvo
Tirannie nel mio regno.
Ciò tù festi regnando.
Regnando io disfarrò.
Euridice
Io ti perdono
L'impeto giovanile, e del comando
L'arte ancor ben non sai. Se là sul trono
Ove son'io, salir tù vuoi; t'è d'uopo
Tal impegno giurar.
Filippo
Lo credi in vano.
Euridice
Regina io sono, ed ubbidir tù dei.
Filippo
Breve è la tua potenza; e frà momenti
Mia vassalla sarai.
(s'alza.)
Euridice
(s'alza.)
Suddito sei per ora; e ti sovvenga
D'esser mio figlio.
Filippo
Allora
Che tù Madre sarai
Io figlio ti sarò.
Euridice
Odi Filippo.
O tù giura il decreto, ò perdi il trono.
Filippo
Il decreto disprezzo. Io Rè gia sono.
Euridice
Gia che figlio tù non sei.
Madre anch'io non ti sarò.
Bassa il ciglio a voler miei
Così Madre io tornerò.

Gia ecc.

Scena undicesima

Filippo solo.
Filippo
Fin che in mi sarà spirto.
Poter non mancherà, forza, e valore.
Di Madre ambiziosa
Ben domarò l'insuperbito orgoglio.
Lo sprone acuto, e il mal gradito morso
Al feroce Destriero,
Il generoso ardir cangia in furore.
O stimoli, ò ritegni, ò legge, ò amore.

L'alma mia frà due tiranni
Tutta affanni - in sen mi stà.
Sdegno é l'uno, e spira ardore:
L'altro è Amore - e vuol pietà.

L' Alma ecc.

Fine dell'Atto Primo.

ATTO SECONDO.

Scena prima

Galleria di Specchi, e statue.

Orinda, ed Olimpiade.
Orinda
Non t'affligga il timor che ingiusta legge
Pregiudicar non puote,
Di Filippo all'impegno, all'amor tuo.
Olimpiade
Amica, ove raggiona
Ambizion di regno,
Tace il rimorso.
Orinda
E ver.
Olimpiade
Ma tù
D'Antigono sul cor soave impero,
Parla a mio prò.
Orinda
L'infido
Nò che per me non hà più amor, se avvampa
Per chi sol di lusinghe
Pasce il suo amore.
Olimpiade
Ei cieco,
Forse il suo error non vede?
Orinda
Ah! ch'è cieco ogni amante;
E ciò che più desia facil si crede.

A una scaltra beltà menzogniera,
Tutto crede l'amante, che spera,
Perche brama contento il suo amor.

Il desio gli dipinge veraci
L'apparenze mentite, e fallaci,
E l'appaga col folle suo error;

A una ecc.

Scena seconda

Olimpiade, e Filippo.
Olimpiade
Idol mio, qual mi rechi
Refrigerio al dolor?
Filippo
Fiera nemica
Dichiarata è la Madre.
Mà tu vedrai che possa amor.
Olimpiade
Se dei
Sol per far me felice esporti, ò Dio,
A certi rischi, lascia
Ch'io sventurata resti.
Filippo
E così vile
Stimi il mio amore?
Olimpiade
Ah! se fedel tù m'ami,
Risparmia al core amante,
Un si crudo timor.
Filippo
Mal mi conosci.
M'è oggetto più giocondo
L'impero del tuo cor, che quel del Mondo.
Olimpiade
Cara speme soccorre il mio core
E il timore - scacciando ne và.

Ma il sospetto se poi lo molesta
Allor quella - suo crucio si fà.

Cara ecc.

Scena terza

Filippo, e poi Antigono.
Filippo
Pria che mancar di fede
Manchi la vita in mè.
Antigono
Signor.
Filippo
Che chiedi?
Antigono
Dove colà s'inalza
Di Giove il Tempio, ivi amorosa Madre,
Chiede che tù ne venga, ella prepara
Grazie àl Nume, di tue
Raccolte palme.
Filippo
Dille
Che la verrò, e tu sleal t'accingi
Al castigo dovuto.
Antigono
Io Sire!
Filippo
Taci.
Tutto seppi abbastanza.
Antigono
Io son fedele . . . .
Filippo
D'Euridice ministro,
Non vassal del tuo Ré.
Antigono
Concedi almeno . . . .
Filippo
Vanne ch'io non t'ascolto, al Patrio trono
Giudice mi vedrai, non Re qual sono.

Giudice, e amante,
Nemico, e Ré
Assiso in soglio,
Sarò per te.

Col cor tremante,
Che non hà fè;
Qual devi attendi,
Giusta mercé.

Giudice ecc.

Scena quarta

Antigono solo.
Antigono
Mal che s'aspetta, sempre
Più grave è a noi, di quello
Che n'é presente, tutto
Si tenti, acciò la Madre
Regni sol, non il figlio. Un tradimento
Fabro ne sia, ma questo
Euridice nol sappia. Ambiziosa,
Non scellerata ella è. Per mia salvezza
Già tutto oprar mi lice,
Ogni colpa é virtù, quand'è felice.

Se in fido il core avrò
Colpevole sarò
Ma almen contento.
E sia pago il mio amor
Se bene avrà il rossor
D'un tradimento.

Se ecc.

Scena quinta

Rotonda del Tempio di Giove con statua del medesimo con Vestibolo, che conduce à Colonnati remoti nel mezzo, con preparamento di Sacrificio, ed Ara per accendersi il Foco.

Euridice, Filippo, Demetrio con seguito di milizie.
Euridice
(Fingasi ancor) di tue vittorie il frutto,
Se dono è sol del maggior Nume;
Devi le grazie, ò figlio.
Filippo
(Simular mi convien) se il sangue mio, à quello
Freggio ottien dal Tonante,
Sia ragion che a lui solo,
Diasi l'onor di mie famose imprese.
Euridice
Dell'alta fronde, onde t'adorni il crine,
Snuda la reggia fronte, in cui del prisco
Valor, stà il segno impresso.
Filippo
Io t'ubbidisco.

(Si leva la corona d'alloro, e la dà alla Madre, e quella dinanzi a Giove l'offrisce.)
Euridice
Alto Motor del Mondo,
Mente dell'Universo,
Che a tuo piacer dai le Vittorie, e quanto
E di lieto, e d'avverso
Con perpetuo tenor quagiù succede.
Questa del mio Filippo,
Vittoriosa insegna,
Tuo nobil don; con umil cor devoto
E la Madre, ed il Figlio appende in voto.

(posa la Corona à piedi di Giove.)

Scena sesta

Antigono con Vaso di vino in mano, e sudetti.
Antigono
(Ben giungo a tempo.)
Filippo
(verso Demetrio.)
Duce,
Sfavilli ormai la chiara fiamma e il vaso
Antigono ministri.
Demetrio
Il foco accendo.
(Demetrio accende il foco.)
Antigono
Signor, del tuo comando
Il cenno è già adempito.
(Antigono depone il vaso su l'Ara.)
Filippo
Bene eseguisti.
Euridice
In tanto
Dia principio al bel voto il nostro canto.
Coro
Sommo Duce a prieghi nostri,
Amoroso il guardo gira.
E da gl'alti, eterni Chiostri,
Questi voti ascolta, e mira.
Euridice
Alto Nume, da cui
(prende il vaso in mano per bere.)
De Macedoni Eroi deriva il sangue,
Questo che il labro mio,
Sorbe puro liquore,
(Va per bere Euridice ed Antigono gli strappa il vaso di mano.)
Siasi di tua grandezza al solo onore.
Antigono
Ferma Regina, ah cada infranta attera
L'indegna Tazza, e la memoria assieme,
D'un infame delitto.
Filippo
(contro Antigono.)
Temerario l'eccesso
Contaminato hà il sacrificio.
Antigono
Giove
Più di sdegno arderia,
Se mirasse al suo piè vittima esangue,
D'un figlio ingrato un'innocente Madre.
Demetrio
O impensata vicenda!
Filippo
Empio . . . .
Euridice
Taci, di tosto
(ad Antigono.)
Come fai, com'è noto
Che ascosa era in quel vaso,
La morte mia?
Antigono
Io quella
Ivi vi ricopersi ed io son quello,
(Che pentito or detesto)
Che ministro crudel fido eseguij
Di Filippo il comando.
Filippo
Ah! traditore, io così vile? io reo
D'un tale eccesso? svela
Quando diedi il comando;
Quando ciò dissi?
Euridice
Ah, figlio ingrato, e tanto
Empio, con chi la vita
Ti die col sangue!
Filippo
Io parricida! ò Dio,
Demetrio, a che sospesso
Non diffendi il tuo Rè!
Demetrio
L'orrenda accusa
L'amicizia, e la fede in mè sospende.
Filippo
Ah, Madre? e credi ancor . . . .
Euridice
Rimanga estinto
Nell'esecrando eccesso
Di Madre il nome. O la guardie, s'arresti
Custodito il crudele.
Filippo
Ei non ha d'uopo
Di custodi, e ministri
Il figlio tuo. Mi vuoi fra ceppi; tosto
Ecco frà quei men vò. Alma innocente
Di spavento, ò rimorso ombra non sente.

Fa ch'io mora,
Ma un dì ancora,
Piangerai la mia innocenza.

Ben saprà tardo dolore,
Vendicarmi sul tuo core
D'una barbara sentenza.

Fa ecc.
(parte fra guardie.)

Scena settima

Euridice, Demetrio, ed Antigono.
Deetrio
Mia Regina.
Euridice
Euridice,
Non è Regina a chi ha per Rè Filippo
Vanne, e il siegui Demetrio;
Forse d'uopo egli avrà del tuo consiglio.
Ma spero un di che in lui,
Tal trovi il Rè, qual io ritrovo il figlio.
Demetrio
Arde ne tuoi bei rai,
Fiamma crudel per mè.

Ma se veder tù sai,
Più bello ardore,
Al core,
Vedrai
Della mia fè.

Arde ecc.

Scena ottava

Euridice, ed Antigono.
Euridice
Tu di morte il ministro
Contro chi adori?
Antigono
Amante
Perche fedel ti sono, accettar volli
Il ministerio indegno. Il reo comando
Se negava eseguire, eri in periglio
Ch'altri il compisse; onde in mia mano il volli,
Per salvar la tua vita.
Euridice
In dubio ancora
Rimane il cor. Verace
Se il tuo zel troverò, ne avrai mercede;
Ma per ora Euridice
Non approva il tuo dir, ne ben lo crede.

Sò che mi serbi amor,
Ch'hai fedeltà per mè,
Ma l'alma teme ancor,
Ed il perche non sà.

Io sento in seno il cor,
Che pago ei ben non é,
Se vede un non sò che,
Che palpitar lo fà.

Sò ecc.

Scena nona

Antigono, e poi Olimpiade.
Antigono
Donde deve Euridice aver più certa
Prova dell'amor mio n'é incerta ancora?
Che pensar deggio? forse
Or che aperto il sentier gli porgo al soglio
Più non mi cura? ah. Se ciò sia, s'inganna.
Se l'odio di Filippo, e l'amor suo
Cieco mi rese, e traditor; ben tale
Ancor per lei mi proverà, se avviene
Che sol dell'opre mie vergogna e il frutto.
Già chi morte non teme, oprar può tutto.
Olimpiade
Ancor, l'indegna accusa.
Non ti sveglia un rimorso?
Antigono
Io servo al giusto,
Non al tuo amor.
Olimpiade
Favella
Sul tuo labro la frode.
Antigono
A tè non deggio
Raggion dell'opre mie. Degna d'impero
E sol la Madre, e non il figlio; e donde
Il fatto accusa, ogni difesa offende.
Olimpiade
Nella perfidia tua rimanti; ò Mostro.
Che il squallido Cocito
Furia non ha di te peggior; ma in onta
Del scelerato tuo labro mendace;
Vedrò si sì lo sposo,
Glorioso, e innocente,
Dal tuo sen traditore.
Versarne il sangue, e lacerarne il core.

Questa speranza,
Avanza,
Al misero amor mio
Perfido core.

Giusta vendetta
Aspetta,
Dal ferro, e dal rimorso
Un traditore.

Questa ecc.

Scena decima

Antigono, e poi Orinda.
Antigono
Inutili spaventi.
Orinda
Sleal, per Euridice
Quel zel, che ostenti, è vano; ambiziosa
Ella è, che la tua fe serva al suo fasto,
Ma Demetrio è l'amato, e tù non cogli
Amando lei, che sol rossor.
Antigono
Favella
Gelosia nel tuo labro, e questa in darno
Un vile esempio addita
Al reale amor mio.
Orinda
Se a me non credi
Credilo a gl'occhi tuoi.
Antigono
Come il potrei?
Orinda
Qui ti nascondi, in brieve
Ambo gl'amati amanti,
Qui ne verranno inosservati, tutto
Udir potrai de lor discorsi. Io stessa
A Demetrio ne diedi il fido avviso.
Antigono
Vanne, e se sia ciò vero avrà contento,
Più assai del mio rossore, il tuo tormento.
Orinda
Se il cor mai ti dirà
Che più non vive in tè
Rispondigli per me,
Che non e vero.

Se ben sei traditore,
Il primo, e dolce amore
Mai non si partirà
Dal mio pensiero.

Se ecc.
Antigono
Che udij? già nel mio core
Geloso ardor mi va serpendo, tanto
Se mai sia ver ch'io son tradito, io penso
Con novel tradimento
Dare all'affronto mio giusto il compenso.
(si nasconde.)

Scena undicesima

Euridice, e poi Demetrio.
Euridice
Il maggior del mio duol fassi ben quello
Che ad Antigono è forza
Ch'io mostri amore, allora
Ch'é l'odio mio, ma qui Demetrio attendo
Perche gl'ultimi sforzi
Facci seco 'l mio ardor. Già in mezzo al core
Tremar gli spiriti io sento.
Come le frondi allo spirar del vento.
Demetrio
Demetrio è a cenni tuoi.
Euridice
Caro m'e d'uopo
Senza ch'altri m'ascolti
Teco parlar. Già spero
Che il tentato delitto abbia in te spento
Per Filippo l'amor.
Demetrio
T'inganni, ò Donna.
Il Prence egl'è tradito.
Euridice
Ingrato, e ancora
Fai le difese sue?
Demetrio
L'alta innocenza
Che gli sfavilla in volto
Per lui parla abbastanza.
Euridice
E a tanto giunge
L'odio, che per me nutrì! E tal mercede
Doni à colei che brama,
Ch'altri m'abbia Regina,
Tu m'abbii Sposa!
Demetrio
Al trono
Non aspira un Vassallo
Senz'esser disleal. Difendo, è vero
Il mio Rè, perche il deggio.
Euridice
E pure io t'amo
Si crudel qual tù sei, e in odio, e sprezzo,
Hò Antigono, che fido
M'ama, mi siegue, mi difende, e nulla
Cura il sangue la vita,
Pur che à mio prò la spenda.
Demetrio
Io questa espongo
Contro di lui, che tanto
Osò con falsa accusa
Macchiar Filippo, e mentitor; m'impegno
Che resti in campo.
(si fa avanti Antigono.)
Antigono
Vieni
Prode campion, che questo ferro illustre
Manterrà ciò, ch'io dissi; indi la pena
Avrai dell'ardir tuo.
Demetrio
L'impegno accetto.
La del chiuso Steccato in mezzo al campo,
Qual è l'uso t'attendo.
Io sarò difensor, tù acccusatore
Indi, io poi vincitor, tu traditore.
(parte.)

Scena dodicesima

Euridice, ed Antìgono.
Euridice
A qual rischió t'esponi
Caro per mia difesa. O quanto io deggio,
Alla tua fedeltà.
Antigono
Che oprar degg'io
In breve lo vedrai, rimanti, addio.

Scena tredicesima

Euridice Sola.
Euridice
D'Antigono sul labro,
Con equivoci sensi
Parla più che l'amor sdegno feroce.
Ah! chi sà mai, se del mio cor sincero
A prò del suo rival le voci intese.
A quanti amari rischi,
Misero cor ti veggio esposto, o come
Quando si và per non fedel sentiero
Costa pur troppo ambizion d'impero.

Sembro Lepre timidetta,
Che fuggir tenta il periglio,
Quando intorno sente il grido,
Del nemico cacciator.

Più che puote, ella s'affretta,
Ma già priva di consiglio,
Corre il Bosco, e passa il lido
Sempre unita al suo timor.

Sembro ecc.

Fine dell'Atto secondo.

ATTO TERZO.

Scena prima.

Camera reale ov'é arrestato Filippo.

Filippo, e poi Olimpiade.
Filippo
De le vittorie mie, del sangue sparso;
D'un regno conquistato; il premio sia
L'accusa scellerata!
O barbaro Ministro! ò Madre ingrata!
Olimpiade
Caro, il qui rivederti
Troppo é agl'occhi spavento.
Filippo
Ad innocenza
Mia sorte affido.
Olimpiade
E questa;
S'è oppressa al fin dal tradimento?
Filippo
Sorta
Men che pensi vedrassi.
Olimpiade
Amica Stella
Ti protegga Idol mio: la Madre ingiusta . . .
Filippo
Non son suddito a lei.
Olimpiade
L'accusatore . . .
Filippo
Vinto sarà dal suo delitto.
Olimpiade
Solo
Demetrio è tua difesa.
Filippo
Questa sol basta.
Olimpiade
E perditor se sia?
Filippo
L'assisterà la mia raggione, e quando
Ciò non valevol sia, lagrime vili
Non m'usciran dal ciglio, ancorche oppresso
Serbo il mio grado, e son Filippo ancora.
Olimpiade
Ah! ch'io temo sventure.
Filippo
Ombre, e Fantasme
Dileguino da tè, vanne, e se m'ami
Ascondimi il tuo duol, sono innocente
Son Rè, son tuo amator, tù sei mia sposa,
Non più lagrime nò, vanne, e riposa.
Olimpiade
Celare io ti vorrei,
Gl'atroci affanni miei,
Ma perche troppo sono
Io far nol sò.
E poco quel dolore,
Allor, che amante core
Nascondere ei lo può.

Celare ecc.

Scena seconda

Filippo solo.
Filippo
Patrii Numi, e che fate! e chi di voi
Vendica un Rè tradito!
Io di più regni erede,
Io accusato! io prigion! ah! dite almeno
A' quai maggior vendette
Sù in Ciel serbate in van lampi, e saette!

Fiamme in petto lo sdegno m'accende,
Sdegni all'alma m'acresce il furore.
Se un rubelle l'onore m'offende
Tutto il sangue vò trar dal suo core.

Fiamme ecc.

Scena terza

Cortile con steccato, e Trono inalzato.

Euridice, ed Orinda con seguito.
Euridice
Nave in tempesta é l'alma mia, che afflitta
E da suoi dubii amari.
Orinda
Inutil pompa
Farebbe la costanza, allor che sempre
Fosse ver noi propizio il Ciel.
Euridice
Nel petto
Del duellar l'impegno, il cor mi rende
Palpitante, e confuso.
Orinda
Ah! mia Regina
Temo anch'io sol per tè.
Euridice
Su la mia fronte
Pavento, che non piombi
L'ira de Numi; or vanne, ò fida, e volgi
A quelli i voti tuoi, perche gli vegga
A mio favor.
Orinda
Senza tardar men volo,
E sol con la speranza or ti consolo.

Scherza di fronda in fronda
Incerto l'augelletto,
Or corre sù la sponda
Del chiaro Ruscelletto

Ma palpitante il core
Ha sempre per timore
Perche fra duri lacci
Non resti il piè ristretto

Scena quarta

Euridice, che va à salir sul Trono, e poì Demetrio, ed Antigono, che con spade ignude entrano nello Steccato.
Euridice
Vassali il giorno è questo,
In cui d'Aminta il successor dovrebbe,
Prender dì voi l'alto governo. Pronta
Eccomi a voi dinante
A discender dal soglio, e porvi 'l figlio.
Ma se incolpato il veggo
Di Parricidio enorme, io non ardisco
Darvi un Rè, che è tiranno.
Sua difesa è commessa
(Qual della Patria è l'uso)
Di due Campioni al forte braccio, intanto
Porgansi al Cielo i voti
Che senza colpa il renda,
E del dubio cimento il fin s'attenda.

(entra Demetrio, ed Antigono facendo invocazione uno al Cielo, l'altro all'Abisso.)
Demetrio
Voi, che dal Ciel mirate,
Come in lucido vetro i nostri cuori,
Voi Assistete o Numi alla difesa,
D'un alma grande ingiustamente offesa.
Antigono
E voi del cieco Abisso,
Temute Deità; voi tutte invoco,
Acciò pronte accorrete
A maturarmi in sen l'aspra vendetta,
Che al tradito amor mio ogni s'aspetta.
Demetrio
Su via lucido acciaro a te si deve
Vendicar l'ìmposture.
Antigono
Al minaccioso invito
Ti rispondano i colpi.

(si battono.)
Euridice
(Quanti opposti timori in tal cimento
Accrescon nel mio cor fiero il tormento.)

(Antigono và ritirandosi per non combattere.)
Antigono
Demetrio, arresta i colpi, il ferro io gitto,
Per non far più difese.
Demetrio
Il tuo rimorso,
Forse vinse il tuo ardir!
Antigono
Tù lo dicesti!
Sù via che più ritardi
Svenami il cor sleale, empio ricetto
Del più vil tradimento,
Che mai nel mondo udissi,
Da che l'Astro maggior nel Ciel riluce.
Demetrio
A' che tardi! lo svela.
Antigono
Innocente è Filippo, io l'accusai
Per secondar le voglie
Di chi stima regnando esser felice.
Il comando crudel fù d'Euridice.
Euridice
Ah scelerato labro!
(scende furiosa dal Trono.)
Qual bestemmia, qual frode! onde pensasti
L'enorme accusa! dimmi
Quando; come: in qual guisa . . .
Tù l'impegno accettasti, io te l'imposi!
Qual chimera sognasti!
Onde l'empio attentato al fin pensasti?
Antigono
Nò no, col tradimento
Svelato è il traditore.
Sù la morte dovuta à me si dia,
E nella giusta pena,
Si spenga al mondo la memoria mia.
Demetrio
Stupido il cor nel strano evento è reso.
Euridice
Nò, che per or sospeso
Vò che rimanga il tuo morir, ben pria
Con atroci tormenti
Si cavi il ver di quanto
Di reità m'imponi, ind'io strapparti
Dalle viscere indegne,
Voglio quel core iniquo, e lacerarti.
Antigono
Quante inventar potrai barbare guise
Di supplizii non mai più al Mondo intesi,
Vani sian tutti, io ciò che dissi in vita
In morte ancor dirò.
Euridice
Tra duri ceppi,
O là Guardie, costui
Rimanga avvinto; ed ivi
Tra gli orror d'atro carcere profondo
Resti per or sepolto,
Fin che ripensi, quale
Strazio possa inventar per suo spavento.
Antigono
(Già mi son vendicato, e son contento.)

Di tormenti, di pene, e di morte
Preparate l'orribile aspetto,
Che al rimorso del mio core,
Più resistere io non sò.

M'è più fiera la barbara sorte
Che mi rende Odiabile oggetto;
Ma se fui fin or traditore
Tal morendo più esser non vò.

Di ecc.

Scena quinta

Euridice, Demetrio.
Euridice
Demetrio, a che sospeso!
Forse all'enorme accusa
Credenza porgi! ah! se ciò sia tradisci
La mia, la gloria tua.
Demetrio
Non oso, ò Donna,
Altro dir, che Filippo
E innocente, e non reo.
Euridice
Bastan tai sensi,
Perche rea mi dichiari,
Se in tali affronti, ò Dio,
Tua virtù m'abbandona,
Che sia di mè! ò d'Euridice, ò troppo
Misera sorte! e che dirai?
Demetrio
Ch'io deggio
Porre in trono il mio Rè, se onore e fede
Ch'io Euridice difenda or più non chiede.

Rea non ti posso credere,
Ma s'io ti vuò difendere,
Non mel permette onor.

In fin che in tè può credersi,
Il fallo detestabile,
Ti lascio al tuo dolor.

Scena sesta

Euridice sola.
Euridice
Antigono m'accusa.
Demetrio m'a bbandona.
Empia mi stima il figlio.
Già perduto ho il comando,
Olimpiade me'l toglie,
Ed io son viva ancora, ancor respiro!
Regina sventurata,
Madre infelice, e basta un empio, o Dei,
A rendermi abborrita
Qual Parricida! ah! nò che tutto ancora
Il mio poter vinto non é, sù via
Si laceri, s'uccida, e il sparso sangue
Si converta in torrenti, ed in profondi
Vortici sanguinosi il tutto inondi.
Ma qual'armi! quai forze!
Si avvilita, e sprezzata aver poss'io?
Ah' che dovunque afflitta io gli occhi giro
Spaventose Fantasme io sol rimiro.

Ombre meste, e disperate,
Deh! consolate
Quest'alma misera,
Nel suo dolore.

Già esangue, e lacero
L'afflitto spirito,
Fra mesti palpiti,
Mi lascia il core.

Ombre ecc.

Scena settima

Salone magnifico con Trono.

Filippo, e Demetrio con seguito.
Demetrio
Già sù nel Cielo i Numi,
De Macedoni i voti, e i prieghi miei
Secondaro, ò Signor, chi di tua gloria
Tentò macchiare il nobil raggio, il vegga
In questo dì più luminoso, quello
E' dell'Atavi tuoi l'illustre Soglio.
Vanne, ed ivi t'affidi, Ivi comparsi
A popoli, e vassalli
Giustizia, e pace, e al par de tuoi maggiori
Cingi il bel nome tuo d'eterni allori.
Filippo
De popoli la fede, e de Ministri
La bella lealtà, fa ne regnanti
La sicurtà del trono.
In chi gli altri governa il primo amore
E l'amor de Vassalli il primo oggetto
La salvezza del regno,
Ecco ne vò già lieto,
In un dì sì giocondo
Sul Patrio trono a dar le leggi al mondo.
Coro
L'innocenza, ed il valore
Splenda intorno al nostro Rè.

Ed il sol col suo splendore
Resti immobile al suo piè.
Filippo
Ma quel empio qui venga. A me sol tocca
De la Madre infelice
Esser il difensor.
Demetrio
A un'alma iniqua
Dopo un primo delitto
Facile é il grado alla seconda colpa.
Filippo
Io la stimo innocente.
Demetrio
E spero ancora
Vederne il reo convinto.
Ch'ove regna l'amore ogni odio è estinto.

Scena ottava

Antigono fra guardie, e suddetti.
Filippo
Scellerato pur giunto
Sei del castigo al fatal punto. Io sono
Il tuo Giudice, e Rè. Morir tù devi
Per tante colpe, ed esecrandi eccessi;
Ma pria, che l'alma esali
Sotto il colpo già pronto; il ver palesa,
Se di Madre il consiglio
Fù bastante a tramar contro un suo figlio?
Antigono
Ciò ch'io dissi fu ver; ne l'ira tua,
O spavento di morte
Farà ch'io menti.
Filippo
(Scende dal Trono.)
Inutile fortezza
Nulla ti giova. Ah. Se vivesti infame,
Almen fà, che tù mora
Men che il puoi scellerato. Almeno il fiero
Spavento ti rimorda.
Antigono
Io dissi il vero.
Filippo
Il misfatto lo confonda
Nel rossor del tradimento.

E al suo cor solo risponda
Della colpa il pentimento.

Il missatto ecc.

O la soldati, tosto
Mi si tolga davanti.

Scena ultima

Euridice, Olimpiade, con Orinda, e Sudetti.
Euridice
(A soldati, che guidano a morir Antigono.)
Arrestate quel'empio.
Figlio brami di più. Contento or sei?
Già nel trono risiedi. Al tuo piacere
Non v'é chi più contrasti.
Lacera pur la legge
Questa è l'amante tua, questa è la sposa.
Sol prostrata a té innanzi
Lagrime spargo, e prieghi
Come vassalla tua, non più qual Madre,
E due grazie ti chieggo,
E come mio regnante, e come parte
De le viscere mie, queste io le attendo
Come il più nobil dono
Che giammai tù puoi farmi assiso in trono.
Filippo
Alzati, ò Madre, e ancorche il dolce nome,
Col supposto delitto
Non ti dovesse il figlio, ancora avrai
Per mia nobil vendetta il perdonarti,
Ne castigo più bel, che l'abbracciarti,
Chiedi, e tutto otterrai.
Euridice
Da tè sol voglio,
E la vita dell'empio, e la mia morte.
Che s'io con tanto amor vita ti diedi,
Questo dono ti chieggio, e me'l concedi.
(verso Antigono.)
E tù vil traditore,
Inumano, spergiuro,
Vivi pur, resta in vita, e la mia morte
E più infamia t'accresca, e più spavento.
Ma se per tempo mai
Qualche pietà di mè dal tuo rimorso
Nascer potesse in quel perverso core,
Dell'innocenza mia fa chiaro il mondo.
Che allor che tu morissi
Il vile affronto, e l'empio scorno mio
Rimarrebbe per sempre al nome mio.
Antigono
Euridice m'hai vinto io più non posso
All'interne punture alzar riparo.
Son reo, son empio, traditor, spergiuro,
Degno di mille morti, e mille pene.
La tua virtù confonde
L'empietà del mio cor, la tua innocenza
Da mè si vilipesa, in mè presenta
E l'orror della colpa, e della pena,
Basti ch'io sol palesi
Non lo sprone al tradire,
Ma il tradimento sol, questo sia mosso
Da qualunque cagion, mi rende indegno
Di più l'aure spirar, presto morire
Siasi solo il mio dono,
Perche vivendo io sento
Un continuo morir nel mio tormento.
Demetrio
Signore, ecco il bel varco
Per mostrar qual tù sei. Nel di che in soglio
Tù cominci a regnar, prove tù devi
Di clemenza, e valor. Tua gloria or sia;
Che viva il traditore
Purché in oscuro carcere racchiuso,
Viva al rimorso suo, sua eterna pena;
E la real tua Madre
Chiamar compagna al bel Diadema invitto
Che la fronte ti cinge, e l'alta legge.
Da lei dettata a successor rimanga.
Filippo
Sieguasi il tuo consiglio, il traditore
Vivo rimanga ancor.
Orinda
(Respira, ò core!)
Filippo
E tù Madre amorosa
Vieni meco a regnar.
Euridice
Ne vengo, ò caro;
E meco la tua sposa.
Olimpiade
O' me felice.
Filippo
Vieni, ò dolce del cor pace, e ristoro.
Antigono
(Sia doppio il mio morir, perch'io non moro.)
Coro
E' troppo amabile,
Dolce il godere
Provar piacere
Dopo il dolor.

Su nube squallida,
Sparge più bella,
Iri novella,
Vago il color.

Fine del Dramma.


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Ultimo aggiornamento 17 aprile 2023