Ginevra principessa di Scozia, RV 716

Dramma musicale in tre atti


Testo del libretto


ATTO PRIMO

Scena prima

Gabinetto Reale, con Tavolino, e Sedia

Ginevra a sedere in atto d'acconciarsi la Testa, Dalinda, e Paggi.
Dalinda
Questo, più dell'usato,
Coltivar tua beltà, questo novello
Costume tuo d'aggiunger fregi al bello
Per far più lusinghiero il tuo sembiante,
Mi dicono, Signora,
Ginevra sente amor: Ginevra è amante.
Ginevra
Oh Dio!
Dalinda
Sospiri?
Ginevra
Sì.
Dalinda
Questo sospiro
Conferma il mio sospetto.

Ginevra s'alza da sedere, e li Paggi portano via la Sedia, e il Tavolino.
Ginevra
Principessa, il mio petto
Per sì gran foco è troppo angusta Cella,
E la mia nobil fiamma
Per tenersi celata è troppo bella.
Amo, si, non te'l niego.
Dalinda
Alma Reale
Non s'avvilisce per amar, se degno
E d'amarsi l'oggetto, e ha merto eguale.
Ginevra
Maggior di lui non ha di Scozia il Regno.
Dalinda
Intendo. (Ah gelosia.)
Il Duca d'Albania...
Ginevra
Chi? Polinesso?
Dalinda
Sì.
Ginevra
T'inganni, Dalinda.
Dalinda
Di nobiltade, e di ricchezze in esso
I maggior doni oggi la sorte aduna.
Ginevra
Gmevra ama il valor, non la fortuna.
Gli esterni pregi di grandezza, e d'oro
Non fan degno l'oggetto:
Anzi l'odio, e l'aborro.
Dalinda
(Ed io l'adoro.)
Se non è Polinesso, Arìodante
Forse sarà?
Ginevra
Taci, o Dalinda; il nome
Del mio bel vincitore
Tu leggi nel rossor del mio sembiante.
Dalinda
Dunque ami 'l Prence?
Ginevra
E' poco,
Dir, ch' io l' ami: l'adoro, e tutto il gelo
Dì questo nostro Cielo
Non basta per temprare il mio gran foco.
Dalinda
D'egual fiamma s'accese
Egli per te, Signora?
Ginevra
Ah, sì, palese
A me fece il suo ardore.
Dalinda
E il Re tuo Genitore
L'approva?
Ginevra
Anzi il fomenta.
Dalinda
Siegui ad amar. Non ha d'Amor l'Impero
Coppia più fortunata, e più contenta.
(parte.)

Scena seconda

Ginevra, Polinesso, Dalinda, che ritorna.
Polinesso
Ginevra?
Ginevra
Tant'ardire? Olà, Dalinda?
Polinesso
Sovente un cor . . .
Ginevra
Dalinda, olà?
Dalinda
Signora,
Qui Polinesso?
Ginevra
Non partire ancora.
Polinesso
Sovente un core amante
Pena così lungi dal caro oggetto,
Che importuno, arrogante,
Trattenerlo non sa legge, o rispetto.
Lungi da' tuoi bei rai
Viver non può il mio cor; quindi perdona,
Se a te . . .
Ginevra
Duca, se mai
Fosti nojoso oggetto agli occhi miei,
Or, che amante ti scopri, or più lo sei.
Polinesso
E qual maligna stella
Rende a' tuoi sguardi, ed agli sguardi mìei
Orrido me cosi, te cosi bella?
Ginevra
Non è malignità, giustizia è questa;
Fu mia colpa il piacerti,
Ed ora agli occni miei pena è il vederti.
Dalinda
(Vendica Amore i torti miei.)
Polinesso
Signora,
Per toglierti l'affanno
Partirò
Ginevra
Gran favor.
Polinesso
Se avvien, che mora
Lungi da te questo mio cor?
Ginevra
Suo danno.
Polinesso
E soffrirai . . .
Ginevra
L'intendo.
Polinesso
Che il misero amor mio . . .
Ginevra
Se partir non vuoi tu, partirò io.

Sai, che non posso amarti,
E non mi fuggi?
Giuro dì sempre odiarti,
E ancor ti struggi?
Credimi, tu sei stolto,
E non t'intendo.

Non sento i tuoi martiri,
Odio il tuo volto:
Se piangi, se sospiri,
lo non t'ascolto:
Mi siegui ancor,
Ne la cagion comprendo.

Sai, ecc.

Scena terza

Polinesso, e Dalinda.
Polinesso
Orgogliosa beltà!
Dalinda
Signore, in vano
Cerchi da lei corrìspondenza; omai
Lascia d'amarla.
Polinesso
E quando, o Ciel, l'amai?
Dalinda
Che? Gmevra non ami?
Polinesso
Amo in Ginevra
La mia fortuna. Ella di Scozia erede,
A chi divien suo Sposo,
Porge lo Scetro in un colla sua fede.
Dalinda
(Respiro.)
Polinesoo
In questo impegno,
Dalinda, ha posto il core,
Amor non già, ma sol desìo di Regno.
Dalinda
Speri indarno, Signor.
Poliseno
Perchè?
Dalinda
D'Ariodante
Arde scoperta amante.
POliseno
Ascolto il vero?
Dalinda
Me d'ogni suo pensiero
Chiama Ginevra a parte.
Poliseno
E' a me ben noto
Quanto cara le sei.
Dalinda
Io del genio di lei
L'inclinazion scopersi; e a me palese
Fe poc'anzi il suo foco, e chi l'accese.
Polinesso
Ariodante è dunque il mio rivale?
Dalinda
Arde di fiamma eguale
Anch'ei per essa; e 'l Genitore approva
Gli affetti loro. Or tu sperar, che puoi?
Volgi gli affetti tuoi,
A chi per te d'ascoso ardor si strugge,
E lascia chi ti sprezza, e chi ti fugge.

Apri le luci, e mira
Gli ascosi altrui martirj;
V'è chi per te sospira,
E non l'intendi ancor?

E in tacita favella,
Co' soli miei sospiri
Ti scuopre, oh Dio, la bella
Fiamma, che gli arde il cor.

Apri, ecc.

Scena quarta

Polinesso.
Polinesso
Mie speranze, che fate?
Così vi abbandonate?
Coraggio, Polinesso;
Delle propre fortune
L'Uomo è fabro a se stesso.
Pria, che l'aere s'imbrune
Giacche Dalinda a te si scuopre amante,
S'inalzi in un'istante
Alta Mole d'ingegno;
S'atterri il tuo competitore al Regno.

Timore al cor non senta,
Chi brama di regnar,
Periglio non paventa,
Chi aspira d'abbassar
Un capo altero.

Quegli, che ardir non ha,
Nò, che regnar non sa;
L'oltraggio del Destin,
Che suddito mi vuol,
Vìncere io spero.

Timore, ecc.

Scena quinta

Giardino Reale.

Ariodante, e poi Ginevra.
Ariodante
Con dolce mormorio
Ama mi dice il rio tra quelle sponde,
Ama, il Bosco risponde
Allo spirar d'un Zeffiretto amante;
I fior, l'erbe, e le piante in lor favella,
Ama, dicono tutte al pensier mio,
Ama la bella . . .
Ginevra
Ama, ti dico anch'io.
Ariodante
Ama, dice Ginevra? E chi può mai
Mirare, e non amare i tuoi bei rai.
Ginevra
Dal reflesso de' tuoi
Han la luce, e l'ardor quest'occhi miei,
Se amabile mi fai, tu più lo sei.
Ariodante
Amerò dunque; ma d'Amor nudrice
Sai, ch'è sol la speranza,
Or dimmi, all'amor mio, che sperar lice?
Tu Sovrana, io Vassallo . . .
Ginevra
Ariodante,
Mercè del Nume Arciero,
Più Sovrana non è quest'Alma amante,
Servo non è, chi ha del mio cor l'impero.
Ariodante
Oh Dio!
Ginevra
Sospiri ancor?
Ariodante
Cotanto eccede
Nella grandezza il ben, che m'offre Amore,
Che troppo angusto il core,
Sì dilata, e sospira, e ancor no'l crede.
Ginevra
Dunque la destra mia,
Di ciò, che t'offre Amor, pegno ti sia.
Ariodante e Ginevra
(a due)
Prendo (Prendi) da questa mano
Il premio (Il pegno) di mia fe.
Del fato più inumano
Il barbaro rigore
Non mai sì bello ardore
Estinguer possa in me.

Prendo. ecc.

Scena sesta

Mentre replicano l'Aria, porgendosi la mano, il Re entra in mezzo, e prende ambedue per la mano.

Ariodante, Ginevra, Re, Odoardo, e Guardie.
Ariodante e Ginevra
Prendo (Prendi) da questa man . . .
Re
Non vi turbate,
Bell'Alme innamorate.
Ginevra
Padre . . .
Ariodante
Mio Re . . .
Re
Tacete,
E se render volete
Consolato il mio cuor, non disturbate
Quelle gioje, che Amore a voi comparte,
Ma de' vostri contenti
Me pur chiamate a parte,
Che della vita, e degli spirti miei
(a Ginevra.)
Una parte sei tu,
(a Ariodante)
l'altra tu sei.
Ariodante
Alle tue Regie piante . . .
Re
Deh sorgi Ariodante:
In questa età degg'io
Alla Figlia pensar, pensare al Regno,
Ne s' offre al pensier mio
Di te più degno Sposo, e Re più degno.
Ginevra
(A tanta gioja, oh Dio!)
Ariodante
(A tanta sorte . . .)
Ginevra
(Se resiste il mio cor . . .)
Ariodante
(Se'l cor non muore)
A due
(E' prodigio d'Amore.)
Re
Odoardo.
Odoardo
Signore.
Re
La giornata futura
Pubblichi i lor Sponsali,
S'aduni il Parlamento; e sìa tua cura
Per gl'Imenei Reali
Le pompe preparar.
Odoardo
Farò, che splenda
Con pompa si stupenda
Imeneo sì giocondo,
Che la luce ne scorga,
Non che la Regia tutta, il Regno, e'l Mondo.
Re
Or va', figlia, e comparti
Per le Nozze vicine
Più contenti al tuo cuore,
Più vezzi al volto tuo, più gemme al crine.
Ginevra
Che gran contento,
Cne bel piacere,
Esser vicino
Al caro oggetto,
Che v'ha ferito
Il cor nel petto.
Anime amanti,
Voi, che provate
Lo stral d'amore,
Dite, spiegate,
S'ell'è cosi.

Si grande è il giubbilo,
Che in petto io sento,
Che le mie pene,
Più non rammento,
Bacio lo strale,
Che mi ferì.

Che, ecc.

Scena settima

Ariodante, Re, Odoardo, e Guardie.
Re
E Tu, al par di Ginevra, Amato Ariodante,
Dalle man del tuo Re gradisci il dono:
Più darti non poss'io,
Se me stesso ti dò, la Figlia, e 'l Trono.

Ne' tuoi contenti, o caro,
Io provo in questo petto
Si dolce il mio diletto,
Che dispiegar no'l so.

Ma pur negli occhi miei
Dal lampeggiar dell' alma
Intenderai la calma,
Che in sen portando vò.

Ne' tuoi, ecc.

Scena ottava

Odoardo, e Ariodante.
Odoardo
Lascia, Signor, per gl'Imenei vicini,
Ch'io ti baci la destra,
E per mio Re , per mio Sovran t'inchini.

Quel piacer, che in te produce
Il voler d'amico fato,
Questo Regno fa beato,
Gode ognuno al tuo goder.

Regna pur lieto, e felice,
Ch' è dovuto il Regio Serto
Al tuo merto:
Di ria sorte non temer.

Quel, ecc.

Scena nona

Ariodante, e Polinesso.
Ariodante
Pe'l soverchio contento
Sono stupidi i sensi. O caro, amico,
Tu vieni a parte almeno
Delle tante mie gioje,
Che per capirle tutte è poco un seno.
Polinesso
Quel piacer, che trabocca,
Amico, dal tuo cuor, riceva il mio;
Fa', ch' entri di tue gioje a parte anch'io.
Ariodante
Ginevra, l'Idol mio, mercè d'Amore . . .
Polinesso
Che sia?
Ariodante
Mia Sposa.
Polinesso
Oibò.
Ariodante
Non ha il mio cuore
Nella felicità chi le pareggi.
Polinesso
Tu scherzi, Ariodante, o tu vaneggi.
Ariodante
Vaneggio per la gioja.
Polinesso
Amico, sogni.
Ariodante
Non sogno, Polinesso. Ella poc'anzi
Mi diè in pegno la destra.
Polinesso
Ella deride
Le tue speranze, e meco
Di tua semplicìta sì burla, e ride.
Ariodante
Polinesso, che parli?
Polinesso
Dico, che in van contrasti
Meco in amor.
Ariodante
Perchè?
Polinesso
Perchè Ginevra è mia, questo ti basti.
Ariodante
Ginevra è tua?
Polinesso
Sì, mia; se a te la mano,
A me diede se stessa; e a me dispensa
Amorosì contenti.
Ariodante
Duca, ti vanti in vano,
E 'l ferro mio ti sosterrà, che menti.
Polinesso
Innocente, Ingannato!
Ariodante
Empio, mendace!
Nò, che non è capace
Atro vapor di falsa lingua impura
D'oscurar lo splendor del mio bel Sole.
Polinesso
A che tante parole?
Ariodante
Parli la spada.
Polinesso
Nò, frena lo sdegno,
Ariodante, se vuoi
Crederlo agli occhi tuoi,
Farti veder l'inganno or' io m'impegno.
Ariodante
Come?
Polinesso
Ma pria mi giura
Cauto sempre tacer quanto vedrai.
Ariodante
Da Cavalier ti giuro,
Se ciò vedrò, di non parlar più mai.
Polinesso
Questa notte vicina
Ti scuoprirà l'inganno.
Ariodante
E questa sia,
Se menzognero, o se verace sei,
L'ultimo de' tuoi giorni, o pur de' miei.

Cacciator, che in folta selva
Tende insidie a cruda belva,
Se discuopre il laccio teso,
Dalla fera vinto, e preso,
Lacerato al suol rimane.

Se vedrò gl'inganni tuoi,
Simil sorte aspettar puoi;
Sarò crudo più di fera,
E d'un'alma menzognera
Le discolpe saran vane.

Cacciator, ecc.

Scena decima

Polinesso, e Dalinda.
Polinesso
Il colpo è fatto. Oh forse meco costei,
Ch'opportuna sen viene a desir miei.
Cara Dalinda.
Dalinda
A me?
Polinesso
Sì, a te, mio Bene.
Dalinda
A me, Signor? Perchè?
Polinesso
Perchè stolto fin ora
Il cuor di Polinesso,
Non conobbe chi l'odia, e chi l'adora;
Or, che torna in se stesso,
E scorge il merto tuo, la sua follìa,
Per tuo mezzo vorrìa
Scuotere ii giogo indegno,
Render scherni a' disprezzi,
Lasciar Ginevra, e le lue Nozze, e 'l Regno.
Dalinda
(Che sento! oh me felice!)
Polinesso
Ma dalla sua radice
Svellere un bel desìo per me non posso
Senza l'ajuto tuo.
Dalinda
Che far degg'io?
Tutto, Signor, m'imponi,
Tutto per te farò.
Polinesso
Sfogar quell'ira
Con Ginevra vorrei,
Che i disprezzi di lei
M'accesero nel cor; ma indarno aspira
A tant'opra un Vassallo,
Senz'incontrar ruine. Or quindi a prova
Teco venir vorrei,
Che se'l fo immaginando, anco mi giova.
Dalinda
Dunque, che vuoi da me?
Polinesso
Che in questa notte,
Allor, che si ritrova
Ginevra in letto, tu d'ogni sua vesta
T'adorni, ti rivesta,
Che procuri imitarla in tutto, e come
Ella dispon, disponga tu le chiome.
Dalinda
E poi?
Poliseno
Per la segreta
Porta di questo suo Real Giardino
Nelle tue stanze m'introduca.
Dalinda
Oh Dio.
Poliseno
Che paventi, Dalinda?
Dalinda
Ah, l'onor mio.
Poliseno
Che favelli d'onor? Sò qual rispetto
A nobile Donzella usar conviene.
Dalinda
Sai di Scozia la Legge, e sai le pene,
Che la legge prescrìve
A qualunque Donzella,
Che con decoro, ed onestà non vive.
Polisseno
Dalinda, tu m'offendi: A te in sembiante
Di nemico ne vengo, e non d'amante.
Dalinda
Ma per qual fin?
Polisseno
Dall'apparenza esterna
Ingannata così ia fantasìa,
Io mi figurerò, che sii Ginevra,
E gli sfoghi udirai dell'ira mia.
Dalinda
Ma se alcuno ci osserva? Anco il sospetto
Macchia il candor dell'onestà.
Polinesso
Soletto,
In solitario loco, e tra gli orrori
Di notte oscura a te verronne.
Dalinda
Oh Dio!
Polinesso
Sospiri?
Dalinda
Ah, l'onor mìo . . .
Polinesso
E dell'onor tu ne favelli ancora?
E non risolvi!
Dalinda
Oh amore!
Nulla si può negare a chi s'adora.
Polinesso
Tutto sarà per te poscia il mio cuore.
(parte)

Scena undicesima

Dalinda, e Lurcanio.
Lurcanio
Dalinda, in Occidente
Già cade il Sole, e ne' be' lumi tuoi
Un Sol più chiaro ecco ne spunta a noi.
Dalinda
Lurcanio, aduli in vano
Questa qual sia beltade:
Quando il cuor del Germano
A Regie Nozze aspira,
Per privata Donzella il tuo sospira?
Lurcanio
Voi siete il Regno mio,
Voi tutto il mio desio, vezzosi rai;
E se la sorte mai
Mi fa di voi il sospirato dono,
Io non invidio al mio Germano il Trono.
Dalinda
Signor, tu scherzi meco. Ergi il desio
A maggior scopo. Amore
Al merto del Germano, e al tuo valore,
Per dote oggi destina
Un Regno, e per Consorte una Regina.
(parte)

Scena undicesima

Lurcanìo.
Lurcanio
Di questo amante cuore
A far pago il desio
Formo due voti, e non gli formo in vano,
L'uno alla Sorte invio, l'altro ad Amore.
Se sia, che il mio Germano
Giunga di Scozia a possedere il Soglio,
Spero, il ritroso orgoglio
Atterrar dì Dalinda, ed interposta
A favor mio l'autorità di lui,
Sia, che divenga allor
Ministra del mio amor la Sorte altrui.

De' suoi stralì il più acuto, il più fiero,
Al mio seno Cupido avventò:
Da un bel guardo vezzoso, ed altero
Prese il dardo, che il cor mi piagò.

All'acerba crudele ferita
Vò chiedendo pietade, ed aita:
Ma non sò, se sperarla potrò.

De' suoi, ecc.

Fine dell'Atto Primo.

ATTO SECONDO

Scena prima

Notte con Luna. Luogo d'antiche Rovine, con la veduta della Porta segreta del Giardino corrispondente all'Appartamento di Ginevra.

Polinesso, Ariodante, poi Lurcanio in disparte, e poi Dalinda coll'abito di Ginevra.
Polinesso
Seguimi, osserva, e taci.
A rischiarar l'inganno, in cui te'n giaci,
Scorgi, com'opportuna
Splende con piena luce in Ciel la Luna.
Ariodante
Notte mai più fustesta,
Per te, Duca, o per me, non sia di questa.
Lurganio
(Col Duca Polinesso il mio Germano?
Tra notturni silenzj? in simil loco?
Temo d'insidie, e intanto
Osservo, e i passi lor seguo lontano.)
Polinesso
Qui ti nascondi.
Ariodante
O del mio puro fuoco,
Della bella mia fede al grave oltraggio,
Ultrici Deità, voi tutte invoco.
(Si nasconde fra le Ruine.)
Polinesso
Tacito osserva, e soffri pur da saggio.
Lurcanio
(Mi celo anch'io.)
Ariodante
Palpita il cor nel seno.

(Lurcanio si cela in altra parte, e Polinesso batte alla Porta del Giardino.)
Lurcanio
(Ciel, che farà?)
Ariodante
Qual gelido veleno
Mi scorre per le vene, e giunge al cuore?
Polinesso
Ginevra?
Dalinda
Mio Signore.
(Entra Polinesso, e si chiude la Porta.
Lurcanio
(Oh Dio! La Principessa!)
Ariodante
(Misero, e pur Ginevra! Occhi è pur dessa!)
Lurcanio
(Infedele.)
Ariodante
Occhi miei
Chiudetevi per sempre; a voi non resta
Più da veder. Su questa
(Va alla Porta.)
Infame soglia, agii occhi di colei,
Allor, che torna a licenziar l'amante,
Si presenti trofeo barbaro, e crudo
Di sua disonesta, steso sul suolo,
Il cadavere mio,
Ed usurpi l'ufizio il ferro al duolo.
(Snuda la spada, e posa il pomo in terra per uccidersi.)
Per questa destra mano,
Che diede all'infedele oggi la fede
Cada trafitto il cor . . .
Lurcanio
Ferma, Cermano.
(Gli toglie la spada.)
Ariodante
Ahi! qual crudel pietade . . .
Lurcanio
A si indegna viltade
Un ceco amor ti guida
Per una Donna infida? E dopo i tanti
Trofei del tuo valore,
Chiudi le glorie tue, chiudi i tuoi vanti,
Vittima vil d'un forsennato Amore?
Riserba a miglior uso
La vita, e'l ferro. Accusa
Al Genitor quell'infedele, e 'l brando
Stringi animoso a sostener l'accusa.
(Parte colla spada d'Ariodante.)

Scena secondo

Ariodante.
Ariodante
E vivo ancora! E senza il ferro, oh Dio!
Dunque si poco è sorte,
Che di condurmi a morte
Non ha forza bastante il dolor mio?
Misero Ariodante,
In sì penoso stato
Viver non puoi, e t'è il morir vietato.

Son qual per Mare ignoto
Naufrago passeggiero,
Ch'è colla morte a nuoto
Ridotto a contrastar.

Persa la Nave amica,
La vita più non cura,
Salvarsi non procura,
Ma brama naufragar.

Son, ecc.

Scena terza

Polinesso, e Dalinda coll'abito di Ginevra.
Polinesso
Resta, per sin ch'io veda
Se alcun ci osserva. (Riusci il disegno:
(Va guardando per la Scena.)
Lo stral ferì nel segno:
Disperato partì.) Vieni, Dalinda.
Dalinda
Signor, nel Cielo appare
L'Alba novella a ricondurre il giorno.
Temp'è, ch'io torni a ripigliar mia Vesta.
E ch'io deponga questa
Spoglia Reale, avante,
Che sorga in Oriente il nuovo lume.
Suol, sollecita amante,
Ginevra al primo albor lasciar le piume.
Polinesso
Dalinda mia, perdona
De rimproveri miei gli uditi accenti;
Di giusto sdegno ardenti
Furon gli aspri miei detti,
A queste spoglìe, e non a te diretti.
Dalinda
Ti confesso, o Signore,
Che quei nomi d'ingrata, e di superba,
Male ha sofferto il cor.
Polinesso
Si disacerba
Con ciò la piaga mia, soffrilo in pace.
Udirai da qui avante
Tenerezze d'amor, sensi di amante.
Dalinda
Se mi piaci allor, che sprezzi,
Quanto mai d'amor tra i vezzi
Avrò lieto in petto il cor!

Nel seren di bella pace
Godera quest'alma mia;
Per te sol, che ognor desia,
Tutta fede, e tutt'ardor.

Se, ecc.

Scena quarta

Polinesso.
Polinesso
Felice inganno, a tanto
Giunger non sa forse Virtude in terra.
Una sol notte atterra
Quanto innalzò per lunga serie d'anni
Col merto, e col valore,
A prò del mio Rival la Sorte, e Amore.

Se nasce dall'inganno
Il suo contento all'alma,
Io credo un vano affanno
Cercar la fedeltà.

E se veder non puoi,
Colla Virtù per guida
Contenti i desìr tuoi;
Seguirla è vanità.

Se, ecc.

Scena quinta

Salone del Consiglio con Trono,

Viene il Re accompagnato dal Parlamento, e dalle Guardie, il quale accomodatosi sul Trono, tutti i Parlamentarj vanno a sedere a' loro posti, e poi Odoardo.
Re
Voi meco del mio Regno
Ministri eletti a sostenere il pondo,
In di così giocondo
Delle mie contentezze a parte io voglio.
Giacchè l'Erede al Soglio
Negommi avverso il Ciel con maschia prole,
Oggi il mio zelo vuole,
Degno pe'l sangue, e per li merti suoi,
Alla Figlia uno Sposo,
A me scegliere un Figlio, un Rege a voi.
Già di cìascun nel placido sembiante
Io leggo il cuor, che l'elezion precede,
E che l'approva. Il Prence Ariodante,
Cui per giusta mercede
Dovuto, anzi che in dono
E' della Scozia il Trono;
Qual suo gran dìfensor, più d'altri è degno
Di stringerne lo Scetro.
Odoardo
Misero Re, più sventurato Regno!
Ecco cangiato il Talamo in Feretro.
Re
Odoardo, che sia?
Parla.
Odoardo
La doglia mia,
Il mio pianto ti parli.
Re
O Cìel, conforto!
Odoardo
Ariodante . . .
Re
Che?
Odoardo
Signore, è morto.

(Il Re scende frettoloso dal Trono, ed i Parlamentari si alzano in pedi.)
Re
Morto il Principe? Oh Dio! Mi narri il vero?
Odoardo
Lo stesso suo Scudiero
Porta alla Corte un sì funesto avviso.
Re
E da qual mano ucciso?
Odoardo
Dal suo furor.
Re
Come? Che intendo? Oh sorte!
Ne men punir m'è dato
Il reo della sua morte.
Odoardo
Odi, Signore,
Il racconto funesto.
Del giorno al primo albore,
Fuori della Città pensoso, e mesto
Col suo Scudier s'invia, e giunto appena
Dove spumoso a flagellar l'arena
Della spiaggia vicina il Mare ondeggia,
Volge con un sospir gli occhi alla Reggia,
Indi il Servo rimira, e sì favella:
Tu l'infausta novella
Porta alla Corte, e di' quant'or vedrai;
E se Ginevra mai
Ti chiederà qual la cagion ne sia,
Di', che la morte mia
Nacque dal veder troppo, ed or beato
Sarei, se senza lumi io fossi nato;
Ciò detto, qual baleno
Ratto gettossi all'onde salse in seno.
Re
Invide Stelle, e cosi fiero sdegno
Regna lassù nel Cìel, che in un sol giorno
Colla morte d'un solo ha fine un Regno?
Odoardo, si siolga
L'adunata Assemblea: resta tu solo
Compagno del mio duolo,
Indi dallo Scudier meglio s'intenda
La cagion di sua morte.
A portarne l'avviso io vado intanto.
Alla misera Figlia,
E ad asciugar su quelle ciglia il pianto.

Dov'è il mio Prence?
Dov'è il mio Figlio?
Non ho più speme,
Non ho consiglio,
La sorte barbara
Non ha più affanni,
Non han più fulmini
I Dei Tiranni,
Se sono irati
Contro di me.

Vedo l'istesso,
Nemico Fato,
Che non può farmi
Più sventurato,
Che se m'uccide,
Crudel non è.

Dov'è, ecc.

Scena sesta

Odoardo.
Odoardo
Dell'umane vicende
Memorabile esempio;
Finisce, allor, che splende,
Fasto mortal con più superbo orgoglio.
E una sol notte cangia
Le Nozze in Rogo, ed in Sepolcro il Soglio.

Più contento, e più felice
Regno al Mondo il Sol cadente
Dall'Occaso non mirò.

Ne più afflitto, e più infelice
Mai di questo il Sol nascente
Regno al Mondo ritrovò.

Più, ecc.

Scena settima

Appartamenti di Ginevra.

Ginevra, e poi Dalinda nel proprio Abito.
Dalinda
Giorno più bel dì questo
Non portò mai per te la biond'Aurora.
Ne mai vidi, o Signora,
Il tuo volto, e 'l tuo cor più afflitto, e mesto.
Principessa, e perche? . . .
Ginevra
Oimè, Dalinda, appena
Reggermi io posso in pie.
Dalinda
Siedi, ogni pena
(gli appresta la Sedia)
Partecipata altrui fassi più lieve.
Ginevra
(nel porsi a sedere.)
Ahi, contento mortal, quanto sei breve!
Ne più lieta giammai
Mi stesi in letto, oh Dio! nè mai più mesta
Le piume abbandonai.
Notte inquieta, e funesta,
Sonni interrotti, orridi sogni, e larve,
Mesti fantasmi, e quanto
Ha la notte d'orror, tutto m'apparve.
Dalinda
Per mitigare alquanto
Gli eccessi della gioja, onde sovente
Rimane oppresso un core,
Mandar sogni funesti
E' pietade del Ciel, più che rigore.

Scena ottava

Re, Ginevra, Dalinda, e Paggi.
Re
Figlia, un' Alma Reale
Si distingue dall'altre, allor che forte
A' colpi della Sorte
Coraggiosa resiste.
Ginevra
E qual funesto
Preludio, o Padre, è questo?
Re
Oh Dio!
Ginevra
Non sospirar, Signor, se sono
Io sola l'infelice,
Ogni oltraggio alla Sorte oggi perdono.
E già 'l cor mi predice . . .
Re
Ah Figlia, non è sola
Sventura mia, sventura tua.
Dalinda
(Che sia!)
Re
Con un sol colpo il rio Destino invola
La tua gioia, e la mia,
La difesa, il sostegno,
La speranza comun di tutto il Regno.
Ginevra
Misera, oimè!
Re
Nel vicin Mare assorto
Lo Sposo Ariodante . . .
Dalinda
Oh Cieli!
Ginevra
Oh Dio!
Re
Dal suo furor portato . . .
Ginevra
Oh Padre!
Re
E' morto.
Ginevra
Ahi! resister non so; son morta anch'io.
(si sviene.)
Dalinda
Mia Signora?
Re
Mia Figlia.
Dalinda
Coraggio.
Re
Al sen richiama
Gli spiriti smarriti, e ti conforta.
Dalinda
Ahi sventura.
Re
Ahi dolor.
Figlia?
Ginevra
Son morta.
Re
Nel vicin Letto, o Servi,
Vada col vostro ajuto, e si riposì:
Con balsami odorosì
Si richiami alla vita, e allor, che alquanto
Ceda ìl dolore, e sì risolva in pianto,
Per consolarla a lei farò ritorno.
(Vien condotta via Ginevra da' Paggi, accompagnata da Dalinda.)
Povero Padre, più infelice Figlia,
Misero Regno, e sventurato giorno.
(Nel partire incontra Odoardo, e poi Lurcanio.)

Scena nona

Re, Odoardo, e Lurcanio.
Odoardo
Il Germano, Signor, d'Ariodante
Porta alle Regie piante il suo dolore,
Lurcanio
Mio Re.
Re
Lurcanio, oh Dio!
Non so, se più il tuo cuore
Ha d'uopo di conforto, o pure il mio;
Pur ti consola, un Padre
Ritrovi in me, se 'l tuo Germano è morto.
Lurcanio
Sire, io cerco giustizia, e non conforto.
Re
Giustizia? e contro chi?
Lurcanio
Contro del reo
Deila morte del mio caro Germano.
Re
Come? se fu trofeo
Del suo furore insano.
Lurcanio
E dell'insania
Io ti scuopro l'Autore.
Re
Oh Ciel! ti giuro
Di punir tant'eccesso,
Se fosse ancor del Regio sangue istesso.
Lurcanio
Mio Re, ti giuro anch'io,
Che di quanto t'espongo,
Con questi lumi testimonio fui,
E n'ebbi alto cordoglio, e meraviglia.
Re
Il reo chi fu?
Lurcanio
L'impudicizia altrui
Re
E l'impudica?
Lurcanio
Oh Dio! fu tua Figlia.
Odoardo
(Che sento!)
Re
E vivo!
E questo aggiungi ancora,
Empio destino alle sventure mie,
Perche più afflitto, e spasimato io mora?
Lurcanio, avverti . . .
Lurcanio
Sire,
Delitto troppo grave
In materia d'onor fora il mentire.
Re
Come? quando? ove mai? son fuor di me.
Per mia maggior sventura
Son Giudice, e son Reo, son Padre, e Re.
Lurcanio
E come Re tu sei
Più tenuto alla Legge; Ella condanna
Ogn'impudica a morte.
Re
Oh Legge! oh Dio!
La colpa è d'altri, ed il gastigo è mio.
(s'abbandona mesto sulia Sedia.)
Lurcanio
Per la segreta Porta
Del Giardino Real la scorsa notte
Introdusse Ginevra un certo Amante,
Più non dirò. Ciò vide Ariodante,
Ciò vidi anch'io, fosse disgrazia, o sorte,
Che s'era più lontano,
Disperato il Germano
S'avea col ferro suo data la morte.
Il ferro io gl'involai,
E se non tolsi, ritardai il suo fato:
Ma, oh Dio! mal si trattiene un disperato,
T'è noto il resto. A te
Offeso doppiamente, e Padre, e Re,
Tocca a punir la rea;
T'esposi il vero; e quando
Vi sia chi la difenda;
L'accusa io m'offro a sostener col brando.

Degli Elisi dal soggiorno
Sorge l'ombra del Germano,
E girando a me d'intorno,
Grida sangue, e vuol vendetta.

Non la vedi? Non la senti?
Padre amato, a noi favella,
Sono giusti i tuoi lamenti,
Vendicarlo a noi s'aspetta.

Degli, ecc.

Scena decima

Re, Odoardo, Ginevra, e Dalinda.
Re
Quante sventure un giorno sol ne porta!
Dalinda
Oimè, vedi Signor, come trasporta
Il dolor la tua Figlia oltre il confine;
Lacera il petto, e 'l crine,
Squarcia le vesti, e non perdona al volto,
Contro se stessa ancor fatta nemica.
Ginevra
Padre . . .
Re
Non è mia Figiia un'impudica.
(parte)

Scena undicesima

Ginevra, e Dalinda.
Ginevra
A Me impudica?
Dalinda
O Ciel, che intesi!
Ginevra
A me
Impudica? perchè?
Dalinda
(Misera figlia.)
Ginevra
A me impudica?
Dalinda
(Oh Dio!)
Ginevra
Chi sei tu? chi fu quelli? e chi son'io?
Dalinda
Oimè! delira.
Ginevra
Uscite
Dalla Regia di Dite,
Furie, che più tardate?
Su, su precipitate
Nell' Erebo profondo
Quanto d'amor voi ritrovate al Mondo.
Dalinda
Mia Signora?
Ginevra
Megera,
Neghittosa, che fai?
Invola al Sole i rai, venga la sera.
Dalinda
(Misera.)
Ginevra
No, ferma Megera, a'preghi
D'un'infelice amante,
Perdona al Sol, bench'opra sìa d'Amore;
Del morto Ariodante
Il bel volto nel Sol vagheggia il core.
(piange)
Dalinda
(Di crudo padre ahi sventurata prole!
Trova il naufragio,ove sperava il Porto.)
Ginevra
Ah si, distruggi il Sole,
Che import'a me, se 'l mio bel Sole è morto.
(torna a piangere.)
Dalinda
Chi può frenare il pianto
Ha di macigno il cor. Deh Principessa . . .
Ginevra
La Principessa? Ov'è? Chi 'l sa, me 'l dica.
Dalinda
Torna, torna in te stessa.
Ginevra
Dalinda, non son' io quell'impudica?
Non fu il Padre, che'l disse? e perchè il disse?
Dalinda
No'l so.
Ginevra
Lo so ben'io, per mio martiro.
Dalinda
Consolati.
Ginevra
Ove son? vivo, o deliro?
Dalinda
(Torna Ragione a rischiarar la mente.)
Ginevra
Ah sì, ch'io vivo, e non deliro; il cuore
Tutti gli affanni suoi pur troppo sente.
Misera: senza Sposo, e senza onore?
In odio al Genitore, ed alla Sorte;
Ah che fra tanti mali,
Il minor mal per me saria la morte.

Il mio crudel martoro
Crescer non può di più:
Morte, dove sei tu, che ancor non moro?
Vieni, de mali mìei,
Nò, che il peggior non sei, ma sei ristoro.

Il mio, ecc.

Scena dodicesima

Dalinda.
Dalinda
Principessa infelice! Onde derivi
Così gran cangiamento,
Da Odoardo s'intenda,
Che la cagion funesta
Di sì dolente istoria
Forse non sia quella cangiata Vesta.

Col suo crudel dolor
Palpita il cuore in me
Dolente, e mesto.

Temo del suo furor,
Cagion la mia pietà,
Confusa io resto.

Col suo, ecc.

Scena tredicesima

Cortile Regio.

Polinesso.
Polinesso
Polinesso, e non sai,
Che il periglio maggior d'ogni delitto,
E' l' esser timoroso.
Che paventi? che fai? perche sì affitto?
Movesti coraggioso
Per la via d'empietade il primo passo,
Ed ora franco, e lasso
Nel sentier t'abbandoni, e ti spaventi?
Ah folle, se paventi,
Che il tuo fallo sì scuopra,
Colpa maggior la minor colpa or cuopra.

Scena quattordicesima

Polinesso, e Dalinda.
Dalinda
Signor, di sì gran danno
La cagione funesta
E' adunque stato un' innocente inganno?
Polinesso
Come, Dalinda?
Dalinda
In questa
Trascorsa notte, oh Dio,
Da Lurcanio, el German fummo osservati.
Dalle spoglie ingannati,
Ginevra mi credero.
L'un, disperato amante,
Gettossi in Mar, vendicator severo,
L'altro accusò Ginevra al Genitore
D'impudicizia, e di perduto onore.
Polinesso
D'onde sapesti ciò?
Dalinda
Il tutto or' Odoardo a me narro.
Vedi, Signor, che gran sconcerto è questo.
Polinesso
Non temer.
Dalinda
Già l'arresto
Ordinò il Re d'ogni sua Dama. Or mira
In qual periglio sia
La tua vita, e la mia.
Polinesso
Sarà mia cura
La mia vita, e la tua render sicura.
Vanne alla mia Ducea:
Due Servi miei ti serviran di scorta.
Dalinda
Ma il fuggir mi fa rea.
Polinesso
La sicurezza tua molto più importa.
Dalinda
L'inganno discuoprendo,
Salvi alla Principessa e vita, e onore.
Polinesso
Contro l'accusatore,
E l'onore, e la vita io le difendo.
Deh non tardar, mia cara;
Sì, vanne, e ti prepara
A partir prontamente,
Darò i cenni opportuni ai Servi miei.
Dalinda
Parto, se così vuoi,
Poiché del mio volere arbitro sei.
(parte.)

Scena quindicesima

Polinesso.
Polinesso
Rimorso non latrar, mio cor sta quieto.
Fa d'uopo altro delitto,
Se 'l delitto primier brami segreto.
Arcano di tal pondo
A femminil timor mal si confida,
Se celato lo vuoi, costei s'uccida.

Chi del suo cor l'arcano
Commette all'altrui fe,
Sì lagni poi di se,
S'altri l'inganna.

E benchè fidi a un solo
Quel, che celare intende,
Talor se stesso offende,
E se condanna.

Chi, ecc.

FINE DELL'ATTO SECONDO.

ATTO TERZO

Scena prima

Galleria.

Ginevra, poi Odoardo, e Paggi con Bacile coperto, e Guardie.
Ginevra
Caro Sposo, onor mio,
Così vi perdo? Oh Dio!
Odoardo
Ginevra, con qual cuore
A te ne venga, e qual dolore accolto
Io m'abbia in sen, te lo palesi il volto.
Ginevra
Odoardo, che porti?
Franco favella.
Odoardo
Oh Dio!
Ginevra
Non sospirare
Da che morte rapìo
Il dolce Sposo mio,
Non ho più che temer, ne che sperare:
Parla.
Odoardo
Parlino queste
(scuopre il Bacile, e prende in mano le Catene, che sono sopra di esso.)
Atroci, orride, e meste
Divise di tua Sorte.
Ginevra
A me Catene? E chi le manda?
Odoardo
Il Padre
Per caparra, il dirò, della tua morte.
Ginevra
Il Padre a me Catene?
Odoardo
E vuol, severo,
Ch'io la destra ti annodi.
Ma perchè coll'impero
Il suo cuor non mi diede,
Io le getto al tuo piede.
(getta le Catene a' piedi di Ginevra.)
Tu le calpesta, io le mie parti adempio
Col farti noto solo il Regio cenno,
Ch'esser voglio fedel senz'esser'empio.
(Ginevra prende le Catene, e se le pone alla destra.)
Ginevra
Basta saper, ch'è cenno
Del Gcnitor, perchè la Figlia stringa
Di sua man le ritorte alla sua destra,
E a morir si prepari.
Vi bacio ultimi, e cari
Doni del Padre mio.
Per voi sperar vogl'io,
Per voi 'l Padre sperò, fatto pietoso
Del fiero mio dolore,
Mandar la Figlia a ritrovar lo Sposo.
Odoardo
Chi non piange al suo pianto, è senza cuore.
Ginevra
Ma tu dimmi, (se lice
Tanto impetrare in sì dolente stato.)
L'accusa?
Odoardo
E' d'impudica.
Ginevra
L'accusatore?
Odoardo
Oh Dio! il tuo Cognato.
Ginevra
Lurcanio?
Odoardo
Si, col brando
Sostien, che tu sei rea.
Ginevra
Ma come? e dove? e quando?
Santa onestà, per cui difesa in Cielo
Sovente ardon le nubi, il Mar s'adira
E la Terra si scuote, e di giust'ira
Fremono tutti gli Elementi accesi,
Tu 'l soffri, e sai s'io le tue leggi offesi?
Odoardo?
Odoardo
Signora?
Ginevra
Al Genitor ritorna, e di', che a' preghi
D'una Figlia oramai vicina a morte
Quest'ultimo conforto almen non nieghi.
Odoardo
Che vuoi? Che brami? (Oh sorte!)
Ginevra
Bramo ciò, ch'ogni reo
Ottener può tra sue catene involto:
Del mio Giudice, e Re vedere il volto.
L'unico mio desire
E' a quella cara mano
Portar l'ultimo bacio, e poi morire.

Quella man, che mi condanna,
Meno ingiusta, e men tiranna
Un mio bacio renderà;

Scrisse, è ver, la Figlia mora,
Ma di Re fu mano allora,
Or di Padre tornerà.

Quella, ecc.

Scena seconda

Odoardo.
Odoardo
Soldati, custodita
Sia pur da voi nel destinato loco
La Real prigioniera. Ah se fuggita
Non è dal Ciel, come dal Mondo, Astrea,
Non può negare a si bell'Alma aita.

In sembianza crudel
Scherza talora il Ciel - coll'innocenza,
Ma poi s'avvede il cor,
Ciò, che parve rigor - esser clemenza.

In sembianza, ecc.

Scena terza

Bosco.

Dalinda fuggendo assalita da due Servi dì Polinesso, e Ariodante, che pone in fuga gli assalitori.
Dalinda
Perfidi, io son tradita,
Oh Dio: chi mi soccorre? aita, aita.
Ariodante
(gl'incalza dentro la Scena)
Indietro, traditori.
Dalinda
Oh Cielo, assisti
Al mio liberatore. Oh Prence ingrato,
Traditore, spietato,
Scrivi tra i fastì tuoi trofei sì belli.
Ariodante
La fuga gli salvò. Ma non son quelli
Servi di Polinesso?
Dalinda
Oh Cieli, Ariodante?
Ariodante
Non è questa Dalinda? è dessa.
Dalinda
E' desso.
Prence, sogno, o vaneggio?
Tu vìvi? o il Ciel liberator t'invia
Per la salvezza mia?
Ariodante
Vivo, Dalinda,
Per Ginevra l'ingrata.
Dalinda
Ah, di tua morte
Qual'avviso funesto
Portò tanto sconcerto oggi alla Corte?
Il Re turbato, e mesto,
Ginevra semiviva, e delirante,
Lurcanio accusator . . .
Ariodante
Se ben tradito,
Veda l'infida almen, quant'era Amante:
Per difender la Rea,
E spirar l'Alma mia sugli occhi suoì
Mi toglie a morte, e mi conduce Amore.
Dalinda
Ariodante, e puoi
Creder Ginevra rea d'offeso onore?
Ariodante
Poss'ìo negar la fede agli occhi miei?
Dalinda
Ingannato tu sei
Dal Duca d'Albania perfido, indegno,
Che a me insidia la vita, ed a te il Regno.
Ariodante
Come? Dunque colei . . .
Dalinda
Che nella scorsa notte . . .
Ariodante
Vidi . . .
Dalinda
Al tuo amore, all'onor suo rubella.
Ariodante
Introdur Polinesso . . .
Dalinda
Con le spoglie di lei . . .
Ariodante
Non fu Ginevra?
Dalinda
Nò.
Fosti deluso, ed io, Signor, fui quella.
Ariodante
Misero! E non m'inganni?
Dalinda
Nò, non t'inganno, oh Dio!
Ingannò Polinesso il pensier mio.
Ariodante
E sosterrai . . .
Dalinda
Sì, sosterrò, ch'io fui
Complice in tale errore,
E che Ginevra, ed io siamo innocenti,
E che sol Polinesso è il traditore.
Ariodante
Cieca notte, infidi sguardi,
Spoglie infauste, insano core,
Voi tradiste una gran Fe.

Rio sospetto, occhi bugiardi,
Empio amico, e traditore,
Ogni ben rapiste a me.

Cieca, ecc.

Scena quarta

Dalinda.
Dalinda
Ingrato Polinesso, e in che peccai,
Che con la morte ricompensi Amore?
Ah si, questo è l'error, troppo t'amai.

Neghittosi, or voi, che fate?
Fulminate,
Cieli, omai, sul capo all'empio;
Fate scempio - dell'ingrato,
Del crudel, che m'ha tradita.
Impunita
L'empietà,
Riderà
Nel veder poi fulminato
Qualche Scoglio, o qualche Tempio.

Neghittosi, ecc.

Scena quinta

Deliziosa nel Giardino Reale.

Re, Odoardo, poi Polinesso.
Re
Odoardo, non più.
Odoardo
M'ascolta.
Re
Oh Dio!
Cresce co'tuoi conforti il dolor mio.
Odoardo
Che Ginevra è innocente,
Dalinda, col fuggir, dà qualche indizio.
Re
Anzi, perch'ella fu sua confidente,
Complice dell'error, fugge il supplizio.
Odoardo
Fede fa quel sembiante
Della propria innocenza,
Che troppo sI conturba Alma, ch'è rea.
Re
Per l'esterna apparenza,
Non condanna giammai, nè assolve Astrea.
Certa è l'accusa, e la difesa incerta.
La Sentenza è segnata, e come rea
Di tradita onesta, veder non merta
D'offeso Re, d'offeso Padre il volto.
Odoardo
Dentro a quei lumi accolto
Vedrai . . .
Re
Sin, ch'io non veda
Cavalier comparir, che la difenda,
Che innocente io la creda,
O dubbia la sua colpa almen si renda,
Non speri di vedere il volto mio.
Polinesso
Mio Re, prepara il Campo,
Che di Ginevra il difensor son'io.
Odoardo
(Grazie al Ciel.)
Re
Polinesso,
Il tuo zel, la tua fe,
Quant'obblighi il tuo Re
Tel dimostra il cuor mìo con quest'amplesso.
Polinesso
Signor, se l'assistenza
Non niega il Cielo a prò dell'innocenza,
Dell'empio accusator spero l'orgoglio
Tosto domare.
Re
Io colla Figlia il Soglio
In premio ora prometto al tuo valore,
Da cui sol riconosco
La vita della Figlia, e del mìo onore.
Polinesso
Di tua Figlia, e di te Campion son'io,
E mi chiamano al Campo
L'innocenza tradita, e l'amor mio.
(parte)

Scena sesta

Re, e Odoardo.
Re
Or venga a me la Figlia.
(parte Odoardo.)
Cuor mio, che pur sei cuore
Di Padre, e Padre, oh Dio, d'unica Figlia,
Simulasti abbastanza,
Di Giudice, e di Re zelo, e rigore;
Siam soli, e niun ci osserva; or via ripiglia
D'afflitto Genitore il vero aspetto;
Libero lascia il mio paterno affetto.
Ahi Figlia . . .

Scena settima

Re, e Lurcanio.
Lurcanio
Mio Signor?
Re
(Lurcanio? Oimè!
Teneri affetti, indietro,
Il Padre si nasconda, e torni il Re.)
Lurcanio
Sire, so, che importuno a piedi tuoi . . .
Re
Lurcanio, e che più vuoi?
Se ad affrettar ten vieni
Di Ginevra la pena,
Risparmia i voti. A te della vendetta
Più debitor non sono.
Segnata è la Sentenza.
Il Campo è preparato, e 'l Difensore.
Vanne, sostien l'accusa,
Lasciami tutto in braccio al mio dolore.
Lurcanio
Questo mi basta. Un difensor volea,
In cui potessi almeno
Saziar la mia vendetta, e di mia mano
Una Vittima offrire al mio Germano.

Il caro cenere
Dentr'Urna flebile
La man fraterna
Non chiuderà.

Ma qualche vittima
Alla bell'Anima
Contento, e pace
Procurerà.

Scena ottava

Re, e Ginevra accompagnata dalle Guardie.
Re
Ecco la Figlia. Ahi vista!
Oh Ciel, dammi vigor, perch'io resista.
Ginevra
Padre, un sì dolce nome
Non mi vietar di proferir; con questo
Tutto addolcisco il crudo affanno mio;
A tuoi piedi vengh'io,
Non per chieder perdon, che non errai,
Non per grazia ottener, che per mia sorte,
Premio, e non pena oggi è per me la morte.
Re
(Oime!) Figlia, che chiedi?
Ginevra
Chiedo di non morir con l'odio tuo,
Che sebhen rea tu mi condanni, almeno
Nel Tribunal del tuo paterno seno
Resti innocente, qual'appunto io sono.
Che per ultimo dono
(s'inginocchia)
Tu mi porga a baciar la cara mano,
Che le note segnò del morir mio;
Poi son contenta.
Re
Prendi: (oh Figlia, oh Dio!)
Ginevra
Io ti bacio, o mano Augusta,
Dolce a me, benché severa.:
Mi sei cara, ancorché ingiusta;
Sei del Padre, ancorché fiera.

Io ti bacio . . .

Ma, che miro, Signor? tu piangi? o care
Lagrime, che rendete
L'agonie di mia morte or meno amare;
Voi mostrar mi volete,
Che mi condanna il Re, ma non già il Padre.
Re
(Alma resisti.)
Ginevra
Oh Dio.
Genitor, non desìo
D'esser'io rea, perchè tu sii più giusto,
Ma per toglierti al cor l'aspro disgusto,
Che di mia morte avrai,
Quando innocente poi mi troverai.
Re
Figlia, da dubbia Sorte
Tu pendi, ancora incerta
Tra'l confin della vita, e della morte.
Se innocente tu sei, sperar ti lice,
Ch'assista il Cielo al tuo Campione in Campo.
Ginevra
E per questa infelice
V'è chi stringe la spada, e mi difende?
Re
Le tue difese prende
Il Duca d'Albania.
Ginevra
Chi?
Re
Polinesso.
Ginevra
Or la svenrura mia giunge all'eccesso.
Questo solo mancava
A render disperato il cuore afflitto,
Che l'innocenza fosse
Orrida all'Alma mia, più che il delitto.
Oh Dio! Padre, la morte
Ti chiedo per pietà: del mio supplizio
E' la difesa mia più tormentosa.
Rinuzio alle difese,
E per me sia nel Tribunal d'Astrea
Pena men rigorosa
Del vivere innocente, il morir rea.
Re
Nò, nò, troppo è fatale
La tua caduta al noltro Regio onore.
Tu sdegni il difensore, ed io lo voglio;
Che sostener desìo
L'onor tuo, l'onor mìo, l'onor del Soglio.

Al sen ti stringo, e parto;
Ma forma il core in me
Moto contrario al pie - mia Figlia, addìo.

Ti lascio, oh Dio, ne sò,
Se più ti rivedrò - cor del cor mio.

Al, ecc.

Scena nona

Ginevra, e Guardie.
Ginevra
Così mi lascia il Padre? O cuor sta forte,
Veggio la morte mia, ma circondata
Da un numero di mali,
Il minore de'quali è la mia morte.

Ho il cor già lacero - da mille affanni.
Gli Altri congiurano - Tutti a'mìei danni,
Vorrei difendermi, - morir vorrei,
La sorte barbara - mi fa tremar.

Divengo stupida - nei caso atroce,
Non ho più lagrime - non ho più voce,
Non posso piangere, - non so parlar.

Ho il cor, ecc.

Scena decima

Piazza d'Edemburgo.

Re sul Trono, i Parlamentarj a sedere, Guardie, Odoardo, Lurcanio armato, e poi Polinesso pure amato, e Popolo.
Re
Popoli, io sprezzo, e sdegno
E del sangue le leggi, e di narura,
Solo per conservar quelle del Regno;
Da legge così dura,
Benché Rege io mi sia, nè pur m'esento;
E la Figlia, e l'Onor pongo al cimento.
Odoardo
Signor, quest'atto grande
Di te stesso maggiore ora ti rende,
E siccome risplende
A prò della giustizia il tuo gran zelo,
Cosi propìzio a questo arrida il Cielo.
Lurcanio
Arrida il Cielo alla giustìzia: scenda
Nel Campo, chi sostiene
Innocente Ginevra, e la difenda.
Polinesso
Lurcanio, il Difensore è già presente:
E sostien questo brando,
Che chi accusa Ginevra, e falso, e mente.
Lurcanio
E chi fu nell'errore
Compagno della Rea, or difensore
Si fa della sua vita?
Vittima più gradita,
Ne brama la mia mano,
Nè poteva svenartì al mio Germano.

(Comincia il duello.)
Re
Odoardo, ogni colpo
Cade sovra il mio cor.
Odoardo
Spera, che il Cielo
Non sosterrà chi stringe il ferro a torto.
Lurcanio
Questo colpo consacro
All'ombra del German.
Re
Cieli!
Polinesso
Son morto.
Odoardo
O Stelle!
Re
(O cor, resisti.)
Corri, Odoardo, assisti
Al Duca moribondo.

(Vien sostenuto il Duca, e condotto via.)
Lurcanio
Or s'altri aspira
A difender la rea, venga, dell'ira,
Che il sen m'accende ad ammorzare il fuoco.
D'una vittima sola il sangue è poco.
Re
Cosi superbo esulta
Nelle perdite mie l'accusatore?
Ah figlia, se 'l valore
Per tua difesa in ogni petto or langue,
Io l'onor mio difendo, ed ii mio Sangue.

Scena undicesima

Re, che scende dal Trono, Lurcanio, Ariodante con Vìsiera calata, e Guardie: poi Odoardo.
Ariodante
Ferma, Signor, non manca
Difesa all'innocenza.
Re
O Ciel, che intendo?
Ariodante
Io Ginevra difendo.
Re
Quale ignoto Campione il Ciel m'invia?
Lurcanio
Vieni, di tua follia
Presto ti pentirai, Guerriero invitto,
Strìngi il ferro.
Ariodante
Io non difendo
L'innocenza d'altrui con un delitto,
Nè col sangue fraterno
(alza la Visiera.)
Compro la vita altrui.
Re
O Fato
Lurcanio
O Dio,
Che vedo?
Re
Occhi, che scerno?
Lurcanio
Germano?
Re
Ariodante, ove son'io?
Lurcanio
Tu vivi?
Re
Tu respiri?
Lurcanio
O Sorte!
Re
E falso
Fu dunque il tuo Scudiero?
Ariodante
Ciò, che il Servo narrò, tutto fu vero.
Re
Ma chi dal vasto, e salso
Elemento ti tolse?
Ariodante
Amor, che forte
E' in me più della morte.
Precipitato in Mar, sento l'orrore
D' una morte sì vil: più degno Fato
Mi persuade, ancorché offeso Amore;
Mi getto a nuoto, e salvo
Giungo alle molli arene,
Bramoso di morir, benchè tradito
Sugli occhi del mio Bene,
Cangio le spoglie, e prendo
Per la selva il cammino;
Quivi amico Destino
Fa, che il periglio, e i'innocenza intenda
Della mia Principessa.
Lurcanio
E come?
Odoardo
O sorte?
E vive Ariodante?
Re
Odoardo?
Odoardo
Signore, in quest'istante
Polinesso spirò, dicendo: a morte
Mi guidan le mie frodi.
Re
E quali?
Ariodante
Il tutto
Intenderai, Signor, se mi prometti
Perdonare a Dalinda
Un delitto innocente.
He
E Dalinda dov' è?

Scena dodicesima

Dalinda, e detti.
Dalinda
E' qui presente.
Mìo Re, dell'empio Duca, e di sue frodi,
Complice, ma innocente, e a parte io sono.
Quindi al tuo piè . . .
Re
Sorgi, Dalinda, è tanto
Oggi il contento mio,
Ch'ogni delitto oblio, tutto perdono.
Lurcanio
Rea Dalinda, e di che?
Dalinda
Signor, saprai . . .
Re
Nò, Dalinda, alla Reggia
Serba a scuoprir l'inganno; è tempo omai,
Ch'io la Figlia riveggia,
E innocente l'abbracci, e ch'ella sciolta
Dall'ingiuste ritorte,
Stringa in vece di morte
Il suo risorto, e lagrimato Sposo.
Cangi il mio Regno intanto
In giubbilo i singulti, in riso il pianto.

(Parte seguito da Lurcanio, Dalinda, e Odoardo.)
Ariodante
Già sento, che al mio core
Torna la pace antica;
E pur', oh Dio, pavento
La Sorte ancor nemica,
Stelle, che sarà mai?
Numi, che mai sarà?

La gioja inaspettata
Dilegua il mio tormento,
La Sorte meco ingrata
Oggi cangiar potrà.

Già, ecc.

Scena tredicesima

Appartamento destinato per Carcere di Ginevra.

Ginevra.
Ginevra
Da dubbia infausta Sorte
Quanto pender degg'io,
Incerta tra la vita, e tra la morte,
Senza conforto, abbandonata, e sola?
Care Donzelle, Amiche,
Dalinda, Genitor, chi mi consola?
Non è la morte, nò, che mi spaventa.
Quel, che più mi sgomenta, e che mi pesa,
E' l'innocenza mia, s'ella è difesa.

Manca, oh Dio, la mia costanza,
Mentre ha fine il mio dolor;
Nè mi resta la speranza
Di morir . . .

(Sì sente un'allegra Sinfonia

Scena ultima

Ginevra, Re, Ariodante, Dalinda, Lurcanio, Odoardo, Parlamento, e Guardie.
Re
Figlia, innocente Figlia, a terra, a terra
Queste ingiuste ritorte.
Ariodante
Sposa, mia dolce Sposa, a me la morte
Si dee, che sospettai della tua fede.
Dalinda
Principessa, al tuo piede
Ecco Dalinda rea d'ogni tuo danno.
Lurcanio
Ginevra un'empio inganno
Mi fe calunniator di tua innocenza,
Pur dalla tua clemenza
Spero ìl perdono, e coraggioso aspiro . . .
Ginevra
Sogno, veglio, che fo? vivo, o deliro?
Tu vivi Ariodante?
Ariodante
Vivo per te, mia vita, e tutto il Mare
Non ebbe pe'l mio fuoco onda bastante.
Ginevra
Ma come? o Cielo, oh Dio!
Creder poss'io . . .
Re
Non più, mia Figlia, il tutto
In breve intenderai. Stringi frattanto
Al sen lo Spofo: e rida il Regno mio
Al riso tuo, se pìanse oggi al tuo pianto.
Lurcanio
Dalinda, or che perio
Per questa mano il Duca traditore,
Da te chiede il mio Amor la sua mercede.
Dalinda
Or, che palese è l'innocenza mia,
Piccol premio al tuo amor sia la mia fede.
Re
La Ducea d'Albania,
Già devoluta al Regio Fisco, in Dote
S'abbia Dalinda: e la mia Corte, e 'l Regno
Dia per questi Imenei
Con Danze, e con Tornei
Della gioja comun pubblico segno.
Ariodante e Ginevra
Su i confini del tormento
Abitar suol' il gioir.
Dalinda e Lurcanio
Ogni gioja al duol succede:
Re e Odoardo
E' del pianto il riso erede.
Ariodante e Ginevra
E 'l più stabile contento
Sempre è figlio del martir.
Tutti
Su i confìni, ecc.

Fine del Dramma.



I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 8 febbraio 2022