Il Giustino, RV 717

Dramma musicale in tre atti


Testo del libretto


ATTO PRIMO

Scena prima

Luogo maestoso apparecchiato per la solenne incoronazione d'Anastasìo Imperadore, e per li suoi Sponsali con l'imperadrice Arianna.

Anastasio, Arianna assisi sopra Trono Imperiale, corteggio di Prencipi, Cavalieri, Guardie , e Popolo, Coro di Trombe, e Timbani su la Scena; e poi Amazio.
Arianna
Febo, che non mai stanco
Sovra carro di luce
I Secoli volanti à noi ritorni,
Gran Sovrano de' giorni, e Ré degl'Astri,
Spargi di più bel raggio il crin, ch'é d'oro,
Splenda per man dell'Alba oltre l'usato
De' tuoi Corsier la rugiadosa chioma,
Or che di sagro Allor l'Augusta fronte
Cinge a' Cesari suoi la nuova Roma.
(Sono di Trombe, Mentre Arianna incorona Anastasio col Lauro Imperiale.)

Viva Augusto eterno Impero
Goda il Mondo il Secol d'oro,
Né mai splenda astro severo.
Coro
Viva Augusto eterno Impero.
Arianna
Goda il Mondo il Secol d'oro
Per l'Eroe, ch'è in Trono assiso,
Cingi il crin di verde Alloro.
Coro
Goda il Mondo il Secol d'oro.

Viva ecc.
Anastasio
Da questa man, che al mio destin dà legge
Prendo dell'Orbe il freno;
Ma più di Roma, e più dell'Orbe intero
Di quel'occhi, onde avvampo,
Dall'amante mio cor s'apprezza un l'ampo.

Viva Arianna, e'l suo bel Core,
Questo Scettro, e questo Soglio
Figli son d'un caro amore.
Coro
Viva Arianna, e' suo bel core.
Anastasio
Bella pace scendi à noi,
E l'Augusto eccelso nodo
Stringan lieti i Genj suoi.
Coro
Bella pace scendi à noi.

Viva ecc.
Amanzio
Ah mio Sovrano Augusto, or che di sangue
Fumano le Campagne, e d'ossa sparte
Và seminando il suol, che fai? Che pensi?
Già 'l Bosforo é in catena, e se più tardi
Vedrai per man di Vitaliano audace
Bisanzio imprigionato: ah non sia vero,
Che mentre il grande Impero omai vacilla
Ad Anastasio il forte,
Cangin teneri vezzi, e molli amori
In Cipressi funesti i verdi Allori.
Arianna
E dovrà delle mie nozze il giorno
Funestarsi col sangue?
Anastasio
Rasserena il bel ciglio:
il primo dì, che mi conduce al Soglio
Con mìe vittorie ancor più illustre io voglio.
Amanzio
Il barbaro Nemico
Un Messaggier t'invia.
Anastasio
Venga, ed esponga.

Scena seconda

Polidarte con seguito, e li suddetti.
Polidarte
Vitaliano, il di cui nome vola
D'Alcide oltre le mete
A tè l'armi deposte offre la pace,
Se la bella Arianna
Al suo Letto Regal ceder ti piace.
Arianna
(O iniquo!)
Amanzio
(O temerario ardire!)
Anastasio
Riedi tosto, ò Messaggio, e di a quell'Empio,
Che un' Uomo della Bitinia, un vil Pirata
Non è degno d'Augusta: Esangue al suolo
Caderà quel superbo, e sù l'arena
Mi pagarà del folle ardir la pena.
Polidarte
Cesare hai troppo acceso
Dall'ira il forte cor: meglio risolvi.
Anastasio
Vanne, e sappia il Fellon, ch'Augusto offeso
Già desta il suo furor già il brando afferra.
Polidarte
Chi la pace ricusa avrà la guerra.
(Parte col seguito.)
Arianna
Ah caro Sposo,
Frena il nobile ardire, e ti rammenta,
Che l'esporre al periglio
Con tè stesso l'Impero
Non è mai di virtù sano consiglio.
Anastasio
Dell'Impero, e di tè degno non fora,
Se vil rischio opponesse
Alle vittorie mie breve dimora,
Bella t'accheta; e a render più sicure
Le mie glorie, e del Barbaro le piaghe
Volgi un sol sguardo di tue luci vaghe.

Un vostro sguardo,
O luci arciere,
Di mille, e mille
Aste guerriere
Più forza avrà.
Da sì bel dardo
S'io fui piagato,
Care pupille,
Qual seno armato
Resisterà.

Un vostro ecc.
(Parte con Amanzio.)

Scena terza

Arianna sola.
Arianna
Arianna, che pensi?
Il tuo Sposo, il tuo Cesare al cimento
Lieto sen corre, e tu qui resti? Invano
Trattenermi presume
Tema di servitù, tema di morte,
Compagna ad Anastasio io vò la sorte.
T'inganni, si t'inganni,
Caro Sposo, se credi
Solo incontrar le contumaci schiere.
Hò petto, hò petto anch'io
D'oppormi alle nemiche Aste guerriere.

Da' tuoi begl'occhi impara,
Labro vezzoso,
Volto amoroso,
L'arte di ben ferir questo mio cor.
Della mia fede, ò caro,
Bella prova averai
Allor, che mi vedrai
A punir l'empietà d'un traditor.

Da' tuoi ecc.

Scena quarta

Campagna con Alberi fruttiferi.

Giustino coll'aratro.
Giustino
Deh, perché non poss'io, destin crudele,
O qual Cadmo novello, ò qual Giasone
Trar da ruvide glebe armata messe,
E cangiato in Guerrier, di vil Bifolco
Mutar per fatal sorte
In Usbergo l'Aratro, in Campo il Solco?
Mà già Febo all'Occaso
Volge l'aurea Quadriga:
Io qui del curvo legno
Formerò duro letto a' miei riposi;
Già la notte vicina il Cielo adombra,
O qual dolce sopore
Mi lega i sensi, e le mie luci ingombra!
(Si asside sopra l'aratro.)

Bel ristoro de' mortali
Su quest'occhi spiegha l'ali
Dolce sonno, e vieni à me;
A me vieni, à me che stanco
Pace al core, e posa al fianco
Nel mio duolo avrò da té.

Bel ristoro ecc.
(Si addormenta.)

Scena quinta

Al suono d'allegra sinfonia s'illumina la Scena, e scende la Fortuna su maestosa Machina assisa sù la ruota, che gira, accompagnata da' suoi Geni, che portano Scettri, Corone, e Tesori.
Fortuna
Giustin, lascia i riposi: In ozio vile
A che il fianco adagiar trà i fiori, e l'erbe?
Su t'invita la sorte; e in Campo ostile
Palme, e Trionfi alla tua man riserba:
Mira, come al tuo merto or la Fortuna
Regni, e Tesori in questo punto aduna;
Ecco per te cangiati
In Reggia la Capanna, in Soglio il Prato,
Sorgi, lascia il sopor, siegui il tuo Fato.

Della tua sorte
Con destra sorte,
Stringi la chioma,
Ferma la ruota,
Invitto cor.
Ma se un'istante,
Sprezzi il favore,
Dal suo furore
Non avrà scampo
Il tuo valor.

Della ecc.
(Sparisce la Fortuna con li Geni, e Giustino si desta.)
Giustino
Or chiunque tu sii, ch'ora m'inviti
Teco vengo à i trionfi,
Alle Palme ti sieguo: ubbidiente
Il mio destino ascolto. Alla mia fama
E Trono, e Regni, e Fasti, e Glorie io deggio;
Mà che fò? Dove son? Con chi vaneggio?
Vadasi. Selve, addio. Lascio gli Armenti,
Spezzo l'Aratro mio: fù mia vergogna
L'uso del vile arnese,
Or sarà del mio cor gloria il lasciarlo.
Mà che penso? A che aspiro? E con chi parlo:
Penso all'onor. Parlo à Giustino. Andiamo,
Non mente il Ciel. Questa mia destra omai
Sdegna rustiche marre. Al cor rimbomba
Già la tromba guerriera,
Il timpano feroce udir già parmi.
Giustino, andiamo alle vittorie, all'armi.

Scena sesta

Leocasta inseguita da un'Orso, e Giustino.
Leocasta
Cieli! Numi! Soccorso.
Giustino
Cessi il vano timor, cessin le grida;
Cedi al mio braccio;
Invan ti scuoti, invano
Resister presumi.
(Abatte l'Orso.)
Leocasta
O Numi!
Cadde la Belva estinta.
A te di questi Boschi
Ignota Deità. Nume selvaggio,
Questo mio cor divoto
Sù l'ara del mio sen consacro in voto;
Mà di qual sei? (Che volto!)
Giustino
Un'Uom son'io vago d'eroiche imprese,
E contro l'empia fera
Della gloria il desio solo m'accese.
Leocasta
Del Cesare Latino
Son'io l'Augusta Suora. All'alta Regga
Tu meco volgi il passo;
Colà sorte migliore
Renda mercè più degna al tuo valore.
Giustino
Vengo, Donna sublime, ove t'aggrada,
Benché del Rè non curo
Il favore incostante,
Ch' à se stessa é virtù premio bastante.
Leocasta
Nacque al Bosco, e nacque al Prato,
Pria che fosse coltivato
Ogni fior, ch'oggi si vede
Pompa far di sua Beltà.
Cosi ancora il tuo valore,
Se dal Campo uscirà fuore
Delle Palme un giorno erede,
Pien di fasto anch' ei sarà.

Nacque ecc.

Scena settima

Camera.

Arianna, e Amanzio.
Arianna
Amanzio?
Amanzio
Alta Reina.
Arianna
Allor, che d'atre bende
Cinta la nera fronte
Vedrassi in Ciel la notte,
Teco, ò Duce sovrano,
Del mio Sposo guerrier seguir vuò l'orme.
Amanzio
Mi son legge i tuoi cenni.
La vittoria é sicura,
Or che all'Indegno, e all'armi sue rubelle
Guerra faran degl'occhi tuoi le stelle.

Scena ottava

Anastasio, Andronico da Donna, e detti.
Anastasio
Io t'offro, Augusta,
Questa Real Donzella,
Figlia à Costanzo il Grande,
Che lungo tempo di Cilicia il Regno
Per l'Impero sostenne
Contro di Vitaliano, or lieta sorte
Gl'aprì scampo alla fuga, e quà sen venne;
Arianna
Signor, gradito é il dono
Al par d'ogni tesoro.
Bella, serena il ciglio:
Sarà scudo al tuo onor l'Augusto Alloro.
Andronico
Magnanima Arianna,
Dopo il turbine audace
Di si gravi sventure,
Più bella spero nel mio cor la pace.
Arianna
Vieni à Leocasta, alla Germana eccelsa
Dell'amato mio Sposo;
E dona al stanco pié qualche riposo.
Anastasio
Vanne con la mia Sposa, e tù mia Cara,
Or che altrove mi chiama Empio rubelle
Fammi sperar, ch'amore
Serbi l'immago mia nei tuo bel core.
Arianna
Sole degl'occhi miei,
L'Idolo mio tu sei,
E quel tuo volto amabile
Tutto è scolpito in mè.
Quel fulgido splendore,
Ch'in sen m'accende il core
E' tanto, e sì adorabile,
Ch'io vivo sol per té.

Solo ecc.
Anastasio
Già s'avanza la notte, e le nemiche
Schiere é d'uopo assalir, servan gl'orrori
D'inciampo à gl'Empi a noi di scorta.
Amanzio
Freme pien di coraggio
Ogni Guerriero, e vuole
Dar tributi di palme al nuovo Sole.
Anastasio
Vanne dunque, mio Fido, e l'impazienti
Turbe prepara al meditato assalto,
Ch'io men vado à Leocasta, e frà momenti
Teco sarò nelle schierate genti.
Amanzio
La gloria del mio sangue,
Sento, ch'oppresso langue
Un crudel Traditor fiero, e spietato.
Spero, che possa tanto
Della mia fede il vanto,
Che basti ad arrestar perfido fato.

La gloria ecc.
Anastasio
Corro all'impresa, e dell'orgoglio insano,
Che tanto ardir nell'empio seno accoglie
Spero al piè d'Arianna
Depositar le trionfate spoglie.

Vedrò con mio diletto
L'alma dell'alma mia,
Il core del mio cor pien di contento.
E se dal caro oggetto
Lungi convien, che sia,
Sospirando, penando ogni momento

Vedrò ecc.

Scena nona

Leocasta, Giustino, e Andronico.
Leocasta
O come volontier ti stringo al seno,
Vergine eccelsa. In questa Reggia avrai
Posa all'afflitto core.
Andronico
Quanto gradite
Son le svenrure mie, se mi fan degna
D'inchinar' il tuo merto (ah caro Amore
Con quei bei rai tu mi trafiggi il core.)
Giustino
Dimmi, ò Bella, se lice,
Chi fù l'empio caggion del tuo cordoglio?
Che per farti felice
Lo trarrò, se sia d'uopo ancor dal Soglio.
Leocasta
Oh Dei, che sento!
Andronico
Tempo forse verrà, ch'il tuo valore
Renda l'antica pace al mesto core.
Leocasta
Largo Campo prepara
Bisanzio al tuo coraggio,
E contro l'empio usurpator ribelle
Il tuo braccio fatale
Han destinato à nostro prò le stelle.
Giustino
Perchè in rustica spoglia
Il gran genio del cor mal si discopre,
Voglio, che i pregi miei nascan dall'opre.
Andronico
Sì gran valor tema m'imprime, e sdegno.
Leocasta
(Gelosia tù m'uccidi) Anima forte
Vieni meco ad Augusto: Un cor si grande
Languir non dee nelle dimore, e rea
Non sò voler, che sia,
D'un ritardato ben l'anima mia.
Giustino
Teco son'io, dove più brami.
Andronico
(Ahi Fato!)
Leocasta
Mà il mio Germano amato,
Con torbido sembiante, a noi s'appressa.
Andronico
(Che mai sarà?)
Giustino
Sorte incostante, e cieca
Le grand'Alme oltraggiar giamai non cessa.

Scena decima

Anastasio, e detti.
Anastasio
Del Greco Impero à i danni
Stanca non é la sorte; avversa, e cruda
Freme sul nostro capo:
Già di barbara turba
Fatta è preda Arianna.
Leocasta
Oh Ciel, che sento!
Frena il duolo, ò Signor; Erasto il forte
Con le Prore temute ingombra i mari.
Sù le rostrate Navi al fier Tiranno
Farà guerra improvisa, e quest'Eroe,
Al tuo piede presento, il suo coraggio
Anch' à dispetto del Nemico altero,
Farà serva la sorte al Greco Impero.
Anastasio
Leggonsi in quel sembiante
Cifre d'alto valor: Molto ti devo,
Mio Cavalier sarai: di fino usbergo
Vuò che s'armi quel forte.
Giustino
In tua difesa incontrarò la morte.
Anastasio
Sù miei fidi Campioni, à voi richieggo
Le usate prove. Itene omai, sciogliete
Arianna da'ceppi: al vostro ferro
Precederà il mio brando.
Andiam: lo sdegno in voi
Gradi aggiunga all'ardir, gradi al valore;
Armati voi dall'ira, io dall'amore.

Non si vanti un'Alma audace
D'involare à un Regio core
L'adorata sua Beltà
Per punir quel Contumace
Furie in me destò l'amore,
Sdegni in me la maestà.

Non si vanti ecc.

Scena undicesima

Leocasta, Giustino, Andronico.
Giustino
Gran Signora, ove il Fato
Col tuo favor m'invita, io pien d'ardire
Già volgo il piede, e spero
Mirar nel mio ritorno,
Del tuo don più fastoso il Greco Impero.

Allor che mi vedrò
Cinto di palme al Trono,
Dirò, che sara dono,
Più grato al cor per tè.
E se mai caderò
Al mio Sovrano innante,
Vedrassi il cor spirante
Tutto costanza, e fè.

Allor ecc.
(Parte.)
Leocasta
Vedesti, Flavia, come
Seppe unir mai la sorte
A' volto si gentil alma sì forte
Possiede in due gran pregi un gran tesoro.
Andronico
Cosi dice, e non moro?
Leocasta
Tù non rispondi, ò Bella?
Andronico
Amor mel vieta.
Leocasta
Amor te'l vieta? (Amore)
Forse già nel tuo core
Scolpi d'un tant' Eroe la bell'Imago.
Andronico
Del suo valor m'appago e del suo volto;
Mà quell'Amor, che accolto
Hò in sen per tè, senza stupor non mira
Basso vapor, ch'a' rai del Sole aspira.
Leocasta
Cara, questo stupor, che troppo ingiusto sembro
Per chi sì rare doti hà dentro in seno
Temo, che forse un di con men d'orrore
Non sia nel tuo bel sen Padre d'Amore.
Andronico
Amo, nol sò negar; ma . . . .
Leocasta
Sì, t'intendo,
Temi ch'altri t'involi il ben, che brami?
Andronico
Giusto timor.
Leocasta
Mà vano,
Ciò ch' han prefisso i Numi
Mal sì contrasta. Ancora
Dubio pende il desio
Del tuo core, e del mio
Fin ch' à noi non ritorna il caro oggetto
Per cui sì dolce ardor ci nasce in petto.
Andronico
T'inganni Principessa; Entro il mio core
Sdegno nascer sent'io, ma non amore.

Nò bel labro, men sdegnoso,
Nò bel volto men geloso
Soffri, e taci, e lascia amar.
Quel piacer ch'io sento al cor
Nò non merta il tuo rigor,
Cara mia non ti sdegnar.

Nò bel labro ecc.

Scena dodicesima.

Andronico solo.
Andronico
Lacci, che impriggionate
La natia libertà di questo crine
Un portento d'amor in voi celate.
Andronico son'Io di Vitaliano
Il Guerriero Germano,
Che di Leocasta amando
Le due luci omicide
Chiudo trà fìnte spoglie
In sembianza di Jole, alma d'Alcide.
M'arrise al primo incontro amica sorte
No'l sò negar; ma questa
Difesa a me funesta
Nel più chiaro seren di due Pupille
Mi fà temer mille naufragi, e mille.

E pur dolce ad un anima amante
Poter dire, ma senza timore,
A un bel volto, io moro per tè.
Il vedere l'amato sembiante
Senza nube di sdegno, ò rigore
Fa sperare più facil mercé.

E pur ecc.

Scena tredicesima

Vasta Pianura sotto Costantinopoli ingombrata dal grande accampamento di Vitaliano.

Vitaliano, e Soldati, poi Polidarte con Arianna prigioniera.

Sinfonia di Trombe.
Vitaliano
All'Armi, ò Guerrieri,
Bisanzio v'aspetta.
Già stringo l'acciaro,
Già corro al cimento,
Non ha più riparo
La nostra vendetta.

All'Armi ecc.
Polidarte
Signor t'arrise il Fato; Il Greco Augusto
Che rifiutò la Pace,
Guari con è, che al nostro Campo invitto
Recò notturno assalto. Al fier contrasto
Piegò l'oste nemica, e per mia sorte
Predai Donna sublime,
A cui non lieve stuol servia di scorta.
Questa in segno di fede,
Qui traggo umil di Vitaliano al piede.
Vitaliano
Amor! Cieli! che miro? Ah son pure queste
Le bramate sembianze
D'Arianna, che adoro!
Arianna
Non ti vantar superbo,
Che sia base al tuo piè la mia sventura,
Che di un'Empio il gioir passa, e non dura.
Vitaliano
Dell'Impero del Mondo
Io trionfai, già 'l vedi:
Ma quel tuo ciglio altero
Di mè più assai trionfa;
Quindi al tuo piede io getto
La mia vittoria, e seco
Per inalzarti al Talamo, ed al Trono
T'offro una man, che ti da un Mondo in dono.
Arianna
Aggiungivi, ò superbo,
Una mano, che tenta
Strappar dal crin d'Augusto
L'imperial Diadema:
Una man, ch' è di stragi
Avida, e di rapine;
Una mano, per cui
L'amor del caro mio Sposo adorato,
Vuole tutto il mio sdegno.
Vitaliano
Ne può placar quest'ire
Ciò che t'offersi in dono?
Arianna
Offrine un altro,
Che le mie brame adempia.
Vitaliano
E qual sia questo?
Arianna
La tua morte, o la mia.
Vitliano
E tanto dunque ardisce
Il tuo sdegno superbo?
Ti sovvenga Arianna,
Che tutto può ottener, cui tutto lice.
Arianna
Sù via, Tiranno, adempi
D'un vincitor feroce
Tutte l'inique brame: Il piè mi cinga
La più vile catena. A questo core;
Mostra tutto il furor del tuo potere;
Vanta tutto il poter di tutta fierezza,
Tenta la mia costanza,
La mia virtù; dalle tue furie armato
A mè, fellone, a mè, rubel, minaccia
Lacci, ceppi, tormenti, ingiurie, e morte:
Vedrai quanto sia forte,
Più, che la tua barbarie, il mio valore:
E vedrai nel mio seno, ò Mostro indegno,
Eterno l'odio, ed immortal lo sdegno.
Vitaliano
I miei prieghi?
Arianna
Non gli odo.
Vitaliano
La mia forza?
Arianna
La sprezzo.
Vitaliano
Frà vincitrici Squadre un Ré la chiede.
Arianna
Alle Squadre, ed al Ré l'onor risponde,
Condannando l'ardir.
Vitaliano
Pensa, Arianna . . . .
Arianna
Che moglie son . . . .
Vitaliano
Che il forte . . . .
Arianna
Vinta mi vuol, lo sò, mà non già vile.
Vitaliano
Vedi . . . .
Arianna
Che sono offesa.
Vitaliano
Ch' io son . . . .
Arianna
Si, Vitaliano.
Vitaliano
E tù . . . .
Arianna
Arianna: Colei,
Che più sempre amerà nel caro Sposo
Una povera sorte,
Che in un barbaro Core
Le Vaste offerte, e 'l temerario amore.
Vitaliano
(Ah più soffrir non deggio!)
Polidarte: ritogli
Quest'ingrata al mio sguardo.
Mà nò, teco qui resti, e pensi intanto,
Se più giovi al suo core
Solcar' un mar di gioja, o un mar di pianto.

Vanne si, superba, và,
Che per tè non hò pietà,
Se per mè non senti Amor.
Aspe sordo, e duro scoglio
Esser voglio,
Per punire il tuo rigor.

Vanne ecc.

Scena quattordicesima

Polidarte, Arianna, e poi torna Vitaliano.
Polidarte
Bella, cangia desio: cedi à chi t'ama.
Arianna
Prima, che amare un'Empio amo la tomba.
Polidarte
Dunque sì poco temi
D'un Vincitor lo sdegno? Ah ti consigli
Con più giusto desio.
Arianna
Taci, che invano
Tenti con nuove Brame
L'invitta mia costanza,
O d'iniquo Signor Ministro infame.
Polidarte
Quest'a me?
Vitaliano
Tanto ardisci?
Nè il temerario amore
Ti servirà di pena
Nella misera sorte
Potrà farti felice.
Olà, Costei, si esponga
Alle fauci temute
Di quel Mostro vorace,
Ch'empie di folte stragi i Campi intorno;
E tu su i lidi nostri
Rimanti, ò dispietata,
Mostro di crudeltà, cibbo de' mostri.
Arianna
Perfido, invan si tenta
Col rischio della vita un cor fedele:
M'abbandoni la Terra, il Ciel sia sordo,
Mi manchino li Dei, sian congiurati
Contro me tutti gl'Astri; Alma, ch'è forte,
Pria che mancar di fè, manca di vita,
E pria, che amare un vile ama la morte.

Mio dolce amato Sposo,
Morir saprò contenta,
Perchè morrò fedel, morrò costante.
E tutto il dolor mio,
E' sol, che tu non senta
L'ultimo caro addio
Del core amante.

Mio dolce ecc.

Fine dell'Atto Primo.

ATTO SECONDO

Scena prima.

Bosco aperto con veduta di vasto Mare agitato da tempesta con scogli, e dirupi, e si vede nel Mare una Nave, che si rompe sul lido, dalla quale escono

Anastasio, e Giustino.
Giustino
Al dispetto dell'onde
Pur calchiam queste arene, e invan tu sgridi
Il destino, e la sorte;
S'arrendon questa, e quello à un'Alma sorte.
Anastasio
Dunque de' Pini Achei naufraghi, e rotti
Vitaliano l'iniquo andrà fastoso?
Giustino
Confida in questa destra:
Forse un giorno vedrà chi ti fà guerra
Nel sangue immerso i suoi naufragi in terra.
Anastasio
Quant'è invitto costui! col suo valore
Risveglia in me l'ardir.
Giustino
Qujnci non lunge
Mira fumare un pastorale Albergo.
Colà affrettiamo il passo;
Darà solingo speco
Forse lieve conforto al cor già lasso.
Anastasio
Amico, e qual riposo
Sperar potrà quest'Alma,
Se il mio bene, il mio amore, il mio tesforo
Prigionier' è d'un barbaro Tiranno?
Ah, che in pensarvi sol, mi sento intanto
Struggere a poco à poco in Mar di pianto.

Scena seconda.

Polidarte con Guardie, e Arianna.
Polidarte
Quest'é la cruda spiaggia,
Ove il Mostro vorace
Sazierà nel tuo sen l'ingorda fame,
Ah! pria che del tuo stame
Tronchi si nobil fil il dente atroce,
Del Monarca Bitinio
Cedi agli amori, e gli odi acerbi ammorza.
Arianna
Io rea d'infedeltà contro il mio Sposo?
Polidarte
Non condanna la legge un, ch'opri à forza.
Arianna
Forza non e', ch'assolva
Da colpa cosi vil. Vengano i Mostri
Più feroci, e più crudi; io non pavento:
Mi oppriman le catene,
Non giungeranno a questo cor; la Parca
Non è sì spaventosa agli occhi miei,
Quanto l'amor di quel Fellon. Adempi,
Adempi il cenno atroce. Al nume Augusto
Della costanza mia, (m'ascolta) à lui,
Pria che tradir l'amato Sposo, e caro,
Cadrò vittima esangue,
E la storia fedel dell'amor mio
Sù quelle felci io scrivero col sangue.
Polidarte
Costei, che di Macigno ha l'Alma in seno,
S'incateni à quel sasso:
(Alle Guardie, che vanno ad incatenarla nell'atto, che canta l'aria.
E' giusto al fin, che pera
Lacerato da un Mostro un cor di fera.

Ritrosa bellezza
O poco s'apprezza,
O sorte non hà:
Vago volto, ch'innamora
S'è crudele à chi l'adora,
Merta sdegno, e non pietà

Ritrosa ecc.

Scena terza.

Vedrassi da lontano a poco a poco sorgere dal Mare spaventoso Mostro, qual nuotando si avvicina allo scoglio.

Arianna incatenata allo scoglio, e Giustino che sopraviene.
Arianna
Numi, che il Ciel reggete,
Con destra onnipotente
Per pietà soccorrete un'Innocente.
(Il Mostro và per ascendere lo scoglio.)
Giustino
E quai strida funeste, e quai lamenti
Frà quest'orride Balze
Mi feriro l'udito?
Arianna
Per me dunque il Ciel non hà
Una stilla di pietà?
Prima eco
Stilla di pietà.
Seconda eco
Pietà.
Giustino
Che ascolto? queste felci
Con replicate voci
A me chiedon soccorso?
Mà qual orrendo, e spaventoso Mostro,
Terror di questi lidi, esce dall'onde?
Arianna
Ah Signor! donami aita.
Pima eco
Donami aita.
Seconda eco
Aita.
Giustino
In tua difesa
Esporrò a mille morti or la mia vita.
(Principia la battaglia col Mostro.)
In van te stesso vibri;
Non conosco timor, benchè mi assaglia
Il Mostro di Erimanto,
O 'l Piton di Tessaglia.
(Resta il Mostro ucciso.)
Arianna
Cieli! novello Alcide
Mostro si fier col forte braccio atterra?
O per sottrarmi à inesorabil Parca
Forse un Perseo novel discese in terra?
Giustino
Lascia, ò Donna, i singulti, e più sereno
Lampeggi nel tuo volto
(Scioglie Arianna.)
Il primiero splendore.
Arianna
Respiro, e tutto io deggio al tuo valore.
Giustino
Mà chi sei tù, che in sì remota parte
Destinò rea fortuna
D'un Mostro à satollar la fame ingorda?
Arianna
Di Augusto la Consorte
Il tuo brando guerrier tolse alla morte.
Giustino
Tù Arianna, il di cui piede
Bacia l'Orbe vassallo? oh quanto degni
Sono di eccelsi allori i fasti miei,
Se per il mio favor salva tù sei.

Scena quarta

Anastasio, e detti.
Anastasio
Traveggo, ò pur la mente
Và sognando fantasmi? è questo il volto
Del bell'Idolo mio?
Arianna
Numi, che miro! oh Dio!
Son queste del mio Sposo
L'adorate sembianze?
A due
Arianna
Mio bel tesoro,
Anastasio
Mia dolce speme
Arianna
Per gioja del mio core
Anastasio
Per fasto del mio amore
Insieme
Tornami in seno.
Cessate, ò pene,
Vanne, ó martoro.
Arianna
A me, mio ben, per té
Anastasio
Per te, mia vita, a mè
Insieme
Ride il sereno.

Mio bel ecc.
Anastasio
Ma quall'orrendo, e formidabil Mostro
Colà estinto rimiro?
Giustino
E' trofeo di mia possa.
Arianna
Il suo braccio guerriero
Mi sottrasse all'affanno,
E s'oppose al furor d'empio tiranno.
Anastasio
Molto deggio al tuo merto;
Chiedi ciò, che t'aggrada,
E in tuo favor prometto
Quanto può questo Scettro, e questa spada.
Giustino
A me basta per lode
D'Arianna la vita: è mia mercede,
E mio premio l'onor di sua salvezza.
Ma chi è costui, che sù leggiero Abete,
Ove il lido s'incurva, e frange l'onda,
Ferma le vele?
Anastasio
Amanzio è questi; ad esso
Di mie Squadre fidai l'armi, e l'impero.

Scena quinta

Amanzio, che sbarca sul Lido, e detti.
Amanzio
In traccia de' tuoi Legni,
Signor, del Mar, solcai le vie profonde.
Arianna
Ti guida à queste sponde amico il Cielo,
E tu giungi opportuno.
Amanzio
Eccelsa Augusta:
Quanto giubbila il core
In mirarti sottratta in questo punto
A barbare catene.
Arianna
Chi nelli Dei confida
Trova fra i nembi ancor calme serene.
Anastasio
Ecco tranquillo il Mare: entro quel Legno
Meco fuggi l'orror di questo lido.
Arianna
Son pronta al cenno Augusto. Andiamo, e lieto
Scherzi su quelle vele il mio Cupido.

Per noi soave, e bella
Ogn'aura scherzi in Mare,
E 'l raggio d'ogni Stella
In Ciel per noi risplenda:
La calma più serena
Scherzi sù l'onde, e fido
Fatto nocchier Cupido
La bella face accenda.

Per noi ecc.

Scena sesta

Vitaliano, Polidante, e Soldati.
Vitaliano
Troppo fosti, ò mio core
Precipitoso all'ire; a cruda morte
Io dannar la mia vita? Ah Polidarte
Scuoprimi del mio Bene
L'adorato reliquie: a i dolci avanzi
Delle zanne voraci
Darò pentito almen l'ultimi baci.
Polidante
Per le lacrime, ò Sire,
Già mai non si ravviva estinta face:
Invan l'Angue del Nilo
Piange sù l'Uom, dopo che morto ei giace.
Vitaliano
Ma che scorgo! che miro!
Ecco trafitto ai suol l'orribil Mostro,
Gran portento de' Mari:
Mosso à pietà di due pupille accese
Forse colà dal Cielo
Con l'Egida fatal Marte discese.
Ah! Se vive Arianna io non dispero
Con diluvio di pianto
D'ammollir sua fierezza;
Placan lacrime, e prieghi ogni bellezza.

Quel torrente, che s'inalza
Sù la sponda, e fuor ne balza,
Hà nel Mar poi la sua tomba:
Cosi un barbaro desio
Dentro il Mar del pianto mio
Forza è ben, che un di soccomba.

Quel ecc.

Scena settima

Giardino.

Leocasta, e Andronico.
Leocasta
Flavia, non hò più core:
Un sospetto amoroso:
Un geloso pensiero
Crucia l'anima mia col suo rigore.
Andronico
(Sua rivale mi crede) ah cessi, ò Bella,
Quel timor, che ti affanna: amo in Giustino
Senza pena dell'alma Il pregio del valor, ma no'l desìo,
Anzi nel suo destin sospiro il mio.
Leocasta
Non t'intendo, ma sappi,
Ch'ei tornò trionfante,
Guari non é, sciolti ad Augusta i ceppi.
Andronico
(Ohimè! che ascolto?)
Leocasta
Arianna,
Suo Nume tutelare,
Suo difensor chiama Giustino, e questi
Pregi per me funesti
Con geloso timor cruciano il core.
Andronico
(Mia speme or ti ravviva, il tempo è questo.)
Dà tregua ai tuo dolor, Io, se ti aggrada
Ti farò scorta al Campo; ivi potrai
Dal tuo vago sperar e calma, e pace.
Leocasta
Come potrà si audace
Esser Vergine imbelle, ora che freme
Bellona? e come mai
Penetrar tra le Schiere? ah mi lusinghi;
O m'inganni cosi con finte speme.
Andronico
Non temere, e mi credi. Io per costume,
Benché ignoto al mio sesso,
Sù le Spartane arene
Appresi ad impugnar' Asta guerriera:
Ardisci pur, basta ch'Amor sia teco;
Non vuol tanti riguardi un Dio, ch'è cieco.
Leocasta
Per mirar del mio sol le vaghe forme
Del tuo piede fedel seguirò l'orme;
Ma ò Cieli, che mirò! Augusta à noi s'appressa.
Andronico
Numi che mai sarà? al certo é dessa.

Scena ottava

Arianna, e detti.
Leocasta
Lascia, che per la gioia
Baci la degna mano.
Andronico
Concedi un tanto onor' anche al mio labro.
Arianna
Eccelse Principesse,
Io pur vi stringo in queste braccie al seno.
Leocasta
E come à noi salva ti rese il Cielo?
Arianna
Amica sorte
Per la via del morir diemmi la vita.
Ad altro tempo io servo
Il narrar de'miei casi
Le più stane vicende; or sol vi basti,
Che di Giustin nel brando oggi si aduna
D'Arianna il destino, e la fortuna.
Leocasta
(Lode sì vantagiosa
Raddoppia il mio tormento.)
Arianna
Molto non é, che Cesare l'invitto
Da questo Eroe scortato
Le più fide falangi
Guidò contro il Tiranno,
E 'l novello Campione
M'accertò di recarmi appiè del Trono
Di quel Fellon l'altero capo in dono.
Leocasta
(Oh Dei! son morta.) Augusta,
Permetti, che con Flavia ai giusti Dei
Vada à scioglier festosa i voti miei.
Arianna
Degno è'l pensiero.
Andronico
Amica:
Di pochi istanti
Precorrerò il tuo piè, perche più bella
Splenda la gioja, (e del mio amor la stella.)

Più bel giorno, e più bel fato
Di goder chi mai sperò.
Il piacer sempre più grato
Giunse al cor, che pria penò.

Più ecc.
Arianna
Quanto é Flavia gentil!
Leocasta
Il suo bel core
Offeso dal Tiranno
Merta più di fortuna, e men d'affanno.
Arianna
Doppo il penoso orrore
Del passato periglio,
Oh come lieti al guardo
Di questo ameno loco
Giungono a consolarmi, e Rosa, e Giglio.
Leocasta
Resta à goderne il bel piacer, mentr'io
Mi porto à render pago il voto mio.

Senti l'aura, che leggiera
Và scotendo, e ramo, e fronda,
E con dolce mormorio
Và spiegando il suo piacer.
Gigli, e Rose, onde superba
Suole andar la Primavera,
D'ogni fonte in sù la sponda
Tutti invitano à goder.

Senti ecc.
(Parte.)
Arianna
Dir così non poss'io, fin che non torni
Il mio Sposo, il mio Bene
Dal periglioso incontro, ove lo spinse
Quel dolce amor, ch'à questo cor l'avvinise.
Ahi che crudeli pene
Prova un'anima amante in lontananza,
Se al cor vi è più mi sento
Un' amoroso ardore,
Ch'è in uno la mia gioja, e'l mio tormento.

Augelletti
Garruletti,
Amoroso il vostro vanto
Voi spiegate all'aura amica;
E quest'aura par che dica,
Amiam pur, che peno anch'io.
Ma dubioso l'amor mio
Cerca il bene, e pur non l'ha,
Spera, e teme il bel desio,
E dar pace al cor non sà.

Augeletti ecc.

Scena nona

Camera.

Anastasio coronato d'Alloro, e poi Giustino con Vitaliano incatenato con Guardie.
Anastasio
Verdi lauri cingetemi il crine,
Folte palme crescete per mé:
Già degli Empi sù l'alte ruine
Fermo il Soglio s'inalza al mio piè.

Verdi ecc.
Giustino
Vieni, Barbaro, vieni:
Al Monarca del Mondo, al tuo Sovrano
Piega col cor superbo il capo altero,
Ed Augusto ti vegga
E sconfitto, e depresso, e prigioniero.
Vitaliano
Non mi vinse il tuo ferro,
Sol mi tradì la mia fortuna. A i fati,
Non al tuo braccio ascrivi
Questo trofeo, che puote
Esser bensì mio duol, non mio rossore.
Giustino
Menti: la tua sventura è 'l mio valore.
Anastasio
Al tuo braccio guerriero
Per si degna vittoria
Tutta dee la sua gloria il Greco Impero.
Amanzio
(Che sento, ò Ciel e sia ver, ch'à un vil Bifolco
Tal vittoria si ascriva?)
Giustino
Signor: vegga Arianna
Nel Prigion contumace
La sua pompa, i miei fasti, e le tue glorie.
Anastasio
Facciasi: vanne in duri lacci avvolto,
Oggetto di vendetta
Traggasi quest'iniquo al piè d'Augusta.
Vitaliano
Non dura sempre una fortuna ingiusta.
(Parte.)
Giustino
Deh mi concedi, ò Sire,
Che de' nemici tuoi gl'ultimi avanzi
A dissipare io vada.
Anastasio
Vanne, vinci: mio Nume è la tua spada.
Giustino
Sù l'Altar di questo Nume
Tu vedrai
Mille rai
Balenar
Di trionfi, e di Vittorie.
Cento poi con bel costume
Nell'etadi, che verranno,
Sentiranno
Raccontar
I miei fasti, e le tue glorie.

Tu vedrai ecc.

Scena decima

Anastasio, ed Amanzio.
Anastasio
Già con mortale eccidio oppresso, e vinto
Giace l'empio ribelle.
Amanzio
Signor: a'tuoi trionfi
Applaude questo cor; ma che un Bifolco
La vittoria s'usurpi, e Vitaliano,
Ch'é trofeo del tuo campo,
Si dia ad Augusta, e a Cesare si tolga;
Ah! che Amanzio il tuo fido
Soffrir no'l puote, io temo, io temo,
Che abbatuto un rubelle
Non sorga un'altro ad usurparti il Regno:
(S'egli mi crede, andò lo strale al segno.)
Anastasio
A disegno si audace
Saprei troncare il volo.
Amanzio
Queste figlie del Sol, gemme lucenti,
Che al superbo Nemico
Formar cinto Regal' offro al tuo merto.
(Gli dà un cinto di gioje.)
Anastasio
O Atlante dell'Impero, il dono accolgo:
Ma và tosto alla Regia, e di Giustino
Rintraccia ogni pensiero.
(Politico timor, quanto sei fiero!)
Amanzio
Candida fedeltà,
Che regna nel mio cor,
Al desiato amor
Campo non cede.
Spera, Signor, chi sà?
Un giorno ancor verrà,
Che chiaro splenderà
La pace del tuo seno, e la mia fede.

Candida ecc.
(Parte.)
Anastasio
E sarà ver, che l'alma
D'un' Uom sì forte, e valoroso unisca
Al coraggio la frode?
E ingrato al suo Sovrano
Contro chi l'inalzò stenda la mano?
Arianna . . . . Giustino . . . . . oh sommi Dei!
Quest'ombra tormentosa
Turba tutto il seren de'pensier miei.

Taci per poco ancora,
O fiero, e rio sospetto,
E lasci che favelli
Di solo amante il cor.
Quei bel, che t'innamora,
Siegui ad amar costante,
Né creder, che rubelli
Sian gli Astri a un fido amor.

Taci ecc.

Scena undicesima

Arianna, poi Vitaliano incatenato con Guardie.
Arianna
Già il valor di Giustino ha domo, e vinto
Il Tiranno ribelle; e trionfante
Il caro amato Sposo
L'invia rtretto in catene alle mie piante;
Vedrò, se l'empio mostro,
Avrà tanto d'orgoglio à piè d'Augusta;
Quant'ebbe di fierezza
All'or, che condannolla à morte ingiusta.
Mà il Barbaro s'appressa: Anima mia
Desta tutto il furore, e sol per poco
Le magnanime idee lascia, e oblia.
(Siede.)
Vitaliano
Donna eccelsa, e sublime: ecco a' tuoi piedi
Vitaliano oppresso
Dal nemico destin, più che dall'armi.
Quel Vitaliano Io sono,
Che di Bitinia il Trono,
E gran parte dell'Asia
Posposi amante, e sospirai pugnando:
Quell'Io son, che di mille, e mille elette
Schiere il sangue versai sol per placarti;
E quello al fine Io sono,
Che schernito, e sprezzato
Frà tante offese, e tante
Non curai d'incontrar l'ultimo fato
Per spirare al tuo piè l'Alma costante.
Arianna
"Olà costei s'esponga
Alle fauci temute
Di quel Mostro vorace,
Ch'empie di folte stragi i Campi intorno:"
Quest'è il tuo amore, e questa,
O' iniquo, è la ragion, per cui lasciando
La Bitinia usurpata
Ad inondar venisti i Campi nostri,
E violando le belle
Leggi dell' onestade, e del rispetto
Per satollar le tue lascive brame,
Mè Consorte d'Augusto, e prigioniera
Non paventasti indegno,
Perché aver non potevi esca all'amore,
Condannarmi innocente esca allo sdegno?
Vivan le generose
Pompe del tuo valore,
E l'eroico costume
Del tuo spirto gentil.
Vitaliano
Non hò più core.
Arianna
Perfido, e pur l'avesti
Per commandar la morte
Di colei, che dicevi, esser tua vita:
Dove, dove ora sono i rei Ministri
Di tua fierezza;
Dov'è, dov'è quel tuo
Consiglier di tè degno,
Che tentò (per piacerti)
La mia onestade? e dove
N'andaro
Le tante che avantavi invitte schiere.
Chi ti protegge, di? chi ti difende?
Il Cielo? i Numi? il fato?
Eh, che non hà difese un scelerato.
Vitaliano
Augusta, é ver, t'offesi;
Merita la mia colpa ogni gran pena:
Un disperato amore
Trasse il misero core
All'esacrabil fallo.
Mà, giacché piacque al Ciel la tua salvezza,
Piace anch'à mè la sorte
D'averti offesa, ò bella,
Per meritare di tua man la morte.
Arianna
Al Carnefice infame
E'questa destinata.
Vitaliano
Ah! per pietà dell'anima smarita
(S'accosta ad Arianna.)
Volgemi un sol de' sguardi tuoi sdegnosi,
Ch' egli é bastante a tolgiermi la vita.
Arianna
(Si alza.)
A tanto giunge ancora
D'empio mostro il temerario ardire?
Togliti dal mio aspetto.
Vitaliano
Si, men vado a morire
Crudel, ma à tuo dispetto
Avrò morendo ancor fido, e costante
Nel sen scolpito il vago tuo sembiante:
Nò; non sperar cangiato
Dalla morte il mio cor, fin nella tomba
Trarrò meco il piacer d'averti amato.
Arianna
Entro à profonda Torre . . . .
Vitaliano
Albergo di piacer.
Arianna
Stretto in catene . . . .
Vitaliano
Soavi à questo cor.
Arianna
Gema il fellon.
Vitaliano
Rida quest'alma.
Arianna
E sia
Quel carcere profondo . . . .
Vitaliano
Gloria del fido amor.
Arianna
La prima pena,
Che soffra un Traditor.
Vitaliano
Ma sempre cara.
Arianna
Vanne, perfido, và.
Vitaliano
Mà pria . . . .
Arianna
Che pensi!
Vitaliano
Men fiero un sguardo al mio morire invoco.
Arianna
Perfido, và; che una sol morte è poco.
Vitaliano
Quando, serve alla ragione
Il valor d'un'Alma forte
E' dover, non è viltà.
Mà se poi cieca s'oppone
Al destin, cangia sua sorte,
Resta oppressa, e rea si fà.

Quando ecc.

Scena dodicesima

Anastasio, Arianna, e Amanzio.
Anastasio
A tutto pieno di gioia
Rida il brìo sul tuo volto.
Arianna
Pur glorioso, e invitto
Ti stringo al sen mio Nume.
Anastasio
Dell'empio Vitalian' domo é l'orgoglio.
Arianna
Per opra di Giustino
Pur al fin mi formò scabello al Soglio.
Anastasio
Molto deggio al suo brando.
Arianna
Merta corone il suo valor sovrano.
Amanzio
(Non è degno d'onor ferro villano.)
Anastasio
Queste fulgide gemme,
Trofeo di gran valor, spoglie di guerra
A' tua beltà consacro.
Arianna
Io bacio il dono, e il donatore adoro.
Mà che sia di Giustino? e qual mercede
Si rende al suo valor? qual premio a lui,
Che de' tuoi lauri, e di tue palme hà il vanto?
Anastasio
(Ad Amanzio.)
Tanto hà in pregio costui?
Amanzio
(Ad Anastasio.)
L'ama ella tanto.
Anastasio
Vuò, che meco egli sieda
Su'l Carro trionfale.
Amanzio
(E la caduta sua sia più mortale.)
Arianna
Degno premio all'Eroe,
E gloria ben dovuta alla sua fama.
Anastasio
(Ad Amanzio.)
(Perché cotanto zelo?)
Amanzio
(Ad Anastasio.)
(E non l'intendi ancor, perchè l'adora.)
Anastasio
(Taci geloso cor.) parto Arianna
De' più bei lauri adorno
Ad illustrar delle mie pompe il giorno.

Se all'amor, ch'io porto al Trono
Volgerai fedele il guardo,
Il mio amor trionferà:
Del regnare il gran disegno
Dia primier Cupido, e il dardo
Questo seno adorerà.

Se all' ecc.
(Parte.)
Arianna
Giorno per mé più chiaro
Non spuntò mai dall'Oriente: oppresso
Geme in catene il Barbaro Nemico,
Augusto trionfante,
Vendicata Arianna, e pure ancora
Il cieco Arcier tiranno
Lascia qualch'ombra di penoso affanno.

Dalle gioie del core amor pendea languido
Mà scolto non uscìa,
Per ch'era troppo oppresso, e anche
Languir l'alma il vedea,
E per pietà dolente ella piangea.
Quand'ecco, ecco che amore, ò meraviglia!
Dalle sue vaghe ciglia
Stemprò del sen sopra le nevi algenti,
Onde gioisse il cor perle ridenti.
Quindi all'or fu; ch'il pargoletto Nume
Trasse l'empio costume
D'aver poi sempre, ò Amanti,
Quella sete crudel de' vostri pianti.

Scena tredicesima

Bosco.

Leocasta, Andronico, e poi Giustino.
Andronico
Non son donna qual credi.
Leocasta
E così dunque
Di Vergine Reale
Il grado, e'l nome offendi?
Andronico
Amor, ch'è cieco,
Per te piagommi il core,
Mi fè ardito all'inganno.
Leocasta
Un mentitor tanto s'avanza!
Spargi i tuoi voti, e i tuoi sospiri al vento.
Andronico
Otterrò à tuo dispetto
Del tuo bel sen la palma.
Leocasta
Tù di Tarquinio. Io di Lucrezia ho l'alma.
(Vede Giustino.)
Alto Campion sottraggi
A gl'insulti d'un' empio
La Germana d'Augusto.
Giustino
Stringo l'acciar; tosto cadrai svenato.
Andonico
Son vinto:
Uccidimi, à che tardi?
Giustino
Al nume invitto
Del mio valor feroce Io non consacro
Vittime cosi vili: olà, si tragga
A Bisanzio costui.
Andronico
Perfido fato!
(Parte accompagnato dalle Guardie.)
Leocasta
O' come in sì grand'uopo
Mi recasti, Signor, pietosa aita!
A te deggio l'onor, a tè la vita.
Giustino
E chi è costui, ch'usò superbo, ed empio
Profanar la tua man?
Leocasta
Nobil Donzella
Si finse pria, poscia s'armò d'acciaro,
A tè colà nel Campo, Idolo mio,
Di scortar mi promise, indi infedele
Tentò la fuga il rapitor crudele.
Giustino
Come! tù nutri in seno
Per me fiamme d'amore?
Leocasta
Fin che avrò vita
T'adorerò costante.
Giustino
Non più, Bella, non più: d'un sì bel core,
Quando meno il credei, son reso amante.
Ola, si scorti alle Reali stanze
L'Augusta Principessa, ed il periglio,
Da cui sottrarti ebbe il mio brando in sorte,
Doni al Regio tuo cor norma, e consiglio.
Leocasta
Sventurata Navicella
Teme sempre la procella,
E lo scoglio in mezzo al Mar.
Mà infelice io non credea,
Che chiudesse un alma rea
Chi ha beltà per farsi amar.

Sventurata ecc.
(Parte.)
Giustino
Sorte, ch em'invitasti
Dall'aratro alla Regia, in un sol giorno
Come tante sembianze in tè cangiasti!
Dove li Scettri son, dove i tesori,
Che promettesti al cor? Mà sappi ch'io
Nell'incostanze tue sempre costante
Confido nel valor del braccio mio.

Ho nel petto un cor sì forte,
Ch'ove più minaccia, e freme
Infida sorte,
Trovo tutto il mio piacer.
Amo il rischio, e non pavento,
Non m'appiglio à dubia speme
Di martire, ò di contento;
So pugnar, non so temer.

Ho nel ecc.

Fine dell'Atto Secondo.

ATTO TERZO.

Scena prima.

Bosco Suburbano con Torre.

Vitaliano, e Andronico.
Vitaliano
Germano, eccoci in salvo: ardita impresa
Fu il precipizio (è ver) dall'alta Torre:
Ma che! la nostra sorte
Tentar doveasi col maggior periglio;
Poiché audace consiglio
Sempre hà meno d'orror di certa morte.
Andronico
Al popolo minuto, al volgo ignaro
Recan timore i gran cimenti. Il Cielo
Ben spesso à chi si crede
Già misero perduto, e disperato
Manda lume improviso, ond'egli vede
Lo scampo non creduto, e non pensato.
Vitaliano
Abbandoniam queste nemiche strade,
E a risarcire il già sofferto oltraggio
Parlino in Campo armate
Con usura d'onor le nostre spade.
Andronico
Lieto ti sieguo, e spero,
Vinto il nemico orgoglio,
Tè nel Soglio mirar del Greco Impero.
Vitaliano
Il piacer della vendetta,
Già mi chiama, e già m'alletta
Per placar l'offeso cor.
Sento al sen l'onor, che dice
Vanne, vinci, e più felice
Splenda armato il tuo valor.

Il piacer ecc.

Scena seconda.

Camera.

Arianna, Giustino, e Amanzio in disparte.
Giustino
Il Cielo, ò mia Sovrana,
Nuove palme ti rende, or che la sorte
Mi fè liberator della Germana
Dell'Augusto Imperante,
E già tratto è in catene il folle Amante.
Arianna
Generoso Giustino; ò quanto ammiro
Il tuo valor guerriero,
Poiché le tue vittorie
Fregian di nuove glorie il nostro Impero.
Giustino
Or permetti, o Regina,
Che a Cesare ritorni.
Arianna
Vanne famoso Eroe. Sian queste gemme
Del tuo merto guerrier degna mercede.
(Gli dà il cinto di gioie.)
Amanzio
(D'una Donna Real quest'è la fede?)
(Parte.)
Giustino
Bacio l'Augusto dono, e nel mio seno
Formi bella memoria
Di tua Regia bontà, di mia vittoria:
Ma di sì gran favore
Non soffrirà l'invidia il chiaro lampo,
Che da mostro si rio
Fin dalle prime etadi
Le più rare virtù non ebber scampo.

Zeffiretto, che scorre nel Prato,
Con muto lamento
Sen và lento lento
Scuotendo ogni fiore:
Così un'aura di cieco sospetto,
Che nasce nel seno,
Con fiero veleno
Precipita al core.

Zeffiretto ecc.
(Parte.)
Arianna
Mal soffre il core amante
Anastasio lontano; à lui si vada:
Egli è la mia fortuna, il mio riposo,
Per lui, mio caro Sposo,
Vive il cor, gode il seno, e l'alma spera;
E del foco, ond'avvampo, egli è la sfera.

Quell'amoroso ardor,
Ch'in sen m'accende il cor,
Lungi dalla sua face
Pace trovar non sà.
Teme la mia costanza
Di breve lontananza,
E quell'aspro martire
Languire il cor mi fà

Quell'amoroso ecc.

Scena terza

Anastasio, Amanzio; poi Giustino, Arianna, e Leocasta.
Anastasio
E sia ver, ch'infedele
L'onor de' doni miei profani Augusta?
Col farne un' uso indegno,
E farne ad un Vassallo offerta, e dono?
Amanzio
Pegno d'amor quel nobil cinto ottenne
Da lei Giustino, e più superbo il rese.
Anastasio
Vendicar mi saprò di chi m'offese.
Amanzio
Cresce l'ardir del perfido fellone;
L'innocente Leocasta ancora inganna,
Liberator di lei si scopre amante,
E in un' istesso istante
Pensa il Soglio calcar con Arianna.
Anastasio
Cadranno i rei, già il fulmine preparo:
Vanne, e qui ne conduci
L'impudica Regnante,
La crudele Germana, e 'l rio Giustino.
Amanzio
Signor . . . .
Anastasio
Taci, e tema ciascuno il suo destino:
Mà il Traditor già viene, ecco l'Iniqua.
Giustino
Cesare, tù vincesti, e s'altro resta
Più da vincere in terra,
Or che t'arride il Ciel, siegui la guerra.
Anastasio
Dal tuo brando fatale
Riconosco il trionfo.
Arianna
Amato Sposo;
E qual nube importuna
Di molesto pensier turba il tuo ciglio?
Anastasio
Soggiace ogn'or di mille cure al pondo
Chi sostiene del Mondo il grave Impero.
Leocasta
Germano, ecco quel forte,
Quell'invitto Guerriero,
Che già due volte . . . .
Anastasio
Intesi?
(A Giustino.)
Onde avesti quel cinto?
Arianna
Cesare . . . .
Giustino
Augusta . . . .
Anastasio
Deponi il brando, e ad Amanzio il rendi.
Giustino
Solo al tuo piè depongo il fido acciaro.
Arianna
Signor, se mai . . . .
Anastasio
Empia, ammutisci.
Leocasta
(Oh Dei! che mai sarà?)
Arianna
Ah Cesare, ah Signor, mio Rè, mio Nume;
Odi le mie discolpe.
Anastasio
Tanto ardire, Impudica!
Togliti ingrata al mio Reale aspetto
Indegna del mio Trono, e del mio Letto.
Giustino
Se già mai col pensiero
Offesi il tuo decoro
Svenami di tua man, contento io moro.
Anastasio
A man più che plebea
Il colpo è destinato. Or vanne, iniquo;
Vanne; e con gli occhi suoi paghi l'errore
Chi fè sua scorta un troppo cieco amore.

Di Rè sdegnato
L'ira tremenda
Fà che s'accenda
L'offeso onor.
Parto, ma intanto
Fiero spavento
D'un gran tormento
T'affligga il cor.

Di Rè ecc.

Scena quarta

Leocasta, e Giustino.
Giustino
Mia Principessa, almeno
Col tuo volto adorato
Reca qualche conforto a' miei martiri,
E lascia, oh Dio! che con la gloria altero
Di rimirare i tuoi begl'occhi io spiri.
Leocasta
Giustino, ahi qual ti trovo!
Come ti perdo, ò Dei!
Giustino
Mio ben non ti doler, cela quel pianto,
Che mi fa più infelice.
Vivi, vivi contenta i giorni tuoi,
E se m'odon gli Dei,
E se tanto può amor; vivi anche i miei.
Leocasta
Crudele, e che mai pensi!
Come priva di té viver poss'io?
Giustino
Se non puoi col tuo cor, vivi col mio
Consolami.
Leocasta
Vivrò.
Giustino
Si mio Tesoro;
Più non sò che bramar, contento io moro.

Il mio cor già più non sà
Raffrenar sospiri, e affanni,
Pene, e pianti, e lacrimar:
Ma non vuol, che in libertà
Scorra in fronte il suo dolore.
E se piange in seno il core
Toglie al labro il sospirar.

Il mio ecc.
(Parte.)
Leocasta
Vivrò, mà sol per tua salvezza, ò caro,
E se col tuo valore
Già due volte la vita à me donasti,
Avrai (fatto di té scudo, e riparo)
E vita, e libertà da un fido amore.

Senza l'amato Ben
Vivere questo sen
Non può, non sà.
O lieto ei viva ancor,
O seco questo cor
Morir saprà.

Senza ecc.

Scena quinta

Amanzio solo.
Amanzio
Che più ti resta, Amanzio? il più temuto
Nemico di tua gloria
Freme ne' ceppi, e libero ti lascia
Il campo à quel disegno,
Che tante volte, e tante
Formò dentro il tuo cor desìo di Regno.
Già mille, e mille armati
Sospirano il momento
Di tua grandezza. Il fato
Vuol depresso Anastasio, e se Arianna,
Qual regnò su'l suo core
Pensa regnar su'l tuo, folle s'inganna.
Sù sù dunque al cimento;
Prende il crine, che t'offre oggi la sorte,
Può toglierti l'Impero ogni momento.

Si vò à regnar,
Si vò a goder;
Più bel sereno
Non spera il seno
Non brama il cor:
Stringi, e accarezza
Quel Scettro aurato,
Che t'offre il fato,
Premio ben degno
Del tuo valor.

Si vò ecc.

Scena sesta

Orrida montuosa.

Giustino, Vitaliano, e Andronico.
Giustino
Fortuna, m'hai tradito;
Empia si mi schernisti.
E 'l promesso tesoro
Di Scettri, e di Corone à me rapisti:
Mà Giustin con chi parli? e chi rampogni?
Fur le speranze tue sol' ombre, e sogni.
Ahi che breve riposo
Cerca il piè stanco, il cor languente: Amore
Tu almen da pace all'agitato core.
Vitaliano
Prima, che il nuovo Sole
Splenda nell'Oriente; ite ò miei fidi
Di nuovo à cinger le nemiche mura:
Ma che scorgo, ò mie luci?
Non è questi colui, che là nel Campo
Di catene mi cinse: Il Cielo irato
L'offre in vittima forse al mio furore;
Si si vuò, che dal sonno
Passi tosto alla morte.

(Al colpir d'un fulmine s'apre il Monte, entro il quale si vede il Sepolcro di Vitaliano Seniore.
Voci di dentro
Trattien l'acciar: contro il fraterno sangue
Vibri il colpo fatal. Salva un Guerriero,
Che solo ti può dar vita, ed Impero.
Vitaliano
Dall'Urna sepolcral qual voce ascolto!
Mio Germano è costui? forse sia quello,
Che sul veloce Eufrate
L'involasse una Tigre entro la Culla?
Mà s'egli è di mia stirpe
Lo scoprirò alla stella.
Che testimon de' Vitaliani Illustri
Nel braccio manco esser dovrà scolpita.
(Gli osserva il braccio manco.)
Non più si tema è d'esso:
Sorgi, più non dormir, già che nel Cielo
Per tè vegliano gli astri.
Andronico
Quai portanti rimiro in un raccolti!
Giustino
E chi sei tu, che del mio mal pietoso
Dal sonno mi risvegli?
Vitaliano
Vitaliano son' Io,
Tuo Nemico fin'or, ma tuo Germano.
Giustino
Che ascolto ò Dei! di cosi nobil pianta
Io son germe sublime?
Vitaliano
Con portento improviso i tuoi natali
Or palesommi il fato.
Giustino
Nelle sventure mie son fortunato.
Andronico
Lascia che al sen ti stringa in cari amplessi
O mio Germano amato.
Giustino
Cessi la gioia, e voi Germani illustri
I miei sensi ascoltate.
Se del paterno sangue,
Che nel seno vi scorre
Gli alti impulsi d'onor non sdegnarete,
Meco uniti verrete
Al Tradito Anastasio. Adito occulto,
Mà noto a me c'introdurrà sicuri:
S'inondi oggi Bisanzio,
E'l traditor' Amanzio in vil catena
Del temerario ardir paghi la pena.
Vitaliano
Che mi narri Signor! ben degna è l'opra:
Sù pronte à debbellar l'empio tiranno
Si radunin le schiere.
Giustino
Già mi sembra, ch'al suol cada il ribelle.
Andronico
Di vostre glorie à parte
Anch'Io con pari ardir voglio trovarmi.
Giustino, Vitaliano e Andronico
Alle vendette, alle vittorie, all'armi.

Scena settima

Camera.

Leocasta, e poi Arianna.
Leocasta
Già dall'ingrate mura
Lungi n'andò il mio ben, tratto dal cieco
Carcere ingiusto; se pur ode il fato
I voti del mio cor, di sua virtude,
Il Barbaro Impostore
Dal Brando di Giustin vedrò svenato.
Misera; ma che giova
Questa lieve speranza al tuo martire?
La dura lontananza,
Che ti convien soffrire
Dal tuo dolce conforto,
Minaccian le procelle ancor nel Porto.
Arianna
Ah Principessa: al Cielo
Per rendermi Infelice
Non gli bastò versar d'Augusto in seno
Il più fiero veleno,
Che dal scuro baratro profondo
Empio sorgesse à por sossopra il mondo.
Leocasta
Augusta, e ch'altro ancora
Tenta l'altrui perfidia!
Arianna
Amica, ascolta.
Dal fido Eraste intesi,
Ch'Amanzio il traditore,
Che la tua, la mia gloria, e di Giustino
Tentò oscurar con barbaro sospetto,
Tacita chiude in petto
Ambizion di Regno, e già di mille
Schiere ben pronte al suo voler fà scudo.
Leocasta
Non più: tutto m'è noto, e perché l'empio
Col sangue di Giustino
Tinger volea la porpora Reale,
Dal Carcere il sottrassi, e gli svelai
Del fellone le forze, ed il pensiero;
Sperando, che nel suo valor fatale
Torni l'antica pace al nostro Impero:
Volo ad Augusto, e in tanto
Spera sorte più giusta, e lascia il pianto.
Arianna
La Cervetta
Timidetta
Corre al fonte
Al Colle, al Monte,
E trovando il suo diletto
L'accareza, e lo consola:
Cosi spera anche il mio core;
Mà trovato il dolce amore
Pien di sdegno,
Fugge ingrato, e resto sola.

La ecc.

Scena ottava

Amanzio solo coronato di lauro con seguito.
Amanzio
Or che cinto ho il crin d'alloro
Or, che premo Augusto il Trono,
Lieta l'alma Io sento in me;
Speri il Mondo i giorni d'oro,
E poiché Regnante io sono,
Fede, e amor si giuri a me.

Or, che ecc.

Pur m'arrisero i fati; alle mie tempie
Cingo il lauro imperante:
Mà giungon fra ritorte
Anastasio, e Arianna à me d'avante.

Scena nona

Anastasio; e Arianna incatenati. Guardie, e detto.
Anastasio
E dove mi traete empi inumani!
Amanzio
A quell'orrida pena,
Che de' Tiranni è 'l fine.
Arianna
Qual tiranno peggior veder poss'Io
Di té, Mostro fellon? tù si paventa
E gli Uomini, e gli Dei. Tu . . . .
Amanzio
Donna altera
Chiudi le labbra: Il suo castigo atroce
(Ai Soldati.)
Abbia quel temerario, abbia quell'empia.
Arianna
Crudel . . . .
Amanzio
T'accheta: Il cenno mio s'adempia.
(Ai Soldati.)

Scena decima

Giustino, Vitaliano, Andronico, e li sudetti.

Si sentono di dentro suoni di trombe, e di tamburri in atto di Battaglia.
Amanzio
Qual fragor bellicoso odo d'intorno?
Da qual cagion deriva?
Voci di dentro
Viva Giustino, viva.
Amanzio
Viva Giustino! ah dove
Fuggir poss'Io, dove avrò scampo!
Arianna
Il tuo fasto; fellon, sparì qual lampo;

(Giustino con spada nuda la presenta al petto di Amanzio, e lo ferma.)
Giustino
Olà: renditi à me. Fra duri lacci
Quel perfido s'annodi, ed agl'insulti
Della Plebbe pìù vile
Spettacolo s'esponga: indi l'iniquo
Sotto la scure indegna
Paghi de' falli suoi giusta la pena.
Vanne fellon, d'un Cesare tradito
Saprai qual sia il furor, quale lo sdegno;
Quest'è 'l Impero tuo, quest'è 'l tuo Regno,
(Amanzio viene condotto via da Soldati.)
E tu Cesare invitto
Verso d'un'Innocente
Volgi meno sdegnoso il core, e'l guardo.
Anastasio
Mi tradì l'altrui frode.
Arianna
Ecco al tuo piede
La tua Sposa, il mio amor, e la mia fede.
Anastasio
Non più: sorgi mio ben. Timor geloso
Giunto col suo velen nell'Alma mia
Crudel la fece, e rea;
Mio, non tuo fu l'errore.
Creder macchie nel Sole Io non dovea.
Giustino
Signor, se vile intercessor non sono,
Al fratel Vitaliano,
Andronico al Germano
Imploro dal tuo cor pace, e perdono.
Anastasio
Tu di sangue si chiaro?
Ah! ch'all'imprese eccelse, all'Alma invitta
Tralucea la gran Stirpe:
Sia destin ciò, che brami;
Al sen vi stringo, ogni trascorso oblìo.
Vitaliano
Bacio l'Augusta man di fede in pegno.
Andronico
Per tè voti di gloria al Cielo invìo.
Anastasio
Giustino, Io meco in Soglio
Cesare ti dichiaro, e à me Compagno;
E per dare al tuo merto
Della fede Real pegno maggiore,
Vuò, ch'à Leocasta oggi t'unisca amore.
Giustino
Gran Monarca, il tuo core
Degno è di mille Imperi;
Coll'Augusto favore
Sol puoi far degno il mio
Del compartito onore.
Anastasio
Or tù, mia Bella, al sospirato Sposo
Porgi la bianca mano.
Arianna
Stringo nella tua destra il mio riposo.
Anastasio e Arianna
In braccio à té la calma
Del cor, del sen, dell'alma
Mia cara / mio caro alfin godrò.
In sen di tè mia vita
Già lieto / Già lieta amor m'invita,
E più temer non sò.

In braccio ecc.

Scena undicesima

Polidarte, e Leocasta.
Polidarte
Delle rubelli Schiere
Giacque nel sangue immerso il folle ardire.
Leocasta
Signor, sai tu narrarmi
D'Anastasio che fu? che fu d'Arianna?
Amanzio ove si trovi? e di Giustino
Quai novelle sian sparse?
Polidarte
Perdonami: desio
Saper con chi favella il labro mio.
Leocasta
Leocasta vedi
D'Augusto la Germana.
Polidarte
Gran Principessa; e come
A tè non è palese
Di Giustino il trionfo, e la sconfitta
D'Amanzio, e che sia questo
Per l'Impero di Grecia il suo bel giorno?
Leocasta
Non ti stupire: appena
Posto in catene 'l misero Germano
Cercai scampo à me stessa in fin ch'il fato
Rendesse il sangue mio men sventurato;
Entro ignota magione
Di Suddito fedele io mi celai,
Ma di Giustino il nome eccelso udito
Venni alle Reggie Stanze, e tè d'ogn'altro
Primier qui trovo,
E per mia gioia io sento
Il contento maggior d'ogni contento.
Mà tù chi sei?
Polidarte
Servo a Giustin son'io.
Leocasta
Servo a Giustin? deh amico
Ritorna al tuo Signor; dille, ch'il core,
Benché nel duolo immerso,
Presaggì la vittoria, e'l Vincitore:
Dille, che fra momenti
A lui sarò.
Polidarte
Pronto ubbidisco, e spero
Recar pace più bella al Greco Impero.
(Parte.)
Leocasta
Lo splendor, ch' a sperare m'invita
Anche addita
Ch'è un vapor gonfio il sen di saette:
Or sereno, e benigno scintilla,
Or sfavilla
Minaccioso, e tempeste promette.

Lo splendor ecc.

Scena ultima.

Tutti, fuori che Amanzio.

Machina maestosa rapprestante il Tempio della Fama, fatto apparecchiare per la coronazione di Giustino.
Anastasio
Vieni famoso Eroe, da quel mio Soglio
Premio avrà tua virtude: A Leocasta
Porgi la destra forte, e tù mia cara
Godi al seren d'aura tranquilla, e chiara.
Giustino
Seguo la gloria tua, ch'è mia fortuna.
Arianna e Leocasta
Oh quante gioie un bel valore aduna!
Vitaliano
Chi mai sperò sì bella calma in seno.
Andronico
Non ordì mai più dolci nodi amore.
Vitaliano
Degno premio al valor d'un si bel core.
Anastasio
Se più volte il tuo brando
Troncò gl'ingiusti ceppi al nostro Impero,
Se i Ribelli vincesti, ed i Nemici
Con gloriosi auspici; ora é ben giusto,
Che in mercè de' tuoi fasti al degno crine
Il Lauro io porga, e t'incoroni Augusto.
Giustino
Signor, al tuo volere
Non ricuso l'onor di sì gran dono:
Poiché degno mi fai, degno ne sono.

(Vanno a sedere Anastasio, Arianna, Giustino, e Leocasta, e si corona Giustino.)
Anastasio
Or con tromba gioliva
A' più remoti lidi il tuo gran nome,
Il nome di Giustino
Porti l'alata Diva.
Coro del popolo.
Viva Giustino, Giustino Augusto viva.
Coro.
Doppo i nembi, e le procelle
Scherza l'onda al Mare in seno,
E nel Ciel talor le Stelle
Fausto mostrano il sereno.

Doppo ecc.

Fine del Dramma.



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Ultimo aggiornamento 10 dicembre 2023