La Silvia, RV 734

Dramma pastorale in tre atti


Testo del libretto


ATTO PRIMO

Scena prima

Parte remota cinta tutto intorno da varie Colline con parte del Lago in fine di cui si vede la Città d'Alba.

Silvia intimorita, che fugge.
Silvia
Oimè, dove men fuggo?
Qual'antro, ò qual d'ogn'antro
Più sicura per me d'orrida belva
Fauce ingorda, e pietosa
Ne le viscere sue viva mi serra?
Numi voi, che la terra
Forti, e giusti reggete
Tanto mirate, e ancora
Neghittosi tacete?
Ma se tacete voi,
Chi a le barbare offrese
Me fanciulla innocente, e disarmata
Toglie d'empio desio?
Genti! Pastori! o Dìo . . . . .

Scena seconda

Tirsi, che scende dal Colle.
Tirsi
Bella fà core in tua difesa io sono
Già fuggit'è il fellon, che puote audace
Di quel volto divin turbar la pace.
Silvia
Respiro: in tè ritrovo
Pastor quella mercede il tuo valore,
Che mai sperar altrove
Potrian d'un infelice i voti, e il core.

Dal Ciel risplende un raggio
A prò del fier timor,
Né più la nube appar
Ad oscurar l'onor,
Che fida serbo.
Qual suole il suo coraggio
Tornar' a quel Nochier
Allor, che più temer
Volea da irato Ciel
Suo fato acerbo.

Dal Ciel ecc.

Scena terza

Tirsi
Tirsi
Dove vai? perche fuggi? ah questi sono
D'un grato cor gli ufficj?
Cosi accogli cortese i beneficj?

Vorrei vederti anch'io
Felice affanno mio,
Ma tù non sai se sia
Pietà a la pena mia
Al fier dolore.
Acceso un dolce affetto
D'incendj m'empie il petto,
Ma a tanti affanni miei
Ben la cagion tù sei
Timido core.

Vorrei ecc.

Scena quarta

Niso, e Faustulo.
Niso
Poi che tù mi dicesti,
Che non ero tuo figlio, e che bambino
A morte mi togliesti; e perche poi
Celarmi l'esser mio?
Faustulo
Perche de l'esser tuo sol'oggi appunto
Dà Pane il nostro Dio sù l'Alba in sogno
Il ver ne appresi; Basta
Saper, che a i Dei se' caro; e che a grand'opra
Tè il Ciel destina.
Niso
Ah! fin che vive, e regna
Amulio il fier Tiran, che ci fa guerra
Sperar ben, é un'inganno.
Faustulo
Quando parlano i Dei mentir non sanno.
Niso
Faustulo, o Dio! Sai pur, che il pio Montano
Si caro al Ciel cercando
L'oracolo qual fine
Dovessero sortir'i nostri mali,
Questi n'ebbe in risposta oscuri accenti.
Lieti sarete allor, che a morte tolga
Un estinto Garzon l'estinta Suora,
E che un bel nodo un Dio più stringa allora,
Che cieca gelosia più lo disciolga.
Or pensa tù se sia
Saggia cosa sperar, quando che il Cielo
Così oscuro risponde,
Che per non dirci mai se in se confonde.
Fustulo
L'alta cura di noi al Ciel si lasci.
A più dolci pensier tù volgi il core:
E la tua verde età coltivi amore.
Niso
Amo si: ma un certo ardore
Sento al core,
Ch'amor sembra, ed é pietà.
Ma pietà, ch'é mio tormento;
Perche amando ogn'or pavento
Dal Tiranno un'empietà.

Amo si ecc.

Scena quinta

Sìlvia, che và gtttando da se alcune spoglie.
Silvia
Ite spoglie infelici
Di più misera figlia
Ornamento importuno.
Ite: e salma più degna,
O meno sfortunata un di coprite;
E resti a me per mio solo contento
L'ostinato rigor d'un gran tormento.
Tirsi, Tirsi cor mio,
Dimmi, che far degg'io?
Mi vuol morta la legge,
Perche fuggi; tua non mi vuol' il Cielo,
Perche me lo contrasta il mio dovere.
Ahi! qual forza fatale
Mi costringe ad amarti
S'esser tua non poss'io?
Qual crudele destin vuol ch'io ti fugga,
Se pur forza è, ch'io t'ami anima mia?
Ma lassa, che vaneggio?
Dove son? con chi parlo? e che farò?
Infelice nol sò!

Scena sesta

Tirsi sul Colle, e la sudetta.
Tirsi
Silvia nel prato? io qui mi fermo, ch'ella,
Se mi scopre mi fugge: e voglio intanto
Palesar le mie pene a lei col canto.

Tortorella innamorata,
S'allor, ch'ella più si lagna,
Sente mai, che la Compagna
Da quei rami
Sospirando a se la chiami,
Tutta lieta a lei sen va.
Silvia
Ma qual voce dolente
Con flebile concento
Accompagna pietosa il mio tormento?
Tirsi
Poi se quando l'hà trovata
Glie la toglie Augel rapace
Infelice allor, che fà?
Silvia
Fugge misera: e la pace
Va cercand' or qua, or là.
Silvia e Tirsi
Com'è simile o Dio
Di quella tortorella il caso al mio!
Ch'allor, ch'a lei mio cor lieto sen vola.
Tirsi
La sua barbara voglia a me l'invola.
Silvia
Il mio crudo destin a me l'invola.
Ma qui alcun non rimiro.
Forse sarà, di qualche Pastorella
Questa, voce dogliosa,
Che sfoga in libertà frà queste selve
La sua pena amorosa.
O quanto invidio il tuo stato felice,
Fortunata Fanciulla, ch'a tè piangere,
(Se pur'è pianto il tuo) contenta lice.
Tirsi
Più resister non posso, io corro a lei.
O quanto invidio il tuo bella crudele,
Che s'un giorno la pace a me togliesti
Rendermela, e nol voi, certo potresti.
Silvia
Temerario Pastor tanto t'inoltri?
Tirsi
Possibil sia, ch'ai tanti
Sospiri, ch'io per tè sparsi, crudele,
Ch'a le lagrime mie, ch'in mille incontri
Sgorgar vedesti a rivi
Da quest'occhi dolenti, in seno ancora
Nutri una fiera voglia
De la mia fiera doglia?
Silvia
Prosontuoso taci.
Tirsi
Ah tacerò spietata,
Ma per sempre tacer con questo dardo
Il cor mi passerò.
Silvia
Ferma; che fai?
(Quasi ti dissi anima mia.)
Tirsi
Deh lascia,
Lascia, o bella, ch'io mora;
O ch'io vìva per tè.
Silvia
Vivi Pastore,
Ma non per me.
Quel tuo bel core;
S'è cor di fé;
Serbalo pure,
Ma sol per tè.

Vivi ecc.
(parte.)

Scena settima

Tirsi
Tirsi
Silvia ingrata tù parti; e me qui lasci
In grembo ai mio dolore:
Ma quai spogìie vegg'io! de la mia bella,
Certo la bianca, sopraveste è quella.

Men pensoso a le pupille
Tra sdegnosi, e mesti oggetti
Di speranza, e di timore,
Adorate
Spoglie amate,
Voi rendete il mio dolor,
E se poi, bei lini, in voi
Tra soavi, e dolci affetti
Con un bacio imprimo il core,
In voi sento quel contento,
Che mi niega un crudo amor.

Men penoso ecc.

Scena ottava

Nerina, Elpino, Coro di Pastorelle.
Nerina
Elpin, fin che l'erbetta
Pascon gli armenti a questi colli intorno;
E che placide aurette,
Da l'uscio d'oro, ond'a noi viene il giorno,
Sferzan soavemente il faggio, e l'orno;
Qui, dove un bell'Alloro,
Stende l'onor de la frondosa chioma
Sediam: e a terminar nostro lavoro
Prestino il Giunco, il Salcio,
Opportuna materia, i rami loro.
Elpino
Eccomi a l'opra; io già di quel, di questo
Molti fasci n'ho colti: Eurilla un n'abbia;
L'altro tenga Dorinda; e questo sia
D'Amarilide mia.
Nerina, il tuo ti prendi.
Nerina
A l'opra, a l'opra dunque; e perche ingrato
Non riesca il travaglio in dolci modi
Cantiam d'Amor, io proporrò; tù segul;
Rispondete poi tutte, e a i nostri carmi
Ebri per la dolcezza, e per la gioia
I Fauni, e le Napee vadano intanto.
Coro
A l'opra, a l'opra dunque, al canto al canto.
Nerina
Pastorelle, cui vago sembiante
Sveglia in seno gradito l'ardor
Di ridir' insegnate a le piante
L'alte glorie del Nume d'Amor.
Elpino
Poi cantando il piacer, che provate
Fate pur, che felice risponda
L'augellino, il ruscello, la sponda
Coro
Quanto sia cosa dolce ad un cor
Le dolcezze provare d'Amor.
Nerina
Ben' hà il cor di duro diaspro
Chi non sente d'amor la facella,
Quando fin l'Aspe rigido, ed aspro
Va dicendo in sua muta favella.
Coro
Quanto sii cosa dolce ad un cor
Le dolcezze provare d'Amor.
Elpino
Quell'Olmo, che abbraccia
La tenera vite.
Nerina
Quel tronco,che allaccia
Quell'edera amante
Elpino
In note gradite
Nerina
Già dice costante
Coro
Quanto sia cosa dolce ad un cor
Le dolcezze provare d'Amor.
Elpino e Nerina
Non v'é in Selva
Fiera Belva,
Pesce in onda,
Augel su fronda,
Che non senta d'Amor la facella,
E non dica in sua muta favella
Coro
Quanto sia cosa dolce ad un cor
Le dolcezze provare d'Amor.
Nerina
Oimè; già dilungato
S'è da noi troppo il nostro gregge: andate
Veloci o Suore a custodirlo. Elpino
Tù per qust' altra via spedita, e breve
Corri a fermarlo; e fà, che non trapassi
Di Melibeo nel prato: e se mai trovi
Niso il mio bel Pastore errar là intorno
Dilli, che pria, ch'il Sol dal suo meriggio
Restringa l'ombre, e la Campagna sferzi,
Io bramo qui di rivederlo.
Elpino
Pronto
Volo a' tuoi cenni. Amore
Secondi l'opra, e il core.

Se fido troverò
L'oggetto
Del tuo affetto
A lui ben ridirò
La fiamma del tuo sen.
La bella fé,
Che pura splende in té
Nò, nò, non sa restar
Senza il suo ben.

Se fido ecc.

Scena nona

Silvia, cbe viene a Nerina.
Silvia
Deh per pietà, cortese Pastorella,
Una figlia infelice
Cui trasse lungi a le natie contrade
Sorte crudele, accogli.
Nerina
Bella qual rio destin; qual fato avverso . . .
Silvia
Taci non far, ch'io dica il mio tormento.
Nerina
Pure?
Silvia
Saprai, che sono un'infelice.
Nerina
Il nome?
Silvia
(Mio cor fingi)
Filli mi chiamo; e là trassi i natali
Dove Aniene pargoletto ancora
Raccoglie in breve sponda
La divisa in più fonti placid'onda.
Nerina
Il resto?
Silvia
Mi perdona
Più risponder non posso.
Nerina
Io più non chiedo.
Andiamo; e forse a queste selve in seno
Tù quella pace avrai,
Ch'altrove è rado, ò non trovasti mai.

Mira quel fiumicel, che và romito
L'erba baciando, e i fior di prato in prato,
Come sussura in mormorio gradito,
Ch'han gl'innocenti qui felice stato.
Senti quel venticel, che languidetto
Bacia, e ribacia l'onda e fugge, e torna,
Come dolce risponde, ch'il diletto
In grembo a l'innocenza or qui soggiorna.

Mira quel ecc.

Scena decima

Silvia sola
Silvia
Ah si vago ruscel, piaggie gradite,
Care selve, ombre amene, aure romite
In voi la pace, e l'innocenza avete.
Ma che prò; s'il destino a tormentarmi
In questo angusto petto oggi rinserra
Nel sembiante più fiero un aspra guerra.

Mi rinfaccia, mi sgrida, m'affanna
La fiamma tiranna;
Del voto l'onore
Con più di rigore
M'accresce la pena.
Doppia Furia mi lacera il seno,
Ne sorge un baleno
Di spene a' miei mali:
Spietati, fatali
Un sol non mi svena.

Mi rinfaccia ecc.

Scena undicesima

Tirsi, poi Niso, e Fausulo.
Niso
Tirsi non disperar; pasce il bel fiore
L'ape gentil; il salice infecondo
La pecorella; e solo il crudo amore
Dì lagrime si pasce, e di dolore.
Ma tempo verrà ben, s'aspetti un poco,
Ch' al tuo lungo martire
Lungo succederà dolce gioire.
Tirsi
Ah tù Niso non sai, che cosa é amore,
Se credere non puoi, che da un bel volto,
Dov' han rigor, fierezza il regno loro,
Possa quel Dio crudele
Altri strali scoccar, che strali d'oro.
Tirsi e Niso
(insieme.)
Per sfidar' a battaglia più cori
Fa suo campo un bel volto l'amor.
Ma tormenti / contenti alla fin ma / non rigori.
Egli dona crudele / pietoso ad ogn' or.

Per sfidar ecc.

Scena dodicesima

Nerina, Echo
Nerina
Dal gentile
Vago Aprile
Cerchi fiori, chi brama fior;
E nel viso
Del bel Niso
Cerchi amore, chi vuole Amor.

Dal gentile ecc.

Ma Niso ancor non miro; esser può forse,
Che trovato non l'abbia Elpin ancora:
Ah per la sua dimora
Quanto cordoglio Amor m'ha in sen raccolto.
Colto
Chi mi risponde a queste selve in seno?
In seno
Parli colà da quella sponda vaga
A vaga
Che mistero? quai voci, e che rispondi?
Sei Nume? sei Pastor? ò pur sei Donna?
Donna
Donna tù sei? ma dimmi?
In seno a vaga Donna é chi sia colto.
Forse ch'il tuo Pastore?
Tuo Pastore
Vedi come t'inganni: il mio Pastore
Scalda per me fedel de' suoi sospiri
E le campagne, e i poggi
Oggi
Sdegnar quasi mi fai,
Vien meco; e se nol credi; e se nol sai
Il mio fido Pastore a me legato
In bel nodo di sposo oggi vedrai.
Vedrai.

Scena tredicesima

Tirsi, che viene da altra parte.
Tirsi
Povero core
Non lusingarti.
Te'l dice amore
Puoi disperarti.

Povero ecc.

(Vede Nerina.)
Ma qui una Ninfa?
Nerina
Ancora
(Credendo Nerina, che Tirsi confermi quanto avea udito.)
Segue di me a beffarsi
Questo credel?
Tirsi
Io parto.
Nerina
Senti; senti Pastor, perche spietato
Una figlia innocente
Di schernir' hai piacer? ah dillo! come
De l'amor mio tanto sapesti? ond'hai
L'alto segreto? parla,
Parla pietoso o Dio!
Ch' io non sò più soffrir la pena mia;
E a me tua lingua in brevi sensi apporte,
O la vita, ò la morte.
Tirsi
Che sia?
Nerina
Tù taci ancora?
Scopri, scopri l'amor, che tù dicesti;
E s'è pur ver, che non sian scherzi i tuoi
Non mi lanciar più in pene
Mio gentil Pastorello.
Tirsi
Ninfa tù prendi error; io non son quello.
(Parte.)
Nerina
Indegno, empio Pastore.

Scena quattordicesima

Niso s'incontra in Nerina.
Niso
A me Nerina? a me? che t'amo tanto?
A me? cui non hà molto Elpino impose
Ch'io qua venissi? e il fe' per tuo comando?
Nerina
Ah nò! mio dolce Niso.
Scusa . . . .
Niso
Qual forte sdegno
Turba di quel bel volto il bel sereno?
Nerina
Sdegno, che in me destò Pastor villano.
Niso
Quello, ch'or sale il Colle?
Nerina
Appunto quello;
Che fingendo test'é d'Echo la voce,
Disse, che ti vedrei
Ad altra bella Ninfa oggi nel seno.
Niso
Eh nol creder mia vita! è Tirsi quello,
Quel Pastorel dolente,
Che và di sue querele empiendo i campi
Per la sua cruda Ninfa
Forestiere Pastor, solìngo amante:
Nol creder nò; che in un'afflitto core
Scherzi non soffre un barbaro dolore.
Echo farà; che suole echo sovente
Tramandar qua d'intorno
Da quelle alpestri grotte
Le parole interrotte.
Nerina
Così io credea: ma come
Echo dirmi potea,
Che tu dovevi oggi tradirmi?
Niso
Il caso,
Forse, che congegnò quelle parole.
Nerina
O stolta! io mi credea, che quel Pastore
A schernir la mia fede, e l'amor mio
Così fingesse il vaticinio rio.
Niso
Se di tè fossi priva;
Dite, cor mio, cui per me amor formò
Come viver potrei?
Nerina
Caro nol sò.

Mio ben, s'io ti credessi
lnstabiie, infedel,
Infido, e traditor,
Benché tù sei 'l mio amor
Non ti saprei più amar.
Ma più che amente all'or
Furia sarei crudel
Per farti sospìrar.

Mio ben ecc.

Scena quindicesima

Niso.
Niso
Pria, che al tuo fido amore
M'entri giammai un pensier di tradimento
Si scagli a incenerirmi
Un fulmine dal Ciel, moro contento.

Quando piace il bel, che s'ama,
Troppo cara a cor amante,
E la fede, e la costanza.
E se manca ai suo dover
Perde insieme col piacer
Tutto il ben de la speranza.

Quando ecc.

Fine dell'Atto Primo.

ATTO SECONDO.

Scena prima

Villaggio ameno.

Nerina, Silvia.
Nerina
Filli, perdona, io non te 'l credo: e amore
Nasconder vuoi, quando il palesan troppo
Tua pallidezza, e tuo mesto sembiante.
Silvia
Nerina il mio dolore,
Te lo ripeto ancora,
Figlio non è d'amore:
Che saria troppo affanno a la mia pena
Unire anche d'Amor l'aspra catena.
Nerina
Come tu sei in error Filli gentile!
Io da ben mille, e mille
Vezzose Pastorelle udit'ho dire
Ch'a scacciar da la mente
Ogn'altro reo martire
Il tormento d'Amor solo è potente.
Silvia
Io non sò tanto dir, Nerina mia.
Tù segui pure amor, che sei felice:
Amore a me non giova:
A me; che quanto sia
Cara la libertade, intendo a prova.

Quell'Augellin, che canta
Felice in mezzo al Faggio;
Canta la libertà,
Che grato il Ciel gli diè.
Ma se prigion' ei stà;
Sospira in suo linguaggio:
E a la diletta pianta
Sempre rivolge il piè.

Qell'Augellin ecc.

Scena seconda

Elpino, e le sudette.
Elpino
Oimè! che udii? che vidi?
E come mai pensarlo,
Non che potrò ridirlo, il duro caso?
Nerina
Qual nuova Elpin?
Elpino
Deh lascia;
Lascia, Nerina mia; ch'io non so come
Dir la dolente Istoria.
Nerina
Or fatti core;
Narra, narra qual caso . . . .
Elpino
Il più vago, il più bello, il più gentile
Pastorello, che mai,
Adornasse di sé le nostre Selve;
Nerina é morto; e una crudel l'uccise.
Nerina
O Ciel! che sento?
Silvia
O Dio! che sento?
E come
Si nomava il Pastor?
Elpino
Io non lo so;
Che più veduto certo
Non l'ho fra noi; ben lo sentìi sovente
Ripeter dolcemente
Dì Silvia il nome.
Silvia
(da se.)
(Oimé di Silvia il nome?)
Elpino
Indi con un sospiro,
Che nunzio ben parea
Di quanto in sé volgea;
Cosi proruppe, e disse:
Silvia ti lascio: imparerai qual core
Dal mio lasciarti, tù perdesti.
Allora,
Dall'erta sommità d'un alta rupe,
Cui cingon tutto intorno orride balze,
Precipitando, andò a cader frà quelle.
Nerina
O sorte!
Silvia
O rio destino!
E avesti cor Pastore
Di rimirar costante
Lo spettacolo orrendo?
Elpino
Io nò: che certo
Rimirar non potei caso si fiero.
Vide Linco ben poi fra quei dirupi
Di lui le spoglie lacere, e disperse.
Silvia
Et hò cor che lo soffra? . . . ah non hò core,
S'il soffro ancor; se non è core un sasso.
(Parte.)

Scena terza

Nerina, Elpino.
Nerina
Che stupor! Filli piange?
Filli, che pur non ama,
Per l'estinto Pastor piange? e sospìra?
Elpino
In fatti è ver: un giovanetto core
Non può fuggir' Amore.

Scherzeran sempre d'intorno
Pargoletti
Gl'Amoretti,
E in pudico chiuso petto
Gìugnerà la fiamma ascosa.
E di nuova industria adorno
Semplicetto
Molle affetto
Vincerà quella Ritrosa.

Scherzeran ecc.

Scena quarta

Nerina.
Nerina
Ahi crudo Amor! piacevol cosa sembri;
Ov'un ti miri in un bel viso accolto,
Dolcemente allettar' incauta un'Alma.
Ma sei troppo egli è ver fiero Tiranno,
Cui solo i pianti altrui corteggio fanno.

Nel suo Carcere ristretto
Non d'affetto
L'Usignuol cantando và.
Col soave dolce canto
Piagne intanto
La perduta libertà.

Nel suo ecc.

Scena quinta

Niso, e Faustulo.
Niso
Faustulo udisti? è Tirsi
L'infelice Pastore.
Faustulo
Ah! che troppo l'intesi
A la descrizion, che me ne fece
Linco il Fanciullo.
Niso
E' morto: e si dogliosa
Entrar testé nel bosco
Bella Ninfa li vide;
Che con lui morta certo già si crede,
Vittima di sua fede.
Io là men volo; onde raccor dolente
Di que' miseri amanti
Le membra ancor tremanti.

Quel chiaror, che rassembra sereno
E' un baleno,
Che in tempesta cangiar fa la calma.
Così trova più cruda, e rubella
La sua stella
Quando amica la spera quest'alma.

Quel chiaror, ecc.

Scena sesta

Faustulo.
Faustulo
Semplicetto, ch'egl'è? sovente il Cielo
A noi fiacchi mortali
De mali ancor sù l'ombra
I benefici suoi pietoso adombra.

Fiume, che torbido
Sormonti l'argine,
Il Prato spopola
D'erba, e di fior.
Ma nol rimprovera
Saggio Pastor
Che se lo afligge,
L'impingua ancor.

Fiume, ecc.

Scena settima

Picciol seno del Lago tutto cinto da Monti.

Silvia.
Silvia
Tirsi, Tirsi mia vita:
Tirsi, cor del cor mio;
Tu sei morto? io t'uccisi? e vivo ancora?
Rispetti del mio sangue;
Doveri del mio stato ove traeste
Un Amante infelice? il sò: fuggirlo
Doveva il cor: ma pria spiegarli o Dio!
Ben potea la cagion del fuggir mio.
Forse, ch'ei n'era degno:
S'è ver, che non ascondi una grand'Alma,
Frà gli atti ancor de l'esercizio umile,
Nobil cor, vago volto, atto gentile.
O' selve! ò valli! ò fonti! ò sassi! ò rive!
Cui di ripeter sempre
Dolcemente insegnai l'amato nome,
Perche allor, che a morire
Se 'n gia, non li diceste,
Com'io dicevo a voi, tutto i mio amore?
Forse, che non s'avria dato la morte,
S'il mio crudo destino inteso avesse.
Ma a che di voi mi dolgo? io di sua morte
Fui l'amara cagione; ei de la mia
La dolce causa or sia.

Da le amene
Elisie arene
Ombra bella del mio bene
Deh pietosa vieni a me.
Vedrai ben dal morir mio,
Se fù crudo quel desio,
Che mi fe' crudel con tè.

Da le ecc.

Ma tù non vieni ? e non rispondi? ahi lassa!
Non rispondi crudel'ai pianti miei?
Tirsi, Tirsi mia vita, e dove sei?

Scena ottava

Tirsi, e la sudetta.
Tirsi
Eccomì, o bella Silvia:
Eccomi a' piedi tuoi: qual fortunato
Cangiamento per me! ti fe' de' miei
Mali pietosa?
Silvia
Oimè! veglio? ò vaneggio?
Sei tù di Tirsi mio
L'anima bella? ò sei
In sembianza di Tirsi
Sorta di Stige a tormentarmi il core
L'idea crudel di tutto il mio dolore?
Tirsi
Ah nò: cor mio: non son qual tù ti fìngi
O' Tirsi in ombra; ò 'l fiero tuo dolore.
Son Tirsi sì: ma quello,
Quello, mio ben, che tanto t'ama; quello,
Che t'amerà fin che sua vita dura.
Mirami o bella; e poi
Al mio estremo dolore,
Ch'il tuo Tirsi non sia, credi se puoi.
Silvia
Dunque tù vivi? o Dio! dunque tù sei
Tirsi? . . . Tirsi? quel desso,
(attonita, e pensosa.)
Che tanto m'ama? . . . quello,
Che m'amerà fin che sua vita dura?
Pastor' io parto: addio.
Che se Tirsi sei tù, Silvia son'io.

Si, mia vita dissi allora;
Se lo vuoi lo dico ancora;
Ma sperar non devi, no.
Credi a me
Non son per tè,
E se il labbro è tutto Amore,
Io d'amarti ancor non sò.

Sì, mia ecc.

Scena nona

Tirsi solo.
Tirsi
Crudel tal mi dileggi?
Si barbara mercede a tanto amore?
Peggior di quella Fera
Nata del Nilo in sù l'infame sponda
Ben mi sembri a ragion, se da tè ucciso
Piagni esangue colui, ma vivo poi
Ritrovandolo ancor morto lo vuoi.

E' barbaro quel cor
Lo sò; ma a mio dispetto
Quel cor convien' amar.
Al mio fedel' amor
Per così caro oggetto
E' gloria anche il penar.

E' barbaro ecc.

Scena decima

Nerina.
Nerina
Al colle, al prato, a la campagna, al bosco,
Cerco hò Filli; ne mai
Ritrovarla ho potuto: io non sò dove
Cercarla più, s'ita non fosse al Tempio.
Povera Pastorella! al tuo dolore
M'intenerisco: e forza è, che sovente
Per pena di tua pena, io pianga ancora,
Che fù ben più, che a se, quel tuo Pastore
Crudele a tè: se per lasciarti sempre
Senza speranza alcuna di conforto.
Miseramente é morto.

Scena undicesima

Niso, e la sudetta.
Niso
Bella Nerina mia, che ti tormenta?
Forse il caso di Tirsi? ah non è morto
Tirsi il fido Pastore: e a me io disse
Linco, ch' or' or lo vide errar qui 'ntorno.
Nerina
Ch' ei viva, n'ho piacer: duolmi di Filli,
Che per lui piange certo, e si dispera,
O mal gradita, ò non curata amante.
Niso
Pensi forse, che Tirsi abbia per lei
insensibile il cor, quando che a morte
(S'il ver n'intende il core)
Corse per troppo amarla?
Nerina
Niso nol sò: sò bene,
Che se il crudel l'amasse
Non soffriria lasciarla in tanti guai.
Niso
Se questo amar non é qual sarà mai?
Nerina
Pronto servir;
Aver un dolce affetto;
A gelosia ricetto
Mai non aprir;
Saper, ch'amor
Vuole in sua gran mercede
Solo un bel cor;
Né più bramar
D'una sincera fede;
Quest'é, mio ben, amar.
Aver per il suo bene
Amore, e fedeltà;
Né mai de le sue pene,
Chiedere a lui pietà,
Pianger tacendo; e al fin' a morte andar;
Quest' é poi vaneggiar.

Pronto ecc.
(parte.)

Scena dodicesima

Tirsi scende dal Colle, Niso accorgendosi nel partire di lui li và incontro.
Tirsi
O Silvia idolo mio; Silvia mia vita,
Perche amarmi sol quando
Tù già estinto mi credi? e tu destino,
Crudo destin, perche farmi immortale,
Se solo a Silvia mia piace mia morte?
Niso
(li và incontro.)
Tirsi disperda il vento
La rea novella, onde dolente intorno
Fei risonar de' miei sospiri il bosco.
Tirsi
Qual nuova é questa o Niso?
Niso
Quella de la tua morte.
Tirsi
E chi la sparse?
Niso
Un Pastorel, che té mirò lo scoglio
Disperato falir, che da i Cipressi
Porta il nome funesto: a tè ben tosto
Corse: ma non trovando,
Che frà que' rei diruppi
Qualche misero avanzo
De le lacere tue spoglie funeste,
Pensò, ch' a precipizio ti gettassi
Giù da quel sasso orrendo.
Tirsi
(da se.)
(L'equivoco di Silvia adesso intendo)
(a Niso.)
Non fù vano il timor, ma quelle spoglie
Non fur, ch' un mio rifiuto
Disperato, ma giusto.
Niso
Come?
Tirsi
Spoglie eran quelle
De la mia bella Ninfa; e le tenea
Per memoria gentil del suo bel volto.
Ma perche inutil pondo, anzi mia pena
M'eran senza il suo amor; io le gettai
Per non vederle mai
Giu da l'orribil balza.
Indi allor, che dolente
Irne in parte volea, dove di lei
Mai più cosa vedessi, ò nuova udissi;
Sento sua flebil voce a se chiamarmi.
Ahi lasso! io corro; e mi credea trovarla
Quale a me si fingea
Dolce, amica, pietosa;
Ma la trovai qual sempre ella fu meco
Ostinata, ritrosa.
Niso
Tirsi, Tirsi nol credi.
Tirsi, tel dico ancora,
Forse, che t'ama, e che non osa dirlo
La modesta Fanciulla,
Ma ò t'ami, ò nò: ch'importa? abbi pazienza,
Segui ad amarla; e credi,
Che Donna bella, amata
Teneramente, esser non sà spietata.

Si fà reo un cor ritroso,
Ma alla fin poi la costanza
Lo rinfaccia, e n'ha pietà.
Torni al sen tutto amoroso
Una placida speanza
Cederà la crudeltà.

Si fà ecc.

Scena tredicesima

Tirsi.
Tirsi
Ah se potesse mai
Placar' una gran pena un gran dolore;
Ben placar si dovria
Al lungo pianto mio quel duro core.

Scorre il fiume, e mormorando
Urta in sassi, e frange l'onda;
Ma baciando la sua sponda
Lieto in seno al mar sen và.
Anch'io passo sospirando
Sol frà sdegni, e frà rigori;
Ma in quel sen, che lo ristori
Di posar il cor non sà.

Scorre ecc.

Fine dell'Atto Secondo.

ATTO TERZO

Scena prima

Bosco.

Silvia con del Napello in mano.
Silvia
Sarete pur contenti
Fieri di questo core
Ostinati Tiranni
Onestade, ed Amore.
E tù Tirsi cor mio, Tirsi perdona,
Se questa io rendo a té cruda mercede,
Non è crudel mia vita
Quel cor, che te la rende,
Crudele è quel destin, che così vuole.
Questi caldi sospiri;
Queste voci interrotte;
Queste lagrime amare,
Ch'io non potei vivendo,
Ch'or ti dono morendo;
Sian testimonj del mio cor: io questi,
Caro, tù prendi tutto
Quel, che donar ti può Silvia crudele,
Ma crudele a se stessa; a tè fedele.
Che s'avvìen mai, ch'errando qui d'intorno
Miri preda di morte
Questa salma infelice; ah tù l'onora
D'un pietoso sospir, e di, passando;
Abbia pace quell'alma,
Che vivendo mai l'ebbe.
Ma sento oimé, già sento
Non più lenta accostarsi al cor la morte,
Pianta fedel, che senti
I miei duri lamenti;
Serba nel tronco pio la mesta istoria;
E difendi pietosa il nome mio
Da l'infamia in un tempo, e da l'obblio.
(Scrive.)
Per non essere a Tirsi più crudele;
O a Vesta la gran Dea Silvia infedele;
Quella di Numitor figlia tradita
Lasciò innocente, e pia qui la sua vita.
Ahi più non posso! io moro
Tirsi, Tirsi mio ben, vieni, e rimira.
Mira . . . . ma tù te 'n fuggi:
Oimé segge la terra:
Il Cielo a me s'asconde: ahi lassa 'moro.
(Cade.)

Scena seconda

Faustulo, Niso, e la sudetta.

Averà Faustulo una tavoletta scritta al costume di quei tempi.
Faustulo
Appunto Egisto è il nome: e se sai leggre
Negar non mi potrai quanto ti dico.
Niso
(legge.)
Allor, che nel più folto
Del gran bosco tù sia;
Fà, ch'Egisto il Fanciul trafitto mora:
Indi Silvia la suora
De l'estinto Garzon farò Vestale:
E bel frutto sarà d'un tal disegno
D'Amulio a tè la grazia; a Amulio il regno.
O Barbaro! o Fellon!
Faustulo
E ben, che dici?
Fù sogno il mio? fù illusion? fù inganno?
Qui ucciderti ei volea: tè là salvai:
Dentro a quel cavo sasso,
Per qualunque celar minimo indizio,
Gittai la sporta.
Niso
E perche non leggesti
L'empio comando allora?
Faustulo
Perche badare a quella rea scrtttura,
Cui la sporta ascondea, non mi lasciaro
Il tempo, lo stupor, e la paura.
Niso
O fortunato dì!
(Vede Silvia.)
Ma non è quella
Una Ninfa, che dorme? e in quella pianta
Quai caratteri impressi!
(Legge.)
Per non esser a Tirsi più crudele;
O a Vesta la gran Dea Silvia infedele;
Quella di Numitor figlia tradita
Lasciò innocente, e pia qui la sua vita.
Faustulo
O rea ventura! e morta
Silvia la tua sorella;
Se Silvia la Vestale o Niso è quella.
Niso
Come? qual sorte? o Dio! . . . .
Faustulo
Nò: non è morta ancora.
(le tocca il core.)
Se ben del viver suo dà indizio il core.
Ah! vedo la cagion de la sua morte.
Niso, tù qui le assisti; io torno or'ora.
(parte.)
Niso
Sei Tiranna se un Ben fedele,
O' sorte crudele
Sperar non si può.
Ma tè ad onta
Sii fida sdegnosa,
Spietata, ò pietosa
Un cuor sempre avrò.

Sei Tiranna ecc.
Faustulo
(torna.)
Prendi: da questa pallida radice
Spremi succo vitale; e a lei lo porgi.
Niso
Par che i spirti fuggiti
(spreme il succo dalla radice.)
A la sede del cor' ella richiami.
Faustulo
Non paventar, ch'é salva.
Niso
Ma qual virtù possente in se racchiude
Erba sì prodigiosa?
Faustulo
L'Anthora è questa, o Figlio; a noi ben nota,
Che degli armenti la custodia abbiamo.
Non vedi qui d'intorno
Del spremuto Napello
Le reliquie funeste? disperata
Con quel volea la misera morire.
Silvia
Oimè! qual forza ignota
(torna in se.)
Mi toglie al mio morir? forse ch'hà orrore
L'inferno stesso, il crudo inferno, o Dio!
Del crudo dolor mio?
Ma dove son? che veggio?
(mira intorno.)
Vivo? e respiro ancora?
Niso
Vivi; respiri; e sei
D'un tuo fedel, che ti salvò, nel seno.

Scena terza

Sopraggiunge Nerìna, che vede in lontananza Niso abbracciar Silvia.
Nerina
(a parte.)
Ch'odo! che miro! o Dio!
Tù mel dicesti, o Ciel, ch'il mio Pastore,
Ad altra Donna in seno io coglierei;
Stolta non tel credei.
Silvia
(ritornata in forze.)
Tanto puoi traditor;
E pigro il Cielo ancor
Sospende il dardo?
Scostati, o là 'nfedel,
Che Silvia in sua difesa;
Silvia Vestale, e offesa,
S'anche ti soffre il Ciel,
Arma un suo sguardo.

Tanto ecc.
(parte.)
Faustulo
Come è costei salvatica! feroce!
Niso
Seguiamla pur: fors'anche
Placarla noi potremo allor, che sappia
Qual'a lei mi fe' il Cielo.

Scena quarta

Nerina.
Nerina
Silvia, Silvia Vestale, e Silvia offesa?
Ah Niso! ah Niso ingrato!
Perfidissimo Niso! a me la fede
Cosi spergiuro osservi!
Ricompensi così chi più ti crede?
Và pur perfido; vanne,
Ch'io resto . . . . ah nò; ch'io parto;
E parto a far de la mia fè negletta
Crudele, memorabile vendetta.

Furie terribili
L'alma accendetemi
D'empio furor.
Indi uccidetemi,
Ma pria svenato
Cada l'ingrato
Rio traditor.

Furie ecc.

Scena quinta

Elpino.
Elpino
O' qual lieta novella
Sia Nerina la mia! quando tù sappia
Del tuo Niso la sorte.
Io l'ho pur' or veduto
Dolcemente abbracciar Filli la bella;
E da' suoi vaghi lumi
Spargerle in sen per tenerezza il pianto.
Deh quanto! o Dio deh quanto
S'accrescerà tua gioja allor, ch' intendi,
Ch'ei ne l'amica tua trovò la Suora.

Scena sesta

Niso, e il sudetto.
Niso
Elpin dove sì lieto?
Elpino
A Nerina me 'n volo: onde avvlsarla
De la tua sorte.
Niso
Sì, vatene tosto.
Elpino
Ma dì, come scopristi
Ch'è quella Ninfa bella
La tua dolce Sorella?
Ch'intender non potei,
Ne la confusion de' vostri baci,
Questo accidente.
Niso
Lungo
Saria tutto scoprirti; or' a tè basti
Saper, che Silvia è quella;
Quell'infelice, cui Tiranno Amulio
Strinse di Vesta al Sacerdozio santo.
Elpino
Quella, che il buon' Ergasto
Chiama di Numitor figlia infelice?
Niso
Quella
Elpino
Qual strana sorte
Qua la condusse?
Niso
Empio destin, mi disse,
Che l'obligò fuggir d'un traditore
I lascivi attentati, e fuggì appunto
Questa mattina, allor, ch'ella se 'n già
Dei sacrificj in uso,
La bell'onda a raccorre al noto fonte.
Elpino
Io corro: e perche possa irne men lento
Dammi l'ali o contento.

Snelle al pie mi porgi l'ali
Preste più di quanti strali
Vibra a un'anima l'Amor.
Che recare a un sen ristoro
Pur volando io devo ancor.

Snelle ecc.

Scena settima

Nìso, poi Nerina.
Niso
Onnipotenti Dei, Numi sovrani,
Voi ben me lo diceste,
Ch'esser dovea felice questo giorno.
Nerina
(viene.)
T'inganni empio Pastore:
Esser dee questo giorno
Tragico, lagrimevole, funesto.
Se tù crudel potesti
Tradendo la mia fè renderlo tale.
Niso
O Dio! che sento! anima mia . . . .
Nerina
Deh taci:
Taci lingua profana: anima tua
Un tempo fui: ma, se l'inferno in seno
Tù mi recasti; esser tua furia solo,
Ma furia crudelissima, mi resta.
Niso
Senti, senti cor mio . . . .
Nerina
Senti, senti mio duolo,
Parto, più non ascolto un traditore.
Niso
Fermati: senti: oimè! forse di Silvia
Sarà Nerina mia fatta gelosa.
Corro a Silvia, e vó appunto,
Che lo stesso suo inganno
Serva a la bella mia di disinganno.

O' vaghi, ò amorosi,
O' fieri, e sdegnosi,
Per me que' begl' occhi
Son sempre fatali.
Mi accendono i vezzi:
Mi uccidono i sprezzi;
Amori, rigori
Son fulmini, e strali.

O' vaghi ecc.

Scena ottava

Tirsi solo.
Tirsi
E pur' a voi ritorno
Solitari ritiri,
De la mia cruda pena
Testimonj fedeli: a voi ritorno.
Ma qual da voi partii, senza conforto;
Perche senza speranza
Il mio fiero tormento io meco porto.

Reo di poter' accendere
Un cor ogn' or' intrepido
L'ho ben permesso Amor.
Ma sol perche in tè credere
Dovevo al fin placabile
Lo strale al mio dolor.

Reo di ecc.

Scena nona

Faustulo, e il sudetto.
Faustulo
Tirsi, Niso é tradito; e col tuo Niso
Una Ninfa infelice.
Tirsi
Che sia! spiegati:
Faustulo
Ascolta.
Sìlvia, (che ben' a tè nota esser deve
Se t'amava cotanto)
Per tè moria, moria qual sempre visse
Innocente, e fedele; intanto giugne
Niso in quel loco, e lei
Con erba assai potente a morte toglie.
Che Egisto (e non già Niso) suo fratello
S'era d'allor d'allor scoperto.
Tirsi
Egisto!
Egisto é il Pastorello!
Faustulo
Appunto quello.
Dopo varj contrasti
Silvia per tale ancor lo riconobbe
Al tempo, a gli accidenti, al volto, ai segnì.
Tirsi
Destin perche celarmi
Tanto d'Egisto il caso?
Faustulo
Nerina intanto sopragiunge; e visto
L'amante suo con altra Donna; e tale,
Che trarne ben potea strana vendetta;
Tratta dal suo dolore
Al Sacerdote corse; e disse: Padre
Non ti stupir, se li Cielo
Sparge sopra di noi raggi funesti.
Qui nel Bosco vicin' empio Pastore
In seno a una Vestale
E' l'infame cagion' del' nostro male.
Cosi tosto fur presi;
E a momenti a morire
Ne l'infame Città
Il lor crudo destin li condurrà.
Tirsi
(da se.)
Qual' improviso raggio
Me a me stesso ritorna? e perche mai
Altro da quel, ch' or son, fui per l'adietro?
Ah sì! destin t'intend! il grande sei
Supremo regnator tù de li Dei.
Faustulo andiam: quest'é quel fortunato
Tempo, ch'al vostro suol predisse il Fato.
(a Faustulo.)

Abbia respiro il cor.
Del Lazio il regio allor
Già ben vedrai qual sia,
Ma ció, che all'Alma mia
Io provo dir nol sò
Nè più t'innondi il sen
Di gelosia il velen,
Perche de tanti affanni
De l'Anima tiranni
Il duolo al fin cangio.

Abbia ecc.
(parte.)
Faustulo
Tirsi per il dolor, folle vaneggia,
Et a ragion; che merta il duro caso
Compassion' estrema; io vò a Nerina
Perche sappia costei
Quanto perde in que' Rei.

Terribile è lo scempio
D'una crudel beltà.
Molle quel cor, ma empio
Armò la crudeltà.

Terribile ecc.

Scena decima

Tempio di Marte cinto intorno da un grandissimo Bosco.
Anderà facendosi notte.

Silvia, e Niso dentro ai Rastrelli del Tempio sudetto.
Niso
Cosi dunque mia Silvia;
Cosi ti tolsi a morte amata Suora
Per poi farti morir con più tormento?
Cara così ti trovo?
E ti perdo in un punto?
Così d'Amulio anche del Cielo in onta
Appagherem morendo
L'empie sfrenate voglie?
E moren certo; troppo
Premendo a quel Tiran la nostra morte.
Silvia
Egisto o Dio! morir! morir' Egisto?
E morire cosi! destin crudele;
Bar . . . , ma, che parlo ahi lassa!
Vuole il Ciel, che si mora;
E si contrasta ancora?
Sì; si moriamo: ubbidienti a lui.
Chiniamo il capo; e nostri
Facciamo i voler sui.

Non deesi prestar fede
A un guardo,
Ch'é buggiardo,
Ed allettar ci suol per ingannarci.
Al fin ben già si vede,
Che in Ciel
E' sol fedel
Il ben, ch' ivi ci attende a consolarci.

Non deesi ecc.

Scena undicesima

Nerina, Elpino, Faustulo, Coro di Pastori, e li sudetti.
Nerina
Egisto (Niso un tempo
Caro di questo cor dolce conforto)
Or dì questo mio core
Scelerato, e crudele;
Crudele si; ma giusto
Tormentator; io vegno; e vegno o Dio!
Non sò s'io dica a dimandar perdono,
O vendetta crudel de' falli miei;
Che mertò ben vendetta, e in un perdono;
Se innocente, e rea sono.
Niso
Nerina, anima mia, t'amai fedele,
Esser doveva tuo; nol volle il Cielo.
Non ti doler per questo:
Scuso la gelosia, l'etade; il sesso.
Vivi pur fortunata: in Cielo ancora
T'amerò puro spirto; ò negli Elisi,
Ombra vagante, e fida: a Lei, che more;
(E l'uccide innocente
Tua cieca gelosia)
A Lei chiedi perdon; ella tel dia.
Silvia
Ninfa non pianger nò: contenta io moro,
Perche moro innocente.
Questo, questo si sappia: Amulio poi,
Amulio il crudo Rè, faccia di noi
Suo sangue abbominato.
Ciò, che più suo furor' a lui consiglia.
Tu resta in pace, e prega
Riposo a l'alme, a noi qui più non lice
Fermarsi; e già dal Tempio
Scende la turba de' maggior Pastori.
Niso
Nerina
Nerina
Idolo mio
Silvia e Niso
Partiamo: addio.
Nerina
O sposo! o Silvia! o cari
Pegni di questo core!

Scena ultima

Tirsi tutto vestito di lucidissime armi, che ferma i Pastori.
Tirsi
Pastori olà fermate: è stanco il Cielo
Di più soffrir la Tirannia d'Amulio
L'innocenza tradita, il Lazio oppresso:
Già son maturi i Fati: un Dio favella.
Udite, udite.
Non disse a voi l'Oracolo, che
Lieti sarete allor, ch'a cruda morte volga
Un'estinto Garzon l'estinta Suora;
E ch'un bel nodo un Dio più stringa allora,
Che cruda Gelosia più lo disciolga?
Niso, Niso o pastori,
E' l'estinto Garzon: in lui mirate
Egisto, quel di Numitor tradito
Figlio infelice, cui già pianse estinto
Tutto il Lazio: ei la quasi estinta Silvia;
La pia Sorella or' or' a morte tolse.
Faustulo
E' vero; e farne a voi posso gran fede.
Tirsi
Non sciolse gelosia d'Egisto il nodo;
Il bel nodo d'Amor, con cui legato
S'è a Nerina, cui Padre é 'l buon' Ergasto,
Che dal sangue del Tebro ebbe i natali?
Un Nume or più quel fatal nodo stringa.
Pastori io son quel Nume, io Marte sono
Quel Dio propizio a voi da questo bosco
Abbia Egisto Nerina: e stringa Amore
D'indisolubll nodo il vostro core.
Coro
O Nume grande!
Nume potente, e forte!
Se così bella sorte
A noi per té placato il Cielo spande.
O Nume grande!
Niso
O mio Nune! O Nerina.
Nerina
O Egisto! o Dio!
Niso e Nerina
Torna torna al mio sen.
Niso
Mio ben.
Nerina
Cor mio.

Quì và a poco a poce illuminandosi tutto il bosco, indi sorge una lucidissima nube, che và lavorandosi in forma d'un bellissimo cocchio. S'orna la Selva di vaghi spruzzi d'oro, e di luce, e nello stesso tempo si vedranno comparire involti in gruppi dì nubi frà gli albori, e intorno al Tempio alcuni Genj con scudi trasparenti, ne' quali si vedranno dipinte a varj colori le azioni, che dovranno fare i Romani.
Tirsi
E tu mia bella Silvia,
Lascia, lascia il rigor; ti vuole il Cielo
Anzi, che pia Vestale,
Madre feconda di famosi Eroi.
A me tua destra porgi;
E a stato più felice ora risorgi.
Silvia
Col voler del suo fato
Più Silvia non contende,
E già tua serva, e sposa tua si rende.
Tirsi
Or finì col mio pianto
Quello del Lazio ancora. Allegro riso
Scenda sù vostri volti
O fortunate genti:
Genti, cui il Ciel destina
Genio in pace temuto, in guerra altero,
Di gloria insaziablle, e d'impero.

In tanto, che s'alza la Machina siegue il Coro col canto, e suono.
Coro
Và pur felice
Coppia beata, e fida
Dove ti guida
Destino, e amor.
Tirsi
O cara vieni;
Più luce avran le stelle
De le tue luci belle
Al vivo ardor.
Coro
Và pur felice
Coppia beata, e fida
Dove ti guida
Destino, e amor.
Silvia
A far sereni
Miei giorni al chiaro lume
Di tè mio dolce Nume
Io porto il cor.
Coro
Va pur felice
Coppia beata, e fida
Dove ti guida
Destino, e amor.

Il fine del Drama.


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Ultimo aggiornamento 14 dicembre 2022