Valzer da concerto n. 2 in fa maggiore, op. 51


Musica: Aleksandr Glazunov (1865 - 1936)
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, triangolo, tamburo militare, piatti, arpa, archi
Composizione: 1894
Edizione: M. P. Belaieff, Lipsia, 1896
Dedica: Nicolas Galkine
Guida all'ascolto (nota 1)

Il 16 agosto 1921 Aleksandr Glazunov, direttore del Conservatorio di San Pietroburgo (all'epoca Pietrogrado e non ancora Leningrado), scriveva all'influente Commissario del popolo all'istruzione del governo sovietico, Anatolij V. Lunacarskij: «Abbiamo al Conservatorio di Pietrogrado un allievo del massimo talento che studia pianoforte e teoria della composizione. In futuro diventerà senza dubbio un compositore. Il suo nome è Dmitrij Sostakovic. Sta compiendo eccezionali progressi, ma sfortunatamente il suo organismo cagionevole è molto provato, indebolito com'è dalla malnutrizione. Vi chiedo umilmente di non rifiutare la mia richiesta, a suo nome, di procurare i mezzi per nutrire e rimettere in forze questo talentuosissimo ragazzo». Questa lettera non è l'unica testimonianza del grande altruismo di Glazunov e dell'abnegazione con cui egli ha guidato l'istituzione dal 1905 al 1928, malgrado la sua ben nota debolezza per l'alcol e la sostanziale estraneità culturale alla musica del nuovo secolo.

Sul piano personale, Glazunov aveva dimostrato fin dagli inizi la propria grandezza d'animo, rimettendo immediatamente l'incarico di direttore del Conservatorio dopo che il suo maestro Rimskij-Korsakov era stato congedato per aver appoggiato le proteste studentesche durante la Rivoluzione del 1905. Grazie al suo deciso intervento, Rimskij-Korsakov venne reintegrato nel corpo docente e la crisi superata senza pesanti conseguenze sugli studenti. Allo stesso modo, Glazunov non esitò a chiamare al Conservatorio, dopo la guerra e la Rivoluzione del 1917, docenti di tendenza moderna come il compositore Vladimir Scerbakov, malgrado la sua profonda avversione per la musica del nuovo secolo. Ai suoi occhi, Debussy era colpevole di aver aperto le porte alla degenerazione musicale del Novecento con l'Après-midi d'un faune. Questa premessa serve a chiarire come la musica di Glazunov appartenga interamente allo spirito dell'Ottocento, malgrado il destino abbia voluto che nella sua produzione figuri persino un Concerto per sassofono scritto negli anni Trenta in esilio a Parigi.

Il carattere profondamente inattuale della sua figura, radicata nel mondo della vecchia Russia prerivoluzionaria, non deve far dimenticare che Glazunov ha rappresentato il vero anello di congiunzione tra il Gruppo dei Cinque e la generazione di Stravinskij e Prokof'ev. Cresciuto sotto l'ala protettiva prima di Balakirev e poi di Rimskij-Korsakov, il prodigioso talento di Glazunov sembrava destinato a garantire un solido futuro al lavoro pioneristico del cosiddetto Moguchaya kuchka, il pugno potente, e soprattutto a una musica nutrita dalle radici spirituali del popolo russo. In realtà Glazunov, così come Rimskij-Korsakov, venne risucchiato negli anni Novanta dentro la cerchia di Mitrofan Beljaev, un mecenate appassionato di musica e ispiratore di importanti iniziative culturali, che spinse il giovane musicista a conferire alla sua musica un'intonazione più cosmopolita e internazionale.

Uno degli esempi di questo influsso è la coppia di Valse per grande orchestra scritta da Glazunov tra il 1893 e il 1894, influenzata dal successo mondano in Russia della musica di Johann Strauss figlio. Il secondo, in fa maggiore, dedicato al violinista Nicolas Galkine, mostra la magnifica tavolozza di colori dell'orchestra di Glazunov, che dipinge uno scenario fiabesco per avvolgere la catena di danze in un unico flusso sognante, secondo lo stile dei grandi valzer viennesi.

Oreste Bossini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 30 gennaio 2016


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Ultimo aggiornamento 3 marzo 2017