Ecco, Silvio, colei che in odio hai tanto, SV 97

Madrigale a cinque voci

Musica: Claudio Monteverdi (1567 - 1643)
Testo: Giovan Battista Guarini

  1. Ecco, Silvio, colei che in odio hai tanto
  2. Ma se con la pietà non è in te spenta
  3. Dorinda, ah dirò mia se mia non sei
  4. Ecco piegando le ginocchia a terra
  5. Ferir quel petto, Silvio?

Organico: 2 soprani, contralto, tenore, basso
Edizione: in Il Quinto Libro de Madrigali, Ricciardo Amadino, Venezia, 1605
Dedica: al duca Vincenzo Gonzaga
Testo

Parte prima
Ecco, Silvio, colei che 'n odio hai tanto,
eccola in quella guisa
che la volevi a punto.
Bramastila ferir: ferita l'hai;
bramastila tua preda: eccola preda;
bramastila alfin morta: eccola a morte.
Che vuoi tu piú da lei? che ti può dare
piú di questo Dorinda? Ah garzon crudo!
Ah cor senza pietà! Tu non credesti
la piaga che per te mi fece Amore:
puoi questa or tu negar de la tua mano?
Non hai creduto il sangue
ch'i' versava dagli occhi:
crederai questo, che 'l mio fianco versa?

Parte seconda
Ma se con la pietà non è in te spenta
gentilezza e valor, che teco nacque,
non mi negar, ti prego,
anima cruda sì, ma però bella,
non mi negar a l’ultimo sospiro
un tuo solo sospir. Beata morte,
se l’addolcissi tu con questa sola
dolcissima parola
voce cortese e pia:
“Va’ in pace, anima mia!”

Parte terza
Dorinda, ah! dirò “mia”, se mia non sei
se non quando ti perdo e quando morte
da me ricevi, e mia non fosti allora
ch’i’ ti potei dar vita?
Pur “mia” dirò, ché mia
sarai malgrado di mia dura sorte;
e se mia non sarai con la tua vita,
sarai con la mia morte.

Parte quarta
Ecco, piegando le ginocchia a terra,
riverente t’inchino;
e ti chieggio perdon, ma non già vita.
Ecco gli strali e l’arco;
ma non ferir già tu gli occhi o le mani,
colpevoli ministri
d’innocente voler; ferisci il petto,
ferisci questo mostro,
di pietade e d’amore aspro nemico;
ferisci questo cor che ti fu crudo:
eccoti il petto ignudo.

Parte quinta
Ferir quel petto, Silvio?
Non bisognava agli occhi miei scovrirlo,
s’avevi pur desio ch’io ti ferissi.
O bellissimo scoglio,
già dall’onda e dal vento
de le lagrime mie, de’ miei sospiri
sì spesso invan percosso,
è pur ver che tu spiri
e che senti pietate? O pur m’inganno?
Ma sii tu pure o petto molle o marmo:
già non vo’ che m’inganni
d’un candido alabastro il bel sembiante,
come quel d’una fèra
oggi ingannato ha il tuo signore e mio.
Ferir io te? Te pur ferisca Amore,
ché vendetta maggiore
non so bramar che di vederti amante.
Sia benedetto il dì che da prim’arsi!
benedette le lagrime e i martíri!
Di voi lodar, non vendicar, mi voglio.


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Ultimo aggiornamento 5 agosto 2023