Un percorso parallelo a quello di Eisenstein, partito dall'esperienza teatrale per giungere poi alla regia cinematografica, si trova anche in Grigori Kozincev e Leonid Trauberg, i quali erano stati tra i firmatari, nel 1922, del Manifesto dell'eccentrismo, partecipando negli anni successivi alla Feks, la Fabbrica dell'attore eccentrico. Nell'ambito di questa attività avevano messo in scena per il Proletkul't lo spettacolo teatrale Commercio estero sulla torre Eiffel (1932), costituito da quarantotto brevi scene che si susseguivano velocemente in un fuoco di fila di situazioni straordinarie, gags, numeri di music-hall e di circo.
Nel 1924 - l'anno di Cinéma di Erik Satie per l'Entr'acte cinématographique di Clair e Picabia, nonché del Ballet mécanique di Léger e Antheil - Kozincev e Trauberg realizzavano il loro primo film, Le avventure di Ottobrina, la cui ambientazione nell'ufficio di un amministratore di caseggiato comportava un particolare uso degli oggetti d'arredamento e della loro collocazione (una scrivania con macchina per scrivere poste sopra una motocicletta, ad esempio), secondo un principio proprio dei Feks: «Lo straniamento dei Feks consiste nel presentare un oggetto scisso dagli oggetti che lo circondano. L'oggetto è tolto dal suo contesto abituale e sistemato in un altro ambiente. Le forme realistiche dell'oggetto rimangono intatte. Ma l'oggetto acquista nuovi vicini [...] Sono stati solo trasformati i rapporti degli oggetti fra loro. Comincia così ad avere un peso il momento del montaggio». Il rapido susseguirsi di situazioni straordinarie e spettacolari, già presente in Commercio estero, si ritrova anche in queste Avventure, definite da Juri Tynianov - che collaborò con i Feks come sceneggiatore - «sfrenate accozzaglie di tutte le gags sulle quali questi realizzatori avidi di cinema hanno potuto gettarsi».
Tali procedimenti, che per certi versi possono essere accostati alle esperienze coeve, cinematografiche e non, delle avanguardie nel resto d'Europa - bastino i nomi di Duchamp e Breton -, si apparentano anche con i principi del «montaggio delle attrazioni» di Eisenstein, e sono alla base della struttura e del linguaggio del film Nuova Babilonia, proiettato in «prima» il 18 gennaio 1929. «Il trattamento 'poetico' e non 'prosaico' che presiede all'articolazione cinematografica del materiale, ha permesso [...] di affrontare questo difficile compito. Mi sembra che, anche nella sua non storicità, questo film sarà ugualmente importante. Immagini puramente poetiche, metafore derivate dalla commedia e che giocano il ruolo di iperboli: questi i nuovi procedimenti di tale ode cinematografica». Così scriveva Tynianov all'indomani dell'uscita del film, mentre Viktor Sklovski, in un articolo del 1930 dedicato al linguaggio filmico, osservava: «Non collegati da una struttura semantica, i piani della Nuova Babilonia si basano sulla coincidenza delle situazioni, sulla loro scansione [...] Queste scansioni non sempre hanno un riscontro visivo [...] Il corso dei pensieri del regista non è convincente al punto che lo spettatore possa assumerli come pensieri dell'eroe».
Il soggetto, i fatti della Comune di Parigi visti quasi attraverso gli occhi di una commessa dei Magazzini Nuova Babilonia, è trattato episodicamente, non tanto sulla base di documentazioni storiche quanto ispirandosi ai romanzi di Zola e alla pittura impressionista. Nuova Babilonia, proprio per la compresenza di fattori tanto diversi e contrastanti (a causa dei quali, forse, non incontrò interesse presso il pubblico), era comunque un'opera ambiziosa e complessa e come tale, richiedendo un equivalente musicale particolarmente appropriato, si poneva decisamente al di fuori della prassi fino a quel momento instaurata nei rapporti fra musica e cinema, rendendo indispensabile un salto qualitativo che ponesse la componente musicale nelle condizioni di assumere una funzione di commento critico e non più di accompagnamento acritico. Secondo Gennadi Rozdestvenski l'eclettismo, la tendenza al sarcasmo e alla parodia, la malleabilità verso climi diversi, indispensabili per la dimensione musicale del film, Kozincev e Trauberg ebbero modo di avvertirli in pieno, riuniti in modo davvero singolare, nell'opera Il naso di Dimitri Sciostakovic, alla cui prima avrebbero assistito (ma in realtà dovette trattarsi della Suite da Il naso, l'op. 15a data a Mosca il 25 novembre 1928, dal momento che la prima rappresentazione dell'opera in tre atti si ebbe soltanto il 18 gennaio 1930, quindi esattamente un anno dopo che il film era stato già proiettato). Iniziava così un rapporto che, ripetutamente con entrambi i registi e in seguito col solo Kozincev, condurrà a risultati come Amleto (1964), una delle più riuscite partiture scritte per il cinema del dopoguerra.
Delle musiche per Nuova
Babilonia, ritenute perdute per molti anni, Rozdestvenski
ha scoperto la partitura autografa con parti orchestrali nella
biblioteca Glinka, e la Suite ricavata dalla score integrale del film -
così come ci è dato seguire in questa occasione - rappresenta appunto
il risultato di quella preziosa opera di ricostruzione portata a
compimento dal direttore d'orchestra sovietico nel 1976. In termini di
caratteristiche singolari l'op. 18, oltre a testimoniare una delle
poche composizioni scritte appositamente per il cinema muto che ancor
oggi possiamo ascoltare, appare di indubbio interesse, poiché dimostra
di potersi inserire pienamente nella produzione di Sciostakovic,
conservandone - malgrado la destinazione - l'intera fisionomia
stilistica. Forse a eccezione del terzo brano, L'assedio di Parigi,
episodio poco incisivo e fra tutti quello che più d'ogni altro denuncia
una sorta d'asservimento passivo all'originaria funzione filmica, sono
sufficienti poche battute del secondo brano, Parigi (i glissando
del trombone su un ritmo di valzer), o dal primo, Guerra (il
carattere d'impertinenza della frase affidata alla tromba, in un can
can in bilico fra lo spirito marziale e quello del Café-chantant), per
riportarci non solo sulla linea de Il
naso, ma ancora su quella dei balletti degli anni
immediatamente successivi quali L'età
dell'Oro (op. 22, 1927-30) e Il bullone (op. 27,
1930-31). La modernità e la libertà del linguaggio presenti in Nuova Babilonia non
scendono mai, pur usando citazioni da brani preesistenti - come La belle Hélène e Orphée aux enfèrs
di Offenbach -, verso il pastiche caratteristico di tanta musica
utilizzata nel cinema muto. Se ne ha un magistrale esempio in Operette, quarto
brano della Suite, dove fagotto, oboe, clarinetto e flauto, dopo aver
dato vita ad apparenti salti dialogici, tacciono di colpo lasciando
posto, come per magia, a Ca
ira, inizialmente citazione a sé stante, poi, meglio
ascoltando, quale isotopia dei frammenti precedenti, frammenti che del
celebre morivo patriottico altro non erano se non la scomposizione
melopica. È questo un procedimento che suggerisce all'ascoltatore una
specie di cancrizzazione percettiva: occorre «riflettere» su quanto già
ascoltato poiché i piani del racconto musicale s'intersecano in un
meccanismo di allusioni reciproche e - si ascolti a tale proposito il
quinto brano - mai univoche. «Quello che Gogol ha scritto della lingua
russa: la possibilità nell'ambito di una stessa frase di passare da una
intonazione elevata, a una quotidiana, è propria anche dei nuclei
musicali, delle cellule del tema nella musica di Sciostakovic». Sono
queste parole di Kozincev, che in un intenso frammento dei suoi Quaderni di lavoro
dimostra di aver compreso come pochi altri la più profonda natura del
suo prezioso collaboratore. Ma l'op. 18 non si impone soltanto in virtù
delle proprie caratteristiche intrinseche; è anche la collocazione dei
brani, il cui carattere è spesso opposto a quello delle scene del film,
che fa di questa composizione un evento di particolare importanza nella
storia del rapporto musica-cinema. Poco dopo aver portato a termine la
sua prima esperienza con Kozincev e Trauberg, scriveva infatti il
musicista:
Molte cose sono cambiate da quando Sciostakovic, nel periodo in cui andava componendo la sua Prima sinfonia, si recava - stando a una testimonianza della sorella Mitia - tre volte al giorno in un piccolo cinema «pieno di correnti d'aria e puzzolente» a esercitare l'umile funzione di pianista accompagnatore. Nel giro di pochissimi anni e grazie all'operato di alcuni maestri come Eisenstein, Kozincev e Trauberg il linguaggio filmico subisce un vero e proprio balzo in avanti, esigendo dal musicista una consapevolezza e un rigoroso controllo dei propri mezzi sconosciuti fino a quel momento. Certo, molte cose sono cambiate con Nuova Babilonia, eppure parte del suo fascino musicale risiede in una singolare quanto duplice natura: da una parte essa rivela la realizzazione degli intenti programmatici più complessi, in linea con la dimensione compositiva extra-cinematografica; dall'altra scopre a tratti il fantasma del pianista accompagnatore laddove la frase gira su se stessa, dove l'iterazione allude a una sottomissione cieca e meccanica, clownesca e, proprio per questo, venata d'una angoscia sottile, quella stessa che avvelena gran parte della musica di Sciostakovic.
Sergio Miceli