Il Quartetto op. 133 è tra le ultime composizioni scritte da Sostakovic (sulla partitura è segnata la data del 1968) e riflette quell'ansia e quel tormento spirituale che si accentuarono negli ultimi anni di vita del compositore sovietico, sempre alla ricerca di un tipo di linguaggio legato alla realtà sociale e culturale del suo paese, ma aperto alle innovazioni tonali provenienti dalle esperienze occidentali. Un senso di riflessione e di assorta malinconia e tristezza si alterna ad un sentimento di gioiosa comunicativa in questo lavoro, contrassegnato da pagine di forte espressività musicale. Del resto a Sostakovic non interessava lo sperimentalismo fine a se stesso e i principii dell'atonalismo o della dodecafonia sono inglobati e disciplinati in una visione sempre corposa e realistica dell'arte, capace di suscitare sentimenti di vibrante umanità. Il Moderato iniziale poggia su una melodia di ampia tenuta lirica e di tono malinconico, che si alleggerisce e si schiarisce nel primo Allegretto. Quindi il discorso sonoro diventa più fitto e vivace e assume un vitale impulso ritmico nel secondo Allegretto per cedere il posto ad un lungo soliloquio del violoncello, sostenuto in sordina dalla melopea degli altri struménti, che man mano riacquistano densità e robustezza di canto. Dopo un pizzicato ostinato tocca al violino slanciarsi nella mischia polifonica con una serie di accordi vigorosi ed energici. Si riode il tema dell'Adagio con qualche aggancio al materiale tematico del Moderato prima che i quattro archi sviluppino un ampio e serrato crescendo, tra i più esaltanti e robusti scritti da Sostakovic, quasi a riaffermare il proprio impegno e la fiducia nella vita, nonostante le incomprensioni, le avversità e i risvolti tragici durante il suo cammino artistico.